Primo danno. È in discussione in Parlamento la legge sulle intercettazioni telefoniche. C’è uno scontro aspro fra maggioranza e opposizione attorno alle limitazioni introdotte dalla proposta del governo. Il capo dello Stato è intervenuto più volte per sollecitare un dialogo che consenta di approvare una buona legge. Per fare una buona legge occorre che vi sia un clima adeguato e che nessuna delle parti si senta minacciata. Nel provvedimento che il Parlamento sta discutendo vi sono norme che riguardano la pubblicazione di atti per i quali vige il segreto istruttorio e sono previste sanzioni assai severe per chi pubblica documenti che violino il segreto istruttorio. Il tema di fondo è se vi sia una sfera privata che debba essere severamente tutelata oppure no. I fautori di un ammorbidimento delle norme sostengono che esistono già nell’ordinamento sanzioni adeguate. La recente svolta impressa dal gruppo De Benedetti rafforzerà l’altra tesi, quella di chi pretende maggiori tutele e garanzie. La trattativa riparte in salita. Questo è un danno a breve, ce ne sono altri che vivranno nel tempo.
Secondo danno. Stanno cambiando le regole della politica e della vita pubblica. Lo spionaggio diventerà l’arma suprema della battaglia politica e delle guerre industriali e finanziarie. Tutto ciò che finora era stato disapprovato ora diventerà legittimo. Per decenni ci siamo battuti contro la politica dei dossier. I servizi segreti sono stati più volte smantellati per aver raccolto informazioni indebite sulla vita degli uomini pubblici. Recentemente è stata decapitata la sicurezza della Telecom per aver dato vita a un sistema di spionaggio parallelo. Per lustri è stata messa al bando la stampa scandalistica che alludeva a vicende private e sollecitava morbose curiosità sulle abitudini sessuali dei potenti. C’era un’Italia rispettabile che sapeva fare diga contro l’uso abnorme delle informazioni illecitamente raccolte. La trasparenza degli uomini pubblici richiedeva anche la trasparenza della battaglia politica che andava condotta con mezzi leciti e legali. La campagna dei giornali del gruppo De Benedetti ha rovesciato e buttato per aria tutta questa tradizione democratica elevando a sistema la rivelazione truffaldinamente recuperata. Vi fidereste di un paese che non conosce limiti all’indagine sulla vita personale di uomini pubblici: politici, giornalisti, funzionari, imprenditori, banchieri e ambasciatori?
Terzo danno. Viviamo in Italia e non a Teheran o Riyad. Abbiamo per anni contestato ogni intervento della Chiesa cattolica che ci sembrava invadere il campo della sfera privata. Nelle grande battaglia per il divorzio il mondo laico-democratico aveva sconfitto la pretesa di una parte del mondo cattolico di dettare regole erga omnes attorno ai comportamenti privati. La politica aveva saputo nel nostro paese trovare una linea di confine fra le dure battaglie e il rispetto della vita personale degli avversari. Ogni volta che qualcuno aveva cercato di superare questa sottile linea di frontiera era stato contestato vivacemente. L’intera stampa italiana si scandalizzò durante gli anni di Clinton per il moralismo bacchettone dei repubblicani nella vicenda Lewinsky. Faceva a tutti un certo ribrezzo l’uso delle informazioni sulla vita personale come arma di demolizione di un personaggio pubblico. Con la campagna di Repubblica il moralismo è diventato uno dei tratti fondativi di una nuova sinistra al punto da spingerla a presentare una mozione per sindacare la vita privata degli uomini pubblici. Gli ayatollah non avrebbero saputo fare meglio.
Quarto danno. La battaglia distruttiva contro Berlusconi alimenterà una nuova campagna anti italiana. In Francia non sarebbe possibile. Qui da noi c’è una parte della pubblicistica, della politica e della pubblica opinione che si rinfranca quando il paese viene sottoposto al dileggio. Abbiamo fatto appena in tempo a incassare gli elogi sul G8 che torneremo sulle prime pagine dei giornali stranieri per le storie di escort.
Quinto danno. La sinistra italiana esce stravolta da questa vicenda. Per la prima volta è un giornale a prendere la guida della battaglia politica per imporre i temi su cui l’opposizione deve lavorare. La sinistra laica e riformista non ha avuto il coraggio di sottrarsi a questa deriva. Impaurita per la potente scesa in campo di tutta la corazzata De Benedetti e galvanizzata da un rigurgito antiberlusconiano, la sinistra italiana non ha trovato il coraggio per dire di no allo spionaggio, al moralismo, al bacchettonismo dilagante. L’argomento principe è che il premier è indifendibile perché certe frequentazioni lo esponevano al ricatto. Il ricatto è quello che si sta sviluppando in questi giorni a mezzo stampa nel tentativo di modificare il corso della legislatura con armi improprie.
Dopo queste settimane, l’Italia è un paese un po’ meno laico e siamo tutti un po’ meno liberi.
Il Giornale
1 commento:
I "danni" di cui si tratta sono reali ed evidenti, ma la sensazione che più mi lascia l'amaro in bocca è che molti di questi "danni" (tutt, a dire il vero) ci sìano piovuti addosso a causa della sciaguratezza di coloro che, anzichè "essere esempi di onestà e probità" per le masse, si stanno sempre più rivelando per ciò che sono davvero: lenoni, guitti, pagliacci arroganti ed abbrutiti, figli di un ex-Grande Paese e di una pseudo-Democrazia che - temo - abbia ampiamente fatto il suo tempo.
E comunque, secondo me, non serve andare in Medio Oriente per trovare estremismi pseudo-etici, nè serve andare in America per trovare validi motivi di impeachment...
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