domenica 28 febbraio 2010

Travaglite

Da leggere la risposta di Michele al Divo Marco. Travaglio perde mille punti, Santoro ne acquista cento.

Cile, 27 febbraio


Some pictures.

Mangia che ti passa

Lo scioper della fame e' inflazionato. Fossi in Emma passerei al cilicio.

Miti smosciati

La distruzione di Philip Roth. E pure di Travaglio.

Le solitudini tra noi

E’ un peccato che non si comprenda che all’interno di “Amici” si sviluppano gli ideali, i valori e il codice di comportamento di una generazione che attraverso il “successo” tenta di esorcizzare le sue fragilità e le sue solitudini.
Mah.

martedì 23 febbraio 2010

La similitudine tra noi

Sottintesa la similitudine: come il pubblico televotante di sanremo (meta' degli italiani) e' stupido e ignorante, cosi' e' ignorante e pure stupido il pubblico votante sansilvio (meta' degli italiani). Meno male che c'e' Serra che va a teatro.

La morale telefonica

Raramente mi trovo d'accordo con Cundari, ma in questo pezzo vedo tutto il pericolo della folla linciatrice e lanciatrice di monetine, moralista d'istinto e giustizialista di natura (il garantismo richiede educazione e applicazione), sadica nell'accusare e masochista nell'uccidere le proprie liberta'.

Fatta l'Italia bisogna farsi le italiane

Nino Bixio il cornuto dei "mille e una notte".

Donne nere paralitiche

Cosa accadrà all’informazione quando Google si comprerà per un dollaro la testata del quotidiano più autorevole d’America, il New York Times? E come reagirà il mondo occidentale quando tra pochi anni tutti i Nobel saranno assegnati a scrittori, economisti e scienziati provenienti dall’Asia: Cina, India, Giappone, Singapore? Che fine farà l’Unione europea quando Gazprom, il colosso russo dell’energia, lancerà un’Opa sulle concorrenti francesi, italiane, ecc.? Quanto potranno resistere gli Stati nazionali dopo la proclamazione dell’indipendenza della Scozia?
Sono alcuni degli scenari disegnati da Alain Minc ne I dieci giorni che sconvolgeranno il mondo (Chiarelettere, pagg. 114, euro 12). Il politologo francese trasforma le sfide del futuro ormai prossimo in dieci fanta-cronache tanto divertenti quanto inquietanti. E conclude il volume con una stoccata politicamente scorretta. Un giorno non troppo lontano Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Roma e Bruxelles saranno attraversate da un corteo pacifico e silenzioso composto da «uomini, ovviamente bianchi, di estrazione piccolo borghese, gioiosi ma determinati, estranei a ogni forma di misoginia e razzismo». Nel calderone della protesta, essi butteranno i debiti lasciati loro in eredità dalle generazioni precedenti e la sensazione di essere vittime delle pari opportunità. Un modo tagliente di affermare che la tutela delle minoranze non può diventare una forma di malinteso comunitarismo e che la discriminazione «positiva» non deve superare certi limiti tramutandosi in vantaggio smaccato. Come recita una battuta cinica circolante in America: il futuro è delle donne nere paralitiche perché rientrano in tre minoranze protette.

Push the botton democracy

«Popolo di Raiuno! Popolo di Canale 5! Benvenuti a Decide il Poppolo, il programma a reti unificate che da oggi sostituisce il Parlamento. (Vivissimi applausi dalla platea). Basta Casta, gli onorevoli adesso… siete voi!!! (boati). Ma veniamo al tema di questa sera. Si vota sui lavoratori clandestini: regolarizzarli o rispedirli indietro? Chiamo sul palco Malik Barak, che ci esporrà in tre minuti le ragioni per cui andrebbero accolti… Grazie, Malik… E ora, per i fautori del rimpatrio forzato, Giasone Pecoracci… Grazie anche a te, Giasone… Popolo! Pensate di aver acquisito una conoscenza approfondita del problema? (Coro: Sììììì!)… Allora… si decide! Se volete regolarizzare i clandestini come Malik, il codice di televoto è lo 01. Se invece volete cacciarli come proposto da Giasone, il codice è lo 02… Notaio, push the botton! Stop al televoto…
M.Gramellini

domenica 21 febbraio 2010

Piu' normale

Io credo ancora nel rispetto, nell’onestà di un ideale, nel sogno chiuso in un cassetto e in un paese più normale: seconda classificata.

Il sesso delle trote

Noi coperti sotto il mare a far l'amore in tutti i laghi: prima classificata.

giovedì 18 febbraio 2010

Veline svelate e sveltine sventate

Per quale motivo uomini decisi e coraggiosi, onorati e temuti costruttori d’imperi, finiscono così frequentemente a puttane, incapaci di esimersi dall’obolo di una sveltina in ambienti non proprio di charme? Imbarazzati e imbarazzanti saliscendi di mutande li espongono al ricatto e alla gogna, derive suicidarie che essi, alle strette, cercano di nobilitare mascherandole da ingenuità: “Pardon Mesdames et Messieurs, non volevo disturbarvi, volevo solo fare una sveltina ina ina, giusto per rilassarmi un poco”. Figurarsi!

