sabato 26 gennaio 2008

Rassegna stampa - 25/I/2008

Il Messaggero pone l'accento sulle capacità indiscusse del Professore: “Prodi battuto, cade il governo. Un buon presidente a capo di una coalizione difficile.”
La Repubblica accende i riflettori sulla gioia del Berlusca, come a dire c'è poco da ridere faccia di gomma: “La sconfitta di Prodi. Berlusconi esulta: ora subito al voto.”
Il Corriere della Sera stressa sulla sceneggiata al Senato, ma essendo filogovernativo sempre fiuta l'aria e inizia a mettere la freccia un po' a destra: “Prodi sconfitto, cade il governo. Seduta drammatica in Senato: rissa e sputi. L’ostinazione e la disfatta”.
La Stampa moltiplica i veleni, come un certo Gesù moltiplicò i pani: “Cade Prodi, sputi e svenimenti in aula.”
Il Sole 24 Ore analizza e pre-suppone: “Prodi cade, Marini prima ipotesi.”
Il Giornale ricorda a Prodi i piaceri dell'essere nonno, perchè veder iniziare a camminare un nipote dà molte più soddisfazioni che prostrare una nazione: “A casa. Finisce il peggior governo che la Repubblica ricordi.”
Il Manifesto cita Triste solitario y final di Osvaldo Soriano: “Solitario e final. Suicidio politico.”
Il Foglio non concede mai in prima pagina la semplicità e l'immediatezza di titoli sensazionalistici, anzi in genere non dà neanche notizie ma solo studi e approfondimenti: “Dopo la sfiducia. In Senato finisce 161 a 156. Prodi sabota le larghe intese. Gli ulivisti pronti alla resa dei conti nel PD.”
L’Avvenire dice come stanno le cose: “La fiducia non c’è e Prodi si dimette.”
L’Unità prospetta qualcosa a metà strada tra l'Apocalisse e un film anni Novanta di Steven Seagal: “Cade il governo Prodi, un salto nel vuoto.”
Liberazione non parla di Marini come il Sole 24 Ore ma di elezioni: “Prodi affondato, elezioni vicine.”
Il Riformista punta l'indice sul grande indagato: “Via Prodi, comincia l’assedio a Veltroni.”

Infine il quotidiano Ab urbe condita, direttore Tito Livio: "Cum ergo Romanis iniquum et turpe visum esset superbiam regis diutius tolerare, tumultum in urbe moverunt." (Sembrando ai romani ingiusto e indegno sopportare così a lungo la superbia del re, provocarono una rivolta in città).

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