Quel Luglio si presentò particolarmente torrido e afoso. Una cappa grigia gravava sui cieli della penisola rendendo l'aria pesante e irrespirabile. Nella penombra del suo studio, Berlusconi, immerso fra fogli, appunti e carte processuali, tentava di risolvere i nodi politici, sociali ed economici del paese aggravatisi con la crisi economica mondiale. Ma le sue preoccupazioni erano rivolte in particolar modo alla "fronda" interna, che in quei giorni si era fatta particolarmente sentire con dichiarazioni e messaggi sibillini che promettevano poco di buono.
Rilesse con attenzione il lancio di agenzia portatogli dalla segretaria. Si riferiva a "Fare Futuro", l'organo ufficioso dell' opposizione interna, che parlava apertamente di:
" un necessario e inderogabile bisogno di discontinuità nella guida del Paese".
Un messaggio chiaro.
Inoltre il giorno seguente ci sarebbe stato il Gran Consiglio del PdL. Il massimo organo politico del Partito. Una riunione che molti dei suoi fedelissimi gli avevano sconsigliato di convocare. Temevano qualche trappola della "fronda".
Bondi lo supplicò per giorni, ma non ci fu niente da fare. Il Capo lo licenziò con un sorriso e una battuta :
" ghe pensi mi! Stai tranquillo..."
Il "Capo" voleva questo incontro. Era intenzionato a scoprire e leggere le carte degli oppositori interni e quindi agire di conseguenza.
Il Gran Consiglio del PdL si riunì alle 18 a Palazzo Grazioli. In discussione l'Ordine del Giorno Granata-Bocchino.
L'atmosfera era tesa. I pesanti tendaggi che impedivano agli infuocati raggi di sole di penetrare nel salone del Gran Consiglio, resero l'atmosfera, illuminata dai fari alogeni, livida e tetra.
Bocchino iniziò la lettura dell'OdG, con una premessa fumosa, come nel suo stile. Nessuno capì alcunchè. Fu invece molto chiaro quando disse che l'alleanza era ad un bivio: o Berlusconi si dimetteva e rimetteva il mandato nelle mani di Napolitano, o si sarebbe aperta una crisi al buio. Accusò inoltre Berlusconi di aver portato il paese allo sfascio morale, politico ed economico.
Ci furono le repliche dei membri del PdL e quella appassionata di Bondi che, rosso in faccia si scagliò contro quelli che definì "traditori prezzolati"
Dopo una lunghissima ed estenuante discussione, nella notte del 25 Luglio l'O.d.G
Bocchino-Granata fu messo ai voti e, grazie ad alcune assenze e astensioni inaspettate, fu approvato.
" E' crisi del governo" ! disse Berlusconi guardando in modo torvo Bocchino, Granata e Urso.
"Devi rassegnare le dimmissioni nelle mani del Presidente"! sibilò Bocchino con un sorriso sarcastico..
Bondi rosso in faccia si rivolse al lìder:
-"Silvio, facciamoli arrestare tutti dalla scorta"!
Berlusconi scosse il capo.
"No! Se questa è la decisione del Gran Consiglio del PdL, non mi opporrò. Andremo alle elezioni e li annienteremo, Sandro. Napolitano scioglierà le Camere..."
"Non scioglierà niente, Silvio, questo è un golpe"!
"Lo vedremo..."
Fuori, nel cortile del Palazzo del Gran Consiglio le macchine blindate della scorta presidenziale accesero i motori. Destinazione: il Quirinale.
Rilesse con attenzione il lancio di agenzia portatogli dalla segretaria. Si riferiva a "Fare Futuro", l'organo ufficioso dell' opposizione interna, che parlava apertamente di:
" un necessario e inderogabile bisogno di discontinuità nella guida del Paese".
Un messaggio chiaro.
Inoltre il giorno seguente ci sarebbe stato il Gran Consiglio del PdL. Il massimo organo politico del Partito. Una riunione che molti dei suoi fedelissimi gli avevano sconsigliato di convocare. Temevano qualche trappola della "fronda".
Bondi lo supplicò per giorni, ma non ci fu niente da fare. Il Capo lo licenziò con un sorriso e una battuta :
" ghe pensi mi! Stai tranquillo..."
Il "Capo" voleva questo incontro. Era intenzionato a scoprire e leggere le carte degli oppositori interni e quindi agire di conseguenza.
Il Gran Consiglio del PdL si riunì alle 18 a Palazzo Grazioli. In discussione l'Ordine del Giorno Granata-Bocchino.
L'atmosfera era tesa. I pesanti tendaggi che impedivano agli infuocati raggi di sole di penetrare nel salone del Gran Consiglio, resero l'atmosfera, illuminata dai fari alogeni, livida e tetra.
Bocchino iniziò la lettura dell'OdG, con una premessa fumosa, come nel suo stile. Nessuno capì alcunchè. Fu invece molto chiaro quando disse che l'alleanza era ad un bivio: o Berlusconi si dimetteva e rimetteva il mandato nelle mani di Napolitano, o si sarebbe aperta una crisi al buio. Accusò inoltre Berlusconi di aver portato il paese allo sfascio morale, politico ed economico.
Ci furono le repliche dei membri del PdL e quella appassionata di Bondi che, rosso in faccia si scagliò contro quelli che definì "traditori prezzolati"
Dopo una lunghissima ed estenuante discussione, nella notte del 25 Luglio l'O.d.G
Bocchino-Granata fu messo ai voti e, grazie ad alcune assenze e astensioni inaspettate, fu approvato.
" E' crisi del governo" ! disse Berlusconi guardando in modo torvo Bocchino, Granata e Urso.
"Devi rassegnare le dimmissioni nelle mani del Presidente"! sibilò Bocchino con un sorriso sarcastico..
Bondi rosso in faccia si rivolse al lìder:
-"Silvio, facciamoli arrestare tutti dalla scorta"!
Berlusconi scosse il capo.
"No! Se questa è la decisione del Gran Consiglio del PdL, non mi opporrò. Andremo alle elezioni e li annienteremo, Sandro. Napolitano scioglierà le Camere..."
"Non scioglierà niente, Silvio, questo è un golpe"!
"Lo vedremo..."
Fuori, nel cortile del Palazzo del Gran Consiglio le macchine blindate della scorta presidenziale accesero i motori. Destinazione: il Quirinale.
Il Presidente Napolitano lo accolse freddamente.
"Ho saputo della votazione...La situazione del Paese è alle strette. La crisi economica è grave. Il popolo si lamenta"!
"Sono qui a rassegnare le mie dimissioni, Presidente..."
"Bene. Avete seguito la via della ragionevolezza"!
"Ora me torno ad Arcore, in attesa che lei, Presidente, sciolga le Camere..."
"Sciogliere le Camere? Prima dovremo verificare che non ci siano altre maggioranze..." rispose Napolitano con un sorrisetto che non piacque a Berlusconi.
"E poi, andare ad Arcore non è prudente... Mi dicono che la voce della crisi politica sia arrivata fra la gente. Le strade si stanno riempiendo di manifestanti. I vostri oppositori esultano. A Milano i giudici della Procura hanno improvvisato un comizio a Piazzale Loreto ci sono migliaia di persone eccitate... No, credetemi, non è prudente nè che attraversiate Roma nè che vi rechiate ad Arcore..."
"E cosa dovrei fare, allora"?
"Mettervi in sicurezza. Lasciar decantare la situazione e poi tornare tranquillo a casa vostra. Abbiamo pensato a tutto noi..."
