giovedì 30 dicembre 2010
E' il somaro, bellezza
giovedì 16 dicembre 2010
mercoledì 15 dicembre 2010
Buon compleanno Italia
lunedì 13 dicembre 2010
domenica 12 dicembre 2010
Due sonnambuli
sabato 11 dicembre 2010
Verità e amore? Genio e politica
martedì 7 dicembre 2010
I meglio libri / 12
venerdì 3 dicembre 2010
Nichi 'o poèt' / 2
mercoledì 1 dicembre 2010
Nichi 'o poèt'
martedì 30 novembre 2010
Giavazzi su Gelmini
lunedì 29 novembre 2010
sabato 27 novembre 2010
giovedì 25 novembre 2010
Debito pubblico: storia vecchia, pericolo nuovo
lunedì 22 novembre 2010
Risorgimento poco epico
Se davvero, malgrado l’innegabile grandezza di alcuni dei suoi protagonisti e i tanti episodi di eroismo, malgrado una partecipazione popolare che certo non fu massiccia ma senz’altro più importante di quanto comunemente non si dica, l’evento cruciale della nostra storia non fosse mai riuscito in centocinquanta anni a farsi mito? Se davvero non ci fossero mai state parole immediate, semplici, comprensibili da tutti e per questo dirompenti. Né eventi limpidi in grado di trasmettere intatte le ragioni profonde del comune sentire.
Dicono che è andata così perché siamo un popolo stanco, dominus del mondo per settecento anni, che è tornato ad essere grande a sprazzi, nella fioritura dei comuni, nell’orgogliosa solitudine delle sue città mondo. Dicono che è andata così perché nazione di risulta, arrivata ultima nel consesso quando gli stati nazione in Europa andavano verso l’agonia e quella feroce follia che avrebbe provocato centinaia di milioni di morti. Dicono che è colpa di una casa reale incolta e pavida. Di una dittatura che ha rinnegato la sua vera anima e stravolti i segni e i simboli della Roma antica. Della chiesa più potente che mai, dopo il Concordato. Dicono infine che è colpa di quelli che sono venuti dopo. Della resistenza che nella retorica del compimento ha accentuato le divisioni che c’erano, della destra che non sempre ha messo la patria su tutto, della sinistra che diffidava persino del nome e nella sua utopia della liberazione ha guardato all’est. Della scuola che da tempo non funziona e non trasmette né i valori né la cultura. Del trionfo inevitabile del dio denaro, della globalizzazione. Tutto vero, forse. Ma se fosse esistito un epos del Risorgimento, un limpido momento del mito, avrebbe resistito a tutto. Sarebbe arrivato a noi con forza solare. Non ci avrebbe obbligato ogni volta a frugare nel passato. L.Pace
domenica 21 novembre 2010
I concorsi esterni di Dell'Utri
sabato 20 novembre 2010
venerdì 19 novembre 2010
Situazione a Palazzo
Vieni via con noi
Poi un giorno ci spiegherai perché in pochi giorni hai gettato alle ortiche un lavoro di anni, caro Saviano. In questo Paese rimanere bipartisan è un'impresa colossale, il cretinismo bipolare reclama sempre nuove prede da spolpare e da scaraventare dall'altra parte della palizzata politica: e tu eri riuscito a sottrarti con sforzo evidente, avevi evitato di intrupparti in un certo gregge conformista e firmaiolo anche perché - ripetevi - la lotta alla mafia e alla camorra non è di destra né di sinistra.
