Eppure continuano a essere le più esposte agli aborti. E anche la Francia, anno dopo anno, si chiede come mai, con tutti quei preservativi e contraccettivi a go-go, la situazione continui a peggiorare.
martedì 30 giugno 2009
Condomglianze
Eppure continuano a essere le più esposte agli aborti. E anche la Francia, anno dopo anno, si chiede come mai, con tutti quei preservativi e contraccettivi a go-go, la situazione continui a peggiorare.
Eran 500
Tagli, suvvia
Congratulazioni
Solo 11 capi di stato si sono congratulati con Ahmadinejad per la sua rielezione. La notizia è confermata anche sul sito del presidente. Grazie a Google Translate, ecco il famigerato elenco:
1) Il re dell’Oman
2) Asif Ali Zardari, presidente del Pakistan
3) Emomali Rahmonov, presidente del Tagikistan
4) Hugo Chávez, presidente del Venezuela
5) Serzh Sargsyan, presidente dell’Armenia
6) Hamid Karzai, presidente dell’Afghanistan
7) Dmitry Medvedev, presidente della Russia
8 Recep Tayyip Erdoğan, primo ministro della Turchia
9) Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian
10) l’Emiro del Qatar
11) Hu Jintao, presidente della Cina
Una bella lobby di farabutti, non c’è che dire.
Safari conservatore
lunedì 29 giugno 2009
Libberta' de pensiero
Un Gatto bianco, ch'era presidente
der circolo del Libbero Pensiero,
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch'era contraria a li principî sui.
Giacché nun badi a li fattacci tui,
je disse er Gatto bianco inviperito
- rassegnerai le propie dimissione
e uscirai da le file der partito:
ché qui la pôi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t'associ a l'idee der presidente
e a le proposte de la commissione!
È vero, ho torto, ho aggito malamente...
- rispose er Gatto nero.
E pe' restà nel Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.
Un peu de tristesse
Un po' di titoli
Un po' di grigiore
Non c’è settore — sia del lo Stato, sia del sistema pro duttivo, a parte certe piccole nicchie industriali — che non registri forti ritardi nell’innovazione.
L’Italia della cultura, della politica, dell’economia ha fatto la sua rivoluzione industriale prima di essere una società civile strutturata.
Rispetto alla gentry dell’Inghilterra agraria, diventata borghesia cittadina con la rivoluzione industriale e mercantile, e cosmopolita col colonialismo trionfante cantato da Kipling, l’Italia ha avuto i latifondisti reazionari raccontati da Verga, un capitalismo assistito, un nazionalismo tardo e straccione. Rispetto alla grande borghesia francese post rivoluzionaria — che, con l’Ecole politecnique e l’Ena, ha generato i commis di Stato repubblicani e democratici — la società italiana ha espresso una piccola borghesia post unitaria priva di coscienza di classe che ha rifiutato la modernità e, con essa, il capitalismo e la libera concorrenza, rifugiandosi nel corporativismo e nell’autarchia del fascismo, ieri; nell’assistenzialismo, nel protezionismo parassitario e nella burocrazia del pubblico impiego, poi.
Ci siamo affacciati alla contemporaneità senza aver letto un libro — qualcosa di simile alla letteratura liberale inglese e francese sulla quale si sono formate le borghesie di quei Pae si — ma solo attraverso la televisione; che ci ha introdotti alla modernità «ame ricana » senza aiutarci a entrare in quella «europea».
La nostra etica pubblica è bigotta, moralista, pauperista; scimmiotta il puritanesimo anglosassone senza averne i fondamenti storici, sociali, religiosi, che ne legittimano politica e capitalismo.
La nostra idea di democrazia — come si è visto negli ultimi tempi — coincide con lo scandalismo fine a se stesso, con il ribellismo alle regole, con il rivoluzionarismo velleitario che una minoranza esprime spaccando le vetrine e vorrebbe concretare in rivoluzione col benestare dei carabinieri.
via Corriere
domenica 28 giugno 2009
Viva l'Africa
A quanto mi sembra di capire, l’Africa è una cosa importantissima. Per tutti o quasi, per motivi diversi: per gli uomini per qualche motivo, per le donne per qualche altro motivo. È talmente importante che ci sono molte persone che danno dei soldi per l’Africa, anche uomini ricchissimi che sembrerebbero poter avere qualsiasi cosa gratis, e invece, per l’Africa, devono dare dei soldi. A me sembra una cosa molto triste, ma l’Africa è l’Africa, e per l’Africa si fa qualsiasi cosa. Dicono che persino il presidente del consiglio dia dei gran soldi, per l’Africa, perché gli piace, gli piace l’afrore dell’Africa, gli piace esser circondato dall’Africa, e via allora, gran feste con tant’Africa, e tant’Africa anche nelle stanze, dentro i letti grandi, e via, tutti a urlare Viva l’Africa.