Napolitano chiamò il suo segretario. Confabulò con lui. L'uomo uscì e subito dopo entrarono due ufficiali dei carabinieri.
" Uscirete dal Quirinale dentro un'ambulanza..." disse Napolitano.
"Ambulanza?! "
"Nessuno ferma le ambulanze. Lo facciamo per la vostra incolumità..."
Poi si avvicinò ad una finestra e mostrò all'ex-premier i primi drappelli di manifestanti con bandiere rosse e viola che stavano avvicinandosi, celebrando la Costituzione e la caduta del governo.
"Guardate quei cartelli, ci sono scritte che inneggiano alla vostra morte...Se foste fuori vi lincerebbero. Andate tranquillo con questi due ufficiali..."
Berlusconi, teso in volto, porse la mano al Presidente, ma Napolitano gli girò le spalle, allontanandosi.
I due carabinieri accompagnarono l'ex-capo del Governo sul mezzo parcheggiato nel cortile. Per prudenza gli bendarono il volto.
"Dove mi portate" ? Non ci furono risposte.
Nelle piazze, folle eccitate dai proclami incendiari dei giudici manifestarono, attaccando i giornali vicini al governo e le sedi del PdL. Molti politici di centro-destra furono aggrediti e arrestati.
Un comizio improvvisato fu tenuto in Piazza del Popolo con Di Pietro, Grillo, Santoro, Travaglio, Vauro, Ruotolo e Sabina Guzzanti. Poi un corteo si mosse e assaltò Palazzo Grazioli. Le telecamere di Anno Zero, messe già in pre-allarme da giorni, ripresero la scena e poi penetrarono del palazzo del "Despota" filmando gli arredi preziosi e i bagni che, a detta di Ruotolo, avevano rubinetti d'oro tempestati di pietre preziose. Furono assaltati anche gli studi televisivi di Mediaset.
La De Filippi e Costanzo, schieratisi con la folla, arringarono i manifestanti e li invitarono ad incendiare e distruggere tutti i simboli dell'odiato "ex-regime berlusconiano".
Anche a Milano si susseguirono assalti e aggressioni. I giudici spiccarono mandati di cattura a raffica contro esponenti politici del PdL.
Emilio Fede, a queste notizie, tentò il suicidio gettandosi dal pianterreno, ma si procurò solo leggere escoriazioni. Fu arrestato e tradotto a San Vittore.
La sera del 25, in un'atmosfera surreale e di attesa, ci fu un intervento di Napolitano a reti unificate. Il Presidente si appellò alle virtù civiche degli italiani e invitò tutti alla calma. Disse che, vista la gravissima situazione d'emergenza e sentito il parere delle forze politiche anti-berlusconiane, aveva incaricato il Presidente della Camera Finoglio di costituire un nuovo governo di unità e salvezza nazionale."Ho saputo della votazione...La situazione del Paese è alle strette. La crisi economica è grave. Il popolo si lamenta"!
"Sono qui a rassegnare le mie dimissioni, Presidente..."
"Bene. Avete seguito la via della ragionevolezza"!
"Ora me torno ad Arcore, in attesa che lei, Presidente, sciolga le Camere..."
"Sciogliere le Camere? Prima dovremo verificare che non ci siano altre maggioranze..." rispose Napolitano con un sorrisetto che non piacque a Berlusconi.
"E poi, andare ad Arcore non è prudente... Mi dicono che la voce della crisi politica sia arrivata fra la gente. Le strade si stanno riempiendo di manifestanti. I vostri oppositori esultano. A Milano i giudici della Procura hanno improvvisato un comizio a Piazzale Loreto ci sono migliaia di persone eccitate... No, credetemi, non è prudente nè che attraversiate Roma nè che vi rechiate ad Arcore..."
"E cosa dovrei fare, allora"?
"Mettervi in sicurezza. Lasciar decantare la situazione e poi tornare tranquillo a casa vostra. Abbiamo pensato a tutto noi..."
Napolitano chiamò il suo segretario. Confabulò con lui. L'uomo uscì e subito dopo entrarono due ufficiali dei carabinieri.
" Uscirete dal Quirinale dentro un'ambulanza..." disse Napolitano.
"Ambulanza?! "
"Nessuno ferma le ambulanze. Lo facciamo per la vostra incolumità..."
Poi si avvicinò ad una finestra e mostrò all'ex-premier i primi drappelli di manifestanti con bandiere rosse e viola che stavano avvicinandosi, celebrando la Costituzione e la caduta del governo.
"Guardate quei cartelli, ci sono scritte che inneggiano alla vostra morte...Se foste fuori vi lincerebbero. Andate tranquillo con questi due ufficiali..."
Berlusconi, teso in volto, porse la mano al Presidente, ma Napolitano gli girò le spalle, allontanandosi.
I due carabinieri accompagnarono l'ex-capo del Governo sul mezzo parcheggiato nel cortile. Per prudenza gli bendarono il volto.
"Dove mi portate" ? Non ci furono risposte.
Nelle piazze, folle eccitate dai proclami incendiari dei giudici manifestarono, attaccando i giornali vicini al governo e le sedi del PdL. Molti politici di centro-destra furono aggrediti e arrestati.
Un comizio improvvisato fu tenuto in Piazza del Popolo con Di Pietro, Grillo, Santoro, Travaglio, Vauro, Ruotolo e Sabina Guzzanti. Poi un corteo si mosse e assaltò Palazzo Grazioli. Le telecamere di Anno Zero, messe già in pre-allarme da giorni, ripresero la scena e poi penetrarono del palazzo del "Despota" filmando gli arredi preziosi e i bagni che, a detta di Ruotolo, avevano rubinetti d'oro tempestati di pietre preziose. Furono assaltati anche gli studi televisivi di Mediaset.
La De Filippi e Costanzo, schieratisi con la folla, arringarono i manifestanti e li invitarono ad incendiare e distruggere tutti i simboli dell'odiato "ex-regime berlusconiano".
Anche a Milano si susseguirono assalti e aggressioni. I giudici spiccarono mandati di cattura a raffica contro esponenti politici del PdL.
Emilio Fede, a queste notizie, tentò il suicidio gettandosi dal pianterreno, ma si procurò solo leggere escoriazioni. Fu arrestato e tradotto a San Vittore.
Trascorsero altri giorni di torbidi e violenze.
A Nord dopo un primo momento di incertezza e smarrimento, la Lega, che aveva assunto un atteggiamento fintamente attendista e possibilista nei confronti di Finoglio, si preparò alla riscossa. Bossi con una mossa fulminea e approfittando del caos che regnava, fece occupare le televisioni e le Procure dalle sue camicie verdi e l' 8 Agosto proclamò la secessione del Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli VG, dall'Italia.
Molti reparti delle forze dell'ordine e dell'esercitò aderirono alla repubblica secessionista.
Furono istituite formazioni para-militari in cui affluirono migliaia di volontari leghisti e fedelissimi di Berlusconi: nacquero le Ronde Padane, le Brigate Azzurre e le Brigate Verdi, le forze dell'ordine confluirono nella Guardia Nazionale Repubblicana del Nord.
Nei giorni successivi iniziarono numerosi rastrellamenti da parte delle Brigate Verdi e Azzurre, comandate rispettivamente da Borghezio e Bondi. Migliaia di elementi dei centri sociali, grillini, finoglini, piddini, furono arrestati e presero la strada del sud, dove furono adibiti al lavoro coatto e alla costruzione di fortificazioni sulla linea del Po. Altri riuscirono a raggiungere le montagne dove avrebbero dato vita alla resistenza.
