giovedì 31 dicembre 2009

Onomastico

Pratica di cannibalismo che predilige le carni delle compagne di famosi cantanti rock.
Pubblicata su Sveltopedia.

Climatologo

Scienziato che a tempo pieno altera i dati e a tempo perso genera panico durante i summit internazionali.
Pubblicata su Sveltopedia.

mercoledì 30 dicembre 2009

Managgia

Nichilismo

Pensiero politico ed esistenziale di Nicola Vendola, detto Nichi.
Pubblicata su Sveltopedia, oggi.

Federico II

Una biografia da 84 euri.

La scuola oggi / scienza

Se ne ha un’idea confusa e sospettosa, le cause sono complicate. Per esempio mentre negli Stati Uniti non si può insegnare religione nelle scuole perché confliggerebbe con la biologia, in Italia si mischia tutto e l’idea dell’universo è più o meno quella medievale, è un miracolo che la Terra non sia reputata ancora piatta. Le stelle sono lassù, le stelle cadenti per molti sono stelle che cadono, i dinosauri chissà se c’erano sull’Arca di Noè e i fossili di trilobiti, brachipodi e archeociati di cinquecento milioni di anni fa convivono con l’idea di Adamo e Eva. Mentre la paleoantropologia, la biologia evolutiva e la genetica scandagliano la vita, Darwin lo si conosce ancora attraverso la deformazione religiosa, per cui si legge ancora tranquillamente che «l’uomo discende dalla scimmia», cosa che non ha mai pensato neppure Darwin (figurati a dire a qualcuno la verità, altro che scimmia, discendiamo tutti da un cianobatterio e abbiamo geni in comune perfino con i piselli). Sarà causato da questa diffidenza inoculata verso la scienza il successo di ciò che è «alternativo» anche in medicina, alternativo ai test scientifici e al doppio cieco. Infatti (non solo in Italia), appena diplomati si è disposti a credere a tutto: ufo, fantasmi, miracoli, omeopatia, telepatia, la bellezza della natura, tranne che alla verità.

La scuola oggi / arte

Si esce da scuola con un’idea mimetica, neorealistica e puramente artigianale dell’arte, e assolutamente visiva e visivamente «universale». A nessuno salta in mente che Giotto fa schifo se destoricizzato, tutti vanno ad Assisi e dicono «che bello», ma guai a studiare perché. Idem al Louvre (a Lourdes per i concorrenti del Grande Fratello), si fa la fila davanti alla Gioconda, perché la si è vista stampata su magliette e cartoline e giornali, perché è famosa quanto un tronista, perché non si sa bene perché. Se si potesse le si chiederebbe un autografo, ci si accontenta di una cartolina. L’arte contemporanea non esiste e di fronte a un Fontana o un Duchamp l’italiano scolarizzato dice «potrei farlo anch’io», per cui nell’Ottocento avrebbero comprato un Puvis de Chavannes di merda e non un Van Gogh. Alla fine si esce dalla scuola dell’obbligo con in testa la stronzata secondo cui non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.

La scuola oggi / storia

Parte dalle guerre puniche, che nessuno ricorda cosa e quando siano (si citano per indicare tempi lontanissimi, neppure fossero il Paleozoico), e si ferma alle guerre mondiali. Per il resto nessuno sa bene chi abbia davvero vinto la seconda e neppure come sia iniziata, perfino il patto Molotov-Ribbentrop è tutt’oggi un’informazione da servizi segreti, per non parlare dell’Erp e della Nato, tutt’al più allegre gite ai campi di concentramento organizzate da professori di sinistra per mettere in guardia ieri contro i fascisti, oggi contro Berlusconi. Paradossalmente più ci si avvicina ai tempi nostri e meno si sa, per cui uno studente ha sentito nominare Carlo Magno, ma non sa che cosa abbia fatto esattamente Franklin Delano Roosevelt o chi fosse il conte Sforza. In mezzo, del secolo precedente, qualche reminiscenza patetica su Mazzini, Garibaldi, il Risorgimento, la spedizione dei Mille, il trasformismo, Goffredo Mameli, l’elmo di Scipio di cui l’Italia si è cinta talmente la testa che non si sa bene chi è né perché sia all’inizio dell’inno nazionale. Come la Costituzione, tutti a difenderla, ma nessuno la conosce, e d’altra parte a che serve? Mica siamo negli Stati Uniti, dove torna sempre utile per esempio appellarsi al Quinto Emendamento.

La scuola oggi / letteratura

La letteratura moderna si ferma a Svevo e D’Annunzio (Calvino come lettura estiva, baroni rampanti, visconti dimezzati e città invisibili da propinare sempre, fin dalla culla), e non esce quasi mai dai confini: Proust, Joyce, Flaubert, Kafka, Musil, Valéry sono nomi misteriosi, nella mente restano impressi solo I Promessi Sposi di Manzoni, in versione molto provvidenzialistica e linguisticamente formativa (grande enfasi alle «risciacquature in Arno» per dare una lingua al Paese, quasi che Alessandro fosse una lavandaia morale e come se Leopardi se ne sbattesse della lingua), e la Divina Commedia di Dante, come canone obbligatorio da accettare acriticamente e non rileggere mai più, infatti Benigni che legge Dante fa felice tutti: ci si sente più colti senza troppa fatica. Si privilegia il prodotto nazionale, perfino di Shakespeare, tra i massimi vertici della letteratura mondiale, resta un «essere o non essere» e, bene che vada, Romeo e Giulietta. Al massimo rimane in mente qualcosina di Pirandello, il Mattia, l’uomo dal fiore in bocca, uno nessuno centomila, rigorosamente in chiave freudiana spicciola, perché ci sarà scappata senz’altro una recita scolastica o un evasivo matinée al teatro comunale. Si rammemorano, per il resto, qualche uccellino di Pascoli, la gamba di Maroncelli di Pellico, i sepolcri di Foscolo, tutto letto in una dimensione frignona e lamentosa. Per cui ci si dilunga sul Didimo Chierico e sull’Ortis e si ignorano Sterne e Goethe, per il provincialismo di non rivelare quanto eravamo provinciali. (A Napoli stessa minestra, ma condita in versione meridionalistica: i più colti, come i miei zii napoletani, dalla Commedia dell’Arte arrivano a Eduardo come massima espressione artistica, i più giovani, come i miei cugini napoletani, partono da Nino D’Angelo e Arbore e arrivano a Gigi D’Alessio).Leopardi ridotto a poeta lunare del «pessimismo cosmico» (lo Zibaldone non esiste, la gente corre a Recanati per piazzarsi di fronte alla siepe e sperare di vedere l’infinito), per cui poverino, era brutto e gobbo e sfigato, fosse stato bello avrebbe pensato come Zequila o Belén Rodriguez. Non per altro la letteratura è «narrativa», non ha nessuna funzione conoscitiva, è il racconto di una storia («Hai letto il libro?», «No, ho visto il film»). Ecco perché quando dico che scrivo romanzi chiedono tutti «di che genere?», poiché la scuola italiana, anziché insegnarti che se un romanzo è di genere non è arte, ha inculcato il contrario: ogni romanzo appartiene a un genere (e in genere a un colore: giallo, rosa, noir...). Se siete abbastanza consapevoli e arroganti, come me, rispondete: «Lo stesso genere di Proust». Però se vi va male e l’interlocutore è un lettore del Corriere Magazine, potrebbe rispondere «Ah, ho capito... lo stesso di Piperno?».

martedì 29 dicembre 2009

Insetti senza frontiere

Questa è la fotografia del presente. L'uomo si fa guidare da internet e dall'automobile. La donna adora il cellulare e fuma. Entrambi si spintonano per il lavoro, i soldi, la banca, e quando procreano ne nascono scarabocchi. Chi ha voglia di scrivere per un'umanità simile? Chi si arrischierebbe in tentativi di scamparli con un poco d'arte dall'ebetudine? Neppure di averne pietà se ne ha più voglia.

La Terra non rimpiangerà l'uomo, nè l'Uomo la terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini.

Il pudore è certamente un freno che ci trattiene dal suicidio. L'uomo teme che non siano comprese le sue ragioni del gesto, di aver torto di fronte al Dio ignoto, la donna ha vergogna di esporre il proprio cadavere, nudità assoluta.

"Per indisposizione del Messia la stella della redenzione sarà visibile probabilmente il prossimo sabato".

lunedì 28 dicembre 2009

Con Api si vola

Nel Partito democratico esiste una norma un po’ particolare che prevede quanto segue: salvo eccezioni, nessun parlamentare e nessun senatore può essere ricandidabile per un posto alla Camera o al Senato una volta accumulate tre legislature. Significa che se un tal senatore o un tal deputato è stato eletto tre volte o alla Camera o al Senato (vale anche due volte al Senato e una alla Camera e viceversa) non potrà essere candidato per la quarta volta nelle liste del Pd. Funziona così nel Pd ed è una delle ragioni per cui, per capirci, alle ultime elezioni sono rimasti fuori dal parlamento Luciano Violante e Giuliano Amato. Naturalmente, dato che questa norma esiste soltanto per il Pd, se un parlamentare del Pd arrivato al terzo mandato decide di cambiare partito in un altro partito potrà essere ovviamente rieletto. Il caso vuole che molti dei parlamentari passati dal Pd al partito di Rutelli hanno proprio queste caratteristiche. Prendiamo Donato Mosella, oggi deputato, che è stato deputato già nella XIV e XV legislatura. Lo stesso vale per Dorina Bianchi (deputato nel 2001 e nel 2006 e nel 2008 eletta Senatrice), per Gianni Vernetti (che nel 2008 è stato eletto per un terzo mandato alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Democratico), per Renzo Lusetti (già deputato nella X, XI, XIV, XV e nella XVI legislatura) ed Enzo Carra (deputato nella XIV, XV, XVI legislatura). Questi ultimi due nel partito di Rutelli non ci sono ancora andati ma pare siano tra quelli che alla fine andranno lì. Chissà, magari però sono soltanto coincidenze.

