mercoledì 29 luglio 2009

Arte e autismo

La gia' «proficua» correlazione fra storia della medicina e storia dell'arte si arricchisce di un nuovo interessante capitolo. Carlo Alessando Landini, ricercatore presso la Columbia University e Past Fellow dell'Italian Academy a New York, ha dedicato il suo recente studio «Lo sguardo assente. Arte e autismo: il caso Savinio» (Franco Angeli) alla figura e all'opera del pittore e letterato Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico, 1891 -1952), fratello minore del ben più noto Giorgio de Chirico. Per Landini, Savinio prima che un pittore e un letterato, era un malato. Gli errori di ottica contenuti nei suoi quadri, i tic e gli stereotipi della sua prosa, il suo carattere introverso, la sua cronica incapacità di dar risalto a concetti astratti, l'arresto della volizione, i suoi ritratti che non di rado hanno la parvenza dell'allucinazione, il feticismo d'oggetto, l'affabulazione, gli autoritratti in forma di animale (come gufi e gatti: la sensibilità aberrante della prosopagnosia ossia la difficoltà a riconoscere i volti), hanno condotto lo studioso, sulla scorta di un'ampia letteratura e del parere di autorevoli neuropsichiatri, a formulare un'interessante ipotesi. Ossia che Alberto Savinio era affetto da una forma mitigata di autismo (sindrome di Asperger), la stessa di Albert Einstein, Glenn Gould, lo scacchista Bobby Fischer e molti altri geni. E forse a livello cerebrale qualcuna delle aree che controllano il riconoscimento dei volti, specie quelle relative al campo visivo destro, era lesa («visual hemineglect»). Da un punto di vista più ampio, quello cognitivistico, neurologico, iconologico, il libro di Landini apre nuovi squarci sulla possibilità di curare l'autismo - anche quello non precoce, ossia evolutivo - e proprio attraverso una vasta disamina del rapporto fra arte e pazienti autistici l'autore formula una nuova ipotesi nel campo della «art therapy».
Luigi Mascheroni

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