L'obiettivo, in parte riuscitissimo, sembrava quello di innescare una rivolta nella coscienza civile: non quello di puntare il dito contro Paderno Dugnano e l'hinteland milanese; il tuo riferimento morale erano «I racconti di Kolyma», mica i consigli di Loris Mazzetti. Dev'esser stata dura vivere come un fuggiasco a soli 31 anni, senza una vita privata, senza intanto farsi blandire dalle sirene che secondo una tradizione tutta italiana dovevano regalarti alla sinistra e renderti nemico della destra, facce speculari di una stessa automatica idiozia. Sei stato uno dei pochi che hanno riconosciuto i successi del governo nella lotta alla camorra, sei giunto a giudicare Roberto Maroni come uno dei migliori ministri di sempre, hai detto che il Casertano in passato era rimasto praticamente ignorato dallo Stato, hai ammesso che il centrosinistra aveva responsabilità enormi nella collusione con le organizzazioni criminali: anche perché le due regioni con più comuni sciolti per mafia erano Campania e Calabria, e chi le aveva amministrate negli ultimi 12 anni? Anche per questo il centrosinistra campano ti aveva accusato di infangare la tua terra, che vita, Saviano: e tutto questo per che cosa?
Per spazzare via tutto e svenderlo alla più sgangherata delle grammatiche televisive: che non è roba tua, non ancora, e si è visto.
La tv non è leggere un libro a una platea più ampia: la tv è una somma di sentenze inappellabili senza approfondimento, senza distinguo e senza note a margine. Se in tv parli male di un uomo o un partito, di un solo partito, tu ce l'hai con quel partito, stop, e sei un nemico di quel partito, stop, e tutto il resto ti si rovescia addosso a cascata.
E non dire che non lo sapevi: l'avevamo già capito quando hai raccontato il linciaggio di Giovanni Falcone, sei stato attentissimo a dire e non dire, a omettere nomi e cognomi che hai evidentemente deciso di non inimicarti. Sei stato molto paraculo, Saviano: del resto il difficile era questo, era raccontare di un uomo che non piaceva a nessuno facendosi applaudire da tutti. Impossibile, da noi. Per piacere a una parte devi impiccarne un'altra, e a quanto pare in questi giorni hai fatto la tua scelta: lega e leghisti - devi aver pensato - sono sacrificabili. Col rischio, però, che tu possa sacrificare molto più di quanto abbia calcolato: perché forse non ti è chiaro, ma in questi giorni non sei dispiaciuto soltanto ai leghisti.
Sei dispiaciuto a tutti coloro che pensavano che non ti saresti intruppato nel politicamente corretto, a tutti coloro che sono rimasti sconcertati da certe tue uscite che non hai saputo frenare, ormai intrappolato nella figura - ora posso finalmente usarla, quest'espressione odiosa - del martire catodico. Forse hai perso la testa: la tv fa quest'effetto, capita. Paragonare le parole di Maroni a quelle del camorrista Sandokan è stata una stupidaggine siderale, Saviano, un riflesso da forcaiolismo becero e involuto, cose che ti aspetti da un De Magistris, da un demagogo da strapazzo.
E sarà un caso, ma anche tutto il resto, poi, è sembrato come inquinato dalle crescenti cazzatelle che cominciavano a sfuggirti: tipo che «le mafie scommettono sul federalismo», come ha detto a quelli de l'Espresso, una frase che non vuol dire niente, perché è come dire che le mafie scommettono sui soldi ovunque vadano: frase che però è sufficiente a sconfessare la politica di un'intera legislatura, di un'intera forza politica.
Che cosa stiamo scoprendo, Saviano? Che le mafie inseguono i soldi dove ci sono? Che corteggiano il potere ovunque sia? Il macro-messaggio televisivo, ora, è che il Nordest sta diventando come il Casertano, società civile compresa: credi che dal teleschermo sia passato qualcosa di diverso, magari di più approfondito di così? Il grosso del pubblico di prima serata non legge Gomorra, spesso non legge proprio: ma guarda il telegiornale, e il capo di Gomorra in compenso l'ha visto in manette. Questo mentre tu, su Repubblica, menzionavi e ringraziavi praticamente l'intera squadra mobile di Napoli fuorché Vittorio Pisani, l'uomo che teneva sotto braccio Antonio Iovine e lo trascinava in questura, lo stesso poliziotto che ritenne infondate le minacce della camorra contro di te: è questo il messaggio che è passato, sai? Sembra che non l'hai nominato apposta: che ti piglia, Saviano? Anche il tuo commento dopo l'arresto del boss «sorridente» è suonato inutilmente drammatico e improbabile: hai detto che voleva dire «in carcere ci vado a comandare, tutto questo era previsto, vi ho fatto un regalo perché tanto fuori restano i miei capitali». Ma certo, si è fatto beccare apposta: vivere a Casal di Principe o beccare l'ergastolo è la stessa cosa, anzi non vedeva l'ora.