Anobium punctatum

aNobii passa dalla rete alla carta e diventa libro esso stesso: Il tarlo della letteratura (Rizzoli, pagg. 494, euro 18, a cura di Luca Sofri).

La morte ti fa bella

L'altro ieri ho vissuti attimi di Sacro, secondi di Bellezza: abbracci, silenzio, incenso a messa, una buona predica, fiori, vestiti scuri. Il funerale di mia nonna.

1,618

Vive di più e meglio chi ha un rapporto tra pressione alta e bassa pari a 1,618. Sezione aurea che ritorna, dopo piramidi egizie, uomo di Leonardo, partenone di Atene e cappelle varie.

Sarebbe Meglio Smettere (SMS)

Per fortuna è (quasi) finita. Sarà che sto invecchiando, ma stavolta è stata più dura del solito. Scrivere a tutti e rispondere a tutti, dico. È disumano. Eppure l’ho (quasi) fatto, come sempre, prigioniero della coazione al conformismo, «il lubrificante indispensabile per il funzionamento di qualsiasi comunità, sotto ogni cielo, in ogni tempo», come mi diceva quel maestro di cerimonie che fu il conte Giovanni Nuvoletti, una specie di ministro della Real Casa, visto che aveva sposato Clara Agnelli. Capitemi, c’è stata anche l’aggravante, per me, di Santo Stefano, non per nulla protomartire. Ma se ora penso al 31 dicembre, e all’inesorabile 1° gennaio che lo seguirà, mi sento male. «Buon 2010», «felice anno nuovo», «12 mesi alla grande». Basta, mi arrendo, pietà!L’auguromania che dilaga via Sms ormai è una vera pestilenza. Peggio dell’influenza suina. Fa bene solo ai gestori della telefonia mobile: 600 milioni di messaggi spediti tra Natale e Capodanno, addirittura un miliardo secondo alcune fonti. Ma vi rendete conto? Proprio a me dovete mandarli?«Marina e Tiziano augurano a tutti Buon Natale». E questi due chi saranno? Rispondo o non rispondo? Guardo il mittente: 3356037... Rapida ricerca nell’agenda elettronica del computer: il numero corrisponde al tecnico che nel 1998 mi ha installato l’impianto d’allarme in casa. Bravissima persona, Tiziano, per carità, anche se da allora non l’ho più rivisto. Ma la signora Marina? Fidanzata, moglie o socia in affari? Non la conosco. Me l’avesse almeno presentata. Ecco la prima tipologia di auguromane in modalità duale Gsm-Umts: quello che spedisce lo stesso messaggio a tutti i numeri salvati nella rubrica del suo telefonino. Si può? Eppure lo fanno, accidenti se lo fanno. In tanti. Non sono ancora riuscito a capire se hanno più paura di dimenticare o di essere dimenticati. Nell’uno come nell’altro caso, però, è come se ti dicessero implicitamente che il loro concetto di amicizia non va oltre l’identità Tim, Vodafone, Wind, 3. Vi pare bello, proprio a Natale? Dài!Ci sono gli astuti che fanno la stessa cosa ma hanno la delicatezza d’animo di personalizzare il messaggio aggiungendo un «caro Stefano». Lo capisci subito dal fatto che mettono il tuo nome di battesimo o all’inizio o alla fine dell’Sms. Avete ragione, ragazzi, mica facile armeggiare col pollicione nel bel mezzo del testo. Però lo sforzo è apprezzabile: almeno per un istante, hanno pensato a te, solo a te, e non all’intera rubrica. Quindi non gli risponderò con la frase di rito («Contraccambio di cuore») che ho salvato fra i modelli del Nokia. Non se la meritano. Manderò una risposta personalizzata. Ma intanto le ore volano e la sacra famiglia, quella domestica, reclama. Una vita di scorta, ci vorrebbe a Natale.Poi ci sono i brillanti che mandano in copia ma copiano bene. S’impossessano dell’Sms più carino e te lo girano. Quello che segue, delizioso nella sua perfidia, me l’ha spedito un famoso pierre che lavora nel ramo comunicazione e pubblicità, quindi magari è farina del suo sacco, chissà: «Caro Bambino Gesù, quest’anno ti sei portato via il mio cantante preferito Michael Jackson, il mio attore preferito Patrick Swayze, la mia attrice preferita Farah Fawcett, il mio presentatore preferito Mike Bongiorno, la mia poetessa preferita Alda Merini. Volevo dirti che il mio politico preferito è Antonio Di Pietro e che l’anno non è ancora finito. Auguri».

giovedì 24 dicembre 2009

Regali di Natale

Quest'anno regaliamo ebook. Scarichino siori scarichino: eiochemipensavo, keplero, frasistoriche.

Vene vanitose

Gli autoepitaffi.

mercoledì 23 dicembre 2009

Automobili smobilizzate

La Volvo ai cinesi, la Saab sparisce, la Porsche acquistata dal marchio del popolo. Mi mancano gli anni 80 da sotto i piedi.

Fui invitato ad una Fiesta....e mentre ballavo una samba..una bella ragazza mi Transit davanti e quando mi Volvo lei mi Lancia un sorriso...era Marbella...era Marbella ma vi dico Marbella proprio!!Aveva un viso con dei denti Autobianchi dall'espressione Innocenti una di quelle ragazze dal personal veramente Elegant...aveva addosso un Golf colore Argenta e sotto una Mini Minor granata da cui spiccavano 2 Gamma e un cu...un cu...un coupè a forma e maggiolino a trazione posteriore special...Che Tipo...che Tipo...un Tipo di donna che quando la vedi pensi subito con aria imbambolata....aòò....me facess na Regata!Subito mi avvicinai....gli dico: come Austin??Austin bene??Prisma di tutto io mi chiamo Renato..ma tu mi puoi chiamare Renault...Bevi qualcosa??e lei mi risponde:No.....ah...no no...Jaguar che mi offendo eh!E così lei prese un wisky and Skoda...una Limusine con ghiaccio e una bottiglia di Ferrari...aò...Saab...Saab...Saa bevuto tutt cos!!!!e io invece per risparmiare presi solo uno Scirocco di orzata...ma quello Scorpio del dj invece di mettere un disco di Sting...una Charleston..una Diana Ross...se ne esce con il disco di Orietta Bertoni....Finchè la barca va lasciala andare!!!Allora io subito Escort dal locale con lei...Iveco l'orologio...erano le 3 e 20 bmw e lei mi Diesel....rover andiamo caro...rover mi porti??e io le risposi...Seat zitta...Seat zitta che ti porto a vedere il panorama...e metro dopo metro arrivamo in mezzo ad una Sierra...sopra ad una Duna...io raccolsi un mazzo di 131 Mirafiori e glielo diedi..ma lei invece all'improvviso comincio a fare delle Cabriolet sul prato...e Cabriolet Cabriolet Cabriolet---le si aprì la camicett....che Ibiza...che Ibiza...22o tette special...nn credevo ai miei opel...mi salì la Fuego al cervello diventai una testa rossa...allora la presi cn grinta la misi Orizzont la strinsi Ford...e le toccai la Fiat!!!!!!!!!!Simca....Simca...Simcaxxò come una belva...NOOOO...brutto Porche che nn sei altro...io la fiat nn te la do!!!Kadett???Kadett???Tu la fiat nn me la dai??Ma come pezzo di Toyota ma allora sei tutta Matra...ti Piaggio o nn ti Piaggio...ti turbo o nn ti turbo?Ma che Caravan vuoi....ma va Jet o veleno e Passat un guaio nero...Successe il Pandamonio...lei scappò di corsa...e io dietro....le dicevo....Alfetta...Alfetta...ma lei nn mi Audì più!!Sono stato proprio un Citroen...Peugeot di così nn mi poteva andare!!!

L'inno a Giuseppe

"Fedele umiliato da un credo inumano"?

martedì 22 dicembre 2009

L'inno di Ferretti

Considerazioni su destra, creature e Natale. E di qua un vecchio video su uomini come veicoli vocianti e gesticolanti.

Prosa francese

Per le reticenze, per i mezzi termini, per le menzogne non c'è lingua più adatta: è una lingua perfida. Il francese è davvero la lingua del mondo degna di essere la lingua universale perchè tutti possano mentirsi e ingannarsi a vicenda.
Goethe

Poesia italiana

L’italiano, anche fuori dall’Italia, è stato per secoli la lingua della poesia (lingua della prosa divenne il francese). Scrivevano in italiano Raimbaut de Vaqueiras, Quevedo, Milton, Byron, Shelley, Rilke, Rossetti, Gogol’ e Pound solo per limitarsi ai più noti. Frequentavano la lingua di Dante anche Voltaire e Montaigne. Nei vari generi poetici si cimentarono tali e tanti autori, minori e minimi, da renderne impossibile il censimento, e la messe di componimenti, anche encomiastici (scritti su commissione), che ne derivò, si può paragonare, per numero e qualità, ai quadri di scuola italiana sparsi nei musei di tutto il mondo, e non solo in quelli.
Ma quale fu il motivo di tanto successo? Nel nostro Paese, nei vari generi poetici si cimentarono tali e tanti autori, minori e minimi, che un censimento è impossibile. Senza contare la poesia «estemporanea»: parlare in versi fu una specialità tipicamente italiana, applaudita nelle accademie, nei teatri, e nelle piazze. Come notava Ennio Flaiano, i luoghi comuni sul carattere dei popoli non sono mai privi di fondamento ed anche quello degli italiani «popolo di poeti» non lo è, o perlomeno non lo è stato. Ancora nel Novecento Leo Spitzer rilevava questa tendenza «poetica» nel modo di scrivere, e di parlare, di molti italiani. Ben ha fatto quindi Luca Serianni ad includere nel suo recente libro La lingua poetica italiana. Grammatica e testi (Carocci, Roma, 2009), anche forme minori di versificazione (ad esempio la librettistica), che non sono meno significative di quelle maggiori. Come lo stesso Serianni annota, «il tema è centrale per l’identità linguistica degli italiani».
«La lingua poetica (dal Petrarca fino al secondo Ottocento) ha mantenuto una fisionomia specifica e un’eccezionale stabilità, tanto da configurare - come scriveva alla fine del Cinquecento Leonardo Salviati - quasi un altro idioma diverso dalla prosa», scrive Serianni. Non si tratta tanto di lessico, quanto di una «grammatica» poetica, che nasce nel Trecento, si consolida nel Cinquecento e giunge fino al Novecento, facendo emergere una serie di tratti comuni, fonetici e morfologici, di più o meno lunga durata. Il testo critico è corredato da una rassegna di trenta poesie, ampiamente commentate, che vanno dal XIII secolo (Madonna, dir vi voglio di Giacomo da Lentini) al XIX (Carducci). Accanto ai Tasso, Marino, Metastasio, Leopardi ecc. sono rappresentati anche i minori: ad esempio Gabriello Chiabrera (1552-1638), noto per le sue innovazioni metriche, e Giuseppe Giusti (1809-1850) con il suo «scherzo» poetico più famoso, Il re Travicello.
La silloge di Serianni, tuttavia, non si ferma ai poeti «laureati», ma si allarga ad autori anche marginali come il secentista Paolo Zazzaroni con In morte di un cane e l’oraziano Giovanni Fantoni (1755-1807), in un ventaglio di esempi difformi, ma solidali con il principio «linguistico» che regge il libro. La nutrita schiera dei verseggiatori per diletto e con fini persino pratici è rappresentata dal quasi sconosciuto Giovanni Dondi dall’Orologio (1318-1389), medico ed astronomo, poeta a tempo perso per sua stessa ammissione.

