giovedì 29 aprile 2010

L'amore puo' fare a meno di un Bocchino?



E dopo la Fiamma?

Un bell'articolo di Marco Tarchi, anche per ricordare altri tre libri "fascisti":
Dalla parte dei vinti, La morte dei fascisti, L'ultimo fascismo.

martedì 27 aprile 2010

Prima il bailamme, poi il bailout

Westerwelle ha detto che la Grecia "prima deve fare i compiti per casa, poi avra' gli aiuti". Mi pare ragionevole, visto che potrebbe esserci la fila, tra un po', di Stati che chiedono di essere salvati.

giovedì 22 aprile 2010

Eyjafjallajokull eya eya alalà

Il buttadentro e il fuoriuscito

Doveva essere un 25 luglio, invece anche oggi un altro 28 ottobre. Dubito della mortalita' del Cav buttadentro, ed ho la conferma della pochezza politico-strategica di Fini. Chissa' quali furberie immaginavamo, quali ambizioni a medio-termine, quali poteri forti a coprirne le spalle, quale offerta culturale. E' sceso in campo con una squadra di 11 giocatori (Augello, Bocchino, Briguglio, Cursi, Granata, Lamorte, Moffa, Perina, Tatarella, Urso, Viespoli - rileggeteli) piu' un astenuto in panchina e un mazzetto banale di idee liberal-chic. E ha fatto l'errore piu' grande: attaccare in pubblico l'intoccabile, offenderlo nella virilita'. B. sarebbe capace di allearsi di allearsi pure con Bersani, Bertinotti e Roberto Fiore insieme pur di sbeffeggiare questo nuovo Fini del 6,3% che perde sul piano politico, comunicativo e personale.

mercoledì 21 aprile 2010

In quali lingue titilleremo

Quali saranno di qui a una generazione gli esiti di quella che Louis-Jean Calvet ha chiamato in un suo fortunato libro «la guerra delle lingue in Europa»? Il Laboratoire européen d'anticipation politique prevede per il 2025 una serie di «tendenze» suscettibili di dare all’Europa un nuovo assetto linguistico. Alcune di esse, per la verità, si possono constatare sin da oggi. Ad esempio il «grande ritorno del tedesco», che già domina nell’Europa orientale ed è da sempre la lingua «forte» della Ue, estendendosi ben oltre i confini della Germania, come è noto, la quale, diversamente dalla Francia, non ha al suo interno minoranze linguistiche. Tutt’altro che scontata è invece la previsione di una «rivitalizzazione» della lingua francese, che sembra dettata più dalla speranza, o dall’amor patrio, che da un’analisi della realtà. IL Leap prevede, più verosimilmente, «il tramonto dell'angloamericano come lingua egemonica della modernità» a causa della fine dell’ordine mondiale nato dopo il 1945. Il destino che si sta profilando per l’inglese è quello di una lingua veicolare con un uso piuttosto informale e un vocabolario limitato. Di contro lo spagnolo, pur restando debole in seno alla Ue causa la frammentazione linguistica della Spagna, rafforzerà il suo ruolo internazionale, minacciando in America la supremazia dell’inglese. Nel 2020 il parternariato Russia-Ue produrrà l’entrata del russo nel «purgatorio» linguistico europeo in veste (non ufficiale) di lingua veicolare dei Paesi slavi. Ma secondo il Leap né questo né la pressione delle altre lingue muteranno il sostanziale bilinguismo della Ue, anche perché la presenza del francese impedirà l’ascesa delle altre lingue neolatine. Linguisticamente, insomma, si rafforzerà l’asse Francia-Germania.
Benché l’italiano sia anche, grazie alla Chiesa, una lingua internazionale, nelle previsioni del Leap non c’è traccia della nostra lingua. Indubbiamente l’italiano non è stato una lingua «imperiale» come spagnolo, francese e inglese, ma non è neppure una lingua nazionale di seconda o terza grandezza come ad esempio il danese (5 milioni e mezzo di parlanti) o l’albanese, che accerchiato, per così dire, da una dozzina di lingue di maggior prestigio, ha solo 600 parole non di prestito. L’italiano conta 57 milioni di parlanti, più della Francia e della Gran Bretagna, con un bacino potenziale di utenza valutato sui 120 milioni di parlanti. È una delle lingue ufficiali della Confederazione Elvetica. La Corsica, che fino al 1768 faceva parte della repubblica di Genova, è stata ed è in parte di lingua italiana. L’italiano, infine, è ancora vivo a Malta e non è del tutto sparito nelle ex-colonie africane, né nell’ambito del Mediterraneo. Il Leap constata che «le lingue possiedono delle dinamiche internazionali fondate essenzialmente sulla forza di attrazione della loro cultura di origine» e questo calza a pennello per l’italiano. La nostra, giova ripeterlo, è una grande lingua di cultura (una delle otto più studiate nel mondo).

