Sarebbe un guaio che l’emanazione del regolamento che “mette fra parentesi” la sentenza del Tar facesse cadere nel vuoto l’iniziativa del Foglio di far uscire il dibattito sull’insegnamento della religione dall’ovvio e scontato, ognuno, laici e cattolici, a opporre agli altri i soliti argomenti. Anticlericali interessati al nuovo, cattolici dallo sguardo lungo e atei devoti non banali dovrebbero cogliere l’occasione di buttare all’aria schemi inadeguati alla realtà. Da vecchio radicale, mi viene da chiedere: da un punto di vista cattolico ha senso la battaglia a difesa di questo insegnamento della religione? Lo frequenta il 90 per cento degli studenti. Ma i risultati? Conoscete un altro paese in cui sia così diffusa tanta ignoranza in fatto di religione? Mi capita, in sede di esami di storia in università, di verificare che non pochi studenti non sanno che Cristo era un ebreo, o non hanno idea del rapporto fra Bibbia ebraica e cristianesimo… Questo dopo 13 – 13 – anni di insegnamento concordatario. Non sarà il caso di trarne qualche conclusione? La questione sta nei fondamenti. L’insegnamento concordatario della religione in una scuola per tutti è di per sé contraddittorio, anomalo, in quanto dichiaratamente di parte: per esserne insegnante bisogna condividere una fede, non basta conoscere la materia. Tanto è vero che occorre l’autorizzazione del vescovo. Di qui lo statuto anomalo, di un insegnamento in cui ovviamente non si può essere bocciati. Questo in una scuola in cui il criterio ultimo della valutazione sta nella promozione o no. C’è da meravigliarsi se gli studenti in gran parte vivono l’ora di religione come un’attività di serie C? E se gli insegnanti, impegnati a strappare un po’ di attenzione degli studenti, si riducono spesso a gestire un’ora di generica umanità? L’effetto è inevitabile: si radicano l’immagine e il riflesso di una marginalità del fatto religioso. Da un punto di vista religioso e cattolico, una catastrofe.Ma anche in un’ottica laica, preoccupata della capacità della scuola di fare cultura, se si tien conto di quanto il pensare, il sentire e l’immaginare cristiani stiano fra i pilastri della cultura occidentale. Grande questione, dunque, per i cattolici, ma anche per i laici, quella di costruire un’altra via per far conoscere sia la religiosità cattolica sia più ampiamente il fattore religioso. L’Elefantino propone che il Papa rinunci al privilegio concordatario in fatto di insegnamento, e lo stato al monopolio culturale della scuola pubblica. E che si affidi a un criterio e a un’etica di libertà – guardando al modello americano – la conquista di un rinnovato posto del cristianesimo e di una vera capacità educativa della scuola. La questione, così, diventa paradigma di problemi generali e di fondo. Superare, non solo a scuola, l’illiberale logica concordataria, tutelare i valori religiosi non con i privilegi e l’uso di parte dei poteri statali ma esaltando la libertà, conquistare un’attenzione vera della società secolarizzata per le domande di dignità umana che la sensibilità religiosa solleva, porre in termini di libertà-responsabilità la questione educativa. Su un terreno di interesse comune c’è lo spazio per confronti nuovi e fascinosi fra cattolici preoccupati della loro fede, persone appassionate all’educazione e laici rigorosi.
Lorenzo Strik Lievers
Un anno bellissimo [Parte I]
4 anni fa
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