Perché suicidarsi, insudiciarsi, abdicare? Quale oscura colpa si espia? Cosa risulta intollerabile? Forse proprio l’onnipotenza da cui ci si sente posseduti, e che a un certo punto diventa insostenibile, soffocante: nessuno sopporta di essere Dio, nemmeno Tolstoj che forse lo era davvero. Colui che soccombe al successo favorisce il proprio denudamento in modo che tutti possano gridare: “Guardatelo, è un povero diavolo come tutti noi! Massì, fatti pure una scopatina con la ragazza, e magari anche una chiacchierata, parole semplici e un tantinino vere, non le solite puttanate che vai declamando ai quattro venti. Siete due sventurati, tu e lei, due senzapadre che nella disperazione cercate un’estrema chance di rintracciare l’autentico. Fate, fate pure. Del resto persino gli imperatori romani e i califfi di Baghdad si sentivano soli: travestiti, la notte scendevano nella suburra per incontrare la vita. E Dio, quello vero, non lasciò il Paradiso per Maria Maddalena?”. Così alcuni giustificano il piccolo dio che scende in mezzo agli uomini con impeto, in un travolgente coming out, oppure timidamente, o riluttante, come se all’ultimo momento volesse risalire in cielo; altri spettatori invece sghignazzano, molti s’indignano.

U.Silva

Ceneri

Ci sono i cattolici della domenica, gente che magari è capace di votare Emma Bonino. Ci sono i cattolici del Natale: meglio che niente, ovvio, ma finita la festa gabbato è Gesù. Ci sono i cattolici della Pasqua, con l’ottimismo sciocco da uovo di cioccolato. I cattolici sale, luce, medicina del mondo sono quelli delle Ceneri, che oggi vanno a messa ritagliandosi un’ora tra gli impegni di una giornata normalmente lavorativa per farsi mettere un po’ di polvere sui capelli. E’ il contrario di tingersi: è ingrigirsi. E’ il contrario di fingersi: è autenticarsi. E’ riconoscere il proprio ruolo, non esattamente centrale. Tutto ciò nella giornata mondiale della lotta contro la Hybris, la più grave malattia dell’anima.

mercoledì 17 febbraio 2010

Italiopoli

Il terzo tempo di Mani pulite nasceva morto. Nel primo, folle oceaniche plaudivano all’arresto dei politici ladri e corrotti, alcuni graziati e altri esiliati. Nel secondo, folle già più sparute plaudivano all’umiliazione degli industriali pure ladri e corrotti, immunizzati talora e suicidati talaltra. E ora il terzo: folle che plaudivano più stancamente e che cominciavano a chiedersi se i soldi, che scarseggiavano, fossero finiti tutti nei conti di Craxi; e finanzieri che arrestavano finanzieri perché si era addirittura scoperto, nel Paese dei 150 mila miliardi non denunciati ogni anno, che la base della corruzione era proprio il nero dell’evasione fiscale. Ed era finita. Perché la sedicente società civile, con le mani ancora doloranti per gli applausi, nel tardo 1994 cominciò anche a chiedersi se per caso quel grezzo dualismo da fase orale – onesti e ladri, vittime e carnefici, magistrati e politici, Eni e Montedison, Cagliari e Bernabè, Craxi e Di Pietro, poi Berlusconi-Di Pietro – non celasse una qualsiasi lotta tra fazioni, tra un potere e un altro potere, tra un magistrato che indagava il ministro dei Lavori Pubblici ma poi, chissà, magari un giorno ne avrebbe preso il posto.

Chiederanno molti anni dopo a Francesco Saverio Borrelli:

Quando vi siete resi conto che l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei vostri confronti stava cambiando?

«Direi più o meno in coincidenza con l’indagine sulla Guardia di finanza… finché si trattò di colpire l’alta politica e i suoi rappresentanti, i grandi personaggi dei partiti che cominciavano a stare sullo stomaco a tutti, non ci furono grandi reazioni contrarie. Anzi. Ma quando, con l’indagine sulla Guardia di finanza, si andò oltre, apparve chiaro che il problema della corruzione in Italia non riguardava solo la politica, ma larghe fasce della società, insomma che investiva gli alti livelli proprio in quanto partiva dal basso. A quel punto il cittadino medio ebbe la sensazione che questi moralisti della Procura di Milano volessero davvero passare lo straccio bagnato su tutta la facciata del paese, sulla coscienza civile di tutti gli italiani. Parlo del cittadino medio, che vive spesso di piccoli espedienti, amicizie, raccomandazioni, mancette per poter campare e rimediare all’inefficienza della pubblica amministrazione. A quel punto, ho l’impressione che la gente abbia cominciato a dire: adesso basta, avete fatto il vostro lavoro, ci avete liberato dalla piovra della vecchia classe politica che ci succhiava il sangue, ma adesso lasciateci campare in pace. Quando abbiamo toccato la Guardia di finanza, a parte le reazioni ovvie del mondo politico, anche una parte di imprenditori si è sentita toccata troppo da vicino da quest’ansia di pulizia che veniva dalla Procura… Ci si stufa delle guerre, figuriamoci di Tangentopoli».

