mercoledì 14 ottobre 2009

I gangli e il libero arbitrio

Alberto Priori è uno dei neurologi più noti d’Italia, insegna all’Università statale di Milano. Ha appena condotto uno studio che verrà presentato al convegno «Neuro-mania» e che mira a dimostrare come nelle scelte economiche e morali intervengano anche parti molto antiche del cervello: i gangli della base. Parti a cui normalmente si attribuiscono risposte «automatiche» e lontane dalle «raffinatezze» intellettuali della corteccia cerebrale.
Professor Priori ma uno studio tipo il suo non si porta dietro una concezione deterministica?
«Indubbiamente sì, e questa è la concezione generale che ispira il convegno. Il sottotitolo “Il cervello non spiega chi siamo” è ovviamente provocatorio. Il cervello spiega benissimo chi siamo».
Ma il libero arbitrio, dove va a finire?
«Cosa c’è di libero? Io non sono un filosofo ma al libero arbitrio credo poco. Mettiamola così: qualsiasi decisione “libera” prenda il cervello ha dei precisi correlati deterministici».
Banalizzando, allora l’hardware del nostro cervello conta moltissimo... Forse più del software?
«Nel cervello, mantenendo la sua metafora, hardware e software sono assolutamente interdipendenti. Si modificano a vicenda. È questo che rende il cervello molto più sofisticato di un computer. Il cervello si adatta in pochissimo tempo, se una parte si danneggia può supplire con un’altra. Ciò non toglie che l’hardware ha un ruolo di assoluta rilevanza. E studiarlo ci consente di capire dei processi importanti».
E cosa cambia dopo lo studio che avete condotto?
«Adesso sappiamo che nelle decisioni di tipo più complesso intervengono delle parti del cervello che si credeva facessero tutt’altro. Parti di cervello che abbiamo in comune persino con i rettili».

4 commenti:

Stefano ha detto...

Oggigiorno un soprannumero di scienziati si impegna a più non posso per dimostrarci che non siamo liberi: che quando ci innamoriamo, tiriamo un cazzotto a qualcuno o salviamo una vita, a monte c'è sempre un neurone, un gene, un cromosoma che ha deciso per noi.
Come spiega questo determinismo il genetista Edoardo Boncinelli?
«La domanda è inquadrata in una ideologia in cui sapere equivale a essere schiavi. Ma è l’esatto contrario. Più cose conosco e più elevata è la mia libertà e con essa la mia responsabilità. Sì, esistono delle “condanne” genetiche. Sono le malattie monofattoriali: la distrofia muscolare, la talassemia. Non coprono più dell’un per cento di tutti gli esseri umani. Per i rimanenti, i geni portano solo una “predisposizione” alle malattie, che possono anche non svilupparsi. Dipende pure dallo stile di vita, dipende da noi».
Questo in ambito patologico. Ma in quello morale?
«Essere geneticamente determinati all’omosessualità, a essere dittatori o razzisti, sono tutte invenzioni da gazzettieri. Poco fa ho letto di un gene che predispone alla curiosità, all’istinto esplorativo. Una fandonia. I dati che abbiamo ci mostrano la predisposizione, determinata dai geni, a certi avvenimenti. Niente di più. Non siamo infinitamente liberi, siamo però molto liberi, e quando siamo a conoscenza delle nostre predisposizioni siamo più attenti al nostro comportamento».
È un atto di fede.
«Ma no. Si è detto che i maschi che hanno due cromosomi ipsilon sono predisposti alla violenza. Assurdo: è solo il desiderio, peraltro non condannabile, di scusare chi si comporta male. La neuro-etica come la neuro-estetica, cioè quelli che trovano il senso della bellezza scritto nei geni, è solo una moda giornalistica. In realtà viviamo sempre in un’imponderabilità dei fatti e dei comportamenti. Cioè in una libertà concreta».

Anonimo ha detto...

Il "problema", a mio parere, non è nell'essere più o meno liberi dai nostri geni (ergo dalla nostra più intima Natura); il problema è più sociologico.
In altre parole, anche la Scienza, a volte - ma, in tempi recenti, con estrema ed incisiva (rectius: invadente) frequenza - tende alla deresponsabilizzazione (quasi totale, ormai) dell'individuo il quale fa quel che fa perchè non può fare altrimenti.
Io non so nulla di Genetica (e la cosa, da un certo punto di vista, mi fa anche piacere), ma ormai ho leto tante di quelle boutades sul ruolo della Genetica - appunto - nel panorama globale della Vita Umana, che qualche sospetto di indebita ingerenza della Scienza nel Sociale e nelle Discipline Umane, mi è venuto.
Attenzione alle derive logiche di questo tipo di approccio (molto amato da anarchici e liberalisti), perchè esso sfocia inesorabilmente nella legittimazione a 360° della "libertà morale totale" (un portato logico inevitabile del teorema che suggerisce che "siamo e facciamo - e vogliamo essere e fare - solo quello che possiamo essere e fare".
Questo approccio, a parer mio, non è "cura" di nulla, ma è "malattia" in sè.

Ed è per questo che io dico e ribadisco che i geni sono e formano quello che noi siamo FISICAMENTE (alti, bassi, magri o grassi,dalla pelle più chiara o più scura etc.). Ma la nostra pazienza, la nostra capacità di amare o odiare, la nostra indole violenta o mite...sono tutti prodotti "ambientali" (famiglia, casa, scuola e, in due parole, "educazione ricevuta ed esperienza avuta".

Poui che ognuno creda quel che vuole, ma attenti a dare la colpa dell'umana stronzaggine e malvagità (nonchè il merito per la gentilezza e la bellezza interiori) a molecole, aminoacidi ed enzimi vari...

Stefano ha detto...

E' un'affermazione importante in quanto segna il discrimine tra la giustificazione scientifica del razzismo e il suo rifiuto.

Quindi vuol dire che i genovesi non sono geneticamente tirchi, i polacchi ladri, le donne russe in cerca di soldi, i rumeni delinquenti e i tedeschi efficienti? Peccato; i pregiudizi, come le divinita', aiutano a vivere.

Anonimo ha detto...

...è vero.
Quest'ultima frase me la segno e la faccio entrare in una delle nostre Gallerie al più presto: è profondissima.