I dividendi delle guerre
28 Giugno 2009 -- In questi ultimi anni significative tendenze al rialzo mostrano sia le spese globali per la Difesa (nel 2008, dati Sipri, circa 1.500 miliardi di dollari e nel 2007 1.339 miliardi di dollari, con un incremento reale del 45% tra 2007 e 1998), sia le esportazioni effettive (che hanno raggiunto i 65 miliardi di dollari nel 2007 e sfonderanno probabilmente il tetto dei 70 miliardi quando saranno disponibili i dati completi del 2008).
Tra quelli messi in moto dall'effetto-guerre, in particolare dal tipo di guerre combattute, possiamo identificare cinque cicli principali, relativi sia alla produzione di armamenti che all'esportazione: un ciclo prevalentemente relativo alle potenze che hanno promosso i conflitti; un ciclo relativo alle potenze che ne sono rimaste fuori; un ciclo dei trasferimenti ai mercati di secondo livello; un ciclo delle armi civili; un ciclo dell'illegale derivato dai precedenti.
Washington, Londra ed Alleati.
Nei paesi promotori dei conflitti, in Iraq e Afghanistan in particolare, gli elementi di spinta più ovvii sono stati il rimpiazzo degli armamenti consumati, la spinta al loro miglioramento tecnico, l'accresciuta esportabilitá dei sistemi che hanno dato buona prova sul campo, l'accresciuta importanza dei servizi logistici, di sicurezza, di costruzione militare e civile. Di particolare importanza per la successiva esportabilità delle armi prodotte da tali Paesi è il fatto che i sistemi sono stati provati su terreni di estrema difficoltà, sia da un punto di vista geografico e climatico, sia da un punto di vista logistico.
La selezione che quelle guerre hanno operato e stanno operando tra sistemi avanzati sulla carta e sistemi realmente efficaci, tra logistiche che funzionano e logistiche che non funzionano, ha trasferito rapidamente i suoi effetti venefici sui mercati internazionali. Gli esiti principali di tale ciclo si stanno trasferendo sui volumi e la qualitá delle esportazioni verso i mercati più ricchi, nel caso i mercati Nato, Mediorientali, Asiatico-Meridionali. Ancora in tale ciclo, la natura delle guerre recenti maggiori ha poi enfatizzato il ruolo delle compagnie militari private, utilizzate nei servizi di sicurezza alla persona e alle strutture, nelle carceri, nell'intelligence, nelle operazioni sporche di eliminazione «non-convenzionale» dell'avversario o contro la popolazione civile.
Al maggio del 2009, il personale privato sotto contratto della Difesa statunitense era pari in Iraq a 148.050 persone, di cui circa 88.000 addetti alla sicurezza e al supporto delle basi (sul totale, ben 70.875 di nazionalità non statunitense, a fronte di 140.000 soldati statunitensi) e pari in Afghanistan a 71.755 persone, di cui 4.373 addetti alla sicurezza (sul totale ben 60.563 di nazionalità afghana, a fronte di 35.000 soldati statunitensi).
Mosca, Pechino, Parigi e gli altri.
Tra le potenze che sono rimaste fuori dai conflitti (almeno inizialmente e per la Russia solo parzialmente), la necessità di tenere il passo con le potenze belligeranti e con i loro sistemi provati sul campo ha da un lato reso politicamete più forti le richieste dei rispettivi ministeri della Difesa per nuovi sistemi d'arma e per ristrutturazioni dell'apparato produttivo e di esportazione militare, con enfasi sulla mobilità e sulle forze speciali di rapido intervento. A tale parte «interna» se ne è affiancata un'altra, relativa alla proiezione esterna della produzione militare.
In numerosi Paesi del «Sud» del mondo, infatti, le guerre promosse da Stati Uniti e Regno Unito hanno creato una corrente di solida avversione nei confronti di Washington e di Londra, favorendo in essi la crescita d'influenza dell'offerta militare di altre metropoli - Mosca, Pechino, in minor misura Parigi, Minsk, Brasilia, Pretoria, tra altre. La Russia, ad esempio, ha consolidato il suo settore militare-industriale in circa venti complessi maggiori e il controllo dell'export di armi è tornato solidamente nelle mani dell'organizzazione statale Rosoboronexport, con 8,3 miliardi di dollari di armi vendute nel 2008.
I mercati di secondo livello.