Dirà Piercamillo Davigo:

«Le vicende che mi hanno più impressionato non sono state quelle delle grandi tangenti… Sono le piccole vicende a deprimermi. Mi sono capitati due o tre processi dove centinaia di persone hanno pagato somme di qualche milione per non fare il servizio militare. Parliamo di centinaia di persone, non di qualcuna. Questo vuol dire, in primo luogo, che io pago non solo per non fare il servizio militare, ma anche perché altri lo facciano al mio posto… È la stessa cosa, in grande, del non rispettare la fila. In secondo luogo, manca una percezione della gravità del comportamento tenuto. Eppure tutti i giovani venivano da buone famiglie che li finanziavano, perché a diciannove anni non si hanno dei milioni cash nel portafogli. Questo la dice molto lunga sulla diffusione di certi comportamenti e sulla valutazione che di essi viene data nel complesso della società»

Scriverà proprio Enzo Carra, l’ex portavoce democristiano che Davigo aveva fatto condannare, oggi parlamentsare

«Mani pulite fu in ultima analisi un piccolo squarcio nei nostri vizi pubblici e privati; poteva essere una grande occasione per metterli sotto accusa, questi vizi, insieme ai corrotti e ai corruttori. E’ stata una grande occasione mancata per cambiare le regole e i comportamenti nella nostra società… Con un’eccezionale prova dell’italianissima arte di arrangiarsi il cammino è ripreso come prima, o quasi… Invece di cambiare sistema si è cambiato discorso».

F.Facci

martedì 16 febbraio 2010

S

"S" di Davide Brullo (Marietti, pagg. 156, euro 16). S sarà S come Satana, ma anche S come sesso, S come serpente, S come sangue. I libri di Brullo sono buchi neri di amore e di orrore, poesia e barbarie. Romanzi trafitti, scarnificati, pietrificati, composti in una lingua elegante e selvaggia, raffinata e spartana, collocati in una zona del tempo fuori dal tempo, e la divinità, dietro l’invocazione, diventa una finzione come un’altra, un tendersi della mente verso la tragicità del respiro. Invece ogni volta i recensori religiosi di Avvenire lo fraintendono, e cercano di cooptarlo e infiocchettarlo, non accorgendosi della trappola: Brullo, conoscitore del grande bestseller fantasy La Bibbia, e suo sapientissimo traduttore, è un rettile che azzanna carne e sguazza nel sangue, un profeta del dolore che non profetizza nulla, ecco perché i suoi libri sembrano ambientati ai tempi di Isaia e poi ti sfreccia un bolide vicino come se fossi in un futuro prossimo o anche oggi o anche mai. E in questo mondo così vicino così lontano gli esseri viventi si trasformano gli uni negli altri, i cani diventano uomini, gli uomini sono simili a scimmie o si combattono come rettili, quando non sprofondano verso l’inorganico o il meccanico. Qui perfino i bambini «sembrano uomini di ferro, automi, che attendano la maturazione esatta della propria preda». I cani sono animali predominanti nei libri di Brullo, forse perché, in fondo, «che differenza separa la notte totale dalla coda serpentina di un cane? Hanno lo stesso odore selvatico, irto, e il mistero si assolve in un fruscio, rapido e crudo, nel quale potresti morire, agonizzando. Solo il cane conosce la misura della notte, e fino a che quota è commisurata all’uomo. Oltre quell’equilibrio, retto all’apice di un guaito, le tenebre, eterne, riuscirebbero a sbriciolarci».
S può essere letto in molti modi: è una bellissima storia d’amore tra lo scrittore e l’indicibile, un gorgo di delitto e castigo, di padri e figli, di aforismi e trame palpitanti, moltiplicate e lacerate. Lo potete leggere come un Harmony scritto da Faulkner o da McCarthy e letto da Dostoevskij. Solo leggendo Brullo potrete pensare di scrivere all’amata parole e lettere come questa, in una lingua nuova e antichissima: «Questo scritto non te lo spedirò mai. Non perché sia troppo intimo - ho conservato per vent’anni il pudore - ma perché mi sembra che tu sappia le cose da sempre. La nostra sorte è come una pellicola trasparente che avvolge il mondo: non lo tocca, lo soffoca».