Stai spaccando gli italiani anziché sensibilizzarli, Saviano, li stai confondendo anziché informarli, soprattutto li stai confermando nelle loro rinfrancanti divisioni tra buono e cattivo, destra e sinistra, amico e nemico, soprattutto fatti e parole. Ma ormai sei imprigionato nella parte. Qual è la prossima mossa, Saviano? Potrai finalmente lasciare Mondadori, ora? F.Facci
mercoledì 17 novembre 2010
Versi sporchi e disonesti
martedì 16 novembre 2010
G meno 7
La delegazione meno numerosa era quella dei boscimani. Sono arrivati in due. Subito hanno litigato con i campesinos per chi doveva parcheggiare la roulotte in sosta vietata. Entrambe le delegazioni volevano prendere la multa dal comune di Peschiera Borromeo (Milano) per poi vantare crediti all’Onu. Il primo vertice a due è stato tra i beduini e il presidente della provincia di Saragozza. I beduini dicono che non c’è più acqua per i dromedari. Quello gli ha risposto: “Certo, è tutto regolare, altrimenti se ci fosse stata avreste usato i cavalli e non i dromedari”. Il delegato dei beduini si è offeso.
I masai invece non si sono lamentati, anzi hanno detto che prima c’era un caldo bestia verso le due di pomeriggio. Adesso nella savana si sta benino, in capanna e con il condizionatore a manetta (gentilmente offerto da Bob Dylan).
E infine la delegazione della Cordigliera delle Ande. Anche loro sono più contenti che il clima è cambiato. Intervento del delegato: “Le scimmie urlatrici sono diventate più educate; prima tiravano le banane dall’alto dei baobab ai turisti. Erano dispettose (come si evince dai cartoni animati degli anni Venti). Oggi è cambiato tutto, sempre a causa del global warming: sbadigliano tutto il giorno”.
Inutile ricordare che il vertice è fallito. Ci vediamo a Singapore nel 2018.
venerdì 12 novembre 2010
mercoledì 10 novembre 2010
domenica 7 novembre 2010
Il Presidente o il Partito?
Nel primo caso si giustifica la personalizzazione con il carisma, la popolarità e il consenso; nel secondo con le procedure democratiche interne. Vedo fantasmi di adorazioni pagane che hanno fatto qualche danno il secolo scorso.
sabato 6 novembre 2010
Cascar giuppe le scale
Uccidere il quattro di quadri
Io lo giuro, se mi capita ancora in mano un quattro di quadri, io lo ammazzo.
giovedì 4 novembre 2010
mercoledì 3 novembre 2010
Li miracoli de li quadrini
venerdì 29 ottobre 2010
lunedì 11 ottobre 2010
Rimbocchiamo le coperte, ehm le maniche
mercoledì 6 ottobre 2010
venerdì 1 ottobre 2010
giovedì 30 settembre 2010
342; 174
Che uomo, Berlusconi: 74 anni e non scontarli.
Nello stesso giorno compiono gli anni anche Pierluigi Bersani e Mafalda. Un po’ di spazio anche ai personaggi di fantasia.
“Non riconsegnerò il paese alla sinistra”. Non è educato restituire i regali.
“C’è ancora troppo odio”, ha detto Berlusconi correggendo le bozze del suo discorso.
