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La buona fede non basta, occorre la verità, se bastasse la buona fede non servirebbe la redenzione. La buona fede non cancella gli errori, molti giudei in buona fede hanno gridato il "crucifige". La buona fede è un'idea dell'Anticristo.Q, Luther Blissett
Parla di estate ma è come se parlasse della domenica. Secondo uno che ci capisce di libri e di messe e di ristoranti è la più bella poesia italiana, dopo La pioggia nel pineto. Leopardi è inflazionato, piace a tutti, lasciamolo fuori classifica, diamogli il premio della giuria e non se ne parli più. Distesa estate, stagione dei densi climidei grandi mattinidell’albe senza rumore ci si risveglia come in un acquario dei giorni identici, astrali,stagione la meno dolented’oscuramenti e di crisi,felicità degli spazi, nessuna promessa terrenapuò dare pace al mio cuorequanto la certezza di soleche dal tuo cielo trabocca,stagione estrema, che cadiprostrata in riposi enormi,dai oro ai più vasti sogni,stagione che porti la lucea distendere il tempodi là dai confini del giorno,e sembri mettere a voltenell’ordine che procedequalche cadenza dell’indugio eterno.
Così, una citazione dall'Ecclesiaste, o meglio Qoelet, quello del vanitas vanitatum, Antico Testamento:non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, perchè il tuo cuore sa che anche tu hai detto tante volte male degli altri.E un'altra da San paolo, Lettera ai Romani:se possibile, vivete in pace.Se possibile, appunto.Auguri.
Cari colleghi, è un vero piacere accogliervi per il nostro party di Natale in questa bella location molto fashion . Come ha già detto il nostro CEO, dovremmo tutti essere molto proud di lavorare per una company come la nostra, una company che nonostante il crack finanziario ha, al contrario di tanti altri partner dei settori finance, retail e automotive , prospect di crescita double-digit anche per il prossimo fiscal year. Qui al reparto HR siamo molto confidenti nel futuro. Come sempre, se avete delle suggestioni, siete pregati di lasciarmele nella letter-box. Merry Christmas!
L'anarchia ha sotto un'idea, che l'uomo è buono, e ogni sconfitta dell'anarchia è una sconfitta di questa idea, che l'uomo è buono, e tutti i giorni in tutto il mondo quel che succede non c'è altro che delle sconfitte dell'anarchia. ..."Addio Lugano bella, o dolce terra mia, scacciati senza colpa, gli anarchici van via". E' come se ogni idea anarchica fosse un'idea che parte per essere sconfitta.Paolo Nori, Pubblici discorsi.Forse a una futura mamma non bisogna dirlo ma i bambini sono cattivissimi, qualsiasi maestra te lo può raccontare. Sono gelosi, possessivi, invidiosi. Lasciati senza controllo si accaniscono contro i deboli e i diversi.Camillo Langone, La vera religione spiegata alle ragazze.La storia umana sarà sempre più una gara tra l'educazione e la catastrofe.Herbert George Wells, nel 1920.
Me le segno qui, anche se sono nell'IPod di uno del PD.
C'è un mio amico di Reggio Emilia che ha tradotto Beckett in dialetto reggiano. Ha tradotto un racconto che cominciava con l'espressione: I was feeling awful. Che ritradotto in italiano dalla traduzione che ne ha fatto questo mio amico in dialetto reggiano suona così: Stavo male.Bè, c'è un traduttore italiano che ha tradotto Beckett in italiano, e quell'inizio lo ha tradotto così: avevo una tarantola di inquietudini in petto.. Chissà cos'ha pensato, quel traduttore lì. Beckett ha preso il Nobel, deve aver pensato, non può mica scrivere stavo male. Stavo male sono capaci tutti, di scriverlo. Beckett gli han dato anche il Nobel. Non può mica scrivere una cosa del genere. Ha preso anche il Nobel.Paolo Nori, Pubblici Discorsi
Sklovskij, nell'Arte come procedimento (1917), scrive che l'arte è pensiero espresso per immagini. Bisogna, attraverso le parole, creare delle immagini, e il modo per farlo è rallentare il riconoscimento da parte del lettore. Anzichè nominare gli oggetti subito, in modo che il lettore sappia, per esempio, che il protagonista ha in mano una palla, bisogna guardare agli oggetti come se fosse la prima volta che li si vede, e far sì per esempio che il protagonista chiami la palla piccolo melone. Attraverso questo straniamento, la rotondità dell'oggetto palla arriva a chi legge molto di più che se l'avessimo chiamato palla; se avessimo chiamato l'oggetto palla saremmo andati verso il riconoscimento, tutti sappiamo cos'è una palla, non c'è bisogno di immaginarcela. Allora se prendiamo per buona questa teoria la prosa cosa è? La prosa è una valigia piena di trucchi, e il prosatore o è un idiota divino, che quelle sono fortune che capitano a pochi, o è uno che si deve imbrogliare da solo, per imbrogliare anche gli altri.Paolo Nori, Pubblici Discorsi.