L'evidenza della cosa terribile

Tutto molto pessimistico.
"Contro la vita, contro l’amore, contro la natura: scritto sulla «Recherche» di Marcel Proust" (Cooper, pagg. 58, euro 10). Massimiliano Parente va alla radice del dilemma di questa epoca cioè il rapporto con la scienza e la tecnologia.
La rivoluzione, ormai è chiaro, non è roba per comunisti o conservatori o liberali. La stanno facendo neurologi, fisici, chimici, biologi e sognatori informatici. A fronte delle continue scoperte e dell’evolvere della tecnologia, è difficile per l’uomo non consegnarsi spontaneamente, mani e piedi legati, al materialismo. Il messaggio dominante nella nostra società è questo: tutto è biologia, tutto è chimica, tutto è matematica. La nostra pretesa di possedere un’anima, qualsiasi cosa significhi, e di essere unici è semplicemente senza speranza. Siamo macchine. Poche leggi spiegano il nostro funzionamento. Quando la macchina si rompe in modo irreparabile, si butta via ed è finita. Non resta che attendere lo sfacelo inevitabile del corpo e della mente.
Marcel Proust lo sapeva bene, e tale consapevolezza senza possibilità di scampo è appunto «l’evidenza della cosa terribile» che assale il Narratore in una delle parti più belle e note di Alla ricerca del tempo perduto, ovvero la festa dei Guermantes. Lo splendore associato a questa nobile famiglia, col passare degli anni, si è ridotto a una goffa caricatura, la vecchiaia ha sfigurato i corpi, la vita annichilito o domato gli spiriti. Nell’opera c’è «l’ombra lunga di Charles Darwin che si propaga in ogni pagina, sotto ogni volto, dietro ogni pupilla». Da lì proviene il materialismo di Proust, offuscato da letture edulcorate e sentimentalistiche. Il passato non ci appartiene, la memoria è proiezione dei nostri desideri e dei nostri bisogni presenti. Ciò che è andato, è andato per sempre. Sono inclusi i nostri sentimenti e quello che siamo stati, come scrive Proust: «Non è perché gli altri sono morti che il nostro affetto per loro si affievolisce, ma perché moriamo noi stessi». Il ricordo è illusione. L’amore per i nostri morti, che serbiamo come la cosa più sacra, è illusione. Il nostro io è illusione.

La scossa

Tutto molto ottimistico.
A volte i titoli dicono esattamente il contenuto di un libro. È il caso de La scossa. Sei proposte shock per la rinascita del Sud, scritto da Francesco Delzìo e pubblicato dal vulcanico editore Rubbettino (pagg. 90, euro 10). Al Sud è mancata la scossa. Il dizionario italiano ci dice che scuotere vuol dire: «Agitare con forza con moto alterno, da una parte all’altra o dall’alto in basso o viceversa». Proprio questo è mancato. Delzìo per prima cosa propone la «No Tax Area», consistente nel non dare più incentivi alle imprese ma nel non caricarle neanche di tasse. Al secondo posto propone un azzeramento della burocrazia per la grande chance del Meridione, che è il turismo. Al terzo posto pone la necessità di detassare le facoltà scientifiche in modo da favorire l’avvento di un numero maggiore di ingegneri e un numero minore di avvocati che, viceversa, caratterizza le università meridionali. Anche in questo caso la proposta di Delzìo è giustamente radicale. L’inventore della «Generazione Tuareg» propone poi un «Sud flessibile» dove si superino le gabbie salariali a favore di contratti innovativi. Delzìo propone anche una cura drastica - lui la chiama «guerra totale» - nei confronti della irresponsabilità degli amministratori locali. L’ultimo punto prende il via da un fallimento clamoroso: quello della assunzione di un ruolo-guida da parte delle Regioni nella promozione dello sviluppo. Secondo Delzìo occorre tornare a una Cassa per il Mezzogiorno gestita in modo centrale da un personale competente.

lunedì 15 febbraio 2010

Dalla parte dei vinti / 2

Comprato oggi.
Qui un articolo di Langone su Piero il Terribile.

