sabato 22 ottobre 2011

Onore e armi in pugno


Onore e armi in pugno. Come sanno morire i nostri nemici, nessuno

Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. Come ha saputo morire il rais, armi in pugno, lo sapevano fare solo i nostri. Come a Bir el Gobi quando con onore, dignità e coraggio sorridevano alla morte. Fosse pure per fecondare l’Africa.
Sarà tutto tempo perso, dunque, sporcarne gli ultimi istanti, gravarne di dettagli i resoconti e anche quel disumano reportage sul volto fatto strame – tra sangue e calcinacci – non potrà spegnere il crepitare della mitraglia. Perché come ha saputo morire Muammar Gheddafi – così ridicolo, così pacchiano e così a noi ostile – come ha saputo farsi trovare, straziato come un Ettore, solo il più remoto degli eroi dimenticato nell’Ade l’ha saputo fare.
Come i nostri eroi. Come nel nostro Ade. Proprio come seppe morire Saddam Hussein che se ne restò sprezzante sul patibolo. Come neppure la più algida delle principesse di Francia davanti alla ghigliottina. Incravattato di dura corda al collo, l’uomo di Tikrit, degnò qualche ghigno al boia, si prese il tempo di deglutire il gelo della forca per poi gridare la sua preghiera: “Allah ‘u Akbar”. E fu dunque fatto morto. E, subito dopo, impudicamente fotografato.
Come nel peggiore degli Ade. Per quel morire che non conosciamo più perché gli stessi che fino a ieri stavano a fianco del rais, dunque Sarkozy, Cameron, lo stesso Berlusconi, tutto potranno avere dalla vita fuorché un ferro con cui fare fuoco. La nostra unica arma è, purtroppo, il doppio gioco. I nemici di oggi sono i nostri amici di ieri – amico fu Gheddafi, ancor più amico fu Saddam Hussein – e quando li portiamo alla sbarra, facendone degli imputati, dobbiamo scrivere la loro sentenza di morte con l’inchiostro della menzogna perché è impossibile reggere il ghigno dei nemici. Perché – si sa – i nemici che sanno come morire, poi la sanno sempre troppo lunga su tutto il resto del Grande gioco. Ed è un lusso impossibile quello di stare ad ascoltarli in un’udienza.
Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. L’unica cruda verità della vita è la guerra e solo i nostri nemici sanno creparci dentro. E’ veramente padre e signore di tutte le cose, il conflitto, ma l’impostura è così forte in noi da essere riusciti a muovere guerra alla Libia dandola per procura, lavandocene le mani, mandando avanti gli altri perché a forza di non sapere morire con le armi in pugno, se c’è da sparare, preferiamo dare in appalto la sparatoria. Giusto come un espurgo pozzi neri da affidare a ditta specializzata.
Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. Quando gli eserciti dello zar ebbero ragione del loro più irriducibile nemico, Shamil il Santo – l’imam dei Ceceni, il custode della prima Repubblica islamica nella storia – nel vederselo venire avanti, finalmente sconfitto, non lo legarono a nessun ceppo, a nessuna catena, piuttosto gli fecero gli onori militari per accompagnarlo in un lungo viaggio fino al Palazzo reale dove lo zar, restituendo a Shamil il proprio pugnale, lo accolse quale eroe e lo destinò all’esilio, a Medina, affinché tutta quella guerra, spaventevole, diventasse preghiera e romitaggio.
Come c’erano una volta i nemici, non ce ne saranno più. Ed è per la vergogna di non sapere morire come loro che scacazziamo sui loro cadaveri. Ne facciamo feticcio e se fosse cosa sincera la memoria di ciò che fu, invece che produrre comunicati stampa di trionfo, se solo fossimo in grado di metterci sugli attenti, invece che mettere la morte in mostra, dovremmo concedere loro l’onore delle armi, offrire loro un sudario.
Sempre hanno saputo morire i nemici. E tutti quei corpi, fatti poltiglia dalla macelleria della rappresaglia, nel film della nostra epoca diventano tutti uguali: Benito Mussolini, Che Guevara, Gesù Cristo, Salvatore Giuliano. E con loro, anche i nemici morti ma fatti assenti, tutti uguali: da Osama bin Laden a Rudolph Hess. Fatti fantasmi per dare enfasi al feticcio, come quel Gheddafi armato e disperato che nel suo combattere e urlare, simile a un selvaggio benedetto dal coraggio e dalla rabbiosa generosità, mette a nudo la nostra menzogna.
A ogni pozza di sangue corrisponde l’onta della nostra vergogna e un Pupo che parla a Radio Uno e annunzia “una notizia meravigliosa” e si rallegra di Muammar Gheddafi, morto assassinato, è solo uno che si trova a passare e molla un calcio al morto. Pupo è come quello che sabato scorso, dalle parti di San Giovanni, vede la Madonnina sfasciata appoggiata a un muro e non sapendo che fare le dà un’altra pestata, non si sa mai. Così come il black bloc, anche Pupo, è una comparsa chiamata a raccolta nella montante marea del nostro essere solo canaglie. La signora Lorenza Lei, direttore generale della Rai, dovrebbe cacciarlo lontano dai microfoni della radio di stato uno così ma siccome il nostro vero brodo è la medietà maligna, figurarsi quanto può impressionare l’offesa al morto. Pupo, infatti, è l’eroe perfetto per il peggiore degli Inferi, l’Ade cui destinare quelli che non sanno darsi uno stile nel morire.
P.Buttafuoco

mercoledì 19 ottobre 2011

Cara Italia

''Caro Primo Ministro, Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un'azione pressante da parte delle autorita' italiane per ristabilire la fiducia degli investitori. Il vertice dei capi di Stato e di governo dell'area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che ''tutti i Paesi dell'euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali''.

Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilita' di bilancio e alle riforme strutturali. Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti. Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l'esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di piu' ed e' cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualita' dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano piu' adatti a sostenere la competitivita' delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro.

a) E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.

b) C'e' anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi piu' rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori piu' competitivi.

2.Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilita' delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorita' italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. E' possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo piu' rigorosi i criteri di idoneita' per le pensioni di anzianita' e riportando l'eta' del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, cosi' ottenendo dei risparmi gia' nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.

b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sara' compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.

c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorita' regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Vista la gravita' dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda piu' stringenti le regole di bilancio.

3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacita' di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'e' l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Confidiamo che il Governo assumera' le azioni appropriate. Con la migliore considerazione, Mario Draghi, Jean-Claude Trichet. - 5 agosto 2011

domenica 2 ottobre 2011