La decisione del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini di reintrodurre il maestro unico, risparmiando così un notevole numero di addetti e una quota consistente di spesa pubblica, ha dato luogo a un dibattito sul fatto se, da un punto di vista pedagogico, tre maestri siano meglio di uno. Ma non si discute della questione che dovrebbe essere al centro di questo genere di valutazioni politiche: la produttività, come ci ricorda anche il rapporto diffuso ieri dall’Ocse (gli insegnanti italiani sono pagati poco ma lavorano anche poco). Negli stessi giorni in cui si critica Gelmini, l’amministratore delegato di Intesa San Paolo, Corrado Passera, lavora per aumentare la produttività di un’altra categoria di dipendenti pubblici, i piloti di Alitalia: l’idea è di ridurre il personale chiedendo a chi resta di lavorare di più, per garantire la stessa qualità del servizio ma rendendo la compagnia competitiva. I piloti di Lufthansa e di Air France ogni anno volano molte più ore di quelli di Alitalia, ma ricevono anche compensi maggiori e permettono alle loro compagnie di fare utili.
Mettere al centro la produttività è una scelta vincente per qualsiasi azienda (e anche la scuola è un’azienda): il governo spende meno, il lavoratore che lavora di più è qualificato e vede aumentare lo stipendio, la qualità del servizio che l’utente riceve non varia, ma il prezzo scende. E’ lo stesso ragionamento che si sta facendo nelle Ferrovie, riguardo al macchinista unico, o nei negoziati tra la Confindustria di Emma Mercegaglia con i sindacati, legando gli aumenti di salari alla produttività. Con questa riforma il ministro Gelmini può dare un importante contributo alla causa federalista. Il nord dovrà pagare affinché nelle regioni del sud siano assicurati gli standard adeguati dei servizi che verranno loro assegnati, soprattutto per quanto riguarda la scuola e la sanità. Perciò occorre che questi standard siano basati su seri principi di produttività, misurabili e verificabili. In caso contrario, un federalismo fondato soltanto sulla solidarietà, che è una delle opzioni di cui si discute in Italia, rischia di essere una beffa per il contribuente e di diventare insostenibile per le finanze pubbliche.
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