La calunnia

I blogger del Settecento.
Nel suo ultimo libro (“The Devil in the Holy Water, or the Art of Slander from Louis XIV to Napoleon”, University of Pennsylvania Press, tradotto ora in francese da Gallimard), lo storico Darnton ricostruisce la storia di una colonia di francesi espatriati a Londra alla vigilia della rivoluzione che, grazie ai rapporti di informatori segreti di stanza a Parigi o alla corte di Versailles, passavano il tempo a produrre libelli per ricattare ministri, alti funzionari e cortigiani dopo averne spiattellato gusti e perversioni, debolezze di carattere e segreti indicibili.
I loro libelli, stampati in tipografie clandestine, andavano a ruba. Erano pura pornografia, ma circolavano di mano in mano, entrando di contrabbando nel regno di Francia, come gli “Anedoctes sur Mme la comtesse du Barry”, o l’“Histoire des amours de Louis XV”. Il genio del male era un tal Charles Théveneau de Morande, libellista per antonomasia, scribacchino per fame. Ma c’era anche un marchese di Pelleport, autore di apprezzatissimi scrittori trash come “Le Diable dans le bénitier” che dà il titolo al libro di Darnton e nel quale denunciava lo stato poliziesco dei re Borbone elogiando, in compenso, la libertà inglese. A Parigi, nel 1783, il ministro degli Esteri Vergennes, racconta Darnton che ha compulsato tutti gli archivi segreti, passava più tempo a occuparsi di libelli e libellisti che a trattare la pace con gli inglesi dopo l’indipendenza americana. E alcuni ministri calunniavano in proprio pur di fare fuori i loro nemici.

Geografia creativa

Fosse l'unico caso di lettura e scrittura ideologica ce ne rallegreremmo.

Rai dire Sanremo

Adolf s'incazza se gli tolgono la Gialappa's a commentare Sanremo.

giovedì 11 febbraio 2010

Protezione incivile?

Racconta Svetonio che Tiberio, rintanatosi a Capri vecchio e piuttosto malandato, fosse solito giocare in acqua con fanciulli e fanciulle che gli sguazzavano tra le gambe “sicut pisciculi”, come pesciolini. Lo storico che amava guardare le cose anche da quel lato lì si scandalizza ma non più di tanto: ha capito quanto il sesso sia parte integrante dell’esercizio del potere e sa che tutto sommato pur sempre di un imperatore si tratta, divino e uno per quanto capriccioso perverso o efferato.

In democrazia bisogna invece tenere la patta a posto, e' tutto molto piu' triste, noioso, persino legale.

Spacca unisce


Il manifesto inviato al Corriere.

Pensiero osceno

C’è un pensiero proibito che non ha diritto di cittadinanza, di parola e di visibilità, in Italia e non solo. C’è un divieto che attraversa e congiunge giornali, media, politica e cultura. Ma di questo tabù non ce ne accorgiamo nemmeno. Non è un complotto, anche se nel suo seno serpeggiano campagne orchestrate con fini palesi. È piuttosto un automatico sintonizzarsi al programma dominante da parte di un gregge di funzionari intellettuali e politici. Qual è il pensiero proibito? Proverò a dirlo in breve, ma sarà difficile, vi avverto.

In primis, è proibito pensare l’identità, ovvero la coerenza di un volto, una storia e una dignità alla prova del tempo, seppure esposta alle intemperie della vita e ai mutamenti del mondo. L’identità è considerata in sé un male, una chiusura, un carcere, quando invece è una ricchezza se sa aprirsi alla vita e incontrare la differenza. All’identità e alle radici è negato l’accesso alla libertà e alla democrazia contemporanea; anzi l’identità e le radici vengono connotate di razzismo, e perciò negate e interdette. È proibito poi pensare la comunità se non in forma di umanità e filantropia universale, comunismo dolce, perché la comunità è considerata una gabbia popolata di fantasmi furiosi del passato. Si può essere individualisti o cosmopoliti, ma guai a esporre un pensiero che dia senso e valore ad una comunità di origine e di sorte, che passi attraverso legami reali, naturali ed elettivi. Dalla famiglia alla propria città, dalla terra alla nazione e alla civiltà. Anche le identità dei popoli sono considerate oscene.

È proibito poi pensare la tradizione fuori dai circuiti turistico-commerciali in cui serve per vendere un prodotto, o una location. La tradizione è liquidata e confusa con il vecchiume, quando invece è l’unica premessa/promessa di continuità perché comporta un legame con un passato e un futuro. È consentito connettersi in senso orizzontale tramite il web, la tv e la tecnica, ma è vietato connettersi in senso verticale tramite la cultura, alle origini e ai frutti. Puoi connetterti ai contemporanei, non al pensiero dell’eredità e della gravidanza, al pensiero paterno e filiale. L’uso stesso di parole del lessico famigliare è sconveniente. Al più puoi vivere la famiglia, ma è osceno pensarla.

Sul piano politico, è vietato pensare la rivoluzione conservatrice, ovvero un pensiero radicato e anche radicale, quando occorre, esposto alle fratture e ai mutamenti del nostro tempo. La rivoluzione fu sostituita dall’innovazione, che non implica la volontà dei soggetti ma la forza automatica dei cambiamenti, indotti dalla tecnica e dalle mode. E l’aggettivo conservatrice è squalificato, connota un’offesa, è vietato il suo uso positivo in politica e in società.