La spinta all'adeguamento verso l'alto dei sistemi d'arma in tutte le maggiori potenze produttrici ha «liberato» progressivamente ingenti quantità di sistemi ritenuti più arretrati, che stanno andando ad alimentare i mercati di secondo livello e «grigi». Chi non può permettersi di accedere ai mercati di primo livello, si sta dotando di quanto di meglio possano offrire gli stock di secondo livello. Paesi che hanno ambizioni egemoniche regionali ma risorse limitate possono ora accedere a sistemi d'arma ancora micidiali, ma non più in dotazione agli eserciti di punta.
La possibilità di introdurre in tali sistemi miglioramenti a basso costo è poi assicurata da Paesi con notevole know-how militare - come Bulgaria, Israele, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Ukraina - che si sono specializzati nel servizio di quel tipo di clientela. Ad esempio, ciò che rimaneva degli ingenti stock di armamenti accumulati dalle parti belligeranti nei conflitti balcanici degli anni 90 è poi migrato ufficialmente o clandestinamente verso l'Afghanistan, l'Iraq, la Somalia, il Rwanda la Republica Democratica del Congo e l'Uganda.
Le armi «civili».
Nelle aree «calde» del mondo, sia aree di conflitto, sia aree loro vicine, si stanno verificando vere e proprie esplosioni di passione venatoria e di tiro al piattello. All'ombra di autentici cacciatori e maniaci dei poligoni di tiro fioriscono flussi considerevoli di doppiette, fucili semi-automatici, pistole, cartucce, proiettili, canne d'arma, non militari o demilitarizzati, ma con la deplorevole tendenza a finire prima o poi nelle mani di combattenti «irregolari» ed eserciti privati. Se può bastare un dato, nel 2008 l'Italia ha esportato nel mondo pistole e fucili «civili» per 310 milioni di dollari.
Il ciclo dell'illegale.
Accanto e spesso sovrapposto al percorso cosiddetto legale, un ultimo ciclo prodotto dall'effetto-guerre riguarda la crescita dei mercati grigi o illegali, in realtà per la più parte mercati che vengono lasciati esistere perché servono variamente le parti meno presentabili delle politiche estere delle potenze in competizione. Le cronache recenti ci riportano traffici d'ogni tipo promossi da membri degli apparati militari, delle compagnie militari private, dei circoli di trafficanti di armi e dei fornitori di servizi logistici. In tali mercati - benchè vi si possa trovare di tutto - prevalgono le armi di fanteria, le dotazioni per le forze speciali, le armi d'elezione della guerriglia, i sistemi anti-aerei e anti-carro portabili dalla persona. L'origine di tali armi non è misteriosa, tutti sanno da chi e come i trafficanti che si muovono su questi mercati hanno avuto quelle armi.
Il ciclo delle guerre e i cicli delle armi si alimentano a vicenda, producendo da un lato enormi dividendi economici e politici e dall'altro nuovi scenari di crisi nella lotta per l'egemonia. Quando la sinistra si sveglierà dal suo letargo ventennale, potrebbe trovare una divisa ad attenderla.
Est modus in moda
Cortocircuiti mediatici
sabato 27 giugno 2009
27 giugno 1980
"Caro diario sono felice, oggi è il 26 giugno 1980 e sono stata promossa. EVVIVA!!!!! (ho tredici anni) Mamma e Papà sono molto orgogliosi di me, mi hanno promesso da mesi che il loro regalo per la promozione sarà portarmi con loro in Sicilia. EVVIVA!! Ce l'ho fatta e non vedo l'ora di fare il mio primo viaggio in aereo, anche per i miei genitori è la prima volta. Oggi ho telefonato a mia cugina a Palermo, le ho detto che fra qualche giorno ci vedremo, anche la nonna è contentissima e non vede l'ora, ed anch'io sono impaziente di fare questo viaggio."
"Caro diario oggi 26 giugno 1980 c'è stato un cambiamento nel programma. La mamma ha detto che siccome non ha trovato posto in aereo, partono solo loro due con la speranza di poter trovare due biglietti, promettendomi un nuovo regalo al ritorno. UFFA!!! Non è giusto! Sono arrabbiatissima! Non voglio un altro regalo. Ho pianto tutto il pomeriggio, ma le mie lacrime sono servite solo a far partire la mamma molto triste. Le sue parole per consolarmi sono state: "tu devi badare alla famiglia perché sei la più giudiziosa". UFFA! Mamma mi ha tradita, non è stata di parola. Non si fanno promesse se poi non si mantengono. Io voglio il regalo promesso. Voglio volare con Mamma e Papà."
"Oggi 27 sono partiti, nel pomeriggio hanno telefonato per dire che l'aereo partiva in ritardo, colevano parlare con me, ero così arrabbiata che non sono andata al telefono."
