Gli uomini non desiderano tanto che la loro consapevolezza operi nel modo giusto, quanto piuttosto che a loro sembri che sia giusto quel che essi fanno, e perciò essi ricorrono a sostanze che alterano il giusto operare della consapevolezza. Lev Nikolaevic Tolstoj.
Sull’ultimo numero di Wired lo scrittore Gianluca Morozzi (dodici romanzi alle spalle) si è prestato a un insolito esperimento: si è «bombato» di Ritalin per una settimana e ha raccontato la sua esperienza in un reportage sotto forma di diario. Scopo dell’esperimento era rispondere alla domanda: si può diventare più intelligenti impasticcandosi? E magari anche più artisti? Il famigerato Ritalin è un farmaco stimolante simile all’amfetamina, che negli Stati Uniti viene massicciamente distribuito, tra polemiche di ogni genere, per curare nei bambini la «sindrome da deficit dell’attenzione». Naturalmente anche gli adulti ne hanno approfittato per migliorare le proprie prestazioni intellettuali.
L’effetto su Morozzi è stato il seguente: a metà pomeriggio del settimo giorno si è messo al computer e non si è più alzato, salvo per andare in bagno, per le successive quaranta ore. E ha scritto un romanzo. «Un intero romanzo - ci racconta. In due giorni! Centoventi cartelle! Ovviamente è la prima stesura, poi la rivedo senza Ritalin. Uscirà la prossima primavera. Ricordo che anche Kerouac ha scritto Sulla strada quasi in un’unica seduta, su un rotolo di carta, assumendo benzedrine. Il Ritalin mi ha dato una velocità e una facilità di scrittura incredibile, come se tutte le parole e tutte le idee coesistessero nella mia testa: si trattava solo di metterle sulla carta. Ma non ripeterò l’esperienza. Di solito ci metto tre mesi per abbozzare un romanzo, e non due giorni, e a me va bene così».
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4 anni fa
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