È poi proibito pensare l’invisibile, che evoca la vita ulteriore, la trascendenza, la memoria dei morti. Si possono vivere mondi virtuali, uscire dalla realtà tramite tecnica, fiction o fumo, polvere e pasticche, ma è osceno pensare qualcosa che evochi il sacro e superi l’orizzonte tecnico ed economico, materiale o fittizio. Non c’è spazio pubblico nemmeno per Dio; solo accesso privato, e remoto, fra le grate dell’interiorità. È proibito pensare il destino, ovvero un disegno intelligente di vita che ci accompagna dalla nascita, e anche prima, alla morte, e anche dopo. È osceno pensare che l’importante della vita non sia diventare più liberi o più uguali, ma avere un destino, cioè avere un senso, una direzione, un ordito, e di ogni cosa resti traccia. È proibito pensare il ritorno perché l’ideologia del progresso si è rifugiata nella tecnica e nel suo procedere automatico; non è possibile ripensare e riscoprire le origini. È vietato pensare che ci possa essere un altro modo di vivere oltre il presente e oltre quest’ultimo, venale occidente. È proibito avere un pensiero libero, fondato e divergente ed è grottesco pensare che questo divieto sia sorto con l’egemonia dei liberatori, sessantottardi e non solo.

Sinistra e destra morirono insieme dopo una lunga agonia. Ma agli orfani della sinistra fu riconosciuta la pensione, la riconvertibilità e il credito culturale; agli orfani della destra fu dato invece il vituperio e lo sfratto esecutivo dalla casa paterna, dichiarata inagibile. Salvo abiura e integrazione nel nichilismo. Ai primi si rimprovera il lutto e la nostalgia ma si riconoscono le opere, il pensiero e la presenza. Ai secondi si nega il pensiero e la sua consistenza, anzi la loro esistenza. Non è questione di destra o cultura di destra, sono classificazioni insensate ormai. Ma c’è chi vuole cancellare sotto quel nome decotto ogni traccia del pensiero osceno. E si premia chi abbandona quell’identità, se mai l’ha veramente avuta, sostenendo che non si è perso niente perché quell’identità non c’era e non valeva niente.
M.Veneziani

10

There are only 10 types of people in the world: those who understand binary and those who don't.

Grasso, non crasso

Non solo di giovedì grasso vorrei risate grasse, grassi guadagni, piante grasse (mi piacciono le sansevierie e sogno di averne una alta un metro), donne con la pelle grassa (oleosa, perciò senza rughe), e discorsi grassocci, e amici che nuotano nel lardo. Quest’ultimo desiderio è difficile da realizzare perché conoscendo quasi solo scrittori conosco quasi solo poveri. L’eccezione più eccezionale resta sempre Aurelio Picca che ieri mattina mi ha telefonato da Velletri per dirmi di essersi fatto confezionare una pelliccia di astrakan. “E’ un cappotto avvitato, un tre quarti appena sopra il ginocchio, è un classico, è per sempre, me lo posso mettere anche nella cassa da morto, in questo momento lo porto con un pulloverino di cachemire a collo alto”. Quanto? “Dodicimila euro”. Caspita. “Con quello che spendo continuamente è un cazzo”. Mi ha fatto cominciare bene la giornata.
C.Langone

martedì 9 febbraio 2010

lunedì 8 febbraio 2010

Paranormal activity

Non è un imperdibile capolavoro, ma un po' di paura la fa, usando mezzi che più rudimentali non si potrebbe (costato 15 mila dollari, ne ha gia' incassati 150 milioni). Già vedere i due che dormono sotto il lenzuolo, la porta che sbatte, la luce accesa all’improvviso nelle scale che conducono al piano di sotto, dove non dovrebbe esserci nessuno, basta per far scattare l’identificazione dello spettatore. Non vaghiamo nei cimiteri, non apriamo quelle porte, non diamo retta agli sconosciuti, non infiliamo nel videoregistratore cassette di provenienza incerta (che tenerezza, anche i film dell’orrore invecchiano) ma nel nostro letto a dormire ci torniamo ogni sera. Per la scena che fa saltare i nervi, l’unico effetto speciale consiste in una spruzzata di borotalco.

Il ministro dell'armonia

Il ricordo di Pinuccio Tatarella ad undici anni dalla morte.

