lunedì 20 luglio 2009

Né-né


"Dando un nome a un fenomeno di costume
gli si dà consistenza e perfino dignità. "Generazione né-né" suona meglio di "generazione di rinunciatari", è meno aggressiva della pseudoscientifica "Sindrome di Lucignolo" secondo Fulvio Scaparro. Di "generacion ni-ni" ha parlato per primo El PaÌs, che circa un mese fa ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta da Metroscopia, da cui risulta che il 54 per cento dei giovani spagnoli tra i 18 e i 35 anni dichiara "di non avere un progetto su cui riversare il proprio interesse". Cioè non studia e non lavora. Mariagrazia Gerina: "Una generazione di apatici, indolenti, conservatori. Soddisfatti della vita presente, senza illusioni né semplicemente progetti sulla loro vita futura. Il lavoro no: sanno che non lo troveranno, perché non c’è. Lo studio nemmeno: perché sanno che non aprirà le porte al futuro. Sono lo specchio della crisi della classe media".

In Italia la situazione è più o meno la stessa
: un milione 900mila giovani tra i 25 e i 35 anni non studia e non lavora (uno su quattro). 700mila di questi sono "inattivi convinti", cioè non cercano un lavoro, non sono disposti a cercarlo e si dichiarano soddisfatti della loro condizione. I dati arrivano dal Rapporto Giovani 2008 del Dipartimento di Studi sociali, economici, attuariali e demografici della Sapienza di Roma. Cristiano Martini, uno degli autori del Rapporto: "Dietro quei numeri c’è di tutto. Dai giovani alle prese con i problemi di disoccupazione a quelli disillusi proprio a causa del fallimento (loro o di altri) nella ricerca di un lavoro, dai ragazzi meno predisposti ad accettare un impiego basso a quelli che in effetti di studiare e lavorare proprio non ne vogliono sapere".

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