La lista nera musicale del regime militare argentino tra il '78 e l''83.
«Canzoni il cui testo è considerato non adatto a essere diffuso dai servizi di radiodiffusione». Così il regime argentino del generale Jorge Rafael Videla, quello dei desaparecidos, aveva bollato una lista di 200 pezzi che era meglio non far sentire. Nella lista nera della dittatura finirono anche molti artisti italiani. A essere proibiti non furono i brani di protesta e impegno dei vari Guccini e De Gregori, ma quelli d'amore di Lucio Battisti, Claudio Baglioni, Raffaella Carrà, Gino Paoli e altri.
L'elenco è stato diffuso via internet dal Comfer, il Comitato federale della radiofonia argentina: sette pagine battute a macchina con i titoli censurati fra il 1978 e il 1983. Assieme a «Da Ya Think I'm Sexy?» di Rod Stewart, «Tie Your Mother Down» dei Queen, «Kiss, Kiss, Kiss» di John Lennon e Yoko Ono, «Another Brick in the Wall» dei Pink Floyd e «Cocaine» nella versione di Clapton, nell'elenco ci sono «Questo piccolo grande amore» di Baglioni, «Tanti auguri» della Carrà, «E penso a te» di Battisti, «Mia» di Nicola Di Bari, «La donna che amo» versione di Gino Paoli di una canzone di Joan Manuel Serrat, «Solo tu» dei Matia Bazar, «Un'età» scritta da Vandelli, Piccoli e Baldan Bembo per Mia Martini, «L'importante è finire» che in Italia creò qualche problema a Mina e «Si» di Toto Cutugno. [...]
il Corriere
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