Il viagra della canzone

E’ il festival numero sessanta, tenuto in vita con accanimento non terapeutico, le vallette brune e bionde, i forfait dell’ultim’ora, le contrattazioni transoceaniche sul numero di bauli consentiti, gli alberghi a Montecarlo per chi se la tira di più, il tappeto rosso da dieci centimetri davanti all’Ariston, il televoto truccato e i fiori liguri che sennò il sindaco si offende. Sanremo ha la sua età, serviva il Viagra della canzone, la morale della favola, la droga no ma tutto il resto sì, eutanasia compresa, basta tirare all’anno sessantuno.
Diana Zuncheddu

domenica 7 febbraio 2010

Totalitarismo 2.0

Il pericolo della "coscienza collettiva" delle comunita' web 2.0, libri e musica gratuita sono come le zuppe sovietiche distribuite negli anni '30, la quantita' d'informazione wikipediana non coincide con la qualita', e le quattro parole con cui ci descriviamo su facebook diventeranno la nostra unica identita'.

sabato 6 febbraio 2010

Aforismi a ripetizione



Tanto valeva tenersi lo stato pontificio

No alla droga

Volti emaciati ed anemici, sguardi tra il perso, l'inquieto e l'inquietante, su fondo da ospedale psichiatrico. Questo succede se si commissiona ai ragazzi di San Patrignano la propria campagna elettorale.


venerdì 5 febbraio 2010

Mezzi termini

Marchionne vuol chiudere Termini Imerese. Per rappresaglia gli operai minacciano di riprendere la produzione della Duna.
A Montecitorio, intanto, Bersani ha incontrato i lavoratori Alcoa, che hanno ascoltato pazienti le sue richieste.
Montezemolo: Mai ricevuto un euro dallo Stato. E la Multipla è splendida!”.

Adone

Volevo comprarlo, invece eccolo qui.

Patrizia plebea

La D'Addario dice "adesso vogliono farmela pagare". Pero' anche tu non e' che la davi gratis. Prostituta d'alto borgo e basso linciaggio.

Curzio Malaparte

Narra la leggenda aurea di cui è circonfusa la figura del «santo maledetto» Kurt Erich Suckert che, sul letto di morte, - Roma, 19 luglio 1957 - rivolgendosi alla sorella Maria, le bisbigliò: «Di’ a tutti che Curzio Malaparte non è morto». Frase sul momento attribuita al delirio ma che, mezzo e più secolo dopo, si rivela profetica. Per quanto nel migliore dei casi mitizzato, nei peggiori frainteso; per quanto rimosso e riscoperto a singhiozzo; per quanto, o proprio per questo, intellettuale assolutamente inclassificabile e impolitico (passò dal Partito repubblicano al fascismo, dal fascismo all’antifascismo, dal filocomunismo all’anticomunismo), Kurt-Curzio rimane uno scrittore più che mai «vivo». Forse addirittura più vivo e tradotto all’estero di quanto sia letto e studiato in Italia. Nemesi perfetta per l’«arcitaliano» per eccellenza.
Tanto «arcitaliano», ovvero incarnazione ipertrofica dei vizi e delle virtù nazionali, da meritarsi un posto speciale nel nostro XX secolo. E, per questo motivo, un posto «speciale» nella collana della «Biblioteca storica» del Giornale che dedica al polemicissimo e avventuroso scrittore toscano una mini-serie di tre titoli. Si tratta di tre libri «perduti», ossia tre libri rari o dimenticati, oggi difficilmente rintracciabili in libreria e che pure rappresentano delle tessere fondamentali per ricostruire quel mosaico umano e ideologico che è la vita e l’opera di Malaparte. E in particolare per capire il suo altalenante rapporto di fascinazione-fastidio per Mussolini e il fascismo. Il primo volume (uscito nel 1999 per Luni e poi sostanzialmente scomparso) raccoglie due testi: Muss, che si presenta come un saggio a metà tra la riflessione politica e l’autobiografia, iniziato nel 1931, al tempo del prolungato soggiorno parigino, poi messo da parte durante il periodo del confino, e infine ripreso nel dopoguerra ma mai concluso; e l’apologo antimussoliniano del ’43, Il grande imbecille: in un caso e nell’altro pagine che offrono un’inedita chiave di lettura per comprendere l’evoluzione del pensiero malapartiano nei confronti del fascismo, pensiero che risente molto della riflessione di Piero Gobetti. Il quale, non a caso, nonostante le diversità di vedute, scrisse la prefazione al saggio di Malaparte che volle pubblicare presso la propria casa editrice, fondata nel 1923. È proprio questo il secondo volume presentato dal Giornale: Italia barbara, apparso appunto nelle edizioni Gobetti di Torino nel ’25, libro a partire dal quale Kurt Erich Suckert inizia a firmare come Curzio Malaparte: è un elogio ruralista e strapaesano dell’italiano «rozzo» e «barbaro», e perciò «sano». Infine il 20 febbraio uscira' il saggio L’Europa vivente. Teoria storica del sindacalismo nazionale (apparso la prima volta per le edizioni La Voce nel 1923 con prefazione di Ardengo Soffici) dove il trasporto malapartiano nei confronti del Duce tocca forse uno dei suoi punti più alti: «La funzione storica di Mussolini è stata di restituire agli italiani il senso fisico dell’eroismo... Egli è un restauratore della nostra legge cattolica, un uomo della Controriforma, soldato e profeta, cavaliere e martire; un nemico dell’Italia moderna, corrotta e disgregata dallo spirito eretico della Riforma; un restauratore dell’autorità, dalla fede, del dogma, dell’eroismo, contro lo spirito scettico, critico, razionalista e illuminista, dell’occidente e del settentrione...». E ancora: «Egli è l’iniziatore della ribellione, già in atto, dello spirito italiano, rimasto pur sempre naturalmente antico, non ostante gli inquinamenti e le compromissioni, contro quello moderno nordico e occidentale; l’iniziatore della rivoluzione italiana, rivoluzione antimoderna, cioè antieuropea». Modernissimo e antico, «anti» tutto per definizione, persino anti se stesso e tuttologo ante litteram (dandy, interventista, poeta, duellante, dannunziano) Curzio Malaparte, come dimostra la sua parabola esemplificata in questi testi scelti, meglio di chiunque altro conobbe e visse il fascismo e il suo contrario. Lui che fu prima fascista, poi crudelmente antifascista, e infine, passata la guerra, il primo a schierarsi, fieramente, contro il peggiore dei fascismi, quello dell’antifascismo.

