Io nacqui un bel giorno di pioggia in inverno
uscendo di fretta dal grembo materno
dorato, goloso, pasciuto e fragrante
fui cotto in un forno dal caldo incessante.
Col nastro dorato la scatola rossa
fu di un gran dama la semplice mossa
che con ingordigia e sguardo amoroso
mi tolse la carta con far premuroso.
Io nudo su un piatto adesso giacevo
le labbra sue calde con ansia attendevo
ma ella incurante sedendosi lesta
si accinse a parlarmi con falsa modestia.
“Ti voglio godere” mi disse sorniona
“adesso mi spoglio e mi metto in poltrona
sei pieno di burro e di frutta candita
e poi c’è l’uvetta che è in te custodita.
Non trovi mio caro la coscia pesante
e il mio fondoschiena un po’ troppo ingombrante?”
io fisso sull’abito che lento scendeva
sentivo il mio interno che tosto cresceva.
Ma lei continuava togliendosi ardita
le sue mutandine con agili dita
e mentre la lingua le labbra seguiva
lei roca e assai bella così proseguiva.
“Sarai la mia colpa, il peccato di gola
che io questa sera consumo da sola
adesso ti prendo di morsi ti mangio
mi godo l’uvetta con te io m’arrangio.
Ti lecco la crosta, ti rubo un candito
socchiudo la bocca, mi lecco poi il dito
ti assaggio, ti gusto, ti tocco, ti annuso
ti mangio e ti prendo in ogni pertugio
ti lecco, ti bacio, ti accolgo, ti sento
ti voglio, ti amo, ti prendo già dentro”.
Io fatto che m’ero di burro ormai fuso
il dolce mio interno a lei avevo schiuso
e con passo felino la dama arrivò
ed il mio candito, commosso ringraziò.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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