lunedì 20 aprile 2009

Malelingue d'oro

Ah, la nuova intellighenzia liberalpopulista.
Il conflitto d’interessi di Berlusconi ha inciso profondamente sul giornalismo italiano. Fin dai tempi della trombatura di Montanelli per arrivare a quella di Biagi, passando per Mentana e alle vicissitudini di Annozero, l’imprenditore Berlusconi entrato in politica ha lasciato il segno. Oggi le nomine Rai si discutono nel salotto privato del padrone di Mediaset. Ma tra i tanti mutamenti introdotti dall’anomalia Berlusconi c’è anche l’emergere delle lingue d’oro, veri professionisti dell’informazione populista. Le lingue d’oro non hanno però nulla a che vedere con le volgarità propagandistiche che si leggono ad esempio sul giornale della famiglia Berlusconi o sulle sue reti minori. No, quella è informazione che serve a nutrire i militanti, lo zoccolo duro dei berluscones. Le lingue d’oro si occupano, invece, d’informazione istituzionale, quella che viene offerta al grande pubblico e come tale deve rispondere a certi canoni. La deontologia giornalistica non c’entra nulla, si tratta solo di confezionare un prodotto credibile, di fronte al quale, cioè, il telespettatore pensante non si fa una risata e il politico adulato non arrossisce troppo. Informazione da Tg1 lottizzato, per intenderci, non a caso il trono più prestigioso per le lingue d’oro. Le lingue d’oro sono generalmente persone pacate che anche nelle sfumature caratteriali riescono a dare un’immagine rassicurante e super partes. Emilio Fede, per intenderci, non appartiene a questa categoria, lui rappresenta la propaganda militante, quella rozza e gridata. Le lingue d’oro, invece, evitano le polemiche, restano nell’ombra e soprattutto hanno il senso della misura. Non fanno spot ma scolpiscono la propaganda a piccoli tocchi giorno dopo giorno. Quando le cose vanno bene per Berlusconi non esagerano nelle adulazioni e quando  le cose vanno male nascondono le verità il minimo indispensabile per proteggerlo. Le lingue d’oro riescono a soddisfare le esigenze del loro referente politico e allo stesso tempo salvare la faccia di fronte al grande pubblico. Riescono a fare propaganda low profile e convincere il pubblico che fanno vero giornalismo. Una categoria preziosissima nell’Italia del conflitto d’interessi e della lottizzazione della Rai. Una categoria frutto dei tempi che solo il ritorno a una piena libertà di stampa riuscirà ad estinguere.

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