giovedì 4 febbraio 2010

mercoledì 3 febbraio 2010

Spingitori di bottoni

Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di spingitori di bottoni, e di spingitori di spingitori di bottoni.

Il problema del «velinismo» non è grave come si dice, è molto peggio. Anzitutto perché, col nostro sistema elettorale, non parliamo neppure di candidature ma praticamente di nomine: quindi dovremmo stabilire se sia più immorale candidare una tizia perché è gnocca oppure candidarne un’altra perché è amante, segretaria, parente, medico, avvocato personale o pizzicagnolo di fiducia.

Fingiamo di non vedere, in secondo luogo, il contraltare maschile della bellona femminile: uomini ricchi – che non devono essere gnocchi o velini: basta che non siano deformi – i quali siano accondiscendenti e digiuni di politica.

Ma c’è un terzo aspetto, ed è il peggiore. Trattandosi appunto di nomine, a meno di stabilire una preselezione dei candidati per curriculum e quindi un pizzico per censo (studi, cursus honorum, esperienze eccetera) in questo modo viene a mancare l’unico criterio selettivo che potrebbe infine zittire tutti: la scrematura democratica, cioè la scelta diretta dell’elettore. E, mancando questa, sorry: non esiste un criterio oggettivo e davvero liberale per stabilire che una candidatura sia peggiore di un’altra, qualsiasi criterio implica discrezionalità. Essere gnocche, del resto, non può passare da valore a disvalore. La sostanza – con questi sistemi elettorali, ripeto – è che a fare le nomine adesso è il Cavaliere coi suoi criteri, dopo di lui sarà un altro con i suoi. Vi piace? A me no. Ma non pensate che a sinistra le cose stiano molto diversamente.

C’eravamo tutti, mentre le preferenze sparivano e la composizione delle liste (tutte le liste) diventava una selezione tipo casting, dove saper spingere un bottone era il più gradito dei requisiti e l’indipendenza intellettuale il più nefasto. Per anni ci siamo arrovellati nel chiederci se il Parlamento fosse migliore o peggiore del Paese, arcano ora risolto: è inutilmente identico, egualmente impotente, finalmente deprivato del maledetto «professionismo della politica» e compiutamente infarcito di quella che un tempo chiamavamo «società civile», ma che oggi si è tradotta solo in una separatezza borghese dalla politica. Oggi conta solo un’oligarchia di cinquanta politici contrapposti a centinaia di spingitori di bottoni scelti praticamente a caso, piccolo esercito dell’antipolitica (la vera antipolitica) che in Parlamento non ha neppure ancora capito dove sono i cessi. E siamo così ansiosi di fatti, noi tutti, così voraci di decisioni del Palazzo, ormai, da aver scambiato la funzione legislativa del Parlamento per una bizantina lungaggine di quei perditempo della casta.

martedì 2 febbraio 2010

Avatar, il backstage

Come computer l'ha fatto.

Psicanalisi

"La psicanalisi cara signora è una pseudo scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come i cattolici." Ennio Flaiano

Tu, o Vendola

Tu, o garibaldino

Il portale del Risorgimento fresco fresco.

Tu, o economista

Sono sempre stato duro in economia, ma ora ho capito che mi mancano proprio le basi, leggendo che, col record della disoccupazione, bisogna che gli occupati lavorino dieci ore al giorno. Potete per favore spiegarmelo di nuovo, come se voi aveste molta pazienza, e io fossi in procinto di darmi fuoco?
Sofri senior

lunedì 1 febbraio 2010

Tu, o ingegnere

Dopo un anno e mezzo mi si concede di dare del tu ad un tecnico di quarant'anni, in Germania.

Problema di ottimo

Psicologia applicata alla matematica, e viceversa: quanti soldi deve avere un mendicante nel cappello per ispirare la compassione massima?