lunedì 18 maggio 2009

PDLimitazioni

Suvvia, non si credera' mica che Fini vuole difendere senza se e senza ma i diritti di immigrati, gay e magari pure di immigrati gay; che voglia preservare la laicita' dello stato, che ami la costituzione antifascista e la pace nel mondo. Ecco il piano: adesso fa il figo di sinistra, conquista in tre anni il 15% di voti del PD, e intanto che Silvio diventa presdellarep (no, non muore, il suo medico ha giurato che vivra' fino a 120 anni minimo) assume le redini di un PDL col 52% dei voti, gli cambia il nome in Popolo delle Limitazioni e instaura la dittatura. A lui e' sempre piaciuta. Esistono casi di conversione mistica, casi di deriva onanistica, casi di opportunismo propagandista, ma non casi di fulminazione relativista.

2 commenti:

Stefano ha detto...

http://www.ilfoglio.it/soloqui/2432

Stefano ha detto...

Fini mi interessa, ma l’unico che mi incanta è l’Amor Nostro (Mourinho)

Al direttore - Non nascondo la stima che nutro nei suoi confronti, per le sue idee e per il coraggio mostrato nella scorsa campagna elettorale. Lei è un grande uomo in tutti i sensi. Però devo ammettere che leggendo stamane l’intervista rilasciata al Giornale sono rimasto un po’ deluso. Fini è a mio avviso un traditore della destra. Ha tagliato troppo tardi i ponti con il fascismo (solo nel 1994 quando il Muro di Berlino era caduto da cinque anni) e in maniera troppo brusca (non si può passare dal fascismo come “seme della storia” a “male assoluto”), ha infine negli ultimi anni reciso qualsiasi legame ideale con qualsiasi concezione di destra. Gli ideali in cui crede Fini oggi sono quelli dei liberal, non quelli comunitari, dei repubblicani americani o dei gollisti francesi. A me ciò preoccupa perché dà l’idea di un uomo che non crede in niente e fa delle scelte per opportunismo.
Federico Mugnai, via Web

Qui c’è un equivoco da dissipare. Confermo: Fini per me è diventato interessante (anche i traditori sono interessanti, io sono interessante per me stesso, specie da quando ho tradito il comunismo). E interessante da quando è rimasto solo anche per sua scelta, il Cav. si è preso tutto compreso il suo partito, i quadri decisivi, probabilmente l’elettorato, lasciandogli un ristretto gruppo di affini (il think tank, il Secolo, una manciata di parlamentari). E’ interessante la sua solitudine operosa, che invece di affossarlo lo rilancia tra gli applausi dell’establishment (effetto politologicamente paradossale, sebbene per il futuro nessuno possa dire come butterà); è notevole anche la sua conversione al paradigma Bobbio-Zagrebelsky, insomma il fatto che in Italia, per un leader di destra post fascista che voglia compiere un percorso istituzionale e politico autonomo, non c’è apparentemente altra cultura di riferimento che quella liberaldemocratica, secolarista, laicista, fino a picchi di correttismo politico e ideologico. Dicendo queste cose, e qui non confermo, anzi smentisco le interpretazioni distorte, non cado prosternato davanti a Fini e alle sue idee, ci mancherebbe. Faccio del giornalismo politico, evito un eccesso di noia. D’Alema al Quirinale? Era un’idea, non un’adesione alla persona, al suo programma politico, alla sua cultura e memoria storica. Veltroni candidato alle primarie per un vero partito all’americana? Era la messa a fuoco di un fenomeno che, se non fosse stato poi giocato come un passatempo per dilettanti, prometteva qualcosa, e in fondo ci ha dato qualcosa (un revival del maggioritario, la crisi di Prodi e del prodismo, e per contrappunto la nascita del Pdl). Insomma, secondo me un buon giornalismo politico si fa così, non pubblicando quaranta interviste alla settimana al primo che passa e opinionando irresponsabilmente con il ditino alzato. L’unico davanti al quale mi prosterno, si sa, è lui, l’Amor Nostro, Mourinho. (Mi è scappata, scusatemi).