martedì 20 aprile 2010

Qui Vico ci cova

Dopo l'illusione veltroniana e la genialata del predellino si abbandona il tentativo bipolarista per tornare ai partitini e alle correntone, all'Unione (leggi disunione) versus Casa delle Libertà (leggi facciamo un po' quel cazzo che vogliamo). Poi nascerà una Terza Repubblica proporzionalissima inconcludente come la Prima, vivremo anni di terrore, supereremo una grave crisi petrolifera, passeremo per un miracolo economico, vinceremo (leggi perderemo) una guerra e piomberemo, finalmente, in una dittatura all'italiana. E così via. E così sia.

domenica 18 aprile 2010

MoMA in two minutes

Nubi governative

Il presidente della Camera ha chiesto a Berlusconi “Un Pdl più moderno, democratico, civile e legalitario”. In pratica, senza Berlusconi.

Fini ha comunque riconosciuto alcuni meriti a Berlusconi: da quando è al governo nessun asteroide si è schiantato sull’Italia.

Riunione straordinaria del Pdl. Sbuffa Berlusconi. Sono quel tipo di riunioni senza figa.

Il premier incontra La Russa, Verdini e Bondi. Vuole sentirsi dire quanto ha ragione.

via Spinoza

Nubi mentali

Ma che vogliono dire questo e questo? Forse sono io che sono stanco.

martedì 13 aprile 2010

Il delitto di mangiar carne

Sabato scorso Di Michele ha scritto un articolo molto simile a questo di un anno e mezzo fa. Mia letterina al direttore Ferrara, per fortuna "pienamente d'accordo" con me e secondo il quale mangiar carne è un "rito ineccepibile e sommamente morale": A proposito dell'articolo di sabato di Stefano Di Michele, "Il delitto di mangiar carne": sono nato e cresciuto in un mattatoio marchigiano dove la legalità di trattamento di bovini, suini, equini e caprini si accompagna ad un rispetto letteralmente naturale e quindi sacrale dell'animale. La descrizione unilaterale di violenze e sadismi oltre a tradire il lavoro secondo i crismi di legge di molti professionisti assurge con una forzatura logica ad una denuncia tout court dell'abominio del mangiar carne. Personalmente diffido delle parificazioni non cristiane tra il valore della vita umana e quella animale, e temo non solo gli scompensi dei cicli biologici ma anche la noia e l'abbruttimento di un mondo tutto vegetariano.

lunedì 12 aprile 2010

giovedì 8 aprile 2010

L'analisi dopo-regionali di Zoro


Cent'anni di noia

Per me e' stato lo stesso, proprio non ce l'ho fatta a finire "Cent'anni di solitudine". Ed anch'io ho la mia bella lista di libri abbandonati, dopo essere stato sedotto dal titolo o da un consiglio.

La parola fine

Diario di un suicidio (preterintenzionale).