Il premier: “L’Italia è vittima di un passato che non passa”. E di un dittatore con una ditta.
Per il 2013 Berlusconi annuncia la fine della Salerno-Reggio Calabria e la ristrutturazione della magistratura. O era il contrario?
Il premier ha criticato “l’uso politico della giustizia”. È stato quando dal pubblico hanno cominciato a chiedere i pezzi più famosi del suo repertorio.
Nel finale il premier ha anche accennato alla situazione interna al Pdl. Quando ha detto “io”.
“Avete governato sette degli ultimi dieci anni” ha detto Bersani elencando i meriti del Pd.
Di Pietro: “Berlusconi ha stuprato la democrazia”. Ma era così provocante.
venerdì 24 settembre 2010
Santa Lucia
mercoledì 22 settembre 2010
martedì 21 settembre 2010
lunedì 20 settembre 2010
venerdì 17 settembre 2010
Mezzogiorno di notte
mercoledì 15 settembre 2010
La Turchia. L'Occidente.
martedì 14 settembre 2010
Barney, il film
giovedì 9 settembre 2010
martedì 7 settembre 2010
O visione, o morte
lunedì 6 settembre 2010
Dandy
domenica 5 settembre 2010
sabato 4 settembre 2010
Ministrachiara
«Sì. Alcune sue canzoni sono bellissime».
Per esempio?
« Albachiara».
Un inno all’autoerotismo femminile.
«Macché, macché, ma cosa dice?».
Nella strofa finale: «Qualche volta fai pen sieri strani / con una mano, una mano, ti sfiori, / tu sola dentro la stanza / e tutto il mondo fuori».
«Non l’avevo mai colta,non entriamo in questi dettagli, non mi rovini Albachiara».
venerdì 3 settembre 2010
Totally unnecessary book
lunedì 30 agosto 2010
Gheddafi a Roma
domenica 29 agosto 2010
Non addormentarti
martedì 24 agosto 2010
Vi dico cosa (non) farei
domenica 22 agosto 2010
sabato 21 agosto 2010
venerdì 20 agosto 2010
martedì 17 agosto 2010
sabato 14 agosto 2010
venerdì 13 agosto 2010
martedì 10 agosto 2010
Il povero Cavour
giovedì 5 agosto 2010
Partiti e vizi capitali
martedì 3 agosto 2010
Ruotate di 180° e capirete
Conta e riconta
venerdì 30 luglio 2010
Dica 33
giovedì 29 luglio 2010
Fantasmi di cose passate
martedì 27 luglio 2010
Un Bocchino al mattino
come Lupi, i berluscones azzannano i finiani
mentre gli altri stanno lì, con le facce un po' Verdini
a osservare i colleghi che fan gioco, tipo battaglia navale
"Ma è un imbroglio o è un Briguglio?"
"No, non è un imbroglio, sono solo giochi,
giochi eccelsi,giochi Fini".
giovedì 22 luglio 2010
mercoledì 21 luglio 2010
lunedì 19 luglio 2010
Caldo, eh?
Quanti anni sono che sentiamo lo stesso disco? Da quante estati vengono ripetuti questi servizi sempre uguali che, se non sono inutili, nel migliore dei casi sono “sprassolati e un poco scemi”? Io li ricordo fin dagli anni ’60, con un giovane Luciano Onder che importunava l’esperto del momento: bevete molto, non uscite nelle ore più calde ecc. Ai tempi della mia maturità pensavo che fosse quello l’Eterno Ritorno di cui parlava Nietzsche.
domenica 18 luglio 2010
sabato 17 luglio 2010
Racconto: 25 luglio
Rilesse con attenzione il lancio di agenzia portatogli dalla segretaria. Si riferiva a "Fare Futuro", l'organo ufficioso dell' opposizione interna, che parlava apertamente di:
" un necessario e inderogabile bisogno di discontinuità nella guida del Paese".
Un messaggio chiaro.