Per dovere di cronaca, e amore della libertà, un articolo di Toni Capuozzo.
Non è per essere puristi e sciacquare in Arno i nostri guai, ma la questione della lingua è l’ultima trincea rimasta. Dunque plaudo alla precisazione, a Otto e mezzo, del sindaco Leonardo Domenici alla domanda circa l’intercettazione telefonica del suo giudizio su un’impresa immobiliare, definita dalla trascrizione come “una cagata”. “Io sono di Firenze – ha detto – A Firenze si dice con la c”.Sofri anziano
Se è bella o brutta, povera o ricca, religiosa o agnostica, nordica o terrona: tutti dettagli sullo sfondo, tutti particolari di cui discutere magari più avanti, in un secondo momento. Se proprio è necessario. Qualsiasi donna tu possa presentare a un genitore discretamente anziano, per il resto, verrà accolta con un sottinteso di fatalismo che sta a dire questo: bene, sei un maschio e questa è una femmina, forse è la femmina con cui avrai dei figli, forse mi farai nonno, bene. Altro, al mondo, non c’è da fare.
Mio padre di anni ne aveva 89 ed era un uomo temprato, di quelli arcigni con la retorica del prezzo pagato per ogni conquista, quelli che all’uscita devi spegnere la luce, devi finire la carne, pensa ai bambini che muoiono di fame, uno di quelli che prima di comprare una cosa s’industriano per mesi, e vedono se prima la possono rimediare, riciclare, costruire. Un uomo pacifico con la fortuna d’esser ben piantato nella generazione che era la sua, i giovani son giovani, i vecchi son vecchi, i morti son morti, e lui era vecchio punto e basta: l’aveva deciso quarant’anni prima, dopo aver fatto me, ero stato il suo marcatempo, dunque tutto andava bene perché viveva ogni cosa come un tempo supplementare, un fuori programma rispetto al ciclo biologico.
Era un razionale, diceva che a 25 anni si devono fare dei figli i quali a 25 anni devono fare altri figli, così a 50 anni tu diventi nonno e il ciclo vitale è chiuso. Il resto è gratis. Mio padre non l’avrei mai presentato alle mie amiche con le paturnie dell’orologio biologico, quelle che consolavo dicendo che erano fortunate perché in questa civiltà potevano fare dei figli sino a età impensabili.
Un puro, mio padre. Non come me, non come noi, un piede avanti e uno indietro, generazione di mezzo, eternamente apprendisti al computer, memori del telefono fisso, del terrore che il semplice uscire di casa potesse renderci irreperibili, folgorati dalle prime segreterie telefoniche, ultimi superstiti che potranno ricordare di aver usato la carta carbone e imbucato una lettera nella cassettina rossa. Un puro, mio padre. Quando gli presentai la mia donna, a mio padre, vide che era una donna, e gli bastò.Facci
Arbasino nel suo ultimo librino (“La vita bassa”, uscito nell’unica collana Adelphi esteticamente riprovevole) dice che l’inno nazionale è “di evidente destra”. E’ vero, “dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa”, “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla”, “stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte”, è proprio “roba per covi ultrà, autogrill con manganelli, curve sud patriottiche”. Le stesse parole che allo stadio abbiamo il dovere di cantare, in qualsiasi altro ambito non abbiamo il diritto di pronunciare. Se in televisione un politico o un giornalista dicesse qualcosa di simile a “Giuriamo far libero il suolo natìo: Uniti per Dio…” verrebbe immediatamente deferito ai tribunali locali e globali. L’inno nazionale viola tutte le norme europee su multicultura e multireligione, è quindi sulla via di diventare fuorilegge, come la Bibbia e la Divina Commedia. Il librino di Arbasino svela quanto è bello, no, non voglio esagerare, quanto è prezioso “Fratelli d’Italia”, quanto bisogna tenerselo caro.Camillo Langone
Oggi a pranzo.Ludovico, undici anni: “perchè si chiama scuola materna e non scuola paterna?”.Segue conversazione sul tema. Emilia, cinque anni, ascolta.Passano due minuti.Emilia: “perché si chiama scuola media e non scuola pedia?”