La perdita delle regioni produttive del Nord, fu un colpo gravissimo per il governo Finoglio e per l'economia del paese.
Napolitano e il nuovo premier iniziarono una propaganda serrata contro la Repubblica secessionista accusandola di egoismo, razzismo e xenofobia. Non solo: il Primo Ministro chiese soccorso agli USA, GB e Francia e l'intervento della Nato. La questione italiana diventò una questione di primaria importanza per gli equilibri internazionali.
Obama assicurò, come del resto fecero Cameron, Sarkozy, Zapatero, ogni aiuto possibile per ristabilire l'ordine e l'unità del paese. Più freddi si dimostrarono i governi tedesco e quello russo.
A Roma, durante una manifestazione patriottica, fu lanciato da Ciampi e Scalfaro, l'appello a creare una grande armata, ma visto lo scarso entusiasmo guerresco che seguì all'appello, furono aperte le porte agli extra-comunitari che, con la promessa della cittadinanza, di un lavoro e di una casa, accorsero in massa nei centri di arruolamento. Nacque così, sotto il tricolore, il più grande esercito multirazziale mai visto.
Berlusconi ,nel frattempo, trascorsa una settimana dal golpe finogliano, dalla Maddalena, dove era stato portato in un primo momento, fu trasferito a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Qui sotto la scorta di una ventina di carabinieri, visse isolato da mondo, senza avere notizie su quanto stava accadendo all'esterno.
A Roma la caduta del governo del Centro-Destra provocò l'insorgere di potenti forze laiciste e anti-clericali. Ogni giorno migliaia di gay, atei e radicali manifestarono davanti a San Pietro. La Chiesa e il Papa erano sotto assedio.
Nei giorni che seguirono le manifestazioni anti-cattoliche aumentarono in modo preoccupante. Il 14 Agosto il Papa fu arrestato con l'accusa di essere il mandante delle violenze pedofile, e con lui tutti i cardinali.
L'arresto scosse l'opinione pubblica cattolica e fu considerata un atto sacrilego.
Il ministro per gli Affari Religiosi del Governo Finoglio, Emma Bonino, disse, papale papale, che Benedetto XVI° sarebbe stato processato ed estradato negli USA per associazione a delinquere di stampo pedofilo.
Il soglio di San Pietro fu testimone in quei giorni di manifestazioni blasfeme organizzate dalla
potente lobby gay, che aveva piazzato nel governo romano due ministri: Luxuria
(Ministero della Famiglia), e la trans Natalie
(Ministero alle relazioni con le Regioni).
Le settimane che trascorsero furono dedicate al rafforzamento delle rispettive posizioni.
Tremonti, capo dell'economia e degli esteri della neonata Repubblica del Nord riusci ad allacciare importanti relazioni e alleanze strategiche con alcuni paesi europei.
Volò a Mosca dove, in un incontro segreto firmò un 'intesa segreta, passata alla storia come il "Patto Tremonti-Putin". In esso si contemplava un intervento militare russo in appoggio alla Repubblica del Nord ove si fossero determinate particolari condizioni di pericolo per gli interessi russi.
Negli stessi giorni, entrò nel Patto segreto anche la Germania, interessata a che il Nord Italia facesse parte di un'area economica integrata di cui avrebbero fatto parte Baviera, Austria, Ungheria, Cekia, Slovacchia ed altri paesi della zona mitteleuropea.
Putin, oltre alla promessa dell'appoggio politico-militare, fornì a Tremonti una notizia clamorosa: i servizi segreti di Mosca avevano localizzato il luogo di prigionia di Berlusconi.
Bossi e Tremonti, in concerto con il ministro della Guerra Borghezio decisero di intervenire: occorreva liberare Berlusconi. Bossi in persona si premurò di seguire personalmente il piano ideato dal ministro della Guerra.
Esso prevedeva l'intervento fulmineo di una compagnia di paracadutisti: i "Diavoli Verdi" , a Campo Imperatore. L'unita di elìte avrebbe liberato Berlusconi e poi,
a bordo di un elicottero, lo avrebbe portato oltre la linea del Po, dove, a Linate, ad attenderlo ci sarebbero stati Bossi, Tremonti e i ministri del governo provvisorio del Nord.
Il piano fu preparato nei minimi particolari e scattò il 10 Settembre. Una sessantina di parà atterrò a Campo Imperatore cogliendo di sorpresa i carabinieri di guardia. Berlusconi liberato si imbarcò in un grosso elicottero che, alzatosi in volo, virò verso Nord.
Atterrato a Linate, fu accolto da Bossi e dal figlio Piersilvio. Il 12 Settembre, nella sua residenza ad Arcore, il Capo formò il nuovo governo. Bossi, Tremonti ebbero i ministeri della Guerra, Esteri ed Economia. Gli altri ministeri furono affidati in parti eguali a "verdi" ed "azzurri". Il 13, dagli studi televisivi di Segrate si rivolse agli italiani, incitandoli alla riscossa e promettendo la giusta punizione dei traditori e dei golpisti.
Anche Finoglio a Sud lanciò un proclama dai forti accenti. Asserì che a Nord il Male Assoluto si era impadronito di quelle terre e che occorreva bloccare sul nascere l' "infezione verde-azzurra", prima che "il suo veleno" si propagasse nel resto dell'Europa.
Creò un nuovo governo che riscosse il plauso delle forze progressiste e dei governi amici: da Zapatero a Cameron, da Sarkozy-Bruni a Obama, da Mandela a Mugabe.
Primo ministro: Finoglio
Ministro degli Interni: Di Pietro
Ministro degli Esteri: Ronchi
Ministro della Famiglia: Luxuria
Ministro della Giustizia: Travaglio
Ministro delle Comunicazioni: Maurizio Costanzo
Ministro del Lavoro: Lapo Elkan
Ministro per l'immigrazione e integrazione: Azouz Marzouk
Ministro dell'Economia e Finanze: Visco
Ministro delle Poste: Maria de Filippi
Ministro della Salute: Rosy Bindi
Ministro dell'Ambiente : Pecoraro Scanio
Ministro degli Affari Religiosi : Emma Bonino
Ministro della Guerra : interim Finoglio
Tremonti, capo dell'economia e degli esteri della neonata Repubblica del Nord riusci ad allacciare importanti relazioni e alleanze strategiche con alcuni paesi europei.
Volò a Mosca dove, in un incontro segreto firmò un 'intesa segreta, passata alla storia come il "Patto Tremonti-Putin". In esso si contemplava un intervento militare russo in appoggio alla Repubblica del Nord ove si fossero determinate particolari condizioni di pericolo per gli interessi russi.
Negli stessi giorni, entrò nel Patto segreto anche la Germania, interessata a che il Nord Italia facesse parte di un'area economica integrata di cui avrebbero fatto parte Baviera, Austria, Ungheria, Cekia, Slovacchia ed altri paesi della zona mitteleuropea.
Putin, oltre alla promessa dell'appoggio politico-militare, fornì a Tremonti una notizia clamorosa: i servizi segreti di Mosca avevano localizzato il luogo di prigionia di Berlusconi.
Bossi e Tremonti, in concerto con il ministro della Guerra Borghezio decisero di intervenire: occorreva liberare Berlusconi. Bossi in persona si premurò di seguire personalmente il piano ideato dal ministro della Guerra.