"Caro diario oggi 28 giugno 1980 non credetrai a quello che ti dirò ora: la Mamma e il Papà non hanno ancora telefonato per dire che sono arrivati. Qui sono tutti agitati. Non credo a quello che sento, dicono che l'aereo è scomparso!! NO! Non è possibile, non può succedere niente di brutto ai miei genitori. Io sono la piccola di casa. Ma perché a casa nostra c'è sempre il dottore e mi mandano sempre a comprare la camomilla? Perché i miei fratelli e mia sorella piangono sempre? Perché la TV fa vedere sempre quelle immagini nel mare? Sono tutte finte, come dice sempre la Mamma! Se potessi sentirla al telefono la Mamma mi tranquillizzerebbe. Mi sento morire..."
"I miei fratelli sono partiti a cercare Mamma e Papà. Sono due giorni che tengo le dita incrociate, qui sono tutti disperati, ma io no, perché so che Mamma e Papà torneranno molto presto. C'è un via vai di parenti, amici che ci opprimono, piangono. Non sanno che lo fanno inutilmente, perché non è vero niente, Mamma e Papà torneranno da me, perché non lascerrebbero mai la propria piccola qui sola. I miei genitori mi vogliono troppo bene per abbandonarmi. Tornate presto vi prego. Caro diario mi stanno facendo credere a questa realtà, ma io tengo forte le mie dita incrociate, quello che sto passando non te lo so descrivere. Mi riempio di pizzicotti per svegliarmi da questo incubo che non finisce mai."
"Papà, Mamma dove siete andati a finire? Perché mi lasciate così sola... In famiglia c'è tensione, non so più se chiamarla famiglia, ora non è rimasto niente della mia meravigliosa famiglia. Solo il dolore regna fra noi e fa continuare i nostri giorni. Oh Dio, che sta succedendo a noi tutti? Perché hai voluto questo? Chi ha voluto e permesso tutto questo? Perché delle persone fanno queste cattiverie? Perché devono esistere questi sbagli e far soffrire così la gente?"
"Caro diario oggi sono andata nella casa dove ero così felice con i miei genitori, £e così vuota, spoglia, lugubre ed ho cominciato a sognare ad occhi aperti. Vedo Mamma e Papà scendere dall'auutobus con delle grandi valige, entrare in casa, salire le scale ed io precipitarmi ad abbracciarli! Oh Signore ti ringrazio!! Non mi stacco più da loro, non mi voglio più svegliare, portatemi via con voi vi prego. Ho pianto tanto, tanto, urlato più forte che potevo, avrei voluto farli scendere da quel maledetto aereo che me li aveva portati via. Sono stanca, nauseata, ho paura che impazzirò o forse pazza lo sono già. Vorrei farla finita. Mamma, Papà perché non mi avete portato via con voi? Io non riesco più a vivere!"
"Caro diario sono strastufa, non ce la faccio più, ora ti saluto, vado a dormire, spero che i miei sogni mi portino via con loro. Anno 1990. Da quel triste momento di dieci anni fa tutti mi hanno sempre detto che ero fortunata ad essere così piccola e che quindi non soffrivo più di tanto, ma non sanno che quando la speranza muore la vita non ha più senso. (Linda Lachina)
Trascrizione testuale delle pagine di diario di Linda Lachina tratte dal libro "Ustica-La via dell'ombra"
Tipi umani livellati
venerdì 26 giugno 2009
Black & White
E se (10 regole)
2 - Se non è così giovane, non va bene perchè non è davvero giovane;
3 - Se sta al suo posto, dovrebbe osare di più;
4 - Se osa di più, dimostra immaturità e impazienza;
5 - Se è parente di, "è parente di";
6 - Se non è parente di, "ma chi cazzo è";
7 - Se si esprime con proprietà tecnica, parla come i vecchi;
8 - Se usa un linguaggio meno ingessato, "ma come cazzo parla";
9 - Se arriva dalla società, deve fare esperienza nel partito;
10 - Se arriva dal partito, è raccomandato.
E se Emma
Ma allora perché non proporre Emma Bonino a capo del Pd? Sveglia, intelligente, capace, moderna, dal profilo internazionale, né comunista né democrista. Nominata sia dai governi di centrodestra sia di centrosinistra. Capace di parlare al popolo delle partite Iva, e così via. Se la si libera da Pannella, inoltre, si fa una buona azione. Sì, certo, i cattolici. Ricordatevi di Rutelli, però. E anche del fatto che il Pd deve dotarsi di un’identità, visto che non ce l’ha.
Immaginatevi un dibattito tra Berlusconi e tutti i papabili candidati del Pd. Poi immaginatevelo di fronte a Emma.
martedì 23 giugno 2009
Un paio di blog
lunedì 22 giugno 2009
Sesso, rock'n'roll e...
Amplificazioni
PDisorientato
Una profonda depressione sembra affliggere adesso il partito di Franceschini.