Facebook 2009 anni fa

Sono ratzingeriano, ma amo la satira. E viceversa.

Alla ricerca dell'orgasmo perduto

“A ritmo lento ella lo conduceva qui e là e poi su e poi giù, verso una felicità dolce, comprensibile e indimenticabile. E d’improvviso, quando egli era giunto al punto sublime ed ella pareva giungere all’estasi con lui, una pausa improvvisa, cambiava ritmo e bruscamente s’allontanava, e lo abbandonava da solo fuggendo dal talamo e scomparendo, dove pochi istanti prima con un muoversi rapido e poi lento, e subito rapido e lento assieme, incessante e triste e melanconico e dolce ma amaro, ma travolgente, e galoppante e trottante, lo aveva rapito con sé verso prospettive ed estasi sconosciute.Ardentemente egli desiderò che ella tornasse a giacere con lui ancora e ancora, poiché di fatto si sentiva abbandonato e illuso, con una voluttà profonda ancora nel corpo, anzi, là giù in basso dove un dolore acuto lo disturbava e gli faceva sanguinare il cuore.Senonché ella non tornava, ed egli vieppiù sentiva il bisogno di lei, ed era come un uomo al quale una donna abbia porto la mano calda in un saluto ed egli la abbia trattenuta tra le proprie, e quel contatto abbia fatto penetrare nel suo cuore una dolcezza, una tenerezza nuova struggente che egli vorrebbe tenere con sé per sempre, ma ora ecco è solo e non sa nemmeno se lei tornerà, mentre egli la amava prima e ora, e anche domani e dopodomani, ma adesso la desidera e l’ha financo stretta tra le braccia intimamente, molto intimamente, ed ella gemeva con lui sino ad un istante prima.Ed ecco che dal salotto arriva alle sue orecchie e alla mente una cifra musicale, un organetto di strada e gli sovviene un passaggio di musica, una poesia che lo riporta alla sua infanzia e gli sembra di avere ora una possibilità di tornare giovane…”

“Vecchia bacucca, me la porti o no questa tazza di tè con biscotti, e non le solite madeleine stantie della settimana prima! strega che non sei altro non so perché non ti ho ancora buttato fuori a calci. Lo vedi o no che sto lavorando, e se non mangio e non mi scaldo non scrivo, e se non scrivo non mi pagano? Guarda tu che razza di bischerate mi tocca scribacchiare e ‘sti parigini teste di tolla non ne hanno mai abbastanza. E a me che mi frega, basta che la lira corra, porco di un giudeo!”“E preparami un bacile d’acqua calda che mi devo lavare le terga. Perchééé? E a te che t’importa vecchia strega pettegola?”“E se viene il carrettiere della piazza a trovarmi, a te non deve interessare capitooooo?, anzi lasciami il tè, le madeleine, l’acqua calda e vattene fuori dai ..oglion.. per due ore, che io e il carrettiere abbiamo da parlar d’affari, brutta ruffiana che non sei altro!”Amen.
M.Proust

Il Natale e la Rabbia saudita

Anche l'impero romano cadde per decadenza interna, mica per l'avvento di barbari e cristiani.
Salve, sono Mohamed Venez-Janiì, bambino musulmano di anni dieci. Stamattina ero contento di andare a scuola perché dovevamo andare a vedere il presepe e a festeggiare con i canti di Natale. Invece stamattina la maestra ha detto che per rispetto nei miei confronti si resta in classe e non si festeggia Natale. Gesù Bambino è troppo offensivo per noi islamici, ha detto, la Madonna vergine, devota e madre, è un insulto ai diritti delle donne, i Re Magi sono tre offese alla Costituzione repubblicana, gli Angeli sono una presa in giro dei trans, il bue e l’asinello sono un’offesa ai diritti degli animali ridotti a termosifoni della grotta, e il panettone è un insulto consumista alla fame nel mondo. Ma il Natale tutto, ha detto, mortifica quelli come me, che non sono cristiani, ci offende e ci prende pure in giro perché ci riduce nel presepe a beduini, pastori e cammellieri. Ma la maestra non sa che per noi islamici beduini non è un’offesa, e nemmeno pastori e cammellieri. Mio zio è cammelliere e ha pure le capre e io da grande volevo fare il beduino. Comunque Natale non si festeggia per rispetto mio. La maestra della classe accanto, più furba, ha trasformato il Natale in festa della luce: io non lo so, perché vengo da lontano, ma forse a Natale si festeggia la santa natività dell’Enel. La maestra del piano di sotto, invece, non ha fatto festeggiare e ha spogliato l’albero di tutte le palle luminose perché quattro ladri hanno rubato l’insegna ad Auschwitz; ma non ho capito che c’entra con Gesù Bambino. Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si andava più a cantare «Tu scendi dalle stelle» e non si mangiava più il panettone per rispetto di noi islamici. E non solo mi sono arrabbiato perché ci hanno tolto una bella mattinata di festeggiamenti, ma questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima volta da tutti i miei compagni di classe perché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeggia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna come il Panettone. Dicono che vengo dalla Rabbia saudita. Non mi invitano più alle feste perché pensano che io sono contrario e gliela tiro. Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi. E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l’Agnellone perché pure per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle parti mie, non c’è nemmeno un personaggio padano o inglese. Tutti mediorientali come me. Salvo gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non hanno una terra loro. Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato. Il giorno prima della festa di tutti i santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare perché si offendono non solo gli islamici, gli ebrei e i non credenti ma pure i protestanti. Poi, d’accordo con il capo d’istituto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso. Ha detto che quel segno lì, sperduto sul muro a fianco alla lavagna, che non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me non credono e non pregano per Cristo. A me è dispiaciuto vedere quel poveretto magro magro e già sofferente, pieno di sangue e con quei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, finire in una busta di plastica e andare chissà dove; raccolta differenziata, almeno spero. I miei amici dicevano: ma che ti ha fatto Gesù Cristo, che ha fatto alla tua famiglia? E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, non mi offendeva affatto, mi faceva pena. Mio padre ne aveva parlato pure bene, diceva che era un profeta, comunque una brava persona. E non ce l’aveva con noi musulmani né tifava per gli americani anche perché quando c’era lui, non c’erano ancora né l’Islam né l’America. Ma ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l’albero, il presepe, la festa di Natale, i canti e le preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: ma perché sei così incazzuso e ti offendi per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi? Ma io non mi offendo affatto, è lei, la maestra, che dice così. Ho paura che ci toglieranno pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventeranno qualcosa per toglierci pure le vacanze dell’estate e diranno che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l’impressione che questa maestra - che legge la Repubblica ma siccome è pluralista, come dice lei, porta a volte in classe l’Unità, Il fatto e Il manifesto - trova la scusa che c’è in classe l’islamico ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s’annoia, forse perché da bambina perdeva a tombola, forse perché il marito la trova racchia, o non so, perché detesta la Croce, il Papa e tutti i suoi dipendenti. A me il presepe piace; mi piace meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla maestra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto «pedofilo». Babbo Natale allora è pedofilo. Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa. Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale. Marcello Veneziani

Celebrità e celerità

Il 21 dicembre a viaggiare sui treni del centro nord c'ero anch'io, per la serie "440 minuti di ritardo e celebrità".

Bibì e Bibò

Mai fidarsi dei comunisti.

domenica 20 dicembre 2009

Un altro Arpaio di maniche

“I detenuti non dovranno mai vivere meglio dentro le celle rispetto a fuori, perché la galera non è un albergo”.