Esso prevedeva l'intervento fulmineo di una compagnia di paracadutisti: i "Diavoli Verdi" , a Campo Imperatore. L'unita di elìte avrebbe liberato Berlusconi e poi,
a bordo di un elicottero, lo avrebbe portato oltre la linea del Po, dove, a Linate, ad attenderlo ci sarebbero stati Bossi, Tremonti e i ministri del governo provvisorio del Nord.
Il piano fu preparato nei minimi particolari e scattò il 10 Settembre. Una sessantina di parà atterrò a Campo Imperatore cogliendo di sorpresa i carabinieri di guardia. Berlusconi liberato si imbarcò in un grosso elicottero che, alzatosi in volo, virò verso Nord.
Atterrato a Linate, fu accolto da Bossi e dal figlio Piersilvio. Il 12 Settembre, nella sua residenza ad Arcore, il Capo formò il nuovo governo. Bossi, Tremonti ebbero i ministeri della Guerra, Esteri ed Economia. Gli altri ministeri furono affidati in parti eguali a "verdi" ed "azzurri". Il 13, dagli studi televisivi di Segrate si rivolse agli italiani, incitandoli alla riscossa e promettendo la giusta punizione dei traditori e dei golpisti.
Anche Finoglio a Sud lanciò un proclama dai forti accenti. Asserì che a Nord il Male Assoluto si era impadronito di quelle terre e che occorreva bloccare sul nascere l' "infezione verde-azzurra", prima che "il suo veleno" si propagasse nel resto dell'Europa.
Creò un nuovo governo che riscosse il plauso delle forze progressiste e dei governi amici: da Zapatero a Cameron, da Sarkozy-Bruni a Obama, da Mandela a Mugabe.
Primo ministro: Finoglio
Ministro degli Interni: Di Pietro
Ministro degli Esteri: Ronchi
Ministro della Famiglia: Luxuria
Ministro della Giustizia: Travaglio
Ministro delle Comunicazioni: Maurizio Costanzo
Ministro del Lavoro: Lapo Elkan
Ministro per l'immigrazione e integrazione: Azouz Marzouk
Ministro dell'Economia e Finanze: Visco
Ministro delle Poste: Maria de Filippi
Ministro della Salute: Rosy Bindi
Ministro dell'Ambiente : Pecoraro Scanio
Ministro degli Affari Religiosi : Emma Bonino
Ministro della Guerra : interim Finoglio
Verso la fine di Agosto l'Armata Verde-Azzurra scatenò l'offensiva, dilagando nella pianura emiliana. In pochi giorni le difese approntate dal governo di Roma furono annientate: le tanto strombazzate "legioni africane", vanto e gloria della "integrazione" finogliana, si liquefecero come neve al sole. Anche la brigata d'elité "Balotelli" non resse l'urto e si dissolse. Le formazioni politiche di sinistra che avrebbe dovuto rallentare la marcia furono spazzate via. Una radicale e brutale pulizia politica ed etnica fu intrapresa nelle terre liberate.
Terribile fu la mattanza nel cosiddetto famigerato "Triangolo Verde" emiliano.
Il 28 Agosto Bologna accolse fra due ali di folla in festa le truppe berlusconian-bossiane..
Pochi giorni dopo, le formazioni del Generale Borghezio, oltrepassati i passi appenninici, dilagarono in Toscana e nelle Marche. Solo la città di Livorno, difesa da black bloc, extracomunitari e comunisti tentò una disperata difesa. Ma fu conquistata in poche ore: rasa al suolo, il suo nome cancellato e sulle sue rovine, sparso il sale.
L' 8 Settembre le avanguardie dell'esercito del Nord arrivarono alle porte di Roma.
Nottetempo, Finoglio, il presidente Napolitano e tutto loro seguito fuggirono dalla città, e attraverso l'autostrada Roma-L'Aquila, a bordo di una infinita colonna di auto blù, giunsero sull'Adriatico. Qui furono raccolti da una nave militare che li condusse al sicuro a Brindisi, dove furono furono accolti dal Governatore Vendola a chiappe aperte.
La difesa della capitale, abbandonata dal governo e dal Presidente, fu affidata alla Brigata "Luxuria" formata da gay, lesbiche e trans. Formazione ammirata soprattutto per l'eleganza delle sue divise mimetiche dai toni rosa fuxia e rosa salmone.
In realtà, dopo le prime fucilate, i difensori si calarono le braghe e si arresero.
Altre formazioni costituite dai "ragazzi" dei Centri Sociali , radicali, annozerini e farefuturologhi furono piazzati negli snodi strategici della città, con il compito di controllarne gli accessi.
Il generale Borghezio, vista la situazione, ordinò di attaccare Porta Pia, tenuta dai radicali della Brigata Pannella. La resistenza fu breve e inutile. Purtroppo per loro, si trovarono di fronte una unità di cattolici lefevriani papalini con il dente particolarmente avvelenato nei loro confronti.
La sera, nella Città Eterna, fu celebrato in San Pietro dal Papa, liberato dalla prigionia, un solenne Te Deum di ringraziamento.
Terribile fu la mattanza nel cosiddetto famigerato "Triangolo Verde" emiliano.
Il 28 Agosto Bologna accolse fra due ali di folla in festa le truppe berlusconian-bossiane..
Pochi giorni dopo, le formazioni del Generale Borghezio, oltrepassati i passi appenninici, dilagarono in Toscana e nelle Marche. Solo la città di Livorno, difesa da black bloc, extracomunitari e comunisti tentò una disperata difesa. Ma fu conquistata in poche ore: rasa al suolo, il suo nome cancellato e sulle sue rovine, sparso il sale.
L' 8 Settembre le avanguardie dell'esercito del Nord arrivarono alle porte di Roma.
Nottetempo, Finoglio, il presidente Napolitano e tutto loro seguito fuggirono dalla città, e attraverso l'autostrada Roma-L'Aquila, a bordo di una infinita colonna di auto blù, giunsero sull'Adriatico. Qui furono raccolti da una nave militare che li condusse al sicuro a Brindisi, dove furono furono accolti dal Governatore Vendola a chiappe aperte.
La difesa della capitale, abbandonata dal governo e dal Presidente, fu affidata alla Brigata "Luxuria" formata da gay, lesbiche e trans. Formazione ammirata soprattutto per l'eleganza delle sue divise mimetiche dai toni rosa fuxia e rosa salmone.
In realtà, dopo le prime fucilate, i difensori si calarono le braghe e si arresero.
Altre formazioni costituite dai "ragazzi" dei Centri Sociali , radicali, annozerini e farefuturologhi furono piazzati negli snodi strategici della città, con il compito di controllarne gli accessi.
Il generale Borghezio, vista la situazione, ordinò di attaccare Porta Pia, tenuta dai radicali della Brigata Pannella. La resistenza fu breve e inutile. Purtroppo per loro, si trovarono di fronte una unità di cattolici lefevriani papalini con il dente particolarmente avvelenato nei loro confronti.
La sera, nella Città Eterna, fu celebrato in San Pietro dal Papa, liberato dalla prigionia, un solenne Te Deum di ringraziamento.
(Continua nei commenti; via A.Krancic)
11 commenti:
A metà Settembre la spinta offensiva dell'Armata Verde-azzurra si esaurì alle porte di Napoli.
Nuove formazioni militari arruolate a Poggioreale e in altre celebri galere e formate dai casalesi di Francesco Schiavone, detto Sandokan, fermarono le esigue forze
del generale Borghezio. Iniziò una guerra di posizione che durò fino a quando a Salerno non ci fu un poderoso sbarco di anglo-franco-americani venuti in aiuto al
governo dell'autoproclamatosi Maresciallo Finoglio. L'alleanza atlantica scese in campo con tutto il suo peso.
