domenica 10 maggio 2009

Una destra di sinistra

Io non vedo continuita' tra la svolta a sinistra di Fini e le correnti missine che vengono raccontate qui, progressiste e non conservatrici. Sono diversi i tempi, i modi, gli avversari, le necessita', le finalita'. E anche il fondamento culturale. Nel Msi di sinistra c'era una forte componente di destra sociale, magari anche socialista nel senso etimologico e storico-ideologico del termine. C'erano spunti rivoluzionari che da una parte trovavano giustificazioni di principio nel primo Benito politico, animale inquieto e futurista, dall'altra si specchiavano nelle necessita' di fatto di caratterizzarsi come un'alternativa al sistema (parlamentare, poi partitocratico, poi immobile e nepotista e gerontocratico e bigotto e conservatore nel senso piu' becero, ma sempre maggioritario). Dopo Tangentopoli e le ideologie crollate, dopo Fiuggi, AN alle istituzioni, PDL e il completo riconoscimento conquistato ed avvenuto, il Fini di sinistra, l'accelerata che lo ha portato a sinistra del Cav, e anche a sinistra di Fassino, a volte anche di D'Alema, non mi e' chiaro. Forse vuole bilanciare le sparate del Cav, o vuole consenso nel centrosinistra, vuole voti, o forse vuole fare semplicemente il figo. Per ora ci vedo solo una deriva modernista con pericolo nichilista che non si prende cura di temi come l'identita' nazionale ed europea e la difesa delle relative radici culturali e civili.

2 commenti:

Stefano ha detto...

Botta e risposta con Claudio Cerasa: http://www.ilfoglio.it/cerazade/105

Stefano ha detto...

Fini cerca da tempo un suo spazio dignitoso e fertile, che lo tolga dall’ombra di una figura carismatica e molto complicata da fiancheggiare, quella di Berlusconi. Cerca, com’è comprensibile, di cancellare e sradicare l’imprinting di una vecchia identità neofascista o postfascista, che ha avuto le sue glorie, i suoi anticonformismi, la sua cultura civile, la sua funzione, ma non si è mai proposta come cultura di governo di questa Repubblica costituzionale, dei suoi criteri fondativi. Il mestiere che attende Fini è quello: governo imparziale delle istituzioni parlamentari, operazioni di riforma costituzionale pensate trasversalmente con l’opposizione o comunque con un consenso assai più largo di quello di una maggioranza, costruzione di una convivenza civile capace di unire un paese diviso e ferito da mille problemi di sicurezza, di coesistenza etnica, di nuove relazioni inter-religiose.

Rispondere a Fini in modo intelligente vuol dire, e per adesso il solo Sandro Bondi sembra essersene accorto, prendere sul serio le sue idee, criticarle senza boria né spirito censorio, e far crescere quel che non c’è: un paradigma culturale e civile capace di riconoscersi nella versione liberaldemocratica tradizionale della nostra struttura di valori repubblicani, ma senza perdere la capacità critica, la libertà intellettuale e morale che così spesso in Italia si dissolve nell’onda conformista, nella corrente che tutto trascina ed eguaglia, in quello che gli anglosassoni chiamano il mainstream. Non è poi così difficile. Provateci.
Foglio, 28 maggio