E' stata appena inaugurata una mostra ai Musei Capitolini («Via dell’Impero. Nascita di una strada», fino al 20 settembre, catalogo Palombi, informazioni al numero 06 0608). Naturale prosecuzione della mostra dello scorso anno («L’invenzione dei Fori Imperiali. Scavi e demolizioni»).
Roma, autunno del 1931. Mussolini, in basco e pantaloni alla zuava, batte alacremente col piccone, gettando da parte tegole frantumate e mattoni. Sono cominciate le demolizioni nella zona dei Fori per costituire il tracciato di quella che verrà chiamata la Via dell’Impero, celermente ribattezzata nel dopoguerra Via dei Fori Imperiali nell’ambito della «defascistizzazione» della capitale. Problematica la nascita di Via dell’Impero, scenografico asse viario che collega piazza Venezia al Colosseo, riscoprendo il cuore monumentale della città imperiale. Esaltata dal celebre scrittore e critico d’arte Ugo Ojetti come «una di quelle luminose vie romane lunghe non chilometri ma millenni», la strada anni dopo riceverà più critiche che osanna.
Consenso e nostalgia è il doppio registro della grandiosa operazione urbanistica che sancisce la nascita della «nuova Roma» ma dice addio a due chiese medioevali, assiste allo spianamento della collina della Velia e alla cancellazione della cinquecentesca via Alessandrina.È stato troppo alto il costo delle demolizioni per riscoprire i Fori e aprire Via dell’Impero? Umberto Broccoli, sovraintendente ai Beni culturali del Comune di Roma, non si sbilancia: «Alla provocazione di smontarla risponderei: quale livello salvare? Quello del Foro di Cesare, Augusto o Traiano? Si badi che per ogni Foro corrisponde una discesa in metri». La scelta nasce proprio dalla natura delle nostre città che prima di essere romane sono state greche, sabine, picene, celtiche. E poi sono state comunali e papali e principesche. Uno strato sopra l’altro. E scavando non si scende di metro in metro ma di millennio in millennio.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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