Aforismi

Indro superstar.
BATTAGLIA L’unico consiglio che mi sento di dare - e che regolarmente do - ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.
PREGHIERA Preghiera laica per la sera, prima di addormentarmi: «Dio dammi la forza di accettare le cose che non posso cambiare, di cambiare quelle che posso, e di capire sempre la differenza tra queste e quelle».
DONNE «Mi descriva, caro amico, la sua donna ideale». «Alta, magra, vestita di velluto nero, con un lungo, bianchissimo collo di cigno. Con gli occhi azzurri. I capelli d’oro. Infinitamente dolce, aerea, elegante. Ah, incontrassi una simile creatura! Ogni sera l’accompagnerei nella sua camera, la spoglierei, la metterei a letto cospargendoglielo di rose. E correrei al bordello, da una puttana grassa, sguaiata, volgare».
SCUOLA È in corso una iniziativa per l’abolizione, nelle aule scolastiche, della pedana su cui si eleva la cattedra. Il perché lo avrete già capito: l’insegnante deve mettersi, anche materialmente, a livello degli alunni per non lederne la dignità e dimostrare con l’esempio che siamo tutti uguali. Giusto. «La via dell’uguaglianza» dice Rivarol «si percorre solo in discesa: all’altezza dei somari è facilissimo instaurarla».
ITALIA Io sono un italiano, fra i pochi rimasti che nei confronti dell’Italia s’ispirano all’adagio inglese: «Che abbia ragione o torto, sto col mio Paese». Anch’io sto col mio paese quando ha torto, ma senza pretendere che il suo torto sia considerato ragione.
GIORNALI «In molte, in troppe case italiane, non c’è altra carta stampata che quella dei giornali appesi a un gancio delle latrine...». Così scriveva Papini nel 1953. Oggi, da quando c’è carta igienica in abbondanza, nemmeno quella.
GENIO La genialità degli italiani è indubbia. Mi riferisco a quella rinascimentale. Quanto a quella - presunta - di oggi, credo che confondiamo troppo spesso genialità con ingegnosità. Di ingegnosità non manchiamo mai (...). A furia di comportarci in modo ingegnoso, di considerarci geniali sempre e comunque, rischiamo di comportarci da cretini.

Fedi incorruttibili

Cervi su Montanelli.
Nel profondo della sua sensibilità c’era l’amarezza per un’Italia irrecuperabile, c’era il timore, o piuttosto la certezza, che il Paese non si sarebbe mai davvero riscattato. Glielo impediva un deficit di senso civico ereditato dalla storia e aggravato dal carattere di molti milioni d’italiani. «Noi italiani - sentenziò implacabile - non crediamo in nulla e tanto meno nelle virtù che qualcuno ci attribuisce. Ma tra di esse ce n’è una nella quale riponiamo una fede incorruttibile: quella della nostra capacità di corrompere tutto».

Sotto la morsa del gelo

Anche in questi giorni si sente spesso al tiggì.

sabato 19 dicembre 2009

venerdì 18 dicembre 2009

Nuovo Cinema Mancuso

Da ieri in edicola col Foglio a 5,90 euri. Ne vale la pena. A chi piace il cinema, e anche a chi non piace.

Repubblica

No, Scalfari non c'entra. Allan Bloom dice che Repubblica di Platone è il libro sull'educazione. Quindi linkiamo il testo completo.

Amor omnia vincit

Nord rivoluzionario

Fosse vero che Giafranco Fini medita un ribaltone dell’attuale maggioranza spostando una trentina di parlamentari che lo seguono da destra a sinistra saremmo alla guerra civile. Perché?Fate caso ad un dato storico. In questo paese le rivoluzioni vengono dal Nord d’Italia. E’ stato sempre così. E al Nord il PD conta nulla... e Fini meno di nulla. E’ la Lega e il PdL berlusconiano che dominano perché sono, fatte le debite scale, rivoluzionari. Lombardia, Regno di Sardegna, e Triveneto, e buona parte dell’ex Stato Pontificio, sono le zone più ricche d’Italia a confronto dell’arretratezza del Sud. Si tratta di un rapporto di forze sbilanciato verso il Nord come lo fu nella guerra di secessione del 1860 in USA. Da una parte l’Unione di Lincoln, dall’altra la Federazione, agraria prevalentemente, del generale Lee. Non ci fu storia su chi vinse, ci furono decine di migliaia di morti però. Al Nord Italia non si possono imporre Fini, Casini, Bersani, D’Alema, vessilliferi di una visione sudista ed assistenzialista, clientelare ed immobilista alquanto, dello Stato. Non hanno seguito, non hanno carisma e, temo, non hanno neanche idee se non quelle di ottenere il potere e gestire i clientes. Non li si può imporre al Nord neanche sugli scudi di Di Pietro, De Magistris e di tutti i magistrati politicizzati, una minoranza.
F.Floris

Legalizzala

Le droghe, tutte le droghe sarebbero da legalizzare, e il buon vino italiano bisognerebbe proibirlo, toglierlo completamente dal commercio. Solo così il prezzo delle droghe si gonfierà per le tasse statali e quasi nessuno potrà più permettersele. Tutti a bere vino, che costa poco, ed è pure chic perchè vietato.

Lezione di marketing

Libri da evitare.
In Italia c’è un solo autore d’avanguardia: è Federico Moccia, l’autore di successoni come Scusa ma ti voglio sposare, Amore 14, Scusa ma ti chiamo amore, Tre metri sopra il cielo. La letteratura non c’entra. Lo stile neanche. Lo scrittore romano è piuttosto l’unico perfettamente in linea con le regole del nuovo marketing editoriale, quello nato dall’esperienza travolgente di Harry Potter. Il maghetto non ha venduto «solo» 400 milioni di copie ma con un colpo di bacchetta si è anche trasformato in un brand, un marchio, del valore stimato intorno ai 4 miliardi di dollari. Il marchio si applica a tutto: film, siti internet, merchandising vario e assortito. La chiave del trionfo sta nell’espressione «young adult» che indica la fascia dei lettori adolescenti ma anche dei loro genitori. Percorsi simili hanno seguito Stephenie Meyer (Twilight), Stieg Larsson (la trilogia di Millennium), Dan Brown (i romanzi con Robert Langdon, protagonista del Codice Da Vinci). E qui da noi Federico Moccia (in parte anche Andrea Camilleri). Comunque, ecco alcuni requisiti fondamentali per fare le scarpe a Potter: scrivere un tomo corposo per trasmettere l’idea di «professionalità»; serializzare, cioè mettere in cantiere una saga; alimentare l’attesa e il passaparola attraverso siti internet e anticipazioni calibrate; sorvegliare il marchio, vale a dire vigilare sulla coerenza delle proposte.

Apprendere ad apprendere

Per il ciclo "dalla paideia alla brace".
I guasti provocati da certi pedagogisti e didatti stanno per diventare poca cosa rispetto a un nuovo tsunami che oltretutto amplifica quei guasti. I quali sono derivati dall’idea di privilegiare la metodologia sui contenuti: apprendere ad apprendere anziché apprendere. I contenuti sono secondari, quel che conta è il metodo: addestrare un esercito di teste «ben fatte» (non importa se da teste mal fatte e vuote). Gli strumenti per realizzare questa «riforma» erano l’abolizione degli odiati «programmi» (parola ormai impronunciabile), l’autoformazione e l’autonomia scolastica. Così, al posto dei programmi abbiamo avuto le «indicazioni nazionali», che non prescrivono i contenuti che lo studente deve conoscere al termine del percorso, ma le «competenze» da acquisire, in un’orgia di linguaggio «didattichese», in cui trionfa la «complessità», la storia è ridotta all’acquisizione dell’idea del tempo e conoscere la geografia significa soprattutto «costruire le proprie geografie». In realtà, chi conosca i «programmi» di un tempo sa bene che consistevano di elenchi essenziali. La lettura del decreto del 1913 che istituiva il «Liceo-Ginnasio moderno» ridicolizza, per chiarezza e modernità pedagogica, certi ampollosi proclami odierni. Ma, si sa, la chiacchiera pseudoculturale vacua e tronfia piace, soprattutto perché è alla portata degli ignoranti, che celano dietro di essa la loro confusione mentale. Così, l’eliminazione dei programmi ha avuto l’effetto di aprire le porte all’intervento in materia scolastica di una sterminata platea di persone che, in precedenza, non avrebbe osato aprir bocca. Coloro che ripetono che i mali della scuola possono essere guariti solo con dosi massicce di autonomia non si avvedono, poveretti, che è proprio il trionfo dei metodologi e dei nullatenenti (intellettuali) ad aver trafugato l’autonomia scolastica. Difatti, la finta autonomia di cui gode la scuola non è quella gestionale, l’unica sensata, bensì quella di intervenire sui contenuti anche in forme scriteriate purché entro il contesto soffocante di una valanga di prescrizioni - tra cui a breve la demenziale «certificazione delle competenze» - e di indicazioni teoriche che stringono la scuola in una soffocante cappa di piombo ideologica, contenute in miriadi di circolari verbose e insensate.

Su internet col casco

Scemenze.

mercoledì 16 dicembre 2009

Stelle

Mio zio è contadino ed è anche parecchio colto. Tutte le sere deve dar da mangiare ai maiali, per esempio, ripulire i covili di tutti gli animali domestici, revisionare le stamberghe. Poi torna per l'ora di cena e dice a tutti con tono soddisfatto ed altero: "E quindi uscimmo a riveder le stalle".

Secolarizzazione

La secolarizzazione è lo splendido meccanismo con il quale la religione diviene non-religione. Il marxismo è cristianesimo secolarizzato, così la democrazia, l'utopismo, i diritti umani. Tutto ciò che è collegato alla formazione di valori deve venire dalla religione. Non c'è da cercare altro, perchè il cristianesimo è la condizione necessaria e sufficiente della nostra storia.
Allan Bloom, La chiusura della mente americana

2009 in pictures

Qui la prima parte. Ci sono anche i link alla seconda e terza parte.

martedì 15 dicembre 2009

Punti

Ferita lacerocontusa al labbro superiore: sette punti. Di popolarità in più.

Architettura gotica

Insieme di pinnacoli, guglie ed archi a sesto acuto che, se prende in un occhio, può render ciechi.

sabato 12 dicembre 2009

Si puo' vivere senza menzogna

«Chiuda pure il libro a questo punto il lettore che si aspetta di trovarvi una rivelazione politica. Se fosse così semplice! se da una parte ci fossero uomini neri che tramano malignamente opere nere e bastasse distinguerli dagli altri e distruggerli! Ma la linea che separa il bene dal male attraversa il cuore di ognuno. Chi distruggerebbe un pezzo del proprio cuore? Nel corso della vita di un cuore quella linea si sposta, ora sospinta dal gioioso male, ora liberando il posto per il bene che fiorisce. Il medesimo uomo diventa, in età differenti, in differenti situazioni, completamente un’altra persona. Ora è vicino al diavolo, ora è vicino al santo. Ma il suo nome non cambia e noi gli ascriviamo tutto. Ci fermiamo stupefatti davanti alla fossa nella quale eravamo lì lì per spingere i nostri avversari: è puro caso se i boia non siamo noi, ma loro».
Aleksandr Solzenicyn 11 dicembre 1918- 3 agosto 2008

Ultravioletti

Bella puntata di Zoro: i viola, il PD, i comunisti, le dimissioni.

venerdì 11 dicembre 2009

Guerra e pace

Obama. Si vis pacem, paraculum.

