sabato 1 agosto 2009

La radio, Pasolini, le api

Che cosa devo escogitare per farmi ascoltare? Uccidermi? Uccidere? Darmi all’apicoltura? Mario Perniola ha scritto un libro dal titolo poco invitante, “Miracoli e traumi della comunicazione”, che però promette di aiutarmi a compiere una scelta. Uccidermi? Uccidere? Darmi all’apicoltura? Il capitolo cruciale è “La fine dell’autorevolezza dell’autore”. Perniola non fa cominciare la crisi del ruolo degli scrittori con la rete bensì con la radio che durante il Maggio francese “influenza profondamente la percezione dell’evoluzione degli eventi: il movimento stesso è condizionato dall’eco conferitogli dai media. E’ come se la radiocronaca della rivolta in presa diretta prendesse il posto di quest’ultima, la quale assume così un ruolo subordinato e parassitario rispetto all’eco che suscita”.

Negli anni Sessanta si passa così dalla società dell’azione, in cui si legge e poi si agisce, alla società della comunicazione, in cui si guarda e poi si viene agiti. Un mondo nuovo, affamato di comunicatori e non di letterati. Il primo ad accorgersene è stato Michel Foucault che nella conferenza del ’69 intitolata “Che cos’è un autore?” profetizza un ambiente dove i discorsi circolano in forma sostanzialmente anonima: insomma Internet. Il primo a trarne le conseguenze è stato Yukio Mishima che nel ’70, per incidere nella mente dei giapponesi la propria opera, attua un suicidio rituale e pubblico.

Perniola non cita Pasolini, peccato, forse ignora gli affascinanti libri in cui Giuseppe Zigaina descrive il massacro di Ostia (’75) come un omicidio-suicidio a lungo premeditato dalla cosiddetta vittima per eternarsi artisticamente. Quindi anche Mishima, anche Pasolini, si fecero all’incirca le stesse mie domande: Che fare per farsi ascoltare? Uccidersi? Uccidere? Oppure, scartando di lato, darsi all’apicoltura? Scelsero l’uccidersi, sia perché non cristiani (il primo) o non abbastanza (il secondo), sia perché più o meno omosessuali e pertanto egocentrici, e poi perché negli anni Settanta non era così evidente l’importanza dell’apicoltura. Oggi che le api rischiano di estinguersi, e non in metafora come le lucciole pasoliniane, risulta chiaro che i mieli raccolti da Andrea Paternoster lassù in Trentino tramandano più cultura dell’intero catalogo Minimum Fax. Il miele sulle labbra di Platone e della sposa del Cantico dei Cantici, il miele ascetico di Giovanni Battista, il miele erotico di Enzo Carella (i cultori del Lucio Battisti periodo Panella avranno capito il riferimento), il miele che scorre insieme al latte nei fiumi della Terra Promessa. “I libri da soli non bastano a cambiare la vita di chicchessia” scrive Perniola, “se non sono accompagnati da un atto esemplare di forte impatto mediatico”.

Oggi un Montale, vita appartata spesa a bulinare versi, non sarebbe riconosciuto manco campasse centovent’anni. Avendoci i soldi, o una straordinaria capacità di fare debiti, bisognerebbe piuttosto imitare D’Annunzio che fu contemporaneamente grande autore e grande comunicatore. Bisognerebbe però anche avere la sua fortuna: il Vate visse in epoca un filo meno nichilista della presente e non fu costretto a schiacciare il pedale fino all’omicidio o al suicidio, nemmeno tentato (la caduta dalla finestra del Vittoriale, mi ha spiegato Giordano Bruno Guerri davanti a un piatto di tortelli immasticabili, fu dovuta semplicemente ad allucinazioni da cocaina). Nichilista e sorda, “l’età della comunicazione in cui tutti scrivono, ma nessuno legge, tutti parlano, ma nessuno ascolta”. Io l’ho sperimentato mille volte. [...] Che cosa devo inventare per farmi ascoltare davvero? Uccidermi non voglio. Uccidere non posso, sebbene il desiderio sia grande. E le api pungono.

C.Langone

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima. Scusate se vado dal Sacro al Profano, ma un esempio di come la "comunicazione" (ivi, radiofonica e televisiva) possa giungere a rimodellare e ridefinire (altro che solo influenzare!) la realtà, lo si può trovare - per i patiti di calcio come me - nell'abisso che si crea fra quello che VEDO allo stadio quando GUARDO la partita "senza filtri" (se non quelli del mio tifo e della mia coscienza) e quello che SENTO alla radio e VEDO in TV quando ASCOLTO e GUARDO i commenti (ed eventualmente la telecronaca) della STESSA partita che ho guardato "live" a San Siro. L'ho fatto questo esperimento, qualche volta, con l'aiuto di mio padre. Io ero a San Siro e mi guardavo - ad esempio - una gara infame (pareggiata o persa), e mio padre stava a casa a video registrarmi qualche trasmissione in cui si "commenta" lo stesso evento.
La morale? Come mio padre stesso - più di una volta - mi ha detto, dopo aver messo a paragone la mia esperienza "diretta" con quanto visto/detto/commentato sul medesimo evento via radio e tv "caro Paolo, tu di calcio non capisci un cazzo".

Ora provate a trasferire, mutatis mutandis, questa storiellina in contesti più grandi e/o tragici di una partita di calcio, e guardate un pò cosa ne viene fuori: altro che Rivoluzione Studentesca, Mani Pulite, 9/11, Elezioni taroccate (in USA ed Italy), Riforme, Movimenti di Piazza, Terremoti, Sciagure Naturali e Politiche (last but not least, il turbolento periodo post-elettorale in Iran).

Mi viene in mente James Woods nel film "Videodrome": "...non è la realtà che fa la televisione, ma è la televisione che costruisce la realtà".

Brrrrrrrrrrrrrrr.....

p.s.: sorry se ho divagato

Anonimo ha detto...

...Dimenticavo: "Che cosa devo inventare per farmi ascoltare davvero? Uccidermi non voglio. Uccidere non posso, sebbene il desiderio sia grande. E le api pungono". Quoto.

E, aggiungo:"L'Umanità si sta rimbambendo ad una velocità spaventosa e, su base quotidiana, crescente".

Stefano ha detto...

A proposito di informazione "oggettiva":

http://stefanocicetti.blogspot.com/2007/11/puttanismo-in-e-de-formazione-il.html

Flussi di pensiero, cazzate in liberta'.