Affatto

Ero lì con uno, mentre parliamo gli squilla il cellulare, risponde, e dall’altra parte c’è una che gli dice il nome, poi chiede se disturba, e lui gli risponde Affatto, e poi cominciano a parlare tranquilli come se avesse risposto Niente affatto, e invece no, lui aveva detto Affatto, l’avevo sentito io, che era una cosa che voleva dire che disturbava moltissimo, ma lui voleva dire il contrario, che non disturbava assolutamente, e l’altra, dall’altra parte, aveva capito: io non so come aveva fatto, ma aveva capito, son gente che s’intendono anche se parlano all’incontrario, non so proprio come fanno. Io se telefono a uno e chiedo se disturbo, e quello lì mi risponde Affatto, io chiedo scusa e riattacco con le pive nel sacco.

mercoledì 7 aprile 2010

Wikipedia is on the left

Io l'ho sempre pensato che su Wikipedia vige una "egemonia culturale sinistra".

Giustizia è fatta

“Immaginate di essere il manovratore di un tram lanciato a precipizio sulle rotaie a novanta chilometri all’ora: di fronte a voi vedete cinque operai fermi sul binario, con i loro arnesi; provate a frenare, ma non ci riuscite perché i freni non funzionano. Siete presi dalla disperazione, perché sapete che se la vettura li travolgerà i cinque operai moriranno tutti (ipotizziamo che lo sappiate per certo).

D’un tratto vi accorgete che alla vostra destra si dirama un binario laterale: anche lì c’è un operaio al lavoro, ma solo uno. Vi rendete conto che potete deviare il tram, uccidendo quel singolo operaio ma risparmiando gli altri cinque.

Che cosa dovreste fare? La maggioranza direbbe: “Svolta! Per quanto sia tragico uccidere una persona innocente, ucciderne cinque è ancora peggio”. Sembra proprio che la cosa giusta da fare sia questa, sacrificare una vita per salvarne cinque.

Considerate adesso un’altra versione della storia, in cui non siete più il conducente ma un osservatore, fermo su un cavalcavia affacciato sulla linea (stavolta non c’è più il binario laterale). Sta arrivando un tram lanciato a tutta velocità sulle rotaie, e in fondo si trovano cinque operai; ancora una volta i freni non funzionano, e la vettura sta per travolgere i cinque uomini. Vi sentite impotenti a evitare la catastrofe, ma a un certo punto scorgete, accanto a voi sul ponte, un uomo molto corpulento; potreste dargli una spinta e farlo cadere dal cavalcavia sul binario, incontro al tram che si sta avvicinando: lui morirebbe, ma i cinque operai si salverebbero (avete pensato di saltare giù voi stesso, ma vi rendete conto di essere troppo esile per riuscire a fermare la vettura).

Sarebbe giusto decidere di far precipitare l’omone sul binario? La maggioranza risponderebbe: “No di certo. Spingerlo sotto il tram sarebbe tremendamente ingiusto”.

Scaraventare uno giù da un ponte, condannandolo a morte certa, sembra davvero una cosa spaventosa, anche se serve a salvare cinque vite innocenti; ma questo solleva un dilemma morale: perché il principio che sembra giusto nel primo caso – sacrificare una vita per salvarne cinque – sembra ingiusto nel secondo?

Se, come suggerisce la nostra reazione alla prima ipotesi, i numeri contano qualcosa – se è vero che è meglio salvare cinque vite piuttosto che una sola – allora perché mai nel secondo caso non dovremmo applicare questo principio, e lanciarlo giù dal cavalcavia? È vero che sembra crudele mandare un uomo verso la morte, anche per una buona causa, ma è forse meno crudele uccidere un uomo facendolo travolgere dalla vettura del tram che stiamo guidando?

Forse la ragione per cui non è giusto scaraventare il passante di sotto è che così facendo ci si serve dell’uomo sul cavalcavia contro la sua volontà: lui, in fondo, non ha scelto di intromettersi, non faceva altro che starsene lì.

