domenica 3 febbraio 2008

Castigat ridendo mores

Chiedo scusa al mio amico che mi ha passato questo articolo di Geminello Alvi, ma lo trovo così scritto bene e così incomune nella tesi che lo posto. Forse le conclusioni sono estremizzate, ma è vero che i media e i film e i libri in particolare, che bazzicano parecchio per l'emisfero destro, contribuiscono alla costituzione dell'autoconsapevolezza di una nazione, all'autovisione di sè come popolo in mezzo ad altri popoli, anche all'autostima nazionale perché no. Quando pensate agli italiani che vanno a votare non pensate a Bianco Rosso e Verdone? Che poi questi contributi abbiano il ruolo primario nell'uomo della strada, e vengano presi per quello che sono dall'uomo pensante, limitati e circoscritti nell'ambito di una riflessione "cum riso" sui vizi socio-antropologici di una comunità, non è un'attenuante. L'uomo della strada si riproduce di più e meglio, altrimenti il giovedì sera non vedremmo il GrandeFratello ma le opere teatrali e sinfoniche, i documentari geografici e storici e i dibattiti sulla trasmigrazione delle anime.

Come non dare ragione a Mario Monicelli, che in un'intervista ieri sul Corriere della Sera lascia intendere di non vedersi intorno molti eredi della commedia all'italiana? A Muccino caustico egli concede al più di fare dei film simpatici, ma se ne distingue con ogni cura. Né va meglio poi alle presunzioni filmiche di Moretti o degli altri. Troppo celebrali, essi sono del resto incapaci di quella grazia complice che ha reso possibili commedie perfette come i Soliti Ignoti. E Monicelli ha certo ancora ragione nel dire che, seppure qualche bravo regista giovane ancora ci sia, ormai l'Italia è troppo diversa, «diventata così informe... C'è una tale involuzione morale, etica che un autore non sa cosa raccontare». Verissimo.Eppure quest'Italia così diminuita è anche un esito della commedia all'italiana. Essa infatti s'estese ben oltre gli ambienti picareschi dei ladri di periferia. Fu anche critica, derisione sistematica di ogni dignità residua o memoria delle sue classi dirigenti. Filtrate ad arte sempre e comunque nei peggiori archetipi di Sordi e Tognazzi con sistematicità di anni. Insomma l'involuzione morale che Monicelli lamenta è, io direi, in qualche misura figlia anche della corrosione della commedia all'italiana.Si pensi solo a come fu insegnato a ridere agli italiani in quel film La Grande Guerra che rese a Monicelli un Leone d'Oro. La retorica non sarà stata una bella cosa. Ma in quella guerra tantissimi italiani e soprattutto giovani, colti o poveri, avevano creduto. E s'erano comportati con onore, convinti fino alla morte. Certo che essa era stata anche una tragedia. Ma c'era negli umili l'orgoglio epico d'averla vissuta e vinta per la patria. Ma di essi si tenne poco conto nel film di Monicelli del 1959, che quella tragedia riscrisse e diminuì. Riducendola al filtro di due guitti, eroi del sotterfugio e della morte per sbaglio. Ed infatti Emilio Gadda, che la Grande Guerra l'aveva fatta e patita ben altrimenti, molto se ne sdegnò: «Nessun pubblico francese o tedesco riderebbe a quel modo se i sacrificati, se i nomi in gioco, fossero di Francia o Germania».Ma è solo un esempio tra i molteplici di come la commedia all'italiana servì a far ridere l'Italia di quanto non si doveva ridere. Aristotele nel genere comico riconosce il fine di una diminuzione. Il cinema la applicò alla patria, alla famiglia, alla impresa, alla scuola, e ovunque servì a corrodere ogni morale più alta. A filtrare sempre tutto coi peggiori. Fu un cinismo di cui un'Italia già fragile non aveva certo bisogno. Nei cinema si ritualizzò la derisione dei sacrifici di chi invece alla famiglia, alla patria, all'impresa ci credeva. S'aiutò a rendere più cinica, immemore del suo meglio, tutta una nazione, e soprattutto i giovani. Ma la comica compiacque ovviamente le sinistre: esse avevano il loro fine nella distruzione di ogni altra élite che non fosse la loro. Col risultato però evidente oggi pure a Monicelli: questa cultura di senza talento, ma spocchiosi, in una società sempre più informe, esausta, senza più forze spirituali. Eccoli sono i figli di sinistra politicamente corretti, e creati pure dagli archetipi mostruosi con cui la commedia evolvette a critica sociale. Ed educò ad un plebeo materialismo, utile per il Pci. Ma disutile all'Italia, regredita alla nazione di guitti e infidi che era prima del Risorgimento e che infine è tornata a essere oggi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io non so chi sia questo Alvi, ma dice delle cazzate senza precedenti.
Innanzi tutto la cultura di sinistra ed i cineasti comunisti del dopoguerra proprio CONTRO la commedia all'italiana si scagliavano. Bertolucci, Pasolini, Moretti, Bellocchio, Ferreri, Olmi, Giordana non hanno mai fatto commedie all'italiana: anzi la critica di sinistra ha sempre ritenuto che quel genere fosse tipico di una cultura borghesuccia e mezzadra di destra post-fascista che nel gioco del ridicolo e della derisione poteva espiare le colpe del passato e le incapacità del presente. Moretti in Io sono un autarchico insulta un cliente in un bar, che aveva ordinato cappuccio e pasta, dicendogli: te lo meriti Alberto Sordi!
Non è un caso che oggi, per motivazioni senz'altro diverse, il genere commedia all'italiana appartenga e sia immedesimato da una serie di registi e produttori molto legati all'ambiente delle destre ed in particolare di Forza Italia. Esempio le saghe natalizie di Boldi, De Sica, Neri Parenti, Vanzina e compagnia. Non meno il cinema Forzaitaliota e stupidamente libertario ( la definizione è di Morando Morandini) di Muccino.
Il cinema italiano è invece in buone condizioni. Non abbiamo produzioni costose ma mediamente di buona qualità, impreziosite da qualche eccellenza. La meglio gioventù di Giordana è un capolavoro assoluto, ed in genere offriamo uno spettacolo molto più profondo e dignitoso di quello che offre il nostro Paese e la nostra società.
I mass media influenzano la coscienza di una nazione: la risposta è si. Ma non mi vorrai dire che è il cinema in particolare che contribuisce alla distruzione dei valori sani e puri della nostra razza. Ma li leggi i giornali?...la vedi la televisione?...la senti al radio? Quando il cinema è diventato di regime, li sì sono nate le tragedie del nostro tempo!!!!...quando l'arte si prende troppo sul serio!!!
Credi che le altre nazioni non abbiano generi riconducibili allo sfottò della commedia all'italiana nella loro storia. Sbagli. O che non abbiano affrontato con il riso i drammi della guerra e del secondo novecento. Ognuno ride a modo suo...anche Kieslovski, che è sempre un commediografo.
Il Veltro veltronian Fustigatore

Stefano ha detto...

Ok la firma l'ho messa io, magari ti piace. Il Veltro dantesco, ricordi? Sempre a metterla sull'ideologico, cheppalle. Già ci aspettano due mesi di noiosissima campagna elettorale. Non sono un esperto di cinema, per questo ho chiesto a te e a Geminello. Del sentimento nazionale ne riparliamo con calma, come sai mi interessa tantissimo (ti ricordi il titolo della mia tesina per l'esame di Stato?). Alvi è una campana che fa sempre piacere sentire suonare, solo il termine guitto vale l'intero articolo non trovi?