Inoltre il giorno seguente ci sarebbe stato il Gran Consiglio del PdL. Il massimo organo politico del Partito. Una riunione che molti dei suoi fedelissimi gli avevano sconsigliato di convocare. Temevano qualche trappola della "fronda".
Bondi lo supplicò per giorni, ma non ci fu niente da fare. Il Capo lo licenziò con un sorriso e una battuta :
" ghe pensi mi! Stai tranquillo..."
Il "Capo" voleva questo incontro. Era intenzionato a scoprire e leggere le carte degli oppositori interni e quindi agire di conseguenza.
Il Gran Consiglio del PdL si riunì alle 18 a Palazzo Grazioli. In discussione l'Ordine del Giorno Granata-Bocchino.
L'atmosfera era tesa. I pesanti tendaggi che impedivano agli infuocati raggi di sole di penetrare nel salone del Gran Consiglio, resero l'atmosfera, illuminata dai fari alogeni, livida e tetra.
Bocchino iniziò la lettura dell'OdG, con una premessa fumosa, come nel suo stile. Nessuno capì alcunchè. Fu invece molto chiaro quando disse che l'alleanza era ad un bivio: o Berlusconi si dimetteva e rimetteva il mandato nelle mani di Napolitano, o si sarebbe aperta una crisi al buio. Accusò inoltre Berlusconi di aver portato il paese allo sfascio morale, politico ed economico.
Ci furono le repliche dei membri del PdL e quella appassionata di Bondi che, rosso in faccia si scagliò contro quelli che definì "traditori prezzolati"
Dopo una lunghissima ed estenuante discussione, nella notte del 25 Luglio l'O.d.G
Bocchino-Granata fu messo ai voti e, grazie ad alcune assenze e astensioni inaspettate, fu approvato.
" E' crisi del governo" ! disse Berlusconi guardando in modo torvo Bocchino, Granata e Urso.
"Devi rassegnare le dimmissioni nelle mani del Presidente"! sibilò Bocchino con un sorriso sarcastico..
Bondi rosso in faccia si rivolse al lìder:
-"Silvio, facciamoli arrestare tutti dalla scorta"!
Berlusconi scosse il capo.
"No! Se questa è la decisione del Gran Consiglio del PdL, non mi opporrò. Andremo alle elezioni e li annienteremo, Sandro. Napolitano scioglierà le Camere..."
"Non scioglierà niente, Silvio, questo è un golpe"!
"Lo vedremo..."
Fuori, nel cortile del Palazzo del Gran Consiglio le macchine blindate della scorta presidenziale accesero i motori. Destinazione: il Quirinale.
"Ho saputo della votazione...La situazione del Paese è alle strette. La crisi economica è grave. Il popolo si lamenta"!
"Sono qui a rassegnare le mie dimissioni, Presidente..."
"Bene. Avete seguito la via della ragionevolezza"!
"Ora me torno ad Arcore, in attesa che lei, Presidente, sciolga le Camere..."
"Sciogliere le Camere? Prima dovremo verificare che non ci siano altre maggioranze..." rispose Napolitano con un sorrisetto che non piacque a Berlusconi.
"E poi, andare ad Arcore non è prudente... Mi dicono che la voce della crisi politica sia arrivata fra la gente. Le strade si stanno riempiendo di manifestanti. I vostri oppositori esultano. A Milano i giudici della Procura hanno improvvisato un comizio a Piazzale Loreto ci sono migliaia di persone eccitate... No, credetemi, non è prudente nè che attraversiate Roma nè che vi rechiate ad Arcore..."
"E cosa dovrei fare, allora"?
"Mettervi in sicurezza. Lasciar decantare la situazione e poi tornare tranquillo a casa vostra. Abbiamo pensato a tutto noi..."
Napolitano chiamò il suo segretario. Confabulò con lui. L'uomo uscì e subito dopo entrarono due ufficiali dei carabinieri.
" Uscirete dal Quirinale dentro un'ambulanza..." disse Napolitano.
