Pubblicato sulla rubrica Scioglilingua del corriere.it il 7 gennaio 2008
Lucia non fa un compito, ma esegue un compito.
Raffaello non fa un quadro, ma lo dipinge. Michelangelo non fa una statua, ma la scolpisce. Stefano non fa un tema, ma lo svolge, non fa un problema di matematica ma lo risolve, non fa una poesia ma la compone. E la mamma non fa le faccende domestiche ma le sbriga. Un povero diavolo non fa pena, suscita pena.
E ancora, per quanto riguarda il verbo dare: il medico dà la cura? No, la prescrive. Il postino consegna le lettere, il professore severo infligge il castigo, il capoufficio fissa l'appuntamento, la mamma somministra la medicina al figlio.
Sono esercizi della mia prima media: il professore di lettere ci stava insegnando gli ostracismi ai verbi fare e dare. Ci stava dicendo di mandarli in esilio, ci stava insegnando a comunicare in modo corretto.
Propongo un altro tipo di ostracismo, a quelle parole del tipo peraltro, tra l'altro, quant'altro, tutte queste cose, tra le altre cose. Certamente ovviamente evidentemente. Voglio dire in qualche modo praticamente in buona sostanza che queste problematiche e questa serie di argomentazioni non si mettono in questi termini. Va fatto tutto un certo tipo di discorsi. Essendo che, tra virgolette, ecco. Cioè, diciamo, comunque . Tutti le utilizziamo, ma sono frustate a quella donna "tanto gentile e tanto onesta" che è la lingua italiana. Queste parole che amo chiamare "byte di riempimento" non sono inutili. Sono dannose. Per la sintesi e la chiarezza espositiva. Preferisco il tardo-barocco del politichese burocratese, per una certa eleganza sonora di un significante che inganna la ragione ma culla e riesce a trascendere il significato. Preferisco la sobrietà che tende al banale, perché comprensibile all'intuito e tacciabile di giudizio immediato e impietoso, se necessario.
Ma i "byte di riempimento" sono sintesi di inestetismo e oscuramento –molto spesso assenza- del messaggio. Un ovviamente è sempre pericoloso: quasi nulla è ovvio per i più. Un piuttosto che usato nel senso di oppure è sbagliato. Un attimo indica una quantità temporale: "spostati un attimino più in là" usato al posto di "spostati un po' più in là" è errore.
Un cioè che non esplica è nebbia e bruttura, sono tempo e voce dedicate a non comunicare. E quando i "byte di riempimento" sono davvero numerosi si parla di maleducazione.
Un oratore che per la sua cripticità monotòna tediosa ed inelegante non riesca a trasmettere contenuti è più maleducato di un pubblico che con la sola forza dei seguenti ancestrali gesti non verbali tenti di far capire disinteresse e fastidio: russare, pulirsi naso e orecchie con le dita, roteare e battere parti del corpo a scelta, emettere suoni indistinti con cavità del corpo, sempre a scelta.
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