Per una volta vorremmo mettere i piedi, o meglio: la penna, nel piatto. Da osservatori modesti della politica italiana non possiamo non esprimere una preoccupazione forte per lo stato di decomposizione del Pd. Non abbiamo la palla di vetro e non facciamo i bookmaker, o tantomeno i tifosi, ma temiamo che le prossime elezioni sanciranno un risultato con il segno meno per il partito voluto da Veltroni. Non sappiamo se le urne sanciranno un giudizio definitivo oppure no. Con un po’ di fantasia pensiamo all’ipotesi che il Pd vada male, anche molto, ma non moltissimo: questo potrebbe spingere ulteriormente Franceschini a sostenere la causa referendaria. Berlusconi, che ha fatto del sistema bipolare il perno della sua strategia politica, lo cavalcherebbe a sua volta. Anche solo cinque giorni di martellamento mediatico ed il quorum si potrebbe raggiungere.
Un esito positivo del referendum porterebbe per direttissima alle elezioni (magari provocate dalla Lega che avrebbe interesse ad andare alle urne con la vecchia legge elettorale) o, meno probabilmente, ad aprire il cantiere della riforma. Fantapolitica, non c’è dubbio ma in entrambi i casi il Pd risulterebbe schiacciato. E questo rappresenta un problema: la fisiologia politica prevede infatti la presenza di un’opposizione. Che per ora è non pervenuta. A sinistra serve non un leader assolutista ma una personalità autorevole che abbia spessore e lungimiranza, capacità tattica e visione strategica (almeno per il medio periodo), e che riesca a mettere ordine in un’area che rappresenta – potenzialmente – il 40 per cento della popolazione italiana. A nostro avviso questo identikit corrisponde al profilo di Massimo D’Alema. Si tratta, lo sappiamo, di un esponente politico assai controverso. Non è peregrino pensare che lui stesso immagini per se un ruolo da “padre nobile”, magari in un contesto internazionale. Ultimamente è apparso stanco, logorato dalla sua immagine pubblica di “scorpione”.
Se questo fosse il suo stato d’animo, lo comprenderemmo. Tuttavia, non vediamo alternative. Chi altri, in quello schieramento, può dialogare con Vendola, Casini e Berlusconi? D’altra parte, D’Alema non può pensare che tutte le ferite della sinistra vengano rimarginate di colpo e che il partito (o quel che ne resterà) si inginocchierà ai suoi piedi. Il successo politico da Berlusconi insegna che bisogna avere il coraggio di rischiare. Il Cavaliere è salito sul predellino ed ha inventato il Pdl. Se D’Alema o chi per lui non rischierà altrettanto, si potrebbe avverare la profezia di Massimo Salvadori secondo cui il prossimo futuro politico potrebbe non contemplare la sinistra ma uno scontro fra destra e centro.
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