Fino al fatale 1958 il peccato rese gloriosa ogni cosa: una sbirciata alle gambe di una ragazza in bicicletta, su su fino al buio dove qualcosa di bianco pareva intravvedersi, conduceva difilato nel regno infero ove da vivi solo gli eroi omerici avevano avuto accesso. Però, però, esistevano davvero le candide fanciulle da insozzare con le nostre bramosie? Magari! Le birbe uscivano sì dalle scuole delle suore ma non vedevano l’ora di dartela, anche nell’androne del loro palazzo, in piedi. Le borghesi si scandalizzavano solo del fatto che tu pensavi di scandalizzarle e le contessine erano le più svelte coi preservativi. Eri costretto a contartela su, a sforzarti di vederle sante, oppure dovevi cercarle altrove, tra le proletarie comuniste. Lì trovavi le ragazze timorate di quel gran dio onnipotente e misterioso che è… il Capitale, e che tu, per grazia ricevuta, rappresentavi. Le vedevi combattere coraggiosamente le piccole commissarie del popolo, tormentate dubitavano, chiedevano consiglio persino al parroco, finché, tra le lacrime, ti donavano il corpo e l’anima, che tu ne facessi quel che volevi nella garçonnière che spartivi con due rampolli dalla faccia da schiaffi.
Quando morì Papa Pacelli, nel fatale 9 ottobre del 1958, lo stesso mese e anno in cui la legge Merlin chiuse i bordelli, l’archiatra pontificio Riccardo Galeazzi Lisi, novello Griso, tradì il suo padrone fotografandolo in punto di morte e consegnando l’odioso bottino ai giornali. Fu la prima pubblica dissacrazione della più sessuale intimità: l’agonia e morte di un semidio. Ebbe così inizio l’inesorabile decadenza dell’eros in occidente. I figli dei fiori e il libero amore, le comunità promiscue e fumate, il culto della perversione, la tivù scollacciata e la moda burina, hanno propiziato la catastrofe. Che per eccitarsi, con risultati deprimenti, si faccia ricorso alle cassette porno, alla pedofilia e a tutto il resto, la dice lunga ma anche brevissima, dice frigidità. Sesso in pillole, pillole del giorno dopo che dovrebbero cancellare ogni conseguenza dell’amore e invece cancellano solo l’amore e il bambino generando odio e mostri; droghe che sforzandosi di potenziare l’eros in realtà lo anestetizzano, sicché l’urlo interiore: “chi sta scopando al mio posto!?”. La parola d’ordine è “non pensare!”, ma senza pensiero la sessualità langue. E’ il pensiero di compiere qualcosa di peccaminoso, di audace, d’irreparabile, di unico ed eterno, che conferisce all’atto sessuale una gloria incancellabile nonostante tutti gli accorgimenti. Il peccato provoca, interroga, costringe a pensare, fa sudare, stringe in una morsa dolorosa; scrollarsi di dosso il peccato, per molti l’unico appiglio al simbolico, comporta svaporare nell’immaginario più sfrangiato.
U.Silva
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