Però si potrebbe dire lo stesso dell’uomo intento a lavorare sulla linea laterale, che a sua volta non intendeva intromettersi, stava solo facendo il proprio lavoro, non si era offerto volontariamente per l’estremo sacrificio nell’eventualità di un tram lanciato nella corsa senza freni. Si potrebbe ribattere che gli operai addetti alle linee si assumono di propria volontà rischi a cui non sono esposti i semplici passanti, ma diamo per scontato che la disponibilità a morire per salvare gli altri in una eventuale emergenza non faccia parte dei requisiti accettati al momento dell’assunzione, e che l’operaio non abbia dato nessun consenso a sacrificare la propria vita, così come non l’ha dato il passante sul cavalcavia.

Forse la differenza morale non sta nell’effetto prevedibile sulle vittime – alla fine entrambe muoiono – ma nell’intenzione della persona che decide. In quanto conducente del tram, potreste difendere la scelta di deviare il percorso del veicolo facendo notare che la morte dell’operaio sul binario laterale non era un vostro intento, benché magari fosse un esito prevedibile; avreste raggiunto lo scopo anche se, per uno straordinario colpo di fortuna, i cinque operai fossero stati risparmiati e anche il sesto fosse riuscito a sopravvivere.

Questo però è vero anche quando si tratta di buttare giù l’uomo dal ponte: la sua morte non è affatto essenziale per ottenere il vostro obiettivo. Basta che riesca a bloccare la corsa della vettura: se riuscisse a farlo e nello stesso tempo, chissà come, a sopravvivere, voi ne sareste felicissimi.

O forse, riflettendo, per entrambe le situazioni dovrebbe valere lo stesso principio, visto che entrambe implicano la scelta deliberata di sacrificare la vita di un innocente per prevenire un numero di vittime ancor più grande. Forse esitate a spingere l’uomo giù dal ponte solo per un istintivo ribrezzo, mentre dovreste superare la vostra titubanza; è vero che mandare un uomo alla morte usando le mani nude sembra di fatto più crudele che ottenere lo stesso effetto manovrando il volante di un tram, però fare quel che è giusto non sempre è una cosa facile.

Possiamo mettere alla prova quest’idea modificando leggermente la storia. Supponiamo che voi, l’osservatore di passaggio, possiate far precipitare sulle rotaie l’omone che sta sul ponte al vostro fianco, ma senza bisogno di spingerlo; immaginatelo in piedi, su una botola che potreste scoperchiare solo girando una manopola: non c’è bisogno di nessuna spinta, ma il risultato è lo stesso. In questo modo il vostro gesto diventerebbe giusto? Oppure sarebbe comunque più ingiusto, sul piano morale, rispetto all’ipotesi in cui voi siete il manovratore e fate svoltare il tram sul binario laterale?

Non è facile spiegare la differenza morale fra i due casi: perché sembra giusto girare una manopola, mentre sembra ingiusto buttare giù l’uomo dal cavalcavia. Osservate però come ci sentiamo in obbligo di procedere argomentando finché non arriviamo a distinguerli l’uno dall’altro in modo convincente, e se non dovessimo riuscirci, sentiamo di dover modificare il nostro giudizio circa la cosa più giusta da fare nelle rispettive situazioni. A volte pensiamo che i ragionamenti su temi morali siano un modo per riuscire a persuadere gli altri, quando invece sono anche un modo per far chiarezza nelle nostre stesse convinzioni etiche, per esplicitare in che cosa crediamo e perché.”

Giustizia, il nostro bene comune.

Rutelli amico

E' incredibile quanto sia attuale un video di 10 anni fa.

sabato 3 aprile 2010

Ciao Neodarwin

Insomma, il darwinismo mica deve essere un dogma. Sia popperianamente analizzato.