"Ambulanza?! "
"Nessuno ferma le ambulanze. Lo facciamo per la vostra incolumità..."
Poi si avvicinò ad una finestra e mostrò all'ex-premier i primi drappelli di manifestanti con bandiere rosse e viola che stavano avvicinandosi, celebrando la Costituzione e la caduta del governo.
"Guardate quei cartelli, ci sono scritte che inneggiano alla vostra morte...Se foste fuori vi lincerebbero. Andate tranquillo con questi due ufficiali..."
Berlusconi, teso in volto, porse la mano al Presidente, ma Napolitano gli girò le spalle, allontanandosi.
I due carabinieri accompagnarono l'ex-capo del Governo sul mezzo parcheggiato nel cortile. Per prudenza gli bendarono il volto.
"Dove mi portate" ? Non ci furono risposte.
Nelle piazze, folle eccitate dai proclami incendiari dei giudici manifestarono, attaccando i giornali vicini al governo e le sedi del PdL. Molti politici di centro-destra furono aggrediti e arrestati.
Un comizio improvvisato fu tenuto in Piazza del Popolo con Di Pietro, Grillo, Santoro, Travaglio, Vauro, Ruotolo e Sabina Guzzanti. Poi un corteo si mosse e assaltò Palazzo Grazioli. Le telecamere di Anno Zero, messe già in pre-allarme da giorni, ripresero la scena e poi penetrarono del palazzo del "Despota" filmando gli arredi preziosi e i bagni che, a detta di Ruotolo, avevano rubinetti d'oro tempestati di pietre preziose. Furono assaltati anche gli studi televisivi di Mediaset.
La De Filippi e Costanzo, schieratisi con la folla, arringarono i manifestanti e li invitarono ad incendiare e distruggere tutti i simboli dell'odiato "ex-regime berlusconiano".
Anche a Milano si susseguirono assalti e aggressioni. I giudici spiccarono mandati di cattura a raffica contro esponenti politici del PdL.
Emilio Fede, a queste notizie, tentò il suicidio gettandosi dal pianterreno, ma si procurò solo leggere escoriazioni. Fu arrestato e tradotto a San Vittore.
Trascorsero altri giorni di torbidi e violenze.
A Nord dopo un primo momento di incertezza e smarrimento, la Lega, che aveva assunto un atteggiamento fintamente attendista e possibilista nei confronti di Finoglio, si preparò alla riscossa. Bossi con una mossa fulminea e approfittando del caos che regnava, fece occupare le televisioni e le Procure dalle sue camicie verdi e l' 8 Agosto proclamò la secessione del Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli VG, dall'Italia.
Molti reparti delle forze dell'ordine e dell'esercitò aderirono alla repubblica secessionista.
Furono istituite formazioni para-militari in cui affluirono migliaia di volontari leghisti e fedelissimi di Berlusconi: nacquero le Ronde Padane, le Brigate Azzurre e le Brigate Verdi, le forze dell'ordine confluirono nella Guardia Nazionale Repubblicana del Nord.
Nei giorni successivi iniziarono numerosi rastrellamenti da parte delle Brigate Verdi e Azzurre, comandate rispettivamente da Borghezio e Bondi. Migliaia di elementi dei centri sociali, grillini, finoglini, piddini, furono arrestati e presero la strada del sud, dove furono adibiti al lavoro coatto e alla costruzione di fortificazioni sulla linea del Po. Altri riuscirono a raggiungere le montagne dove avrebbero dato vita alla resistenza.
La perdita delle regioni produttive del Nord, fu un colpo gravissimo per il governo Finoglio e per l'economia del paese.
Napolitano e il nuovo premier iniziarono una propaganda serrata contro la Repubblica secessionista accusandola di egoismo, razzismo e xenofobia. Non solo: il Primo Ministro chiese soccorso agli USA, GB e Francia e l'intervento della Nato. La questione italiana diventò una questione di primaria importanza per gli equilibri internazionali.