La cacca

Questo devo comprarlo.

Pace armata

Grande Obama. Gli Stati Uniti sono una grande nazione.

giovedì 10 dicembre 2009

Missili volanti identificati

Bottoni

Se ti allacci pure l'ultimo della camicia sei ritardato, oppure eccentrico, oppure ossessivo-compulsivo. E gli eccentrici sono pochi.

In via di estinzione

L'italiano e' in pericolo. Dovemo da faje un check up.

The plot of the plot

La trama del complotto.

Vite di personaggi storici

Il primo capitolo.

Garantismi

Questo e' un buon tema, bravo Facci.

Ikea profana

Vergine clemente, perdona i poverini che per riempire il frigorifero hanno dovuto accettare un lavoro all’Ikea, la catena nemica di tuo figlio (non vende presepi ma solo pagani alberi di Natale). Consolatrice degli afflitti, conforta i dipendenti della filiale di Corsico che stanno protestando contro i turni massacranti e le “ronde per controllare le soste in bagno” (altro che ronde leghiste, queste sembra che funzionino davvero). Torre d’avorio, fammi vivere per sempre in case belle come la mia, dove l’Ikea è entrata solo sotto forma di matitina regalatami da un’amica, una matituccia rachitica, miserabile, triste come una chiesa svedese in un film di Bergman.
Langone

Alla fine era er mejo

Ora rispunta come commentatore alla televisione cinese.Sembra un’altra parodia, invece è vero: Romano Prodi parlerà di politica internazionale alla tivù di stato in Cina, dove va spesso come gradito ospite e conferenziere, dove firma autografi ed è una specie di idolo europeo (anche se con troppi fratelli, in Cina non glieli avrebbero permessi). Piacciono, oltre all’autorevolezza e alla preparazione, la postura composta, lo sguardo, il sorriso a occhi socchiusi che cita quello cinese e l’impossibilità ormai mitologica di scandire le frasi, vezzo asiatico per eccellenza. Sarà un grande successo, senza dubbio: la presenza di Romano Prodi opinionista potrebbe anzi essere l’inizio di un nuovo modo di fare televisione anche in Cina (un po’ come l’avvento della tivù commerciale in Italia, un momento epico). Ma soprattutto è la dimostrazione del teorema Guzzanti: “Con la sua bella calma” Romano Prodi è avanti anni luce rispetto ai colleghi, mentre aspetta, dietro la sua bella linea gialla, la resa dei conti.

mercoledì 9 dicembre 2009

Forse un mattino

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Davanti a me il mondo ingannevole, la realta' che non esiste. Dietro di me il nulla, l'unica cosa che esiste. Il nulla come certezza ontologica. La fede nel nulla.

martedì 8 dicembre 2009

Lo dice Lui

I mass media tendono a farci sentire sempre "spettatori", come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti "attori" e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

Rutelli chiama Fini

Titolo: "Il mio nome è Nessuno". Trama: Terence Hill è un pistolero senza grande curriculum, che propone a Henry Fonda di fare coppia per sgominare la banda del Mucchio Selvaggio (150 persone). Scena con breve dialogo: Terence Hill: "Allora, che ne dici?". Henry Fonda: "Come ti chiami, ragazzo?". Terence Hill: "Nessuno, il mio nome è nessuno". Henry Fonda: "Ok. Allora cerca di diventare qualcuno, così poi siamo in due e li circondiamo".

Epicureismi nichilisti

E se concludo che tutti i piaceri di questa vita non son che illusioni, posso aggiungere che tutti i raziocini umani non sono che follie. Quando poi dico tutti, non eccettuo i miei calcoli.
Giammaria Ortes, Calcolo de' piaceri e de' dolori della vita umana

Vate svestizioni viziose

Ben che né gonna né faldiglia avesse;
che venne avolta in un leggier zendado
che sopra una camicia ella si messe,
bianca e suttil nel più eccellente grado.
Come Ruggiero abbracciò lei, gli cesse
il manto: e restò il vel suttile e rado,
che non copria dinanzi né di dietro,
più che le rose o i gigli un chiaro vetro.
Orlando Furioso, VII-28

Gradisca

Indice di gradimento Obama al 47%: morto che parla?

Intelligenze duttili

Rassegnarsi, questa è la parola d’ordine, perché intanto così gira per l’Amor nostro.
Se lui ha detto bianco, era nero, se diceva nero, era bianco.
Se non beccava i mafiosi, Scalfari scriveva sei volte (volete i sei testi? ce li ho qui) che il suo governo, non a caso, non beccava i mafiosi. Dal momento che con loro c’era un patto.
Se invece becca i mafiosi, Scalfari scrive (volete l’ultimo testo? ce l’ho da domenica) che non a caso ha beccato i mafiosi. Perché ha tradito il patto.
Quando becca un mafioso ogni tanto, Scalfari scrive che, non a caso, l’Amor nostro ha beccato un mafioso ogni tanto, visto l’accordo che era quello.
Se non becca un mafioso ogni tanto, non è un caso che ogni tanto non l’abbia beccato, scrive Scalfari, visto che l’accordo era un altro.
Se becca i mafiosi numero due e numero tre, facile, dice Scalfari, il numero uno era lui.
Beccasse mai il numero uno, allora non vale poiché la mafia, tentacolare com’è, sa nascondere il suo vero capo. E noi qui, terribilmente confusi, ancora a domandarci: possibile mai che Mario Pannunzio rifiutasse di passeggiare per via Veneto con un’intelligenza così duttile?
A.Marcenaro

Fimmini e Masculi

Non ci basterebbero tutti i rotocalchi e le soap opera del mondo per raccontare gli uomini dell’occidente benestante. Si potrebbe cominciare così: “Braccia sottratte al calcestruzzo. Vedovi della zappa in crisi davanti a un chiodo da attaccare al muro. Prede di immensi sconforti quando si tratta di far funzionare la caldaia. Pallidi (o peggio, abbronzatissimi) intellettuali di grido che porgono mani mollicce, spettegolano come servette, lamentano persecuzioni, scompaiono al momento del conto, hanno dimenticato il portafogli a casa assieme a quel che resta del rigonfiamento dei pantaloni, non se la sentono di spostare la macchina e offrono in cambio il numero privilegiato del radiotaxi, mandano messaggini con faccette tristi e puntini di sospensione, hanno bisogno di riposo e di mascherine sugli occhi, tengono accanto allo spazzolino da denti la crema antirughe, hanno paura la sera quando tornano a casa soli, si dichiarano femministi, si commuovono davanti a cortei anti sfruttamento, sospirano che per i giovani è meglio lasciare il paese, si preoccupano per il precariato, si informano sulla clitoride, prendono tranquillanti, vogliono sentirsi amati e compresi, confidano le infelicità alle amiche transessuali nel post coito abbarbicati a gigantesche tette dure di silicone, e piangono”. (...)
Nel frattempo allora, mentre qui si rammendano calzini e lavano mutande
, sempre in nome delle Pari e Allegre Opportunità, ci si permette di suggerire qualche piccolo mutamento, accorgimento, medicamento, per gli amati uomini così eccessivamente modernizzati, così eternamente vittime delle erinni, così tristemente costretti a cercare, come dicono gli psicologi maschi, focolari alternativi, quelli con gli omoni che cucinano torte di mele: noi prepariamo il risotto, voi attaccate il decoder e sintonizzate i canali; noi strofiniamo le vostre camicie con acqua fredda e sapone di marsiglia facendo attenzione a colletto e polsini, voi aggiustate l’anta di legno dell’armadio; noi vi sorridiamo, voi non grugnite annodandovi sciarpe color malva. Noi sapremo sembrare timide e tutte sguardi e misteri, voi mostrateci però, per pietà, la vostra smania di conquista (bisogna riscrivere tutte le regole del galateo, signori: una donna non corteggia, ma viene virilmente adocchiata, fissata, cercata, regalata, sospirata, chiamata, aspettata, assediata, scongiurata, ignorata e infine assaltata e soggiogata). Vale per tutte, democratiche e meno democratiche, carrieriste e fieramente casalinghe, principesse e popolane, moderne e reazionarie, carlebruni e “ciabatte malscopate”, come definisce Buttafuoco certe signore disperate ai corsi di flamenco.

Carmen, perché?

Scritto otto anni fa da Facci. E qui anche l'articolo di oggi.

Le passioni possono ucciderti e sopravviverti. Ciò che ami corrisponde a ciò che potrà ferirti e finirti, e l’oggetto d’amore è detentore di un potere che potrà darti la morte. Tutto questo è accademia.

Georges Bizet nacque a Parigi nel 1828 e si rivelò musicalmente dotatissimo, aveva un orecchio innato e prima ancora dell’alfabeto imparò le notazioni musicali. Non bastò. La sua prima opera andò malissimo ed entrò in un cono d’ombra. Tentò una vita ordinaria, si sposò, compose qualche abbozzo d’opera, ci provò. Ma non ne fece nulla. Sbarcò il lunario, fece il maestro di pianoforte, declamò poesie. Nel 1858 scrisse al fratello: “Ci sono due tipi di genio: il genio della natura e il genio della ragione. Anche ammirando immensamente il secondo, non ti nasconderò che il primo ha tutte le mie simpatie. Sì, ho il coraggio di preferire Raffaello a Michelangelo, Mozart a Beethoven. Quando sento le Nozze di Figaro o il secondo atto del Gugliemo Tell sono completamente felice, sento un benessere, una soddisfazione completa, dimentico tutto”.