Il governo finogliano mise in campo anche altre formazioni ben determinate a combattere: fu svuotato il celebre carcere dell'Ucciardone, e quindi le carceri calabresi, pugliesi oltre a quelle campane. Ventimila picciotti armati e determinati a difendere i loro interessi, erano pronti alla lotta. In cambio della loro collaborazione, non appena finita la guerra, pretesero carta bianca e la piena sovranità sui territori di loro competenza.
Il governo, nella persona del ministro plenipotenziario Bocchino firmò il "papello" con le varie famiglie e 'ndrine nella Reggia di Caserta.
Furono ricostituite 10 brigate multietniche ed altre formazioni minori.
Dalle basi in Puglia e Sicilia gli aerei della Nato iniziarono a martellare le posizioni verdi-azzurre.
Lo Stato Maggiore berlusconiano, vista l'impossibilità di tenere il fronte, riunitosi a Frascati decise una ritirata strategica e un riposizionamento delle proprie forze sulla linea 'Silvia' che partendo dal Tirreno, attraverso Cassino, arrivava all'Adriatico.
Nei mesi che seguirono grazie all'eroismo di un pugno di paracadutisti, Diavoli Verdi,
già protagonisti della liberazione di Berlusconi sul Gran Sasso, le ondate finogliane e alleate
si infransero contro il "Bastione della Libertà", come fu definito da Sandro Bondi, il
celebre monastero benedettino.
A Maggio, dopo la seconda distruzione dell' Abbazia, la pressione divenne insostenibile: la Linea "Silvia" fu sfondata in diversi punti.
Iniziò una lenta ritirata verso Nord.
Il 6 Giugno Roma cadde in mano alleata. Primi ad entrare furono i marocchini
del "colonnello" Ronchi, che sfilarono lungo i Fori Imperiali cantando il loro inno:
" Siamo una risorsa e una ricchezza".
Il Governo del Maresciallo Finoglio fece finalmente ritorno nella Capitale e il Presidente
Napolitano ritornò al suo amato Quirinale.
Ad Agosto le truppe alleate raggiunsero l'Arno. Stava per iniziare una grande battaglia di contenimento sulla temibile e potente linea "Bossica" che, attraversava tutto l'Appenino giungendo fino a Rimini.
Per tutto l'autunno e l'inverno le offensive finogliane si infransero contro l'accanita
resistenza delle forze berlusconian-bossiane.
Pareva che il conflitto si fosse cristallizzato.
Nel frattempo le grandi potenze si confrontarono intorno al problema italiano.
Russia e Germania dopo aver riconosciuto il governo Berlusconi, iniziarono, in
quell'inverno ad inviare aiuti umanitari e energetici. La cosa però non piacque
ai governi occidentali che invitarono i due stati a non interferire nel conflitto.
Richiesta ben strana, considerando che in Italia, al fianco del Maresciallo Finoglio
vi erano cospicue forze straniere.
A ottobre in seguito a violenti bombardamenti, la sede del governo del Nord da
Arcore fu trasferita sul Lago di Garda. In quei mesi iniziò anche un'insidiosa
guerriglia nelle città, sui monti e nelle campagne. Elementi dell'opposizione:
annozerini, popolo viola, grillini, dipietrini, farefuturini, centrini sociali, gay, viados,
lesbiche si riunirono in bande sulle montagne ed iniziarono quella che definirono :
"lotta di liberazione" . A Milano fu costituito il Comitato di Liberazione Nazionale Giudiziario (CLNG)
guidato da un pool di giudici in clandestinità. Per contrastare questo fenomeno,
il segretario del PdL La Russa militarizzò il partito: Nacquero le Brigate Neroazzurre,
che poi furono chiamate, per non confonderle con gli ultras interisti, Brigate Azzurronere.
A Dicembre Berlusconi decise di riapparire in pubblico assieme a Bossi. Scese a
Milano dove passò tre giornate indimenticabili tra bagni di folla e discorsi politici.
Celebre fu quello di Piazza San Babila sul predellino, dove iniziò dicendo :
"Difenderemo la Valle del Po con le unghie e con i denti..."
Poi visitò caserme, ospedali e i quartieri popolari fra una folla di popolo in delirio.
Durante queste giornate, l'atmosfera di giubilo fu turbata solo dall'arrivo di 13 avvisi
di garanzia emessi dal CLNG .
I mesi invernali trascorsero nell'attesa della Grande Offensiva primaverile, che il Maresciallo Finoglio aveva annunciato, in un'intervista urbi et orbi, attraverso la CNN. Al Nord, i bombardamenti alleati stavano fiaccando la resistenza della popolazione. Le bande di partigiani, nonostante il prodigarsi delle Brigate Azzurre-Nere e Verdi e i rastrellamenti operati dal famigerato comandante Calderoli, continuarono a rafforzarsi.
In particolare la brigata partigiana " Saverio Borrelli" era riuscita, in Piemonte, a liberare vaste zone della Val d'Ossola dove fu proclamata una repubblica giudiziaria autonoma.
Furono istituiti numerosi tribunali nei quali furono processati, secondo il rito "dipietrino" coloro che erano sospettati di collaborazionismo con i leghisti e gli azzurri. La procedura consisteva nel gettare in galera le persone e poi buttare via la chiave.
Dalla Repubblica Giudiziaria della Val d'Ossola arrivarono a Berlusconi e ai suoi ministri oltre 2.457 avvisi di garanzia. Un chiaro segno di quanto sarebbe accaduto se le armate finogliane e alleate fossero riuscite a sfondare la Linea "Bossica" che correva lungo il crinale appenninico da Carrara a Rimini..
A Febbraio, Tremonti volò a Mosca. Putin preoccupato per la piega che le cose italiane stavano prendendo, assicurò il primo ministro che non sarebbe stato a guardare. Ma non disse quando e come sarebbe intervenuto.
Giunse Aprile.
La pressione militare sulla Linea Bossica aumentò. Il 20 Aprile, dopo un terribile bombardamento aereo alleato sulle linee berlusconiane, la 7a Brigata Rom al comando del comissario politico Gad Lerner sfondò le difese verde-azzurre, dilagando nella pianura verso Bologna. Fu il segnale della fine.
A Milano il 25 Aprile Berlusconi si incontrò nella Prefettura con Bossi, il quale lo supplicò di ritirarsi nella Valtellina, dove Calderoli, Cota e Zaia avevano approntato una "ridotta alpina".
"Potremo resistere per mesi"!
"No Umberto. Lotterò fino all'ultimo respiro qui a Milano! Ho con me 20.000 azzurri pronti a sacrificarsi per me"!
"Come vuoi. Comunque sappi che, se cambi idea, la via di Como è aperta. Le mie camicie verdi la controllano..."
Si salutarono abbracciandosi. Umberto sapeva che, a meno di un miracolo, Milano sarebbe diventata una trappola senza scampo per Berlusconi.
Il lìder leghista salì su un blindato e insieme a centinaia di automezzi prese la via del lago.
Alle 15, Berlusconi, circondato dai fedelissimi Bondi, Cicchitto, Lupi, Quaglierello e Brambilla, ricevette una telefonata dall'Arcivescovado di Milano. Il cardinale Tettamanzi voleva incontrarlo per trattare una resa senza spargimenti di sangue. Alla riunione avrebbero partecipato anche rappresentanti del CLNG. (Comitato di Liberazione Nazionale Giudiziario).