Obama assicurò, come del resto fecero Cameron, Sarkozy, Zapatero, ogni aiuto possibile per ristabilire l'ordine e l'unità del paese. Più freddi si dimostrarono i governi tedesco e quello russo.
A Roma, durante una manifestazione patriottica, fu lanciato da Ciampi e Scalfaro, l'appello a creare una grande armata, ma visto lo scarso entusiasmo guerresco che seguì all'appello, furono aperte le porte agli extra-comunitari che, con la promessa della cittadinanza, di un lavoro e di una casa, accorsero in massa nei centri di arruolamento. Nacque così, sotto il tricolore, il più grande esercito multirazziale mai visto.
Berlusconi ,nel frattempo, trascorsa una settimana dal golpe finogliano, dalla Maddalena, dove era stato portato in un primo momento, fu trasferito a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Qui sotto la scorta di una ventina di carabinieri, visse isolato da mondo, senza avere notizie su quanto stava accadendo all'esterno.
A Roma la caduta del governo del Centro-Destra provocò l'insorgere di potenti forze laiciste e anti-clericali. Ogni giorno migliaia di gay, atei e radicali manifestarono davanti a San Pietro. La Chiesa e il Papa erano sotto assedio.
Nei giorni che seguirono le manifestazioni anti-cattoliche aumentarono in modo preoccupante. Il 14 Agosto il Papa fu arrestato con l'accusa di essere il mandante delle violenze pedofile, e con lui tutti i cardinali.
L'arresto scosse l'opinione pubblica cattolica e fu considerata un atto sacrilego.
Il ministro per gli Affari Religiosi del Governo Finoglio, Emma Bonino, disse, papale papale, che Benedetto XVI° sarebbe stato processato ed estradato negli USA per associazione a delinquere di stampo pedofilo.
Il soglio di San Pietro fu testimone in quei giorni di manifestazioni blasfeme organizzate dalla
potente lobby gay, che aveva piazzato nel governo romano due ministri: Luxuria
(Ministero della Famiglia), e la trans Natalie
(Ministero alle relazioni con le Regioni).
Tremonti, capo dell'economia e degli esteri della neonata Repubblica del Nord riusci ad allacciare importanti relazioni e alleanze strategiche con alcuni paesi europei.
Volò a Mosca dove, in un incontro segreto firmò un 'intesa segreta, passata alla storia come il "Patto Tremonti-Putin". In esso si contemplava un intervento militare russo in appoggio alla Repubblica del Nord ove si fossero determinate particolari condizioni di pericolo per gli interessi russi.
Negli stessi giorni, entrò nel Patto segreto anche la Germania, interessata a che il Nord Italia facesse parte di un'area economica integrata di cui avrebbero fatto parte Baviera, Austria, Ungheria, Cekia, Slovacchia ed altri paesi della zona mitteleuropea.
Putin, oltre alla promessa dell'appoggio politico-militare, fornì a Tremonti una notizia clamorosa: i servizi segreti di Mosca avevano localizzato il luogo di prigionia di Berlusconi.
Bossi e Tremonti, in concerto con il ministro della Guerra Borghezio decisero di intervenire: occorreva liberare Berlusconi. Bossi in persona si premurò di seguire personalmente il piano ideato dal ministro della Guerra.
Esso prevedeva l'intervento fulmineo di una compagnia di paracadutisti: i "Diavoli Verdi" , a Campo Imperatore. L'unita di elìte avrebbe liberato Berlusconi e poi,
a bordo di un elicottero, lo avrebbe portato oltre la linea del Po, dove, a Linate, ad attenderlo ci sarebbero stati Bossi, Tremonti e i ministri del governo provvisorio del Nord.
Il piano fu preparato nei minimi particolari e scattò il 10 Settembre. Una sessantina di parà atterrò a Campo Imperatore cogliendo di sorpresa i carabinieri di guardia. Berlusconi liberato si imbarcò in un grosso elicottero che, alzatosi in volo, virò verso Nord.
