La Corte di cassazione ha stabilito che i Rom possono sfruttare i minori, utilizzandoli nell’accattonaggio, commettendo un reato che, per un italiano, sarebbe gravissimo, la riduzione in schiavitù. La ragione (si fa per dire) addotta è che in quelle popolazioni l’accattonaggio è una tradizione e che quindi dev’essere rispettata anche quando infrange la legge e il più elementare senso morale. Per aggiungere una bizzarria all’incredibile decisione, la Corte ha precisato che però questo comportamento può essere tenuto dai Rom solo in orario di lavoro. Si tratta sul piano giuridico di un precedente pericolosissimo.
Accettare come fonte del diritto la tradizione etnica apre la strada all’abolizione per gli immigrati o per una parte di loro dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione. Dalla poligamia all’oppressione della donna, dall’omofobia allo sfruttamento minorile più bieco, alla violenza sessuale, ogni comportamento, anche il più inaccettabile, che tragga origine dai costumi di civiltà diverse dalla nostra dovrà essere tollerato. Sposare le bambine? E’ una strana idea dello stato di diritto quella che nega ai settori più deboli delle comunità immigrate, alle donne e a i bambini in primo luogo, le tutele costituzionali, soltanto per rispetto di una “tradizione” accolta, par di capire, in nome di un malinteso senso di accoglienza. In nome di quale popolo pronuncino le sentenze i magistrati di Cassazione diventa sempre più misterioso.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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