Scopro da Coin che la terminologia commerciale - nuova? Mi sono distratto un attimo? - ha coniato per le vecchie “taglie forti” la definizione “donna conformata”.Secondo me persino “buzzicona” era meno brutto.Luca Sofri
Se su questo articolo di Grazia si sostituisce, di grazia, "parole" con "scoregge" il senso del testo ne risulta potenziato, e il tutto diviene molto meno patetico e molto più salutare.
Io nacqui un bel giorno di pioggia in invernouscendo di fretta dal grembo maternodorato, goloso, pasciuto e fragrantefui cotto in un forno dal caldo incessante.Col nastro dorato la scatola rossafu di un gran dama la semplice mossache con ingordigia e sguardo amorosomi tolse la carta con far premuroso.Io nudo su un piatto adesso giacevole labbra sue calde con ansia attendevoma ella incurante sedendosi lestasi accinse a parlarmi con falsa modestia.“Ti voglio godere” mi disse sorniona“adesso mi spoglio e mi metto in poltronasei pieno di burro e di frutta canditae poi c’è l’uvetta che è in te custodita.Non trovi mio caro la coscia pesantee il mio fondoschiena un po’ troppo ingombrante?”io fisso sull’abito che lento scendevasentivo il mio interno che tosto cresceva.Ma lei continuava togliendosi arditale sue mutandine con agili ditae mentre la lingua le labbra seguivalei roca e assai bella così proseguiva.“Sarai la mia colpa, il peccato di golache io questa sera consumo da solaadesso ti prendo di morsi ti mangiomi godo l’uvetta con te io m’arrangio.Ti lecco la crosta, ti rubo un canditosocchiudo la bocca, mi lecco poi il ditoti assaggio, ti gusto, ti tocco, ti annusoti mangio e ti prendo in ogni pertugioti lecco, ti bacio, ti accolgo, ti sentoti voglio, ti amo, ti prendo già dentro”.Io fatto che m’ero di burro ormai fusoil dolce mio interno a lei avevo schiusoe con passo felino la dama arrivòed il mio candito, commosso ringraziò.
200 millioni dollari, tanto costa l'ultimo film di 007. Le prime dieci puntate di "In Treatment" che mi sono visto in due giorni costano meno dell'1% credo, e mi hanno coinvolto dieci volte di piu'. Si ragiona di vita, di amore, di morte semivissuta e semitentata seduti su un divano, e gli attori sono eccellenti.
“Stamattina alle 10,30 al Campidoglio, la gloriosa Sala delle Bandiere, il sindaco Walter Veltroni e il direttore di Mtv Italia, Antonio Campo Dell’Orto, disveleranno le ultime novità, ma ormai la febbre degli Mtv Europe Awards è altissima e ha coinvolto soprattutto i giovani capitolini che, grazie alla Mtv Pollination Music Week , stanno godendosi ottima musica un po’ ovunque in attesa di dirigersi a frotte domani sera al Qube. Lì si esibirà il gruppo, di Glasgow, più divertente, in voga e valido del momento, i Franz Ferdinand - oggi prove aperte a Tor Di Valle - di spalla ci saranno i romani, bravi e misconosciuti, Velvet. Il quartetto scozzese - i chitarristi Alex Kapranos, anche cantante, e Nick McCarthy, il bassista Bob Hardy e il batterista Paul Thompson - pesca, allegramente e saggiamente, nella miglior new wave anni 70, e la sera successiva, si inizia alle 21, sarà tra i protagonisti più attesi della cerimonia di premiazione sotto il grande tendone, capienza 5mila500 persone, montato all’ippodromo di Tor Di Valle.”Zaccagnini, Il Messaggero, 17 novembre 2004
Il Papa pesa e pesta il pepe a Pisa.Sara' anche tutto vero, pero' Pisa e' anche la citta' italiana col numero piu' alto di multati nel traffico cittadino. Chi non ha preso una multa a Pisa? (Io ce l'ho presa.)
