giovedì 30 dicembre 2010

E' il somaro, bellezza

La bellezza del somaro, film. Critica da sinistra dei radicalchic intellettualoidi affermati fintoalternativi e libertari a corrente alternata. Nevrosi postmoderne della borghesia nostrana rappresentate da macchiette e caratteri: ma è tutto voluto, la Mazzantini è intelligente e l'acume si respira.
L'amore tra una diciassettenne viziata e un settantenne "poeta" è il casus belli per raccontare l'odierno conflitto di generazione tra figli a cui non manca nulla ma che non hanno niente di ciò che conta - speranze educazione futuro- e genitori che hanno avuto tutto, ma forse neanche se lo meritavano. Borghesi de sinistra e de noantri con ideali repressi, sogni infranti, col pensiero unico del conformismo che finalmente sbatte contro il muro della realtà e la bellezza della semplicità. Adorano la psicanalisi e non capiscono gli elementari bisogni d'affetto e passione, inneggiano alla libbertà e alla diversità e vanno già in crisi se il ragazzetto della figlia è nero, sono moralisti moralizzatori ma l'amante non manca mai. Sputavano sentenze ed ora sputano tagliatelle, si riempivano la bocca di sogni, ora di porchetta. Lottavano per cambiare il mondo, ora litigano per non mutare nulla. Da progressisti fuori a conservatori dentro il passo è breve. E il somaro è sempre più bello.

giovedì 16 dicembre 2010

2010 in pictures


Part 1, part 2 and part 3.
The big picture

mercoledì 15 dicembre 2010

Buon compleanno Italia

Articolo di Banti sul Risorgimento (ci ha scritto anche un libro). Mi sono quasi convinto che il Risorgimento abbia tutto sommato fatto bene all'Italia, se si mette in dubbio pure questo non la si finisce più. Ma qui il punto è un altro: è, può essere, deve essere davvero il Risorgimento il mito fondativo della nostra idea di patria?

domenica 12 dicembre 2010

Due sonnambuli

Ho appena scoperto che non esistono solo "I sonnambuli" di Broch, trilogia sull'impero guglielmino e la famigerata disgregazione dei valori, ma anche "I sonnambuli di Koestler", bigino divulgativo e a tratti gossipparo -come non esserlo con la biografia di Ticho Brahe?- sulle concezioni dell'universo e le indagine scientifiche nel Seicento. Opterei per il secondo, preferisco il gossip alla morte dei valori.

sabato 11 dicembre 2010

Verità e amore? Genio e politica

Non capisco chi si stupisce di come sia stato possibile avere il Cav al governo per quasi un ventennio. Ascoltatelo qua: un gioiellino di retorica, c'e' dentro tutto. Il rischio del nemico oggettivo di memoria schmittiana (sinistra illiberale, prima repubblica, stato di polizia tributaria, immigrati clandestini), l'annuncio evangelico (amore e verità, domande retoriche e risposte in forma di credo cristiano, la Terra promessa delle libertà), la categoria del tradimento (che appartiene alle guerre e agli schieramenti militari, non alla politica), un linguaggio estremamente chiaro, di significante popolare e significato populista, superficialità nei contenuti e fascinazione di rimandi, bugie così grandi che invece di repellere l'elettorato medio lo cattura.
C'è poco da fare. Premesso che senza il consenso non si va da nessuna parte, né per la propria carriera di politico né per il Paese, in un regime democratico come quello italiano attuale è lui il genio della politica e della comunicazione: tutti gli altri possono solo provare ad imparare.

Il salame e l'unità d'Italia

Articolo di Liberal.

martedì 7 dicembre 2010

Il bastone del comando

Un Buttafuoco lezioso e visionario.

I meglio libri / 12

- 1861, Fasanella-Grippo
- Senza radici, Ratzinger-Pera
- L'inattesa piega degli eventi, Brizzi
- La nostra guerra, Brizzi
- I malcontenti, Nori
- Le undicimila verghe, Guillaume
- Storia di Cristo, Papini
- Il cuore e la spada, Vespa
- Io e te, Ammaniti
- Momenti di trascurabile felicità, Piccolo

venerdì 3 dicembre 2010

Nichi 'o poèt' / 2

Alle Iene da Lucci.

"Fammi sentire la zeppola". "Una coniugazione latina: fuissem fuisses fuisset."

"Come saluteresti Obama in pugliese?" "Barack, si tu pinz o' Afganistan, se ne ma sci scemaninn se non ce ne ma sci non ce scemescemm" (trad. se dobbiamo andare andiamo, se non dobbiamo andare non andiamo).

"Cos'è il machismo?" "E' l'elaborazione dell'angoscia dell'impotenza che il genere maschile si porta dalla notte dei tempi appresso."