Le prime cattive notizie sono arrivate dall’avvio della campagna congressuale.
Non hanno fatto neppure a tempo a candidarsi, sia Franceschini sia Bersani, che già il duello che si prepara all’orizzonte vede in pista i due nemici di sempre, D’Alema e Veltroni.
Come fa a non essere depresso un partito quando la scena è occupata sempre dagli stessi protagonisti? I blog sono stati invasi da internauti sconcertati dal solito spettacolo.
Voltate pagina, è l’appello generale.
Anche il tono della campagna congressuale è diventato particolarmente più aspro.
A Veltroni che diffondeva l’invito al ritorno allo spirito del Lingotto, Arturo Parisi, con la sua consueta franchezza, ricordava che il Pd il «Lingotto l’aveva preso in testa».
Ormai sono molti a pensare che questo congresso, che sembra sempre più una resa dei conti, non si deve svolgere.
Non per le «scosse» che D'Alema ha vaticinato, ma per l’ingestibilità di un dibattito in cui non è chiaro chi può vincere e soprattutto che cosa si vince al termine di una contesa che sarà molto aspra.
La paura della divisione inconciliabile toglie il sonno a tutti quelli che sanno quanto il partito sia fragile e quanto sia vicino il rischio della crisi strutturale.
Dall’euforia alla paura.
È questo il sentimento che avverto. E la paura ha molte facce.
Oggi si chiuderanno le urne elettorali per il ballottaggio. Sulla carta il centrosinistra è favorito. Sono in gioco 22 province e 98 comuni.
Molti sono stati amministrati dalla sinistra e sono stati costretti al secondo turno da un risultato imprevedibile e imprevisto.
Gli occhi sono puntati sulle due città-simbolo, Firenze e Bologna.
Qui il centrosinistra parte in vantaggio ma a Firenze deve fare i conti con il dissenso della sinistra radical e con i socialisti di Valdo Spini e a Bologna ha un candidato azzoppato da uno scandalo e dal malumore della base ex Ds. Si vota anche a Bari, dove Michele Emiliano sulla carta ha bisogno solo di 700 voti per farcela.
Se Renzi, Delbono e Emiliano dovessero vincere il sospiro di sollievo sarebbe accompagnato, in una parte del Pd, dalla amara constatazione che nessuno dei tre candidati viene dalla tradizione della sinistra.
Per vincere la sinistra deve nascondersi.
Per questo la battaglia di Milano farà la differenza.
Qui c’è Filippo Penati, un vecchio esponente della sinistra che ha sposato molte tesi leghiste e che deve far fronte alla voglia di rivincita del centrodestra.
Se Penati dovesse fallire, il senso del voto amministrativo cambierebbe e cambierebbe anche la topografia interna al Pd che vedrebbe punito l’unico candidato che viene dai vecchi Ds.
Ma non c’è solo la paura di perdere Milano. Se a Padova o Taranto o Brindisi o Prato o Rimini o Ancona o in qualunque altro luogo simbolo del centrosinistra dovesse andar male, il rischio di pronostici infausti sull’avvenire del Pd aumenterebbe.
La seconda paura riguarda il referendum.
Il Pd, con molti dissensi, si è esposto con tutti i suoi massimi dirigenti a favore della battaglia referendaria.
Il Pd è probabilmente l’unico partito ad aver sposato i quesiti di Guzzetta e Segni ed è quello che dovrà fare i conti amari con l’insuccesso.
Come sarà possibile far finta di nulla quando gran parte degli elettori avrà scelto di astenersi senza neppure l’alibi estivo dell’andare al mare?
L’opzione referendaria è stata la più paradossale di tutta la vita recente del Pd.
Fieramente antiberlusconiano, ha tifato per quesiti che rischiavano di dare tutto il potere al Pdl.
L’intero dibattito post-Veltroni è stato dedicato a seppellire il «partito a vocazione maggioritaria» e poi Franceschini si è speso per imporre la riunificazione forzosa di tutto il centrosinistra in un unico aggregato elettorale.
Il fallimento del referendum restituisce nella sua interezza il problema dei problemi: che cosa fare di quell’otto per cento scarso di irriducibili che si sono orientati verso liste di sinistra.
La scelta referendaria ha aperto una ferita grave.
Se il quorum fosse raggiunto il Pd potrebbe turarsi il naso e accogliere tutti. In caso contrario come può sfuggire ad un dibattito su una coalizione formata da alleati impresentabili?
Infine la terza paura. Che ha il nome di sempre: Berlusconi.
Il Pd ha di fronte a sé due scenari. Uno l’ha descritto ieri Eugenio Scalfari. Berlusconi si arrende e passa la mano.