Nella sua vita, poi, entrò una donna. Anzi: entrò la donna; i suoi fantasmi e le sue proiezioni del rimosso, la donna, la sua fondamentale ambivalenza del sentimento, quel doloroso intreccio di slancio e di rinuncia, di oblazione e di sadismo, di adorazione e di odio, la donna portatrice di infinite promesse di appagamento e di risarcimento, promesse non mantenibili che un giorno diverranno tormento e disillusione. Sono opposti psichici che solo la passione può riunire. Per Georges Bizet tutto questo prese il nome di Carmen, donna che pure non esisteva.

Carmen era solo una creatura letteraria di Prosper Mérimée, un poeta che in Spagna aveva frequentato nobili e principesse e così pure toreri e gitani e mendicanti; a Siviglia aveva visitato delle manifatture di tabacco, là dove nella sua immaginazione era nata Carmen.

Georges Bizet lesse Mérimée e ne rimase folgorato. Fu amore a prima vista, non pensò più ad altro: lo consumò il medesimo fuoco d’amore che pure avrebbe consumato i protagonisti della sua opera ventura. Carmen divenne la femmina che preferisce morire piuttosto che costringere il suo cuore alla menzogna, la femmina che ama e che ama, capace di darsi con tutta se stessa come l’uomo mai potrebbe, fisicamente ed emotivamente, Carmen, animale selvaggio e immorale, schiavo dell’istinto, donna di terra e perciò priva di quella stronzetteria di buon ceto d’origine che sovente accompagna la noia di vivere di certe nate fortunate, signore e signorine che tuttavia ti raccontano abbiano avuto vite tormentate e difficilissime.

Bizet fu preso da ossessione, pensò solo alla sua nuova opera, cambiò e ricambiò di continuo il testo, presenziò a ogni prova, si disfece di ogni cliché, seguì strade nuove, scelse una cantante sanguigna che conosceva la danza e che potesse trascinare nel proprio vortice. Durante le prove accadde di tutto, la cantante si ferì con un coltello, il direttore dell’Opéra Comique si lagnò per un’opera sicuramente mai vista – ambientata in una fabbrica di tabacco – e si rivolse al ministro dell’Interno perchè assistesse alla prova generale prima di presenziare alla Prima. I giornali s’impossessarono della notizia e crebbe l’attesa.

Ma il 13 marzo 1875 fu ressa e delusione: il pubblico non vide una cangiante Grande Opéra, macchè, c’era un’accozzaglia di cenciosi, non piacque soprattutto quell’operaia insolente e dai fianchi ondeggianti, quella dissoluta impunita che sfrontatamente cantava “voglio essere libera anche nella morte”. Non era tempo.

Bizet fu consumato dal medesimo fuoco d’amore che per un attimo l’aveva elevato al rango di creatore. Non sopravvisse a Carmen. Si ammalò definitivamente proprio nei giorni della Prima, nel marzo 1875. Contrasse ogni tipo di malattia psicosomatica e si fece ansioso e bulimico. Il cuore gli dava dei problemi. Cercò di rimettersi a lavorare non vi riuscì più. Diede alle fiamme ogni suo progetto residuo e cìò accadeva mentre andava a fuoco anche l’Opéra Comique, di cui non rimase che cenere. Il rogo acceso da Carmen stava divorando tutto. Morì quattro mesi dopo la Prima, all’inizio di giugno, proprio nell’ora in cui a calava il sipario del suo ultimo spettacolo. Georges Bizet aveva 37 anni. Fece giusto in tempo ad apprendere che la Corte di Vienna aveva acconsentito a rappresentare la sua Carmen, ma non seppe mai che ne sarebbe cominciata la marcia trionfale in tutta Europa. L’opera tornerà a Parigi solo otto anni più tardi, e gli applausi stavolta saranno indescrivibili. Nietzsche dirà: è musica perfetta. Brahms, Stravinskij, Mahler e Ciaikovskij grideranno alla perfezione. Carmen.

Bizet non le sopravvisse. Le sue ultime parole, poco prima di morire, furono: “Carmen, perché?”.

Spada, non pace

Di solidarietà e sobrietà, Eminenza carissima, lei parlò all’omelia di Natale dello scorso anno, ci tornò sopra in una prima serata di primavera televisiva in cui fu ospite di Fabio Fazio e infine ne ha parlato di nuovo nella sua predica di Sant’Ambrogio. Lei ripete che “la comunità cristiana può e deve diventare molto più sobria”. Che “c’è uno stile di vita costruito sul consumismo che tutti siamo invitati a cambiare per tornare a una santa sobrietà”. Che “con la sobrietà è in questione un ‘ritornare’” perché “ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione” e “soprattutto la sobrietà è questione di ‘giustizia’, siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco e…”. Uffa. Ma quanto ancora sentiremo la volgarizzazione delle tesi di Erich Fromm, delle confetture di Medici senza frontiere, delle denunce antimafia contro i pericoli delle infiltrazioni per qualunque cantiere aperto per modernizzare la città e dare lavoro alla gente?
Piuttosto, qualche anno fa, per iniziativa della Curia di Milano venne promossa in tutta la diocesi una ricerca sullo stato di salute della fede praticante.

Anche il sottoscritto, come tutti i frequentatori delle messe festive, fu chiamato a esprimersi su una batteria di domande che indagavano sulla pratica religiosa. Come mai a distanza di oltre un lustro i risultati di quella inchiesta non sono ancora stati noti? La sensazione diffusa è che nella più grande diocesi del mondo il tasso di disaffezione al precetto festivo e a tutti gli altri sacramenti abbia raggiunto percentuali da paesi del nord Europa. Forse la diocesi di Milano non sarà un “cimitero”, come dicono le statistiche sul cristianesimo in Belgio o in Olanda. Ma tutto lascia supporre che la strada imboccata è quella di una pace senza vita. Senza contare che in quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, la mezzaluna di Maometto ha preso stabile dimora. Ma se Muhammad è il nome più diffuso tra i neonati di Milano (notizia Apcom del 31 maggio 2008), Eminenza, non sarebbe forse anche l’ora di consigliare ai milanesi di essere meno sobri nel controllo delle nascite e più appassionatamente sostenitori di persone come Paola Bonzi? Forza, Eminenza carissima, non si faccia rinchiudere nel capitolo della teologia moralista, civilista e borrelliana. Lei sa, meglio di noi pecorelle erranti e sghimbesce, che il cristianesimo esige coraggio, testimonianza e profezia, innanzitutto dai suoi Pastori.

L.Amicone

Il Presepio

Vi è mancato il tempo o il denaro per procurarvi un presepe della Scarabattola o di Angela Tripi? Non avete abbastanza spazio per le pecorelle di legno del presepe Lepi? Vi siete accorti solo oggi, giorno dell'Immacolata dedicato all'esposizione dei presepi, che in casa vostra manca qualcosa di essenziale? Correte in libreria a comprare il presepe pop-up di Carlo Gallucci Editore, 16 euri e mezzo di magia impagabile. Si intitola "Il Presepio" perché Gallucci è un filologo, predilige la forma originaria della parola. E' anche un patriota e il suo meraviglioso libro animato è davvero italiano (disegni di Emanuele Luzzati) a differenza degli altri pop-up natalizi che sono importati e perciò pieni di babbi natale e di renne. Si apre con pochi gesti ed ecco spuntare, dal fondale di cartone blu, gli angeli, le pecore, l'asino, il bue, Giuseppe, Maria. La stella cometa è mobile, così la notte del 24 potrete sollevarla e scoprire, in fondo alla grotta, il Bambino Gesù. Se adesso non vi viene da piangere o non sono riuscito a rendere l'idea o siete proprio cattivi.
C.Langone

lunedì 7 dicembre 2009

Il Principe

Cosi', se uno volesse leggerselo su internet.

Hopenhagen

In provincia di Firenze.

Di' qualcosa di sinistra!

«Perché Bersani non prende tre quattro grandi temi e prova a coinvolgere questo popolo viola? Ne suggerisco alcuni, la sostenibilità ecologica, io sarò l’unico del centrosinistra ad andare a Copenhagen. Oppure proponga: vogliamo dimezzare da subito il numero dei parlamentari. Mi daranno dell’antipolitico, ma i mille parlamentari di oggi sono i vincitori di un casting politico indecoroso. O ancora, vogliamo puntare sull’innovazone tecnologica, contro il decreto Pisanu? O parlare di merito? I ventenni dei social network sanno che hanno davanti un’Italia di baronie, di professori che stanno in cattedra da tre generazioni. Bersani potrebbe lanciare questi grandi temi d’innovazione anziché spiegare perché va o non va a un corteo».
Matteo Renzi

domenica 6 dicembre 2009

sabato 5 dicembre 2009

Apriti cielo

"...si veniva sostituendo qualche culo al cielo in taluni topoi frequenti o insigni: volesse il c., apriti c., nel regno dei c., il matrimonio del c. e della terra, il c. stellato sovra di noi, c. a pecorelle, tutta manna dal c., il c. puo' attendere, il c. ce la mandi buona, ho toccato il c. con un dito, raglio d'asino non sale in c., non insperate mai veder lo c., dammi o c. che sia foco agli italici petti il sangue mio, a noi si schiuda il c.,..."
A.Arbasino, L'ingegnere in blu

Esercizio matematico

Esercizio lungimirante
fare calcoli sulle parti
riflettere su rimanenze
addentrarsi tra le parentesi
(sospendendo quel che premeva fuori)
e dire cosi’ addio all’eden degli interi
E impariamo che non possiamo sommarci
subito
ma dobbiamo prima denominarci
comunemente
conoscere la minima essenza condivisa
che ci moltiplichi.
Bruno Galluccio

Otto sono tante

E' successo anche a me stamattina.
Ieri mattina, quando è suonata la sveglia, dormivo. Che, come frase, sembra un po’ buttata lì come quella vecchia faccenda del signor De La Palisse, quello che dieci minuti prima di morire era ancora vivo, e invece no, questa frase ha senso, perché io di solito mi sveglio ben prima della sveglia, e corro di là a spegnerla veloce, perché come suoneria ho una canzone che fa un rumore che non vi dico (prima o poi se me ne ricordo la cambio, perché non se ne può più). Dicevo, mi son svegliato con la sveglia, mi son accorto che avevo dormito più di otto ore, m’è venuto da sorridere, perché era tantissimo tempo che non succedeva, dormire otto ore di filato, che sorpresa, che gioia. Questa è la cosa più bella che mi è successa ieri, e direi che ho finito.
A.Bonino

Il pericolo siamo noi

Montanelli diceva che l'impero romano cadde per la sua stessa decadenza, non per i barbari e il cristianesimo.
Articolo dall'Occidentale. "C’è un pericolo ben maggiore dell’estremismo islamico a minacciare le democrazie occidentali, e quel pericolo siamo noi."

venerdì 4 dicembre 2009

:(

When I see a smiley, my first thought is, “What are you, 12 years old?”
What is it about the emoticon that fills me with such loathing? Maybe it’s the wastefulness of the enterprise, the redundancy of it, the implied lack of confidence in the writer’s ability to communicate, or mine to comprehend. If you say, “I’m looking forward to seeing you tonight,” I think you’re looking forward to seeing me. If you say, “I’m looking forward to seeing you tonight. :-),” I think you’re not sure I understand the extent of sentiment in that seven-word message. And if you write, “I’m looking forward to seeing you tonight ;-),” I think your assumption of getting laid this evening may have been a bit premature, Winky.