Berlusconi giunse al palazzo vescovile. Di fronte a sè vide i suoi avversari di sempre: Di Pietro, Travaglio, Santoro e l'avvocatessa Bongiorno. Erano presenti anche due rappresentati delle comunità rom e maghrebine.
"Presidente, le chiediamo che, onde evitare inutili spargimenti di sangue, lei e i suoi accoliti vi arrendiate e che proclami Milano città..."
"Aperta"? chiese Berlusconi.
"No, multietnica" ! rispose il paffuto prelato.
" E a quali condizioni" ?chiese il premier.
"Non ci sono condizioni. Resa incondizionata. Avrete un giusto processo nel Palazzo di Giustizia e i vostri diritti saranno garantiti..."
"Eminenza, vada a farsi benedire"! rispose il Capo.
Berlusconi con i suoi uscì dalla sala, lasciando di stucco il prelato e i rappresentanti del CLNG:
" A Como"! disse ai suoi fedeli.
Fuori dall'Arcivescovado Berlusconi salì in macchina seguito dalle auto della scorta.
Tornato in Prefettura dette l'ordine ai suoi di preparare la partenza per Como.
Come gli aveva assicurato Bossi, la strada era libera, anche se nelle vicinanze
erano stati notati movimenti di alcune bande di giudici, cancellieri e uscieri della
Brigata d'Assalto partigiana " Flores d'Arcais". I preparativi furono frenetici.
Le notizie che venivano dalla linea del Po erano drammatiche. Il sottile velo difensivo
verde-azzurro era stato sopraffatto dalle ingenti forze alleate. Le avanguardie della divisione
maghrebina "Pusher " e della brigata peruviana "Badantes" erano alle porte di Lodi.
La sera, una lunga colonna di automezzi prese lentamente la via del Nord, mentre alcuni
gruppi di finogliani
cercarono di sabotare le strade creando barricate improvvisate per impedirne il transito.
Ma le loro operazioni di disturbo non ottennero alcun effetto.
Alle prime luci dell'alba la testa del convoglio giunse nella citta lariana. Ad attenderlo,
Berlusconi trovò Calderoli con le sue Camicie Verdi, che lo avvertì che le strade
per la Valtellina erano sicure, tuttavia, lo avvertì che con il passare delle ore, i movimenti
dei guerriglieri, ringalluzziti dall'avanzata alleata sul Po, si erano intensificati. Propose quindi al Capo di partire con un convoglio agile e non numeroso, mentre il grosso lo avrebbe seguito.
A Cernobbio, Bondi suggerì a Berlusconi di fuggire il Svizzera. Il confine era a due
passi. Ma il lìder si rifiutò. "Moriremo con i riflettori in faccia o niente!"
Il caos in quei momenti era totale. Le radio e televisioni, occupate dalle forze finogliane
iniziarono a lanciare proclami asserendo che "il despota era fuggito" ma che le forze democratiche
e giudiziarie lo stavano braccando. "Non sfuggirà alla giusta punizione!". Questi erano
gli slogan.
Ma qualcosa, che nè Berlusconi nè Bossi potevano sapere, stava accadendo.
Lungo la stretta strada che costeggia il lago, Calderoli, nel van blindato insieme ad alcuni ministri di Berlusconi fu raggiunto da una telefonata sul satellitare. La comunicazione era
disturbata. Riuscì solo a carpire alcune parole. "Radio Milano Libera...",
"Trieste occupata..." , "Finoglio sul Piave...". Cercò di richiamare il comando nella
Valtellina, ma inutilmente. Riferì a Cicchitto, Bondi, alla Brambilla e a Lupi quanto aveva
appreso.
"Cosa ci fa Finoglio sul Piave"? chiese ai suoi amici.
"E chi lo sa?" rispose sconsolato Bondi, immerso in cupi pensieri. " Forse è andato a prendere dell'acqua con un'ampolla..." disse la Brambilla sorridendo.
"E Trieste occupata"? chiese Lupi.
"Significa che le forze alleate l'hanno occupata..." rispose Cicchitto.
"Un momento perchè mai Radio Milano Libera dovrebbe parlare 'Trieste 'occupata'?
Semmai 'liberata'..." intervenne Michela Brambilla. "Forse volevano dire che 'qualcuno' l'ha occupata, magari da oriente ..."?
"i Russi" ?! esclamò Bondi.
"Mio Dio! Bisogna avvertire il Capo "!
La macchina si fermò. La ministra scese e si precipitò verso la macchina presidenziale.
Il finestrino si abbassò.
"Cosa c'è Michela"?
"Dobbiamo fermarci nel prossimo paese. Dobbiamo collegarci telefonicamente con la Valtellina. Potrebbero esserci novità, almeno così spero..."
"Va bene, Michela..."
"Papi cosa succede" ? chiese una voce femminile nella macchina.
"Niente cara. Ci fermiamo solo per controllare alcune notizie..."
Il convoglio fece sosta a Menaggio. Calderoli e i ministri scesero, recandosi al locale comando
della Guardia Nazionale Repubblicana. Venne loro incontro un tenente che
scattò sugli attenti. Biondo, aitante, aveva una barba rossiccia e portava il kalashnikov a tracolla
La Brambilla lo avvicinò.
"Possiamo telefonare in Valtellina"?
"Mi dispiace Signora. Le linee sono interrotte..."
"Avete una radio per ascoltare le notizie"?
"Certo"!
"Bene allora ci accompagni..."
"Le faccio strada..."
"Come si chiama Tenente"? chiese la donna.
" Alfred..."
" Bene Alfred, vogliamo ascoltare la sedicente Radio Milano Libera "?
Nella casermetta, una dozzina di camicie verdi del presidio scattarono sugli attenti.
La Brambilla si avvicinò alla radio e sedendosi su una sedia accavallò le gambe.
Il tenente non potè fare a meno di guardarle.
La trasmissione iniziò. La voce arrivava lontana e disturbata.
" Siamo in una posizione infelice per ricevere, Ministro...Ci sono stati degli attentati ai ripetitori e..." disse, rivolgendosi alla donna
dai rossi capelli che gli sorrise, avvicinando l'orecchio alla radio.
" bzzz...combattimenti proseguono...bzzz... Maresciallo Finoglio sul Piave...invasori ...dal Brennero truppe.. bzzz...."
Seguirono altri mozziconi di appelli.
La donna confabulò con Calderoli, Cicchitto e Lupi. I tre uscirono. Sarebbe rimasta ad ascoltare ancora le notizie. Si rimise a sedere attenta alle parole che l'apparecchio trasmetteva.
In quell'istante iniziarono musiche e marce partigiane.
" Posso offrirle un caffè "? -
" Grazie sì, Tenente... Ci sono partigiani nei dintorni"?
" C'erano. Nel senso che sulle montagne agiva una banda di 'leonkavallini'..."
"Agiva? "
"Sì, i miei uomini ed io li abbiamo annientati. Ora riposano in pace..."
" Complimenti, Tenente..." disse la donna sorseggiando il caffè e guardando Alfred
negli occhi.
In quel momento riprese il notiziario.
La radio iniziò a gracchiare. La rossocrinita ministra ascoltò attentamente, mentre Alfred le stava vicino.