Al suo posto un governo istituzionale guidato da Gianfranco Fini che si dovrebbe sorreggere sui voti di Franceschini.
Immagino l’entusiasmo a sinistra se ci si dovesse trovare di fronte, in nome della cacciata dell’antico nemico, a un governo diretto dal co-fondatore del Pdl che acquisterebbe in questo modo un gigantesco vantaggio nelle inevitabili elezioni politiche.
Posso fare fin d’ora l’elenco di quelli che si opporrebbero.
La terza paura non riguarda solo questa ipotesi fantapolitica ma lo scenario più probabile che minaccia di realizzarsi.
Cioè questo. Berlusconi resiste alla campagna di stampa e non si dimette.
Non sono amico del Cavaliere e non ho accesso ai suoi segreti pensieri.
Lo studio da anni e ritengo che l’ipotesi che si esalti nella battaglia sia quella più probabile.
Che fa allora il Pd? Ha davanti a sé due strade. Rinuncia alla battaglia frontale e si trova isolato da quello stesso moto di opinione pubblica che ha sollecitato e viene investito dall’ira dei giornali del gruppo De Benedetti.
Oppure alza al massimo il tono dello scontro trasformando la campagna giornalistica in una crisi istituzionale.
Due scelte drammatiche che la dicono lunga su come il Pd si trovi di fronte ad una grave crisi di strategia e a una battaglia politica che altri hanno iniziato lasciandogli il cerino acceso fra le dita.
Ecco perché dalle parti del Pd più d’uno si preoccupa.
Peppino Caldarola
Sposare democrazia e sharia
Dopo il furto di voti, la rapina di vite umane.
L’oscenità è testimoniata da notizie e immagini impossibili da accettare come ordinarie persino da occhi e da spiriti abituati ormai a tutto.
La particolare spietatezza della repressione è dimostrata dall’uso delle squadracce di regime, cecchini e bastonatori volontari che uccidono a caso nella folla in nome dell’ideologia e del potere di intimidazione della violenza.
Se esistesse una vera opinione pubblica occidentale, come per certi aspetti è accaduto dopo l’11 settembre, questo è il momento in cui dovrebbe farsi sentire in ogni parte del mondo libero perché sia offerto il castigo che meritano ai sanguinari reggitori di un paese sfortunato in cui islamismo radicale, follia rivoluzionaria, sharia e bomba atomica si inseguono in una corsa verso l’abisso ormai da trent’anni.
Niente dimostra meglio la cattiva qualità delle illusioni di Barack Obama, per non parlare dei più stupidi tra i suoi pifferai euro-occidentali, come la sorte politica inclemente riservata al suo celebre discorso del Cairo: Obama non aveva la specifica intenzione di legittimare i teocrati di Teheran e il feroce potere laico e negazionista di Mahmoud Ahmadinejad, uno sfrontato caporione che questo giornale fece conoscere a suo tempo innescando a Roma la protesta europea contro il proposito di cancellare Israele dalla faccia della terra; ma l’effetto delle sue ambiguità strategiche, delle contorsioni culturali e delle penitenze varie ha rischiato di essere proprio quello.
La mano di Obama è stata stesa al regime, in cambio della promessa di aprire il pugno, nel momento peggiore, nel momento della truffa e del tradimento del già fragile patto elettorale.
Ora le avanguardie militanti del popolo iraniano cercano di dare un colpo decisivo alla arroganza della dittatura invocando rispetto per le scelte elettorali e libertà, e trascinando nelle strade, in una sfida sanguinosa, un pezzo della nomenclatura khomeinista (i Moussavi, i Rafsanjani, i Khatami).
Lo hanno fatto con manifestazioni di massa paragonabili a quelle contro lo Shah e con combattimenti di strada in cui la durezza inaudita della repressione si combina con il suo carattere tutto politico, sottolineato dalla funzione nefasta delle milizie di regime scatenate nella carneficina a surrogare poteri di stato meno inclini a sgozzare ragazze e ragazzi vestiti di verde da buoni musulmani.
Lo hanno fatto evocando il martirio contro la parola, che dovrebbe essere sacrale ed è stata avvilita a faziosità politica, della Guida Suprema della rivoluzione, Khamenei, l’uomo al quale Obama aveva appena proposto un dialogo globale.
Spiace per i cosiddetti realisti, consiglieri esclusivi del presidente americano, ma oggi gli unici intellettuali strategici d’occidente capaci di realismo non autolesionista sembrano i neoconservatori di Washington. Su loro consiglio, e con il contributo realista dei Cheney e dei Rumsfeld, le amministrazioni di Bush Jr. hanno costruito, sulle macerie del saddamismo, l’Iraq costituzionale di Ali al Sistani, oggi il più rispettato chierico islamico della regione (Iran compreso), uomo di orientamento moderato e laico fino al punto in cui può esserlo un teologo sciita di Najaf.