Atterrato a Linate, fu accolto da Bossi e dal figlio Piersilvio. Il 12 Settembre, nella sua residenza ad Arcore, il Capo formò il nuovo governo. Bossi, Tremonti ebbero i ministeri della Guerra, Esteri ed Economia. Gli altri ministeri furono affidati in parti eguali a "verdi" ed "azzurri". Il 13, dagli studi televisivi di Segrate si rivolse agli italiani, incitandoli alla riscossa e promettendo la giusta punizione dei traditori e dei golpisti.
Anche Finoglio a Sud lanciò un proclama dai forti accenti. Asserì che a Nord il Male Assoluto si era impadronito di quelle terre e che occorreva bloccare sul nascere l' "infezione verde-azzurra", prima che "il suo veleno" si propagasse nel resto dell'Europa.
Creò un nuovo governo che riscosse il plauso delle forze progressiste e dei governi amici: da Zapatero a Cameron, da Sarkozy-Bruni a Obama, da Mandela a Mugabe.
Primo ministro: Finoglio
Ministro degli Interni: Di Pietro
Ministro degli Esteri: Ronchi
Ministro della Famiglia: Luxuria
Ministro della Giustizia: Travaglio
Ministro delle Comunicazioni: Maurizio Costanzo
Ministro del Lavoro: Lapo Elkan
Ministro per l'immigrazione e integrazione: Azouz Marzouk
Ministro dell'Economia e Finanze: Visco
Ministro delle Poste: Maria de Filippi
Ministro della Salute: Rosy Bindi
Ministro dell'Ambiente : Pecoraro Scanio
Ministro degli Affari Religiosi : Emma Bonino
Ministro della Guerra : interim Finoglio
Terribile fu la mattanza nel cosiddetto famigerato "Triangolo Verde" emiliano.
Il 28 Agosto Bologna accolse fra due ali di folla in festa le truppe berlusconian-bossiane..
Pochi giorni dopo, le formazioni del Generale Borghezio, oltrepassati i passi appenninici, dilagarono in Toscana e nelle Marche. Solo la città di Livorno, difesa da black bloc, extracomunitari e comunisti tentò una disperata difesa. Ma fu conquistata in poche ore: rasa al suolo, il suo nome cancellato e sulle sue rovine, sparso il sale.
L' 8 Settembre le avanguardie dell'esercito del Nord arrivarono alle porte di Roma.
Nottetempo, Finoglio, il presidente Napolitano e tutto loro seguito fuggirono dalla città, e attraverso l'autostrada Roma-L'Aquila, a bordo di una infinita colonna di auto blù, giunsero sull'Adriatico. Qui furono raccolti da una nave militare che li condusse al sicuro a Brindisi, dove furono furono accolti dal Governatore Vendola a chiappe aperte.
La difesa della capitale, abbandonata dal governo e dal Presidente, fu affidata alla Brigata "Luxuria" formata da gay, lesbiche e trans. Formazione ammirata soprattutto per l'eleganza delle sue divise mimetiche dai toni rosa fuxia e rosa salmone.
In realtà, dopo le prime fucilate, i difensori si calarono le braghe e si arresero.
Altre formazioni costituite dai "ragazzi" dei Centri Sociali , radicali, annozerini e farefuturologhi furono piazzati negli snodi strategici della città, con il compito di controllarne gli accessi.
Il generale Borghezio, vista la situazione, ordinò di attaccare Porta Pia, tenuta dai radicali della Brigata Pannella. La resistenza fu breve e inutile. Purtroppo per loro, si trovarono di fronte una unità di cattolici lefevriani papalini con il dente particolarmente avvelenato nei loro confronti.
La sera, nella Città Eterna, fu celebrato in San Pietro dal Papa, liberato dalla prigionia, un solenne Te Deum di ringraziamento.