Si capì solo di un "proditorio" attacco dall' Est e di infitrazioni di truppe attraverso il Brennero. Nient'altro. Poi lo speaker, con voce stentorea, annunciò che a Milano, il nuovo Procuratore della Repubblica, Bokassini, aveva ripreso possesso del Palazzo di Giustizia dove, freneticamente si stava lavorando per organizzare il processo al "despota" e ai suoi "scherani". Secondo l'annunciatore il processo sarebbe stato trasmesso in mondovisione dalla CNN, Al Jazeera e Sky. Fu poi annunciato l'imminente arrivo del Maresciallo Finoglio e dei suoi collaboratori.
La ministra fece una smorfia, capì che dopo il processo, non ci sarebbe stato scampo per loro.
" Vogliono ucciderci tutti..." disse guardando l'ufficiale.
" Cosa ve lo fa pensare"? chiese Alfred.
" Hanno eretto in Piazza San Babila una pensilina e vi hanno appeso delle funi..."
" Prima che vi prendano, dovranno passare sul mio cadavere" !
" Grazie Tenente..." disse la donna guardandolo con aria dolce e triste.
" Devo riferire al Capo le ultime notizie...."
Uscirono nella piazzetta dove erano parcheggiate le macchine.
Berlusconi era sceso a sgranchirsi le gambe.
" Novità" ? chiese.
" Pare che dal Brennero e dai confini orientali stiano intervenendo truppe straniere, Silvio..."
" Putin " ?!
" Parrebbe di sì......Però ci sono anche notizie poco piacevoli..."
" Cioè " ?
" I giudici stanno prepandoci un processo. Verrà trasmesso in Mondovisione dalle tv di Murdoch..."
" Maledetto sia! Mi ha sempre odiato... Non mi prenderanno vivo" !
" Silvio ", intervenne Calderoli, " occorre proseguire verso nord. In Valtellina saremo al sicuro... Inutile rimanere qui ".
Poi rivolto al tenente disse:
" Voi con i vostri uomini andrete in avanscoperta. Se ci saranno problemi ci avvertirete per radio "!
Il tenente e i suoi uomini scattarono sull'attenti e salirono su due fuoristrada.
" Vengo con voi tenente..." disse la Brambilla imbracciando un kalashnikov.
" Michela, cosa fai"? le chiese Berlusconi.
" Se devo morire, voglio morire combattendo. Non mi farò mai prendere viva e processare" !
La donna salì sul fuoristrada, mettendosi a sedere accanto ad Alfred.
La vettura partì, seguita a distanza dal corteo di macchine, guidato da un blindato della
Brigata Verde di Gallarate.
Il viaggio prosegui senza problemi fino alle vicinanze di Dongo. Qui il fuoristrada dovette
fermarsi. Alcuni tronchi erano stati messi di traverso sulla strada.
" Presto! Tutti giù"! urlò il tenente proteggendo con il suo corpo la donna.
Si ripararono dietro alcune rocce mentre una gragnuola di proiettili colpiva la vettura.
"Arrendetevi "! intimò una voce.
" Mai "!
" Volete patteggiare "?
" Sentiamo quali sono le condizioni..." rispose il tenente, ordinando ad uno dei suoi di correre incontro al corteo che li seguiva visto che la radio era rimasta a bordo del fuoristrada colpito.
Due fazzoletti bianchi sventolarono. Alfred si alzò
" Tenente, potrebbe essere una trappola...Stia attento..." sussurrò Michela.
" Starò attentissimo..."
La donna lo guardò e sorrise.
Dietro la barricata di tronchi vide alcuni partigiani. Uno di loro, portava il copricapo dei giudici
con una stella rossa e con indosso una toga consunta. Scavalcò i tronchi e si avvicino all'ufficiale.
" Sono il Commissario Giudiziario Pier Ballini delle Stalle della 52a Brigata 'Davigo'. Se ci
consegnerete le armi sarete trattati come prigionieri di guerra secondo la Convenzione di
Ginevra..." disse sfoderando un ghigno inquietante.
" Sono il tenente Alfred Casiraghi, comandante di 58° Plotone della 16a Brigata Verde 'Sforzesca'. Se ci consegnerete le armi sarete trattati come traditori e sarete giustiziati
mediante fucilazione alle spalle..."
Il Commissario Giudiziario, tramutò il suo ghigno in una smorfia e si allontanò imprecando.
Poco dopo iniziò una fitta sparatoria.
Michela guardò Alfred.
" Le vostre trattative, a quanto pare. non sono andate a buon fine..."
"Ho chiesto loro di arrendersi e di farsi fucilare..."
La donna iniziò a ridere di gusto, mentre le pallottole laceravano l'aria.
A Milano nel frattempo il CLNG, si riunì in tutta fretta. Fu analizzata la situazione. Dalle informazioni ricevute si venne a sapere che Berlusconi si trovava lungo la strada che da Como, costeggiando il Lago, lo avrebbe portato in Valtellina. Il comando seppe anche che nei pressi di Dongo, una ventina di partigiani giudici, cancellieri e leonkavallini era riuscita a bloccare il passaggio.
Fu deciso di spedire nella zona un uomo fidato con il compito di eliminare il "despota" e tutti i membri del suo governo senza processo. Il Maresciallo Finoglio dette il suo "placet" all'operazione.
La capitale lombarda "liberata", viveva intanto momenti di isteria euforica. Nelle ore succesive alla "liberazione"vennero organizzate feste, balli e orge a base di droghe; bande di extracomunitari si dedicarono a saccheggi e a distruzioni mentre i leonkavallini si dedicarono agli espropri proletari..
Il cardinale Tettamanzi in preda ad un delirio ecumenico consegnò il Duomo all'Imam di viale Jenner affinchè lo storico edificio di culto cristiano fosse trasformato in una moschea. La città fu affidata al giudice Gandus che dette inizio alla caccia al leghista e al forzista. San Vittore fu sgomberata dai delinquenti e riempita con prigionieri prigionieri politici.
Finoglio la sera riunì le nuove autorità della città. A loro dettò le linee guida per le prossime ore:
chiudere la partita con le forze Verdi-azzurre;
eliminare il "despota" e tutti i suoi accoliti;
" tutto questo va fatto prima che ci giunga addosso l'inferno..."
I rappresentanti antiberlusconiani del CLNG lo guardarono sorpresi.
" Sì compagni. Purtroppo sono latore di brutte notizie. Un esercito russo-tedesco proveniente dal Brennero e da Est sta avanzando con poderose forze corazzate attraverso la pianura friulana. Abbiamo deciso di inchiodarli sul Piave! Ho fatto inviare i giovani neri della 'Generazione Balotelli'; tre gloriose divisioni di 'nuovi italiani' comandate dal nostro eroico generale Andrea Ronchi..."
Proprio in quel momento giunse una telefonata.
Era il generale Ronchi che annunciava, terrorizzato, che la linea del Piave era stata sfondata e che lui stava fuggendo a rotta di collo verso Milano.
La notizia piombò come un macigno nella riunione. Un brivido percorse gli astanti.
Finoglio gelido, ordinò, di passare al piano operativo: cioè quello di eliminare Berlusconi e i suoi non appena fossero caduti nelle mani dei partigiani.
" Ho l'uomo che fa per noi! - disse Bocchino livido in volto. - Diamo questo incarico al Colonnello Filippo Rossi "!
" Il capo dei farefuturologhi "? chiese il rappresentante della sinistra.
" Sì, lui.. E' l'unico in grado di portare a termine questa operazione..." disse Finoglio.
" Chiamatelo "!
Tutti convennero sulla la scelta.
Dongo.
La sparatoria durò a lungo. I partigiani aumentarono di numero. La situazione divenne insostenibile. Berlusconi bloccato sulla strada, fu preso dallo scoramento. Bondi e la misteriosa ragazza che accompagnava il Capo tentarono di sollevarlo.