E oggi questi decrittatori del mondo subito precedente e immediatamente successivo all’11 settembre non si augurano il fallimento del successore di George W. Bush, ma lo incitano con maggiore o minore severità a prendere atto, ciò che sta facendo con molta fatica, del fatto che nel movimento della storia possono essere contemplate diverse qualità di democrazia, ma non un ibrido di democrazia e teocrazia jihadista.
Con le manifestazioni e gli scontri che seguono alle elezioni del 12 giugno, come ha notato Ruel Marc Gerecht in un eccellente articolo per il Weekly Standard, pubblicato dal nostro sito web (www.ilfoglio.it), nelle strade di Teheran sono cadute le ultime illusioni di poter gioire di una libertà gentile, di un qualche benessere del corpo e dell’anima, di una qualunque forma democratica sotto il segno della sharia sposata al nazionalismo e profetismo radicale.
Elefantino
domenica 21 giugno 2009
Dai, declamalo!
Pantocratore apotropaico
Karaoke biblico
sabato 20 giugno 2009
Il porco senza sporco
Le topoline di topolanek
giovedì 18 giugno 2009
Sinite ancillas venire ad me
Cicerone imputo' a Catilina di aver corrotto una giovane vestale, vergine e consacrata alla dea del focolare.
Porco Paese
Giuseppe Prezzolini
martedì 16 giugno 2009
Il problema delle imprese
lunedì 15 giugno 2009
700
Ma in Francia non c’era il Papa. In Italia, sì.
Annunciata da Annunziata
domenica 14 giugno 2009
venerdì 12 giugno 2009
Di figa.
Doppio errore
Articoli sostantivati non verbosi
Il socialismo? E' morto (Le socialdemocrazie e gli ex post comunisti non hanno saputo interpretare il carattere irreversibilmente individualista delle società europee).
Europa, la fine di un ciclo (Sono in crisi i meccanismi di legittimazione con cui i gruppi dirigenti socialisti e cristiani si affacciarono sulla scena del dopoguerra e sancirono la loro egemonia).
I misteri della storia. La top ten dei complotti (principalmente del Novecento).
Così il PD ha democraticamente svenduto ai leghisti le feste dell'Unità.
L'Emilia si apre alla Lega perchè somiglia sempre di più al Veneto.
Tutti nel PD (nuovo innamoramento al Foglio, e non solo).
I migliori: Pornopaleolitico (una scoperta archeologica svela che forse non sono i nostri tempi a favorire certe degenerazioni), Revisionismo (per non confondere la storia con dei miti parareligiosi).
I meglio libri / 7
Ditemi com'è un albero. Memorie della prigione e della vita. Marcos Ana.
Il revisionista. Giampaolo Pansa.
Un'anima per il PD. La sinistra e le passioni tristi. Luigi Manconi.
Libere! Paula Izquierdo.
Tutto così ovvio
mercoledì 10 giugno 2009
Zooropa
Urne chiuse, il commento di Fassino: "Ehi, aprite!".
Nel Pd si riscontra comunque un miglioramento del 6% rispetto alla perdita attesa del 12%.
Repubblica Ceca, vince Topolanek. Di misura.
Al trullo son più forte io
Cerasa
Segretario inconscio
Scalare, il PIL
L'apolitica è figa
Grazie a LB!
Le rondini del pomeriggio
Di cosa parleranno le suore che sbucano dai pomeriggi, come quando nel cielo c'è un passaggio di rondini che vanno via... tutte piccoline, tutte leggere come un deltaplano, dentro a certe viuzze le scarpine veloci lasciano la scia.... Di cosa parleranno le suore che quando stanno tutte insieme sembrano le alunne di una gita scolastica di fantasia.. e se per caso ridono fanno di tutto per non darlo a vedere perchè il riso è un bene, perchè il riso è un male... ...e forse è nostalgia... Ce n'è una più bella che ricorda la musica... ce l'ha scritta negli occhi e sta suonando sin qui... sullo specchio di questi si disegna la faccia di un ragazzo incredibile.... ...dietro ad una vetrina... questo non ci voleva.... ...poi è scomparso così... Fratello desiderio lasciami gli occhi solo per pensarti, sò che è troppo tardi, quando sarò triste li accarezzerò... Sorella negligenza il tempo ha sciupato questo cuore di argilla e se verrà l'amore, se verrà l'amore me ne pentirò... Chiusa dentro la stanza le sorelle non sentono... fruga dalla finestra.... se lo immagina lì... ed il giorno si spegne ma per essere sveglie non servono i pizzichi... ...un ragazzo incredibile ha scelto il silenzio per essere lì... Di cosa parleranno le suore che sbucano dai pomeriggi, come quando nel cielo c'è un passaggio di rondini che vanno via... ...sorella irriverenza... il tempo ha sciupato questo cuore d'argilla, .....e se verrà l'amore, se verrà l'amore m'innamorerò....
