giovedì 31 dicembre 2009
Onomastico
Pubblicata su Sveltopedia.
Climatologo
Pubblicata su Sveltopedia.
mercoledì 30 dicembre 2009
Nichilismo
Pubblicata su Sveltopedia, oggi.
La scuola oggi / scienza
La scuola oggi / arte
La scuola oggi / storia
La scuola oggi / letteratura
martedì 29 dicembre 2009
Insetti senza frontiere
La Terra non rimpiangerà l'uomo, nè l'Uomo la terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini.
Il pudore è certamente un freno che ci trattiene dal suicidio. L'uomo teme che non siano comprese le sue ragioni del gesto, di aver torto di fronte al Dio ignoto, la donna ha vergogna di esporre il proprio cadavere, nudità assoluta.
"Per indisposizione del Messia la stella della redenzione sarà visibile probabilmente il prossimo sabato".
lunedì 28 dicembre 2009
Con Api si vola
Anobium punctatum
La morte ti fa bella
1,618
Sarebbe Meglio Smettere (SMS)
giovedì 24 dicembre 2009
mercoledì 23 dicembre 2009
Automobili smobilizzate
Fui invitato ad una Fiesta....e mentre ballavo una samba..una bella ragazza mi Transit davanti e quando mi Volvo lei mi Lancia un sorriso...era Marbella...era Marbella ma vi dico Marbella proprio!!Aveva un viso con dei denti Autobianchi dall'espressione Innocenti una di quelle ragazze dal personal veramente Elegant...aveva addosso un Golf colore Argenta e sotto una Mini Minor granata da cui spiccavano 2 Gamma e un cu...un cu...un coupè a forma e maggiolino a trazione posteriore special...Che Tipo...che Tipo...un Tipo di donna che quando la vedi pensi subito con aria imbambolata....aòò....me facess na Regata!Subito mi avvicinai....gli dico: come Austin??Austin bene??Prisma di tutto io mi chiamo Renato..ma tu mi puoi chiamare Renault...Bevi qualcosa??e lei mi risponde:No.....ah...no no...Jaguar che mi offendo eh!E così lei prese un wisky and Skoda...una Limusine con ghiaccio e una bottiglia di Ferrari...aò...Saab...Saab...Saa bevuto tutt cos!!!!e io invece per risparmiare presi solo uno Scirocco di orzata...ma quello Scorpio del dj invece di mettere un disco di Sting...una Charleston..una Diana Ross...se ne esce con il disco di Orietta Bertoni....Finchè la barca va lasciala andare!!!Allora io subito Escort dal locale con lei...Iveco l'orologio...erano le 3 e 20 bmw e lei mi Diesel....rover andiamo caro...rover mi porti??e io le risposi...Seat zitta...Seat zitta che ti porto a vedere il panorama...e metro dopo metro arrivamo in mezzo ad una Sierra...sopra ad una Duna...io raccolsi un mazzo di 131 Mirafiori e glielo diedi..ma lei invece all'improvviso comincio a fare delle Cabriolet sul prato...e Cabriolet Cabriolet Cabriolet---le si aprì la camicett....che Ibiza...che Ibiza...22o tette special...nn credevo ai miei opel...mi salì la Fuego al cervello diventai una testa rossa...allora la presi cn grinta la misi Orizzont la strinsi Ford...e le toccai la Fiat!!!!!!!!!!Simca....Simca...Simcaxxò come una belva...NOOOO...brutto Porche che nn sei altro...io la fiat nn te la do!!!Kadett???Kadett???Tu la fiat nn me la dai??Ma come pezzo di Toyota ma allora sei tutta Matra...ti Piaggio o nn ti Piaggio...ti turbo o nn ti turbo?Ma che Caravan vuoi....ma va Jet o veleno e Passat un guaio nero...Successe il Pandamonio...lei scappò di corsa...e io dietro....le dicevo....Alfetta...Alfetta...ma lei nn mi Audì più!!Sono stato proprio un Citroen...Peugeot di così nn mi poteva andare!!!
martedì 22 dicembre 2009
L'inno di Ferretti
Prosa francese
Goethe
Poesia italiana
Ma quale fu il motivo di tanto successo? Nel nostro Paese, nei vari generi poetici si cimentarono tali e tanti autori, minori e minimi, che un censimento è impossibile. Senza contare la poesia «estemporanea»: parlare in versi fu una specialità tipicamente italiana, applaudita nelle accademie, nei teatri, e nelle piazze. Come notava Ennio Flaiano, i luoghi comuni sul carattere dei popoli non sono mai privi di fondamento ed anche quello degli italiani «popolo di poeti» non lo è, o perlomeno non lo è stato. Ancora nel Novecento Leo Spitzer rilevava questa tendenza «poetica» nel modo di scrivere, e di parlare, di molti italiani. Ben ha fatto quindi Luca Serianni ad includere nel suo recente libro La lingua poetica italiana. Grammatica e testi (Carocci, Roma, 2009), anche forme minori di versificazione (ad esempio la librettistica), che non sono meno significative di quelle maggiori. Come lo stesso Serianni annota, «il tema è centrale per l’identità linguistica degli italiani».
«La lingua poetica (dal Petrarca fino al secondo Ottocento) ha mantenuto una fisionomia specifica e un’eccezionale stabilità, tanto da configurare - come scriveva alla fine del Cinquecento Leonardo Salviati - quasi un altro idioma diverso dalla prosa», scrive Serianni. Non si tratta tanto di lessico, quanto di una «grammatica» poetica, che nasce nel Trecento, si consolida nel Cinquecento e giunge fino al Novecento, facendo emergere una serie di tratti comuni, fonetici e morfologici, di più o meno lunga durata. Il testo critico è corredato da una rassegna di trenta poesie, ampiamente commentate, che vanno dal XIII secolo (Madonna, dir vi voglio di Giacomo da Lentini) al XIX (Carducci). Accanto ai Tasso, Marino, Metastasio, Leopardi ecc. sono rappresentati anche i minori: ad esempio Gabriello Chiabrera (1552-1638), noto per le sue innovazioni metriche, e Giuseppe Giusti (1809-1850) con il suo «scherzo» poetico più famoso, Il re Travicello.
La silloge di Serianni, tuttavia, non si ferma ai poeti «laureati», ma si allarga ad autori anche marginali come il secentista Paolo Zazzaroni con In morte di un cane e l’oraziano Giovanni Fantoni (1755-1807), in un ventaglio di esempi difformi, ma solidali con il principio «linguistico» che regge il libro. La nutrita schiera dei verseggiatori per diletto e con fini persino pratici è rappresentata dal quasi sconosciuto Giovanni Dondi dall’Orologio (1318-1389), medico ed astronomo, poeta a tempo perso per sua stessa ammissione.
Alla ricerca dell'orgasmo perduto
“Vecchia bacucca, me la porti o no questa tazza di tè con biscotti, e non le solite madeleine stantie della settimana prima! strega che non sei altro non so perché non ti ho ancora buttato fuori a calci. Lo vedi o no che sto lavorando, e se non mangio e non mi scaldo non scrivo, e se non scrivo non mi pagano? Guarda tu che razza di bischerate mi tocca scribacchiare e ‘sti parigini teste di tolla non ne hanno mai abbastanza. E a me che mi frega, basta che la lira corra, porco di un giudeo!”“E preparami un bacile d’acqua calda che mi devo lavare le terga. Perchééé? E a te che t’importa vecchia strega pettegola?”“E se viene il carrettiere della piazza a trovarmi, a te non deve interessare capitooooo?, anzi lasciami il tè, le madeleine, l’acqua calda e vattene fuori dai ..oglion.. per due ore, che io e il carrettiere abbiamo da parlar d’affari, brutta ruffiana che non sei altro!”Amen.
M.Proust
Il Natale e la Rabbia saudita
Salve, sono Mohamed Venez-Janiì, bambino musulmano di anni dieci. Stamattina ero contento di andare a scuola perché dovevamo andare a vedere il presepe e a festeggiare con i canti di Natale. Invece stamattina la maestra ha detto che per rispetto nei miei confronti si resta in classe e non si festeggia Natale. Gesù Bambino è troppo offensivo per noi islamici, ha detto, la Madonna vergine, devota e madre, è un insulto ai diritti delle donne, i Re Magi sono tre offese alla Costituzione repubblicana, gli Angeli sono una presa in giro dei trans, il bue e l’asinello sono un’offesa ai diritti degli animali ridotti a termosifoni della grotta, e il panettone è un insulto consumista alla fame nel mondo. Ma il Natale tutto, ha detto, mortifica quelli come me, che non sono cristiani, ci offende e ci prende pure in giro perché ci riduce nel presepe a beduini, pastori e cammellieri. Ma la maestra non sa che per noi islamici beduini non è un’offesa, e nemmeno pastori e cammellieri. Mio zio è cammelliere e ha pure le capre e io da grande volevo fare il beduino. Comunque Natale non si festeggia per rispetto mio. La maestra della classe accanto, più furba, ha trasformato il Natale in festa della luce: io non lo so, perché vengo da lontano, ma forse a Natale si festeggia la santa natività dell’Enel. La maestra del piano di sotto, invece, non ha fatto festeggiare e ha spogliato l’albero di tutte le palle luminose perché quattro ladri hanno rubato l’insegna ad Auschwitz; ma non ho capito che c’entra con Gesù Bambino. Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si andava più a cantare «Tu scendi dalle stelle» e non si mangiava più il panettone per rispetto di noi islamici. E non solo mi sono arrabbiato perché ci hanno tolto una bella mattinata di festeggiamenti, ma questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima volta da tutti i miei compagni di classe perché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeggia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna come il Panettone. Dicono che vengo dalla Rabbia saudita. Non mi invitano più alle feste perché pensano che io sono contrario e gliela tiro. Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi. E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l’Agnellone perché pure per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle parti mie, non c’è nemmeno un personaggio padano o inglese. Tutti mediorientali come me. Salvo gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non hanno una terra loro. Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato. Il giorno prima della festa di tutti i santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare perché si offendono non solo gli islamici, gli ebrei e i non credenti ma pure i protestanti. Poi, d’accordo con il capo d’istituto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso. Ha detto che quel segno lì, sperduto sul muro a fianco alla lavagna, che non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me non credono e non pregano per Cristo. A me è dispiaciuto vedere quel poveretto magro magro e già sofferente, pieno di sangue e con quei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, finire in una busta di plastica e andare chissà dove; raccolta differenziata, almeno spero. I miei amici dicevano: ma che ti ha fatto Gesù Cristo, che ha fatto alla tua famiglia? E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, non mi offendeva affatto, mi faceva pena. Mio padre ne aveva parlato pure bene, diceva che era un profeta, comunque una brava persona. E non ce l’aveva con noi musulmani né tifava per gli americani anche perché quando c’era lui, non c’erano ancora né l’Islam né l’America. Ma ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l’albero, il presepe, la festa di Natale, i canti e le preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: ma perché sei così incazzuso e ti offendi per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi? Ma io non mi offendo affatto, è lei, la maestra, che dice così. Ho paura che ci toglieranno pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventeranno qualcosa per toglierci pure le vacanze dell’estate e diranno che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l’impressione che questa maestra - che legge la Repubblica ma siccome è pluralista, come dice lei, porta a volte in classe l’Unità, Il fatto e Il manifesto - trova la scusa che c’è in classe l’islamico ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s’annoia, forse perché da bambina perdeva a tombola, forse perché il marito la trova racchia, o non so, perché detesta la Croce, il Papa e tutti i suoi dipendenti. A me il presepe piace; mi piace meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla maestra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto «pedofilo». Babbo Natale allora è pedofilo. Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa. Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale. Marcello Veneziani
Celebrità e celerità
domenica 20 dicembre 2009
Aforismi
BATTAGLIA L’unico consiglio che mi sento di dare - e che regolarmente do - ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.
PREGHIERA Preghiera laica per la sera, prima di addormentarmi: «Dio dammi la forza di accettare le cose che non posso cambiare, di cambiare quelle che posso, e di capire sempre la differenza tra queste e quelle».
DONNE «Mi descriva, caro amico, la sua donna ideale». «Alta, magra, vestita di velluto nero, con un lungo, bianchissimo collo di cigno. Con gli occhi azzurri. I capelli d’oro. Infinitamente dolce, aerea, elegante. Ah, incontrassi una simile creatura! Ogni sera l’accompagnerei nella sua camera, la spoglierei, la metterei a letto cospargendoglielo di rose. E correrei al bordello, da una puttana grassa, sguaiata, volgare».
SCUOLA È in corso una iniziativa per l’abolizione, nelle aule scolastiche, della pedana su cui si eleva la cattedra. Il perché lo avrete già capito: l’insegnante deve mettersi, anche materialmente, a livello degli alunni per non lederne la dignità e dimostrare con l’esempio che siamo tutti uguali. Giusto. «La via dell’uguaglianza» dice Rivarol «si percorre solo in discesa: all’altezza dei somari è facilissimo instaurarla».
ITALIA Io sono un italiano, fra i pochi rimasti che nei confronti dell’Italia s’ispirano all’adagio inglese: «Che abbia ragione o torto, sto col mio Paese». Anch’io sto col mio paese quando ha torto, ma senza pretendere che il suo torto sia considerato ragione.
GIORNALI «In molte, in troppe case italiane, non c’è altra carta stampata che quella dei giornali appesi a un gancio delle latrine...». Così scriveva Papini nel 1953. Oggi, da quando c’è carta igienica in abbondanza, nemmeno quella.
GENIO La genialità degli italiani è indubbia. Mi riferisco a quella rinascimentale. Quanto a quella - presunta - di oggi, credo che confondiamo troppo spesso genialità con ingegnosità. Di ingegnosità non manchiamo mai (...). A furia di comportarci in modo ingegnoso, di considerarci geniali sempre e comunque, rischiamo di comportarci da cretini.
Fedi incorruttibili
Nel profondo della sua sensibilità c’era l’amarezza per un’Italia irrecuperabile, c’era il timore, o piuttosto la certezza, che il Paese non si sarebbe mai davvero riscattato. Glielo impediva un deficit di senso civico ereditato dalla storia e aggravato dal carattere di molti milioni d’italiani. «Noi italiani - sentenziò implacabile - non crediamo in nulla e tanto meno nelle virtù che qualcuno ci attribuisce. Ma tra di esse ce n’è una nella quale riponiamo una fede incorruttibile: quella della nostra capacità di corrompere tutto».
sabato 19 dicembre 2009
venerdì 18 dicembre 2009
Nuovo Cinema Mancuso
Repubblica
Nord rivoluzionario
F.Floris
Legalizzala
Lezione di marketing
In Italia c’è un solo autore d’avanguardia: è Federico Moccia, l’autore di successoni come Scusa ma ti voglio sposare, Amore 14, Scusa ma ti chiamo amore, Tre metri sopra il cielo. La letteratura non c’entra. Lo stile neanche. Lo scrittore romano è piuttosto l’unico perfettamente in linea con le regole del nuovo marketing editoriale, quello nato dall’esperienza travolgente di Harry Potter. Il maghetto non ha venduto «solo» 400 milioni di copie ma con un colpo di bacchetta si è anche trasformato in un brand, un marchio, del valore stimato intorno ai 4 miliardi di dollari. Il marchio si applica a tutto: film, siti internet, merchandising vario e assortito. La chiave del trionfo sta nell’espressione «young adult» che indica la fascia dei lettori adolescenti ma anche dei loro genitori. Percorsi simili hanno seguito Stephenie Meyer (Twilight), Stieg Larsson (la trilogia di Millennium), Dan Brown (i romanzi con Robert Langdon, protagonista del Codice Da Vinci). E qui da noi Federico Moccia (in parte anche Andrea Camilleri). Comunque, ecco alcuni requisiti fondamentali per fare le scarpe a Potter: scrivere un tomo corposo per trasmettere l’idea di «professionalità»; serializzare, cioè mettere in cantiere una saga; alimentare l’attesa e il passaparola attraverso siti internet e anticipazioni calibrate; sorvegliare il marchio, vale a dire vigilare sulla coerenza delle proposte.
Apprendere ad apprendere
I guasti provocati da certi pedagogisti e didatti stanno per diventare poca cosa rispetto a un nuovo tsunami che oltretutto amplifica quei guasti. I quali sono derivati dall’idea di privilegiare la metodologia sui contenuti: apprendere ad apprendere anziché apprendere. I contenuti sono secondari, quel che conta è il metodo: addestrare un esercito di teste «ben fatte» (non importa se da teste mal fatte e vuote). Gli strumenti per realizzare questa «riforma» erano l’abolizione degli odiati «programmi» (parola ormai impronunciabile), l’autoformazione e l’autonomia scolastica. Così, al posto dei programmi abbiamo avuto le «indicazioni nazionali», che non prescrivono i contenuti che lo studente deve conoscere al termine del percorso, ma le «competenze» da acquisire, in un’orgia di linguaggio «didattichese», in cui trionfa la «complessità», la storia è ridotta all’acquisizione dell’idea del tempo e conoscere la geografia significa soprattutto «costruire le proprie geografie». In realtà, chi conosca i «programmi» di un tempo sa bene che consistevano di elenchi essenziali. La lettura del decreto del 1913 che istituiva il «Liceo-Ginnasio moderno» ridicolizza, per chiarezza e modernità pedagogica, certi ampollosi proclami odierni. Ma, si sa, la chiacchiera pseudoculturale vacua e tronfia piace, soprattutto perché è alla portata degli ignoranti, che celano dietro di essa la loro confusione mentale. Così, l’eliminazione dei programmi ha avuto l’effetto di aprire le porte all’intervento in materia scolastica di una sterminata platea di persone che, in precedenza, non avrebbe osato aprir bocca. Coloro che ripetono che i mali della scuola possono essere guariti solo con dosi massicce di autonomia non si avvedono, poveretti, che è proprio il trionfo dei metodologi e dei nullatenenti (intellettuali) ad aver trafugato l’autonomia scolastica. Difatti, la finta autonomia di cui gode la scuola non è quella gestionale, l’unica sensata, bensì quella di intervenire sui contenuti anche in forme scriteriate purché entro il contesto soffocante di una valanga di prescrizioni - tra cui a breve la demenziale «certificazione delle competenze» - e di indicazioni teoriche che stringono la scuola in una soffocante cappa di piombo ideologica, contenute in miriadi di circolari verbose e insensate.
mercoledì 16 dicembre 2009
Stelle
Secolarizzazione
Allan Bloom, La chiusura della mente americana
martedì 15 dicembre 2009
Architettura gotica
lunedì 14 dicembre 2009
sabato 12 dicembre 2009
Si puo' vivere senza menzogna
Aleksandr Solzenicyn 11 dicembre 1918- 3 agosto 2008
venerdì 11 dicembre 2009
Pace armata
giovedì 10 dicembre 2009
Bottoni
Ikea profana
Alla fine era er mejo
mercoledì 9 dicembre 2009
Forse un mattino
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Davanti a me il mondo ingannevole, la realta' che non esiste. Dietro di me il nulla, l'unica cosa che esiste. Il nulla come certezza ontologica. La fede nel nulla.
martedì 8 dicembre 2009
Lo dice Lui
Rutelli chiama Fini
Epicureismi nichilisti
Vate svestizioni viziose
che venne avolta in un leggier zendado
che sopra una camicia ella si messe,
bianca e suttil nel più eccellente grado.
Come Ruggiero abbracciò lei, gli cesse
il manto: e restò il vel suttile e rado,
che non copria dinanzi né di dietro,
più che le rose o i gigli un chiaro vetro.
Intelligenze duttili
Se lui ha detto bianco, era nero, se diceva nero, era bianco.
Se non beccava i mafiosi, Scalfari scriveva sei volte (volete i sei testi? ce li ho qui) che il suo governo, non a caso, non beccava i mafiosi. Dal momento che con loro c’era un patto.
Se invece becca i mafiosi, Scalfari scrive (volete l’ultimo testo? ce l’ho da domenica) che non a caso ha beccato i mafiosi. Perché ha tradito il patto.
Quando becca un mafioso ogni tanto, Scalfari scrive che, non a caso, l’Amor nostro ha beccato un mafioso ogni tanto, visto l’accordo che era quello.
Se non becca un mafioso ogni tanto, non è un caso che ogni tanto non l’abbia beccato, scrive Scalfari, visto che l’accordo era un altro.
Se becca i mafiosi numero due e numero tre, facile, dice Scalfari, il numero uno era lui.
Beccasse mai il numero uno, allora non vale poiché la mafia, tentacolare com’è, sa nascondere il suo vero capo. E noi qui, terribilmente confusi, ancora a domandarci: possibile mai che Mario Pannunzio rifiutasse di passeggiare per via Veneto con un’intelligenza così duttile? A.Marcenaro
Fimmini e Masculi
Carmen, perché?
Le passioni possono ucciderti e sopravviverti. Ciò che ami corrisponde a ciò che potrà ferirti e finirti, e l’oggetto d’amore è detentore di un potere che potrà darti la morte. Tutto questo è accademia.
Georges Bizet nacque a Parigi nel 1828 e si rivelò musicalmente dotatissimo, aveva un orecchio innato e prima ancora dell’alfabeto imparò le notazioni musicali. Non bastò. La sua prima opera andò malissimo ed entrò in un cono d’ombra. Tentò una vita ordinaria, si sposò, compose qualche abbozzo d’opera, ci provò. Ma non ne fece nulla. Sbarcò il lunario, fece il maestro di pianoforte, declamò poesie. Nel 1858 scrisse al fratello: “Ci sono due tipi di genio: il genio della natura e il genio della ragione. Anche ammirando immensamente il secondo, non ti nasconderò che il primo ha tutte le mie simpatie. Sì, ho il coraggio di preferire Raffaello a Michelangelo, Mozart a Beethoven. Quando sento le Nozze di Figaro o il secondo atto del Gugliemo Tell sono completamente felice, sento un benessere, una soddisfazione completa, dimentico tutto”.
Nella sua vita, poi, entrò una donna. Anzi: entrò la donna; i suoi fantasmi e le sue proiezioni del rimosso, la donna, la sua fondamentale ambivalenza del sentimento, quel doloroso intreccio di slancio e di rinuncia, di oblazione e di sadismo, di adorazione e di odio, la donna portatrice di infinite promesse di appagamento e di risarcimento, promesse non mantenibili che un giorno diverranno tormento e disillusione. Sono opposti psichici che solo la passione può riunire. Per Georges Bizet tutto questo prese il nome di Carmen, donna che pure non esisteva.
Carmen era solo una creatura letteraria di Prosper Mérimée, un poeta che in Spagna aveva frequentato nobili e principesse e così pure toreri e gitani e mendicanti; a Siviglia aveva visitato delle manifatture di tabacco, là dove nella sua immaginazione era nata Carmen.
Georges Bizet lesse Mérimée e ne rimase folgorato. Fu amore a prima vista, non pensò più ad altro: lo consumò il medesimo fuoco d’amore che pure avrebbe consumato i protagonisti della sua opera ventura. Carmen divenne la femmina che preferisce morire piuttosto che costringere il suo cuore alla menzogna, la femmina che ama e che ama, capace di darsi con tutta se stessa come l’uomo mai potrebbe, fisicamente ed emotivamente, Carmen, animale selvaggio e immorale, schiavo dell’istinto, donna di terra e perciò priva di quella stronzetteria di buon ceto d’origine che sovente accompagna la noia di vivere di certe nate fortunate, signore e signorine che tuttavia ti raccontano abbiano avuto vite tormentate e difficilissime.
Bizet fu preso da ossessione, pensò solo alla sua nuova opera, cambiò e ricambiò di continuo il testo, presenziò a ogni prova, si disfece di ogni cliché, seguì strade nuove, scelse una cantante sanguigna che conosceva la danza e che potesse trascinare nel proprio vortice. Durante le prove accadde di tutto, la cantante si ferì con un coltello, il direttore dell’Opéra Comique si lagnò per un’opera sicuramente mai vista – ambientata in una fabbrica di tabacco – e si rivolse al ministro dell’Interno perchè assistesse alla prova generale prima di presenziare alla Prima. I giornali s’impossessarono della notizia e crebbe l’attesa.
Ma il 13 marzo 1875 fu ressa e delusione: il pubblico non vide una cangiante Grande Opéra, macchè, c’era un’accozzaglia di cenciosi, non piacque soprattutto quell’operaia insolente e dai fianchi ondeggianti, quella dissoluta impunita che sfrontatamente cantava “voglio essere libera anche nella morte”. Non era tempo.
Bizet fu consumato dal medesimo fuoco d’amore che per un attimo l’aveva elevato al rango di creatore. Non sopravvisse a Carmen. Si ammalò definitivamente proprio nei giorni della Prima, nel marzo 1875. Contrasse ogni tipo di malattia psicosomatica e si fece ansioso e bulimico. Il cuore gli dava dei problemi. Cercò di rimettersi a lavorare non vi riuscì più. Diede alle fiamme ogni suo progetto residuo e cìò accadeva mentre andava a fuoco anche l’Opéra Comique, di cui non rimase che cenere. Il rogo acceso da Carmen stava divorando tutto. Morì quattro mesi dopo la Prima, all’inizio di giugno, proprio nell’ora in cui a calava il sipario del suo ultimo spettacolo. Georges Bizet aveva 37 anni. Fece giusto in tempo ad apprendere che la Corte di Vienna aveva acconsentito a rappresentare la sua Carmen, ma non seppe mai che ne sarebbe cominciata la marcia trionfale in tutta Europa. L’opera tornerà a Parigi solo otto anni più tardi, e gli applausi stavolta saranno indescrivibili. Nietzsche dirà: è musica perfetta. Brahms, Stravinskij, Mahler e Ciaikovskij grideranno alla perfezione. Carmen.
Bizet non le sopravvisse. Le sue ultime parole, poco prima di morire, furono: “Carmen, perché?”.
Spada, non pace
Di solidarietà e sobrietà, Eminenza carissima, lei parlò all’omelia di Natale dello scorso anno, ci tornò sopra in una prima serata di primavera televisiva in cui fu ospite di Fabio Fazio e infine ne ha parlato di nuovo nella sua predica di Sant’Ambrogio. Lei ripete che “la comunità cristiana può e deve diventare molto più sobria”. Che “c’è uno stile di vita costruito sul consumismo che tutti siamo invitati a cambiare per tornare a una santa sobrietà”. Che “con la sobrietà è in questione un ‘ritornare’” perché “ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione” e “soprattutto la sobrietà è questione di ‘giustizia’, siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco e…”. Uffa. Ma quanto ancora sentiremo la volgarizzazione delle tesi di Erich Fromm, delle confetture di Medici senza frontiere, delle denunce antimafia contro i pericoli delle infiltrazioni per qualunque cantiere aperto per modernizzare la città e dare lavoro alla gente?
Piuttosto, qualche anno fa, per iniziativa della Curia di Milano venne promossa in tutta la diocesi una ricerca sullo stato di salute della fede praticante.
Anche il sottoscritto, come tutti i frequentatori delle messe festive, fu chiamato a esprimersi su una batteria di domande che indagavano sulla pratica religiosa. Come mai a distanza di oltre un lustro i risultati di quella inchiesta non sono ancora stati noti? La sensazione diffusa è che nella più grande diocesi del mondo il tasso di disaffezione al precetto festivo e a tutti gli altri sacramenti abbia raggiunto percentuali da paesi del nord Europa. Forse la diocesi di Milano non sarà un “cimitero”, come dicono le statistiche sul cristianesimo in Belgio o in Olanda. Ma tutto lascia supporre che la strada imboccata è quella di una pace senza vita. Senza contare che in quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, la mezzaluna di Maometto ha preso stabile dimora. Ma se Muhammad è il nome più diffuso tra i neonati di Milano (notizia Apcom del 31 maggio 2008), Eminenza, non sarebbe forse anche l’ora di consigliare ai milanesi di essere meno sobri nel controllo delle nascite e più appassionatamente sostenitori di persone come Paola Bonzi? Forza, Eminenza carissima, non si faccia rinchiudere nel capitolo della teologia moralista, civilista e borrelliana. Lei sa, meglio di noi pecorelle erranti e sghimbesce, che il cristianesimo esige coraggio, testimonianza e profezia, innanzitutto dai suoi Pastori.
L.Amicone
Il Presepio
lunedì 7 dicembre 2009
Di' qualcosa di sinistra!
domenica 6 dicembre 2009
Darwin o Wallace?
sabato 5 dicembre 2009
Apriti cielo
Esercizio matematico
fare calcoli sulle parti
riflettere su rimanenze
addentrarsi tra le parentesi
(sospendendo quel che premeva fuori)
e dire cosi’ addio all’eden degli interi
E impariamo che non possiamo sommarci
subito
ma dobbiamo prima denominarci
comunemente
conoscere la minima essenza condivisa
che ci moltiplichi.
Otto sono tante
Il pericolo siamo noi
venerdì 4 dicembre 2009
:(
What is it about the emoticon that fills me with such loathing? Maybe it’s the wastefulness of the enterprise, the redundancy of it, the implied lack of confidence in the writer’s ability to communicate, or mine to comprehend. If you say, “I’m looking forward to seeing you tonight,” I think you’re looking forward to seeing me. If you say, “I’m looking forward to seeing you tonight. :-),” I think you’re not sure I understand the extent of sentiment in that seven-word message. And if you write, “I’m looking forward to seeing you tonight ;-),” I think your assumption of getting laid this evening may have been a bit premature, Winky.
Quarto nomos e quarto logos
Alla caduta del Muro piansi d’emozione. Il Muro non era una frontiera. Le frontiere possono essere un luogo di scambio: filtrano, non fermano i flussi. Ma non ci sono scambi dove c’è un muro. Nei decenni il Muro di Berlino mi parve un’orribile cicatrice. Vederlo crollare fu una vera gioia, così come sentire i manifestanti delle due Germanie gridare in coro: Wir sind ein Volk! (Siamo un solo popolo!). Le delusioni vennero dopo.
Innanzitutto la riunificazione tedesca non fu superamento dei sistemi della Repubblica federale di Germania (Brd) e della Repubblica democratica tedesca (Ddr), ma assorbimento della Germania est nella Germania ovest. I tedeschi orientali divennero «occidentali». Passarono dalla Ddr, sotto influenza sovietica, alla Germania, sotto influenza «atlantica».
Annuncio dello sgretolarsi del sistema sovietico, la caduta del Muro di Berlino non segnò solo la fine del dopoguerra. Chiuse anche il XX secolo, il «secolo breve»: 1917-89 (la guerra del 1914 cambiò natura nel ’17, con la rivoluzione russa e l’entrata in guerra degli Stati Uniti). Più in generale, finì l’ampio vasto ciclo della modernità, cominciato dal Rinascimento. Dagli anni ’90 siamo nell’era postmoderna, non più nell’era degli Stati-nazione, ma in quella delle comunità, delle reti e dei grandi complessi continentali.
Troppo spesso si dimentica il contributo alla globalizzazione dato dalla fine dell’Urss. Ormai il pianeta è unificato, ma di un’unificazione dialettica, perché, in reazione al movimento principale, comporta un’altra frammentazione. Ma le frontiere non fermano più niente: né uomini, né merci, né comunicazioni, né tecnologie. I mercati finanziari agiscono in «tempo reale» da un capo all’altro della Terra. In un attimo le crisi locali diventano mondiali. La tecnoscienza s’estende ovunque. Il liberalismo e la logica del capitale dominano tutto, mentre l’ideologia dei diritti dell’uomo è la nuova religione civile. Un mondo di tal fatta non ha più nulla d’«esterno» (nel senso che, durante la Guerra fredda, il «mondo libero» era «esterno» al blocco sovietico). È ciò che Paul Virilio chiama globalitarismo.
Infine la caduta del Muro di Berlino estingue il Nomos della Terra risalente al 1945. In greco nomos è «legge», ma anche, in origine e in generale, «ripartizione, spartizione». Il Nomos della Terra descrive la disposizione generale dei rapporti di forza internazionali. Carl Schmitt distingue il susseguirsi di tre grandi Nomos della Terra: il primo va dalle origini alla scoperta del Nuovo Mondo; il secondo si confonde con l’ordine degli Stati-nazione nati dal trattato di Westfalia; il terzo scaturisce dalla fine della II guerra mondiale e si connette all’ordine binario (americano-sovietico) di Yalta. La nostra epoca d’incertezza e transizione - quanto lontana dalla fine della storia, annunciata da Francis Fukuyama! - ci fa chiedere: quale sarà il quarto Nomos della Terra? Avremo il mondo unipolare, consacrazione del potere planetario della potenza dominante, gli Stati Uniti d’America; o avremo il mondo multipolare - pluriversum, non universum -, dove i grandi complessi culturali e civili si manterranno diversi, agendo come poli regolatori della globalizzazione?
La questione del quarto Nomos della Terra pone però anche il problema della «quarta teoria politica». Il XVIII secolo vide nascere il liberalismo; il XIX, il socialismo; il XX, il fascismo. Nel XXI quale teoria politica nascerà? Oggi ogni grande ideologia che abbia formato la modernità è in crisi e, come ogni famiglia politica, cerca una nuova identità. La teoria politica del futuro combinerà e supererà, nel senso hegeliano del termine, le passate teorie. Tenterà di combinare libertà e giustizia sociale, lotta all’alienazione e volontà d’autonomia, senso della misura e affermazione di sé, valori disinteressati e «comune decenza» (common decency) di George Orwell. C’è una connessione fra globalizzazione, postmodernità, quarto Nomos della Terra e quarta teoria politica.
Alain de Benoist
giovedì 3 dicembre 2009
Ayn Rand
Nata deviata
Maleficenza
Detti francesi
mercoledì 2 dicembre 2009
Inferni italiani
Piedi civili
Maggioranza epica
Quant'e' lungo il tuo?
Fini isolati
martedì 1 dicembre 2009
Incontri alla fine del mondo
Potrebbe sembrare bizzarro alla gente di oggi, ma cose come il ritrovamento di una scorta di armi ci hanno garantito un’infanzia meravigliosa. Tutti pensano che crescere in mezzo alle rovine delle città sia stata un’esperienza terribile. Non ho dubbi che lo fu per la generazione dei nostri genitori, che ha perso assolutamente tutto; ma per i bambini si è trattato di un periodo davvero stupendo. I bambini di città occupavano interi quartieri distrutti dalle bombe e si appropriavano dei resti degli edifici, andandoci a giocare e trasformandoli in teatri di grandi avventure. Questi bambini non vanno affatto commiserati. Tutte le persone che conosco e che hanno passato l’infanzia tra le rovine della Germania postbellica vanno in estasi per quel periodo. Era anarchia nel senso migliore della parola.
Cultural diversity
Un giornalista intelligente
Un Prodi intelligente
De la gérontocratie
Bad sex award
Figlio di papa'
lunedì 30 novembre 2009
Ipocrisia
Il Cav delle cinque
Imperium Solis
L’ucronia mette in discussione il fine predeterminato della Storia, il suo avere uno scopo intrinseco (e in ogni caso positivo), un suo finalismo imperscrutabile, l’accettazione dunque del Fatto Compiuto inteso come il leibniziano «migliore dei mondi possibili». Se invece un piccolissimo evento (un «sì» o un «no», l’aver girato a destra o a sinistra, l’aver detto una parola interpretata male eccetera) può modificare radicalmente il corso della Storia con la «S» maiuscola, non vuol dire altro che questa ineluttabilità intrinseca della Storia medesima non esiste, ed essa non può essere più in quanto Fatto Compiuto un feticcio da adorare secondo la filosofia hegeliano-marxista. (...)
Fixing Africa
Minareti vaganti
domenica 29 novembre 2009
Pulizia di classe e di memoria
Giovedì scorso è morto all’improvviso Victor Zaslavsky, un grande studioso, forse poco conosciuto al grande pubblico, in compenso notissimo a chiunque sia appassionato di storia, in particolare quella del Partito comunista italiano. Zaslavsky, con sua moglie Elena Aga-Rossi, ha demolito con documenti inoppugnabili il mito dell’indipendenza di Togliatti dall’Unione Sovietica. Anche la svolta di Salerno, solitamente portata come prova regina dell’autonomia dal Pcus, fu voluta, o meglio ordinata, dal baffuto dittatore georgiano. Le carte raccolte dalla coppia non ammettono replica. Zaslavsky poi ha scritto un saggio bellissimo sul massacro di Katyn, una delle vergogne del regime sovietico: nel 1940, nella foresta nei pressi di Smolensk, vennero trucidati circa 22mila polacchi, quasi tutti militari, quasi tutti laureati: l’élite della nazione. Stalin in questo modo eliminava ogni possibile forma di opposizione «borghese». L’eccidio fu addossato per anni ai nazisti, e insabbiato dai russi fino al 1990. Ci volle la caduta del comunismo per sapere la verità. Zaslavsky, in un libro edito dal Mulino, diede una lettura coraggiosa dei fatti fin dal titolo: Pulizia di classe: il massacro di Katyn. Il nazismo eliminava il nemico di razza. Il comunismo quello di classe. L’atteggiamento simile dei due totalitarismi non poteva non colpire. Nel volume di Zaslavsky c’era anche la storia della clamorosa distorsione dei fatti da parte di Mosca e dei suoi alleati fedeli alla linea. In Italia, chiunque si sia azzardato nel corso degli anni a smontare la propaganda sovietica, addossando la strage alla Armata Rossa, è stato zittito dal Pci di Togliatti. La vicenda desta ancora qualche malumore tanto che il film Katyn di Andrzej Wajda, nonostante i molti premi ricevuti, è stato distribuito in pochissime sale diventando il film «fantasma» del 2007.
Ladro o riformista
Storia di Craxi. Miti e realtà della sinistra italiana, Boroli, pagg. 187, euro 14
Bisanzio o Roma
Più che a Bisanzio, mi ispirerei alla Roma monarchica, o alla prima Roma repubblicana.
Indipendenze effimere
Nicolàs Goméz Dàvila