Quarto nomos e quarto logos

Alla caduta del Muro piansi d’emozione. Il Muro non era una frontiera. Le frontiere possono essere un luogo di scambio: filtrano, non fermano i flussi. Ma non ci sono scambi dove c’è un muro. Nei decenni il Muro di Berlino mi parve un’orribile cicatrice. Vederlo crollare fu una vera gioia, così come sentire i manifestanti delle due Germanie gridare in coro: Wir sind ein Volk! (Siamo un solo popolo!). Le delusioni vennero dopo.

Innanzitutto la riunificazione tedesca non fu superamento dei sistemi della Repubblica federale di Germania (Brd) e della Repubblica democratica tedesca (Ddr), ma assorbimento della Germania est nella Germania ovest. I tedeschi orientali divennero «occidentali». Passarono dalla Ddr, sotto influenza sovietica, alla Germania, sotto influenza «atlantica».

Annuncio dello sgretolarsi del sistema sovietico, la caduta del Muro di Berlino non segnò solo la fine del dopoguerra. Chiuse anche il XX secolo, il «secolo breve»: 1917-89 (la guerra del 1914 cambiò natura nel ’17, con la rivoluzione russa e l’entrata in guerra degli Stati Uniti). Più in generale, finì l’ampio vasto ciclo della modernità, cominciato dal Rinascimento. Dagli anni ’90 siamo nell’era postmoderna, non più nell’era degli Stati-nazione, ma in quella delle comunità, delle reti e dei grandi complessi continentali.

Troppo spesso si dimentica il contributo alla globalizzazione dato dalla fine dell’Urss. Ormai il pianeta è unificato, ma di un’unificazione dialettica, perché, in reazione al movimento principale, comporta un’altra frammentazione. Ma le frontiere non fermano più niente: né uomini, né merci, né comunicazioni, né tecnologie. I mercati finanziari agiscono in «tempo reale» da un capo all’altro della Terra. In un attimo le crisi locali diventano mondiali. La tecnoscienza s’estende ovunque. Il liberalismo e la logica del capitale dominano tutto, mentre l’ideologia dei diritti dell’uomo è la nuova religione civile. Un mondo di tal fatta non ha più nulla d’«esterno» (nel senso che, durante la Guerra fredda, il «mondo libero» era «esterno» al blocco sovietico). È ciò che Paul Virilio chiama globalitarismo.

Infine la caduta del Muro di Berlino estingue il Nomos della Terra risalente al 1945. In greco nomos è «legge», ma anche, in origine e in generale, «ripartizione, spartizione». Il Nomos della Terra descrive la disposizione generale dei rapporti di forza internazionali. Carl Schmitt distingue il susseguirsi di tre grandi Nomos della Terra: il primo va dalle origini alla scoperta del Nuovo Mondo; il secondo si confonde con l’ordine degli Stati-nazione nati dal trattato di Westfalia; il terzo scaturisce dalla fine della II guerra mondiale e si connette all’ordine binario (americano-sovietico) di Yalta. La nostra epoca d’incertezza e transizione - quanto lontana dalla fine della storia, annunciata da Francis Fukuyama! - ci fa chiedere: quale sarà il quarto Nomos della Terra? Avremo il mondo unipolare, consacrazione del potere planetario della potenza dominante, gli Stati Uniti d’America; o avremo il mondo multipolare - pluriversum, non universum -, dove i grandi complessi culturali e civili si manterranno diversi, agendo come poli regolatori della globalizzazione?

La questione del quarto Nomos della Terra pone però anche il problema della «quarta teoria politica». Il XVIII secolo vide nascere il liberalismo; il XIX, il socialismo; il XX, il fascismo. Nel XXI quale teoria politica nascerà? Oggi ogni grande ideologia che abbia formato la modernità è in crisi e, come ogni famiglia politica, cerca una nuova identità. La teoria politica del futuro combinerà e supererà, nel senso hegeliano del termine, le passate teorie. Tenterà di combinare libertà e giustizia sociale, lotta all’alienazione e volontà d’autonomia, senso della misura e affermazione di sé, valori disinteressati e «comune decenza» (common decency) di George Orwell. C’è una connessione fra globalizzazione, postmodernità, quarto Nomos della Terra e quarta teoria politica.

Alain de Benoist

giovedì 3 dicembre 2009

Ayn Rand

Peccato non trovare on line l'articolo su carta che ho letto. Parla di Ayn Rand, di oggettivismo e libertarianismo, anarco-capitalismo e miniarchismo, del capolavoro della Rand, della sua vita un po' folle tra il marito, un giovane amante e principale discepolo, la moglie di lui, e l'amante giovane di lui.

Nata deviata

Ricompare dopo oltre cento anni un libro di storia, filologia, archeologia, scienza, psicologia, romanzo e feuilleton, manuale e atlante. Sulla donna.

Pompei

Tour panoramico.

Maleficenza

Meglio amare il terzo mondo che il prossimo.
Macché Telethon, macché beneficenza. Per constatare la crescente maleficenza, quanto l’uomo abbia in dispetto l’uomo, basta osservare i nuovi treni. Sono in via di estinzione le carrozze con scompartimenti, che ti spingevano a dire almeno “buon giorno” quando entravi e “buon proseguimento” quando uscivi, e a grande richiesta della clientela dilagano le carrozze tipo pullman, dove non si corre il rischio della conversazione. Ognuno nella sua bolla, gli occhi dentro il computer, le orecchie chiuse dagli auricolari. Corteggiare la ragazza brufolosa, cedere il posto alla persona anziana, prendersi cura del bagaglio della signora, è beneficenza che nessuno compie perché hanno tutti già donato, e non gli è rimasto niente.
C.Langone

Detti francesi

L'homme arrive novice à chaque age de la vie.
Quand nous ne sommes plus des enfants, nous sommes déjà morts.
J'appelle journalisme tout ce qui sera moins intéressant demain qu'aujourd'hui.
E.Flaiano, Diario degli errori

mercoledì 2 dicembre 2009

Inferni italiani

L'inferno che l'italiano si ostina a immaginarecome un luogo dove, bene o male, si sta con le donne nude e dove coi diavoli ci si mette d'accordo.
E. Flaiano, Diario degli errori

Piedi civili

La civilta' e' una questione di piedi al caldo. Dove i piedi sono trattati bene, il resto va bene.
E.Flaiano, Diario degli errori

Geopodologia

Arte di restare coi piedi per terra.

Spaccadivanetti

Ragazza che pur di fare del cinema e' prodiga delle sue grazie coi produttori.

Maggioranza epica

L'ira del Cav: la Predelliade.
L'uomo dal multiforme ingegno: la Bondissea.
Le armi e l'uomo partito dalla fiamma: la Fineide.

Afghanistan, November 2009

Bellissime. Ma attenzione alle immagini 11 e 28.

Oral sex

Quant'e' lungo il tuo?

Non sopporto i siti internet per comprare libri che non scrivono il numero di pagine e le tre dimensioni. Io voglio sapere quanto e' grosso, dove e come lo posso mettere, se e' facile o meno tenerlo in mano. E' un oggetto d'amore.

"Statte quieto"

Fini isolati

Non avrei mai creduto, fino ad alcuni anni fa, che un ex PCI potesse aver ragione su Fini. Il primo osserva e trae ragionevoli conclusioni, il secondo decanta ovvieta' torbide e pericolose per il Paese. Fossi il Cav arderei 'l mondo, fossi Fini mi spegnerei.

martedì 1 dicembre 2009

Incontri alla fine del mondo

La mia infanzia è stata totalmente separata dal mondo esterno. Da piccolo non sapevo niente del cinema e per me non esistevano neanche i telefoni. Un’automobile era una cosa assolutamente straordinaria. All’epoca Sachrang, pur trovandosi solo a un’ora e mezza di macchina da Monaco, era un posto talmente isolato che ho visto per la prima volta una banana all’età di dodici anni e ho fatto la mia prima telefonata a diciassette. La nostra casa non aveva il water con lo scarico; anzi, non c’era proprio l’acqua corrente. Non avevamo materassi: mia madre riempiva sacchi di lino con felci seccate. D’inverno faceva così freddo che l’alito si congelava e la mattina quando mi svegliavo trovavo uno strato di ghiaccio sulla coperta. Ma è stato meraviglioso crescere così. /…/ A tutt’oggi, una parte di me non si è ancora adattata alle cose che mi circondano. Per esempio, ho ancora difficoltà col telefono. Sobbalzo ogni volta che squilla.
Potrebbe sembrare bizzarro alla gente di oggi, ma cose come il ritrovamento di una scorta di armi ci hanno garantito un’infanzia meravigliosa. Tutti pensano che crescere in mezzo alle rovine delle città sia stata un’esperienza terribile. Non ho dubbi che lo fu per la generazione dei nostri genitori, che ha perso assolutamente tutto; ma per i bambini si è trattato di un periodo davvero stupendo. I bambini di città occupavano interi quartieri distrutti dalle bombe e si appropriavano dei resti degli edifici, andandoci a giocare e trasformandoli in teatri di grandi avventure. Questi bambini non vanno affatto commiserati. Tutte le persone che conosco e che hanno passato l’infanzia tra le rovine della Germania postbellica vanno in estasi per quel periodo. Era anarchia nel senso migliore della parola.
W.Herzog

Cultural diversity

The 5 dimensions of the cultural diversity and the scores of G.Hofstede for the different countries.