Commentini europei
1) Debora Serracchiani (PD) e Barbara Matera (PDL) spopolano. Sono entrambe brave e se lo meritano più di altri ex partigiani imbalsamati. La seconda era accusata di essere velina, la seconda no, perchè più bruttina.
2) Il 66% degli italiani ha votato: astensionismo altissimo. La media continentale è del 43%.
3) La "destra" europea (Europa per le nazioni, ossia i cosiddetti euroscettici -termine improprio e fuorviante-) acquista parecchi seggi, ottenendo alti consensi in tutti gli Stati, grandi e piccoli. Non a scapito dei popolari, che restano al 38%, ma a sfavore dei socialisti, che passano dal 27% al 21%.
4) Il Sole che ride piange, ma solo in Italia. In tutta Europa festeggiano i verdi e dicono qualcosa di verde. Da noi stanno coi comunisti e non riescono neanche a dire qualcosa di sinistra.
5) Volete ancora chiamarlo xenofobo il popolo che vota per la Lega?
martedì 9 giugno 2009
La destra. Basta.
Vincitori e vincitori
Risultati elezioni europee
C. Langone
sabato 6 giugno 2009
Dentro l'urne
LB: La paternale di Scalfari ora pure di sabato.Quello che ci invitava a votare De Mita e Craxi.Non c'e' piu' la P38, non c'e' piu' la P2 ma c'e' ancora la P-Scalfari.
FL: puoi non leggerle le paternali che non ti piacciono. a me è piaciuta moltissssssimo e, pensa, non l'ho trovata neppure paternalistica
LB: Affatto. Preferisco leggere quello che non mi piace, mangiare salato e tremare dal freddo.Ecco, io vorrei solo che i mosci, gli indecisi, gli inconcludenti, gli utopisti, i sognatori, le anime belle, per dirla con l'(af)fondatore, quorum persaepe ego, se ne stessero a casa invece di ingolfare il processo elettorale a scapito di chi, bene o male, una scelta l'ha fatta. Votare e' una di quelle attivita' umane che vanno compiute con godimento e soddisfazione.
EC: Mi ritengo un "lettore fondatore" di Repubblica: lo leggo dal primo numero. Costituzine e sua difesa, laicità dello Stato, riformismo che non sia controriforma, argine alla deriva berlusconiana del Paese. Questi alcuni dei "valori" di riferimento di Repubbica vissuti in una ampia pluralità di voci. Qualcuno va dicendo che è "partito" più forte del PD. Altri che il PD si muove in funzione delle indicazioni di essa e per questo motivo perde. Altri arrivano a inserirla nel club delle P (P38, P2). L'entità di certe cazzate è una ulteriore prova del perchè siamo diventati un Paese di cerebrolesi.
Stefano Cicetti: Io leggo tutto, quello che amo e quello che odio. E per una sorta di Ossequio assoluto nei riguardi delle tre paroline dell'Illuminismo, cerco di nominarle il meno possibile, diffidando di chi le sbandiera allegramente. E tremo a sentir parlar di ragione, parola che assume un significato pieno e rotondo solo in una discussione teologica. Il sonno della ragione e l'analfabetismo politico non si risolvono in un finesettimana (forse l'opera educatrice di Rep non è stata così incisiva), e paiono un perfetto pretesto per astenersi, semmai, non per coalizzarsi in modo analfabeticamente maggioritario contro il giocoliere che supera la soglia di sbarramento. Del 40%.
Il Culo al Cairo
Azar Nafisi sul corriere.
Il discorso.
La risposta dell'Iran.
venerdì 5 giugno 2009
Voto di protesta
giovedì 4 giugno 2009
Battute e battone nella stanza dei bottoni
Franceschini: "Affidereste i vostri figli a Berlusconi?". Il padre di Noemi: "Ancora?".
Berlusconi: "Sì, tornerei da Noemi. Ma in questi giorni è indisposta".
Bondi: "Alla villa ricordo famigliole". Che cercavano le proprie figlie.
Belpietro: "L'ex fidanzato di Noemi ha avuto una condanna. Come pensa di poter competere con Silvio?".
Festa della Repubblica, Berlusconi arriva in ritardo. E con la patta aperta.
Si è comunque scusato regalando un collier a Napolitano.
Grandi applausi per l'esibizione delle Frecce Tricolori. Sorpresa quando dall'aereo solista è sceso Apicella.