lunedì 27 luglio 2009

Quando Dio messer Messerini fece

La letteratura medievale è potente. Il volgare italiano alle sue origini non è una lingua colta, arabescata, è una lingua che va dritta allo scopo, che picchia sotto la cintura. Lo fa con la metafora con l’allitterazione, con il concreto al posto dell’astratto. Per rendersene conto nessun autore è meglio di Rustico Filippi il geniale e feroce poeta duecentesco di: «Quando Dio messer Messerin fece/ ben si credette far gran maraviglia,/ ch’ucello e bestia ed uom ne sodisfece,/ ch’a ciascheduna natura s’apigli...». Filippi (1230-1291 circa) infatti era capace di passare dal registro amoroso alla più violenta invettiva con indiscussa bravura (riconosciuta anche da Brunetto Latini). Ora l’editore Carocci propone Tenzone e sonetti amorosi (pagg. 256, euro 26, 40, a cura di Silvia Buzzetti Gallarati): il volume presenta il corpus delle liriche d’amore di Rustico Filippi e la tenzone sulla superiorità del chierico o del cavaliere. Fa seguito a quello apparso nel 2005 nella stessa collana, contenente i sonetti satirici: si ricompone in tal modo l’immagine insolita di questo poeta capace di spaziare in tutti i generi.
Molto più tarda ma ancora profondamente medievale, e toscanissima nel vernacolo, la predicazione di Bernardino da Siena (1380-1444) che si ritrova nella bella edizione del Melangolo: Novellette, aneddoti, discorsi volgari (pagg. 220, euro 10). Leggendo si ha l’impressione di essere stipati in una piazza piena di cimatori di panni.
E se poi si vogliono affrontare queste letture con cognizione di causa su l’epoca e gli autori viene in aiuto la nuova edizione de La letteratura italiana del Medioevo di Stefano Carrai e Giorgio inglese (Carocci, pagg. 342, euro 24,30).

Nessun commento: