sabato 17 maggio 2008

Una montagna di Montaigne

Dai Saggi di Montaigne, 1200 pagine sfogliate dalle 22:30 alle 23:20. Vediamo cosa ne tiro fuori. Segnale di pericolo: banalizzazioni in corso. Una birra media, grazie.
Un capitolo si intitola: Come il sapore del bene e del male dipende in buona parte dall’opinione che ne abbiamo. Puzza di relativismo, andiamo avanti.
La paura è motivo determinante di molte azioni umane. Vero, ma forse un’altra parola di quattro lettere ancora di più.
Filosofare è imparare a morire, recita il capitolo XX. Ma si dimentica di continuare a dire che imparare a morire significa comprendere la vita, e quindi imparare a vivere.
Della forza dell’immaginazione, dalla quale possono derivare addirittura miracoli, come le stimmate di S.Francesco, e che può determinare persino la morte. Addirittura: pensiero demiurgo e devastante.
L’educazione deve avere una base pratica e non dottrinaria; la scienza è dannosa se l’anima non è ben conformata. Capito Maria Stella? Capito Sandrino? (Dico alla Gelmini e a Bondi).
Elogio dell’amicizia, differenza rispetto alla banale conoscenza e all’amore. Non ci interessa, è un tema abusato.
La moderazione va applicata a tutte le azioni della vita, e si deve usare in particolare con le donne, nel matrimonio e nell’amore in genere: prendi una donna, dille che l’ami, scrivile canzoni d’amore…
Dei cannibali: qui sono tentato di smettere, relativismo assoluto, non puzza ma miasma. Non bisogna giudicare barbarie ciò che non rientra nei nostri costumi, i popoli primitivi non conoscono il tradimento, la menzogna, l’avarizia, tutto è relativo agli usi e alle occasioni. Evviva l'indulto.
L’uso del vestire è artificiale; la natura avrebbe di per sé già provveduto alla protezione dell’organismo umano. Sì ma Rosy Bindi nuda no, per favore.
Un filo conduttore in molti capitoli è la morte (nota a margine): bisogna accettarla, bisogna prepararsi prima, può arrivare da un momento all’altro, non è facile arrivare alla vecchiaia. Che sfiga.
In ogni piacere è mescolata qualche dose di dolore. Leopardi copione!
Dei cattivi mezzi adoperati a buon fine. Machiavelli copione!
Non si può giudicare niente e nessuno, però il suicidio è deplorevole, gli ubriachi gli irosi gli infingardi i bugiardi i vili i vanitosi non vanno guardati in faccia.
Allora come si definisce la bugia se la verità è relativa? Cos’è la viltà e l’infingardaggine se gli atteggiamenti umani dipendono da come li guardiamo e da chi e da quando li guardiamo? Come è possibile dettare la morale del singolo in un contesto a-morale in quanto non perseguibile di giudizi etici?
Ok, birra finita, andiamo a nanna.

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