" Siamo in trappola "! continuò a ripetere.
Sul luogo degli scontri arrivò Calderoli che propose di trattare con i partigiani.
La trattativa andò per le lunghe, ma
al termine, fu convenuto che sarebbero passate verso nord solo le Camicie Verdi. Gli altri no.
L'ex ministro leghista riferì a Berlusconi e gli propose un'escamotage.
" Silvio: indossa la divisa delle camicie verdi. Ti metterai in un camion dei nostri e così passerai indenne..."
Anche Bondi lo spinse ad accettare la proposta.
La stessa cosa propose Alfred a Michela. Le raccolse i lunghi capelli rossi e li coprì con il basco verde con il il teschio. Poi le fece indossare una divisa mimetica.
La donna non si oppose. Quell'uomo rischiava di nuovo la vita per lei. Quando ebbe finito di vestirla, lo baciò furtivamente.
" Grazie per quello che fate per me! "
Alfred le sorrise, prendendole la mano.
Gli altri ministri avrebbero atteso il grosso delle truppe azzurre in arrivo da Como.
Bondi e gli altri salutarono il loro lìder, commossi.
Il corteo delle camicie verdi si mosse. I posti di blocco furono tolti. Il viaggio continuò tranquillo fino a Dongo. Qui, alcuni giudici e alcuni partigiani, arrivati da poco con dei motoscafi veloci dalla riva opposta del lago, bloccarono il convoglio.
Calderoli riconobbe fra questi il "colonnello" Filippo Rossi con una cinquantina di partigiani potentemente armati.
-Che diavolo ci fa qui?! - si chiese scendendo dal camion.
"Abbiamo il permesso di passaggio per la Valtellina, firmato dal CLNG della zona".
Il "colonnello" guardò il documento infastidito.
" Certo...Passerete, ma prima vogliamo controllare che non abbiate a bordo qualche pezzo grosso azzurro..." disse, sfoderando un sorrisetto inquietante..
Nella piazza che si affaccia sul lago una moltitudine di curiosi e di armati si avvicinò agli autoveicoli.
Fra gli altri anche una folta troupe della famigerata trasmissione "Anno Zero", guidata da Santoro in persona, dal fido Ruotolo e dal il vignettista Vauro, con il fazzoletto rosso al collo. Una soffiata ( del "colonnello" Rossi) aveva avvertito l'anchormen che sul lago e in quel paese, sarebbe accaduto qualcosa di storico. Le telecamere, con un elicottero, erano giunte colà per documentare l'avvenimento. Sarebbe stato lo scoop del secolo.
Due sostituti procuratori, armati di tutto punto saltarono sui camion per controllare gli occupanti.
Ad un tratto uno dei due urlò.
"Eccolo è qui"!
Una decina di partigiani seguiti dalla troupe annozerina si precipitarono verso il mezzo. Pochi istanti dopo, Berlusconi fu costretto a scendere in mezzo ad una folla ostile.
Scortato dalla Tv fu portato nel municipio, dove avrebbe subito un pre-processo davanti alle telecamere. Travaglio, Santoro e Vauro iniziarono a interrogarlo, mentre gli operatori riprendevano la scena.
Un giudice salì sul camion di Alfred e osservò gli occupanti. Poi si avvicinò ad uno di essi ed esclamò:
" Michela Vittoria Brambilla, siete in arresto"!
La donna alzò il volto, pronta al peggio.
Alfred afferrò la sua pistola e la puntò alla nuca del giudice-partigiano.
L'uomo alzò le mani.
" Cosa credi di fare leghista?! Arrenditi e consegnami la ministra" !
La risposta arrivò sotto la forma di un poderoso colpo con il calcio della pistola sulla nuca che fece stramazzare a terra il giudice-partigiano.
Gli uomini di Alfred lo presero e lo incerottarono, e dopo averlo legato come un salame lo misero in una cassa per munizioni, coprendolo con nastri di mitragliatrici.
Michela sussurrò al suo salvatore un "grazie" che valeva un futuro.
Altri due giudici si affacciarono al portellone del camion.
" Dov'è il nostro compagno"?
" Ha già controllato ed è sceso un attimo fa..." disse il tenente.
Calderoli contò i suoi uomini. Erano una cinquantina. L'idea era quella di assaltare il municipio, ma Alfred gli fece notare che sui tetti c'erano un paio di mitragliatrici puntate su di loro.
"Come ci muoviamo, ci fanno secchi..."
I minuti passarono carichi di tensione, fino a che una camicia verde indicò ad Alfred alcuni puntini neri in cielo provenienti da nord. L'ufficiale prese il binocolo e inquadrò gli oggetti.
"Elicotteri"! esclamò.
Rimase a guardare i veivoli che si stavano avvicinando. Erano una decina.
"Sono Mi24 russi"!
In pochi minuti i grandi veivoli furono sopra la piazza. Lo spostamento d'aria causato dalle pale e il terribile frastuono fece fuggire la gente..
Dai portelloni uscirono delle funi, lungo le quali decine di "spetsnaz" si calarono a terra e sui tetti.
Un ufficiale russo chiese dove fosse stato portato Berlusconi.
Alfred indicò il municipio.
"Tamo!" urlò il comandante ai suoi uomini.
I commandos si precipitarono verso l'edificio, mentre le camicie verdi sistemarono i pochi giudici-partigiani rimasti nella piazza.
Pochi istanti dopo Berlusconi, scortato dagli "spetsnaz" uscì dall'edificio, sorridente. Dopo di lui uscirono il "colonnello" Rossi, Santoro, Travaglio e Vauro lividi in volto.
Portati sulla ringhiera che si affacciava sul lago, si gettarono ai piedi delle camicie verdi e dei commandos, implorando pietà.
Calderoli, non ne ebbe. Li fece schierare lungo la ringhiera e chiamate a sè alcune robuste camicie verdi, ordinò loro di preparare un plotone di esecuzione.
Il finogliano e i tre comunisti furono girati, faccia verso il lago.
Al "fuoco" ordinato dal leghista, sei poderosi calci in culo fecero precipitare i quattro nelle acque sottostanti.
La vendetta era stata consumata. Stessa sorte subirono i "partigiani" catturati durante il rastrellamento: tutti in acqua. Nessuno dei "giustiziati" potè riguadagnare la riva. Rimasero nelle gelide acque in attesa dell'evolversi degli eventi.
Michela si tolse il basco e sciolse i capelli rossi, raggiungendo Alfred. Insieme assistettero al tramonto, abbracciati.
Nei giorni seguenti l'esercito russo-tedesco e le forze verdi-azzurre liberarono tutto il Nord e poi il resto della penisola. Le forze anglo-franco-americane, dopo l'armistizio firmato a Cassibile, furono ritirate e spedite in Irak e Afghanistan, dove gli insorgenti stavano per sopraffare le forze di occupazione.
Pochi giorni dopo Berlusconi e Bossi rientrarono a Milano fra due ali di folla in delirio. Finoglio e i suoi collaboratori furono catturati mentre cercavano di rifugiarsi in una moschea.
Per volontà di Berlusconi fu loro risparmiata la vita. Armati di zappe e vanghe passarono il resto della loro vita, insieme a migliaia di annozerini, grillini, leonkavallini e sinistrati di ogni genere, nei campi a lavorare la terra o adibiti alla ricostruzione del paese.
La pace e l'armonia tornarono nella penisola.
Fu l'inizio di lungo periodo di prosperità e felicità. FINE
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