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Muro & Muri
Il mondo in cui viviamo sorge su due distruzioni: quella benefica del 9/11 di Berlino e quella malefica dell’11/9 di New York. Si avvia a tornare multipolare, non più dominato da una Sola Superpotenza, gli Usa. I nemici non sono più delimitati da un territorio e da uno Stato, ma sono interni, diffusi e virali: il cortocircuito tecnologico e ambientale, demografico e migratorio, esistenziale e autodistruttivo. I muri invisibili sono i più difficili da abbattere.
4 commenti:
La storia del Muro di Berlino comprende anche il capitolo su come esso sia stato accettato in campo occidentale. La solitudine dell’opposizione che covava e riusciva a sopravvivere nella Germania Orientale e nel complesso dei Paesi caduti in mano al comunismo con l’occupazione sovietica del 1945 è infatti il tema più inquietante che percorre
il saggio di Frederick Taylor, Il Muro di Berlino. 13 agosto 1961-9 novembre 1989 (Mondadori, pp. 392, 23 euro).
Il Muro ha rappresentato in modo concreto la sostanza dell’«idea comunista», il suo carattere antagonista (verso i Paesi atlantici) e repressivo (verso i popoli conquistati). Ma proprio quando dopo l’invasione della Cecoslovacchia il leader del Pcus proclamò la teoria della «sovranità limitata», negli anni Settanta calò l’attenzione sulle repressioni nei Paesi comunisti. Ed anche la presa di distanza che si ebbe da parte del Pci negli anni dell’«eurocomunismo» fu molto contenuta. Persino dopo «lo strappo» - e cioè il dissenso espresso da Enrico Berlinguer di fronte al colpo di stato militare in Polonia nel 1981 - i comunisti italiani tennero vivo il rapporto con le dittature comuniste: i «partiti fratelli», incluso quello polacco. Una delegazione del Pci fu infatti inviata a Varsavia nel marzo 1984 per riallacciare i rapporti e ancora, quasi alla vigilia della caduta del Muro, nel 1988 l’allora segretario del Pci, Alessandro Natta, dopo essere stato a Mosca per essere decorato dal presidente del Presidium del Soviet Supremo, Andreij Gromiko, della Medaglia d’onore del Pcus, l’«Ordine della Rivoluzione d’Ottobre», si recò a Berlino Est per ricevere dal leader della Germania comunista, Erich Honecker, una delle massime onorificenze del regime, il «Premio Karl Marx».
È da chiedersi quali reazioni ci sarebbero state all’epoca e quali giudizi storici sarebbero formulati oggi se democristiani o socialisti si fossero incontrati con i dittatori del Cile o della Grecia per ricevere onorificenze o per siglare comunicati congiunti circa «uno scambio di informazioni e valutazioni» senza cenno critico né presa di distanza.
http://www.libero-news.it/articles/view/591828
e il video:
http://alessandrotapparini.blogspot.com/2009/11/reagan-berlino.html
I film:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/3787
Vinse Hitler?
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200911articoli/49200girata.asp
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