Durante i decenni della prima Repubblica, democristiana e cattocomunista, di centrosinistra o di altra formulazione fantasiosa, il Parlamento era fortissimo, erculeo, e i governi erano fragili e malaticci, moribondi.
I capibastone dei partiti e delle correnti facevano e disfacevano governicchi pallidi rachitici che duravano meno d’un anno: era il regno della correntocrazia, della partitocrazia, della democristianeria e la politica si svolgeva tutta fra i sussurri e i fruscii nel Transatlantico di Montecitorio, giustamente definito il salone dei passi perduti.
E oggi? Oggi i giornalisti – milioni di giornalisti accreditati perché siti internet, tv regionali, locali, satellitari, urbane, suburbane acquatiche terrestre lacustri sono tutte accreditate con le loro radio – non hanno interlocutori e si affollano come sciami di api quando vedono un leader riconosciuto.E non gli pongono domande: allungano un microfono come un imbuto e sperano che dentro ci finisca qualcosa. I giornalisti ormai non fanno domande. Pronunciano delle parole introduttive e porgono l’imbuto. Se vedono un capogruppo, un leader, si affollano stancamente.
Oggi l’esecutivo è fortissimo, fa e disfa il Parlamento. Ieri il Parlamento faceva a pezzi i governi. Oggi le parti si sono invertite. Di conseguenza il Parlamento è diventato un salotto, non corrono grandi odi, non si vedono lampeggiare le lame. Le folle esterne reclamano la gogna per i pianisti, e il Presidente della Camera gli promette le impronte digitali.
Io ho detto che mi rifiuterò – per il decoro del Parlamento, non del mio – e ho controproposto la macchina della verità, così, per divertirsi un po’: cominciamo dalle domande semplici tipo come si chiama suo padre. Poi si vede se il sismografo registra la bugia alla domanda se hai votato per qualcun altro.
La politica, per quel che vedo, non abita più qui da tempo. Di fatto viviamo in una democrazia presidenziale – che sarebbe stata presidenziale anche se avesse vinto Veltroni – ma senza i contrappesi di una democrazia presidenziale. Il Parlamento di fatto e non soltanto da questa legislatura è diventato lo studio di un notaio di decisioni già prese, di votazioni già stabilite.
In aula qualcuno urla, ma prevale la noia e il senso dell’inutilità, quasi della beffa.Paolo Guzzanti
La Corte di cassazione ha stabilito che i Rom possono sfruttare i minori, utilizzandoli nell’accattonaggio, commettendo un reato che, per un italiano, sarebbe gravissimo, la riduzione in schiavitù. La ragione (si fa per dire) addotta è che in quelle popolazioni l’accattonaggio è una tradizione e che quindi dev’essere rispettata anche quando infrange la legge e il più elementare senso morale. Per aggiungere una bizzarria all’incredibile decisione, la Corte ha precisato che però questo comportamento può essere tenuto dai Rom solo in orario di lavoro. Si tratta sul piano giuridico di un precedente pericolosissimo.
Accettare come fonte del diritto la tradizione etnica apre la strada all’abolizione per gli immigrati o per una parte di loro dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione. Dalla poligamia all’oppressione della donna, dall’omofobia allo sfruttamento minorile più bieco, alla violenza sessuale, ogni comportamento, anche il più inaccettabile, che tragga origine dai costumi di civiltà diverse dalla nostra dovrà essere tollerato. Sposare le bambine? E’ una strana idea dello stato di diritto quella che nega ai settori più deboli delle comunità immigrate, alle donne e a i bambini in primo luogo, le tutele costituzionali, soltanto per rispetto di una “tradizione” accolta, par di capire, in nome di un malinteso senso di accoglienza. In nome di quale popolo pronuncino le sentenze i magistrati di Cassazione diventa sempre più misterioso.
...Contrariamente alla grande maggioranza degli uomini piu' o meno razionali, io non ho l'abitudine di disprezzarmi piu' di quanto non abbia amor proprio; sono troppo consapevole di quanto sia completo, necessario ed inevitabile ogni atto anche se un minuto prima e' imprevisto e un minuto dopo sorpassato....Per le donne niente ha importanza al di fuori di loro stesse, e ogni scelta che non le riguardi non la giudicano se non una follia cronica o un'aberrazione passeggera.Marguerite Yourcenar
“Io sono per la lentezza, ma quello schifo di Internet ci fa correre. Spero proprio che nel giro di dieci anni lo buttino nel cesso”.Ornella Vanoni