Per la riscoperta di Peppino Di Capri che in questi giorni compie cinquant’anni di musica. Per il valore teologico della sua opera: “Nun è peccato” è canzone da studiare come una lettera di San Paolo (e assolutamente da non confondere con l’hit parodistico di Vito Mancuso, “Nun c’è peccato”). Per il valore geografico: Peppino, essendo di Capri e anche di Ischia, insegna la distinzione tra il Golfo divino e la metropoli diabolica che vi si affaccia. Per il valore danzereccio: la vita è bella non perché lo ha detto un comicastro ma perché una ragazza vestita in lamé ha ballato “St. Tropez twist” una notte in riva al mare. Per il valore toponomastico-monarchico: “Con la giunta del comunista Valenzi, il viale Principessa Elena, a Napoli, diventò viale Gramsci. “E io non ho mai capito che bisogno c’era” ha dichiarato in una recente intervista questo meraviglioso gentiluomo.
Langone
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