Un giornalista intelligente

Riduzioni e adattamenti. Borsellino su Mangano e Berlusconi. Ancora a proposito di strumentalizzazioni: quelli capaci di strumentalizzare Capaci.

Un Prodi intelligente

Non tutte le ciambelle vengono senza buco, in casa Prodi. Si parla di global warning.

De la gérontocratie

«Che straordinario istinto di dominazione muoveva dunque la turbolenta generazione dell’89. Essa ha cominciato con l’interdire i propri padri, e finisce con il diseredare i propri figli. Il risultato è una Francia concentrata e rimpicciolita in sette-ottomila individui “eleggibili”, ma asmatici, gottosi, paralitici, arteriosclerotici».
Si riferiva al 1789. Che bello il parallelo tra la generazione del 1789 e quella di due secoli dopo. Il libro: Riportando tutto a casa.

Bad sex award

«Quando egli baciò la sua calda, soffice bocca, un poco illividita in un angolo, seppe all’istante che era stata con un altro uomo, e di recente - quel debole ma inconfondibile retrogusto di ostriche andate a male misto a segatura - ed ebbe la conferma che quella era la bocca di una ragazza indaffarata».

Figlio di papa'

"Figlio mio, vattene dall'Italia".
1) Espediente giornalistico-letterario abusato per dire che l'Italia di Berlusconi fa cagare.
2) Io, fossi il figlio, gli risponderei: papa', vattene in quell'altro posto che conosci bene, fai pure prima che arrivare al paradisiaco "estero".
3) Se fossi il figlio, poi, neanche lavorerei ma sputtanerei i soldi di papa', il quale, pur avendo "fallito", di strada ne ha fatta, sebbene in un Paese non "normale", dove non conta il merito ma "l'affiliazione politica, di clan, familistica".

Giorgio Soavi

Articolo.

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lunedì 30 novembre 2009

Ipocrisia

La civilta' coincide con l'ipocrisia, con la capacita' di trattenersi. L'ipocrisia non e' il contrario della verita', e' il suo galateo. Non e' come la menzogna, ma e' il velo dorato sul vivere civile, funge da imene della verita', perche' la tutela, impedisce di violarla o abolirla. La verita' attiene all'essenza della vita, l'ipocrisia riguarda le relazioni civili. La cultura del '68 dichiaro' guerra all'ipocrisia ma dichiaro' morta la verita'. Squarciare il velo per non trovare nulla.
Da Rovesciare il 68

Il Cav delle cinque

Berlusconi e il the verde. Una declinazione dell'antiberlusconismo intellettual-ossessivo. Poveretto. Ecco, dopo aver scritto poveretto, poveretto l'autore, Pascale, sono andato a vedere su wikipedia. Si definisce "complesso progressista". CVD.

Imperium Solis

Se la storia fosse andata diversamente è proprio il titolo dato nel 1999 dal Corbaccio per la traduzione della prima storica antologia di questo tipo (What if? del 1931) da me curata e che ha fatto scoprire in Italia ai lettori e ai critici non specialisti l’esistenza di un particolare genere di narrativa, la storia alternativa o anche ipotetica o anche controfattuale, che ha però anche un nome più altisonante: ucronia (non-tempo, come utopia è non-luogo) coniato nel 1859 da Charles Renouvier, un filosofo francese totalmente inviso a Benedetto Croce e invece apprezzatissimo da un anticrociano come Adriano Tilgher.
L’ucronia mette in discussione il fine predeterminato della Storia, il suo avere uno scopo intrinseco (e in ogni caso positivo), un suo finalismo imperscrutabile, l’accettazione dunque del Fatto Compiuto inteso come il leibniziano «migliore dei mondi possibili». Se invece un piccolissimo evento (un «sì» o un «no», l’aver girato a destra o a sinistra, l’aver detto una parola interpretata male eccetera) può modificare radicalmente il corso della Storia con la «S» maiuscola, non vuol dire altro che questa ineluttabilità intrinseca della Storia medesima non esiste, ed essa non può essere più in quanto Fatto Compiuto un feticcio da adorare secondo la filosofia hegeliano-marxista. (...)
Uno degli autori italiani che con maggiori risultati si è dedicato a questo genere è Mario Farneti il quale, partendo da un suo racconto del 1999 ha sviluppato una trilogia di romanzi (Occidente, 2001; Attacco all’Occidente, 2003; Nuovo Impero d’Occidente, 2006, tutti editi dalla Nord) che in milleduecento pagine complessive riscrive la storia italiana e occidentale dal 1972 al 2012 con l’Italia che non è entrata nel secondo conflitto mondiale ed è diventata la nazione egemone come oggi sono gli Stati Uniti. Ora Farneti torna in libreria con il primo romanzo di una diversa trilogia: Imperium Solis (Nord, pagg. 454, euro 18,60) che abbandona la contemporaneità e porta il lettore nell’antico mondo mediterraneo del IV secolo d.C. quando, durante la battaglia di Ctesifonte (26 giugno del 363), s’infranse il sogno imperiale di Flavio Claudio Giuliano ucciso nel corso di una battaglia contro i Parti, in una desertica piana dell’attuale Irak. Questo ci dice la Storia, mentre nell’ucronia di Mario Farneti l’imperatore Giuliano non muore, viene creduto (e si fa credere) morto e intraprende una vera e propria missione divina: andar lì dove il Sol Invictus di cui è devoto va a concludere il suo splendente tragitto giornaliero. Egli parte dunque verso l’Estremo Occidente con le sue navi e le sue legioni, ma anche con i suoi sacerdoti, filosofi, scienziati, geografi e storici, per approdare sulle sponde della leggendaria, immensa isola di Meropide. Si troverà al cospetto di quelle che mille e cento anni dopo Cristoforo Colombo chiamerà le Indie Occidentali, che ovviamente acquisirà all’Impero di Roma facendo prendere alla Storia del mondo in generale e dell’Europa in particolare un corso diverso, come anche si vedrà nei romanzi che seguiranno.

Fixing Africa

Dividere il continente in quattro macrostati, per salvarla. Qui anche l'ebook scaricabile.

Minareti vaganti

L'Islam oltranzista si combatte costruendo cento chiese cristiane per ogni minareto, non vietando la costruzione di altri luoghi di culto.

domenica 29 novembre 2009

Evoluzionismo relativista

L'evoluzionismo attaccato dall'interno, per una volta. Non male.

Pulizia di classe e di memoria

E la stampa tace. Tutti impegnati con altri conflitti. Di interessi.
Giovedì scorso è morto all’improvviso Victor Zaslavsky, un grande studioso, forse poco conosciuto al grande pubblico, in compenso notissimo a chiunque sia appassionato di storia, in particolare quella del Partito comunista italiano. Zaslavsky, con sua moglie Elena Aga-Rossi, ha demolito con documenti inoppugnabili il mito dell’indipendenza di Togliatti dall’Unione Sovietica. Anche la svolta di Salerno, solitamente portata come prova regina dell’autonomia dal Pcus, fu voluta, o meglio ordinata, dal baffuto dittatore georgiano. Le carte raccolte dalla coppia non ammettono replica. Zaslavsky poi ha scritto un saggio bellissimo sul massacro di Katyn, una delle vergogne del regime sovietico: nel 1940, nella foresta nei pressi di Smolensk, vennero trucidati circa 22mila polacchi, quasi tutti militari, quasi tutti laureati: l’élite della nazione. Stalin in questo modo eliminava ogni possibile forma di opposizione «borghese». L’eccidio fu addossato per anni ai nazisti, e insabbiato dai russi fino al 1990. Ci volle la caduta del comunismo per sapere la verità. Zaslavsky, in un libro edito dal Mulino, diede una lettura coraggiosa dei fatti fin dal titolo: Pulizia di classe: il massacro di Katyn. Il nazismo eliminava il nemico di razza. Il comunismo quello di classe. L’atteggiamento simile dei due totalitarismi non poteva non colpire. Nel volume di Zaslavsky c’era anche la storia della clamorosa distorsione dei fatti da parte di Mosca e dei suoi alleati fedeli alla linea. In Italia, chiunque si sia azzardato nel corso degli anni a smontare la propaganda sovietica, addossando la strage alla Armata Rossa, è stato zittito dal Pci di Togliatti. La vicenda desta ancora qualche malumore tanto che il film Katyn di Andrzej Wajda, nonostante i molti premi ricevuti, è stato distribuito in pochissime sale diventando il film «fantasma» del 2007.

Ladro o riformista

Craxi non fu un riformista immaginario, dietro cui si nascondeva - come è stato tratteggiato dagli avversari di sinistra - «un novello Mussolini», ma un riformista che aveva maturato una visione gradualista e anti-marxista. La sua idea di fondo, che lo ispirerà per tutta la vita, è riconquistare l’autonomia socialista, soffocata dall’egemonia comunista.
Storia di Craxi. Miti e realtà della sinistra italiana, Boroli, pagg. 187, euro 14

Bisanzio o Roma

Edward Luttwak dice che l’America di Obama, e di chi verrà dopo di lui, dovrebbe guardare alla vecchia Costantinopoli. È lì che si impara a sopravvivere al proprio destino.
Più che a Bisanzio, mi ispirerei alla Roma monarchica, o alla prima Roma repubblicana.

Indipendenze effimere

L'indipendenza di cui ogni gioventù si vanta non è altro che sottomissione alla nuova moda imperante.
Nicolàs Goméz Dàvila