Molti credono che Relativismo identifichi quel sano atteggiamento mentale per il quale crediamo che nessuno possa essere sicuro di possedere la Verità, e tutti dobbiamo essere certi di non possederla comunque per intero. Questo è l'atteggiamento che conduce alla tolleranza ed al dialogo, e nulla ha a che fare con il Relativismo: è l'atteggiamento del grande Aristotele, che sicuramente non era un relativista. Relativismo non è la convinzione che la Verità non è un possedimento facile, che non si raggiunge mai pienamente e che si conquista pezzo per pezzo con il contributo di tutti, ma quella che la Verità semplicemente non esiste: inutile è sforzarsi di raggiungere una meta che semplicemente non c'è. Al posto della Verità c'è l'Opinione, mutevole e diversa da individuo ad individuo, e all'interno dello stesso individuo variante nel tempo. La Verità è quindi relativa per definizione, vera per l'uno, falsa per l'altro.
Da dove deriva questa convinzione, sulla quale non si fonderebbe non dico una società, ma neppure una gabbia di matti? E' la naturale conseguenza del materialismo ateo e scientista, per la quale il nostro io ed i nostri pensieri sono frutto dell'attività elettro-chimica del nostro cervello. Un pensiero non sarebbe che il corrispettivo di una particolare situazione fisica delle nostre cellule neurali, situazione che non potrà mai ripetersi né dentro di noi, né, tanto meno, nel cervello di un altro.
Ecco allora che Verità, Onestà, Bene e Male e con questi ogni altro Valore, Idea o Concetto, non essendo che mutevoli situazioni fisiche di un singolo cervello, nessun effettivo valore possono avere nei confronti di tutti e nel trascorrere del tempo.
Con questo i relativisti pensano, almeno, di essere tolleranti e democratici: non affrontano il problema di come lo potranno essere quando troveranno sulla loro strada gli intolleranti ed i fanatici, molto più sicuri di loro delle loro convinzioni, ed ai quali essi non potranno obiettare nulla, perché Nulla è quanto reputano vero e valido. Questa idea, riassunta da Vattimo con lo slogan del "pensiero debole", cioè del pensiero incapace di darci risposte certe, nasce dalla follia materialista, che reputa falso ciò della cui esistenza siamo più certi, anzi sommamente certi, cioè il Pensiero, e reputa vero una ipotesi del Pensiero, mai verificata e che porta a conclusioni contraddittorie con i dati di partenza, cioè la Materia. La Materia, ipotesi del Pensiero, toglie valore al Pensiero stesso, che ci ingannerebbe, facendoci credere liberi ed autonomamente pensanti: cosicché nega pure la sua stessa realtà.