Presidency of JFK, 50 years ago

mercoledì 1 dicembre 2010

Nichi 'o poèt'

Roma è stata assediata da una vera e propria tenaglia militare, che ricorda altre epoche e altre capitali: Roma blindata e sequestrata come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet.

Le primarie sono una vera spinta di vita, immettono un alito profumato nel centrosinistra che dice parole che sono in sintonia con la società.

Vorrei che il centrosinistra riprendesse in mano la questione morale con una capacità di autobonifica sconosciuta all'innocentismo "a prescindere" della destra.

Bignardi: perchè si è messo l'orecchino? Vendola: Mi piaceva l'idea di firmare il mio corpo, inserire una micro-mutazione nella mia corporeità.

Indagine sul suicidio

Quando c'è un perché tutti i come diventano sopportabili.

martedì 30 novembre 2010

Giavazzi su Gelmini

«Del valore dei laureati unico giudice è il cliente; questi sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all'ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi». (Luigi Einaudi, La libertà della scuola, 1953).
Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi, non ha proposto di abolire il valore legale dei titoli di studio. Né la sua legge fa cadere il vincolo che impedisce alle università di determinare liberamente le proprie rette, neppure se le maggiori entrate fossero interamente devolute al finanziamento di borse di studio, cioè ad «avvicinare i punti di partenza» (Einaudi, Lezioni di politica sociale, 1944). Né ha avuto il coraggio di separare medicina dalle altre facoltà, creando istituti simili a ciò che sono i politecnici per la facoltà di ingegneria. Perché a quella separazione si oppongono con forza i medici che grazie al loro numero oggi dominano le università e riescono a trasferire su altre facoltà i loro costi.
Ma chi, nella maggioranza o nell'opposizione, con la sola eccezione del Partito Radicale, oggi appoggerebbe queste tre proposte? La realtà è che la legge Gelmini è il meglio che oggi si possa ottenere data la cultura della nostra classe politica.
Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università. Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell'insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell'università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo. Peggio: pone una pietra tombale sul futuro di molti giovani, il cui posto potrebbe essere occupato per quarant'anni da una persona che si è dimostrata inadatta alla ricerca.
«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l'anno. Il ministro dell'Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa. «La legge tradisce i giovani che oggi lavorano nell'università, non dando loro alcuna prospettiva». Purtroppo ne dà fin troppe. Per ogni dieci nuovi posti che si apriranno, solo due sono riservati a giovani ricercatori che nell'università non hanno ancora avuto la fortuna di entrare: gli altri sono destinati a promozioni di chi già c'è.
La legge innova la governance delle università: limita l'autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l'ateneo e il suo cda). Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati.
La valutazione è l'unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un'istruzione migliore. Per questo l'Anvur, l'Agenzia per la valutazione degli atenei, è il vero perno della riforma. Purtroppo il ministro Mussi, che nel precedente governo la creò, ne scrisse un regolamento incoerente con la legge. Fu bocciato dal Consiglio di Stato e ha dovuto essere riscritto da zero con il risultato che l'Anvur parte soltanto ora.
La legge però non deve essere approvata ad ogni costo. Agli articoli ancora da discutere sono opposti (dall'opposizione, ma anche dalla Lega) emendamenti che la snaturerebbero. Uno alquanto bizzarro, dell'Udc, abroga il Comitato dei garanti per la ricerca, introdotto su richiesta del Gruppo 2003, i trenta ricercatori italiani i cui lavori hanno ottenuto il maggior numero di citazioni al mondo. La scorsa settimana Fli ha proposto che i 18 milioni che la legge finanziaria destina ad aumenti di stipendio per chi nell'università già c'è non siano riservati ai giovani, ma estesi a tutti. Così quei 18 milioni si sarebbero tradotti in venti euro al mese in più per tutti, anziché quaranta al mese per i giovani. Fortunatamente quell'emendamento non è passato. Ma altri sono in agguato, tra cui alcuni che introducono ope legis di vario tipo. Se passassero, meglio ritirare la legge.
Il Pd ha annunciato che voterà contro. Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell'università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro.

lunedì 29 novembre 2010

Lutto comico

Lotta demenziale

B. is vain, reckless and ineffective. I am vainglorious, fat and inelegant.

Lutto demenziale

giovedì 25 novembre 2010

Debito pubblico: storia vecchia, pericolo nuovo

La FAZ, uno dei rari quotidiani conservatori tedeschi, autorevole ed equilibrato, riporta oggi in prima pagina economica nell'articolo "L'Italia si avvicina al baratro" dati economici conosciuti: debito pubblico più alto d'Europa che supererà quest'anno la soglia del 118% del Pil, crescita del debito stesso al ritmo del 3% annuo contro l'1% di crescita economica, situazione politica incerta, un dopoguerra disgraziato di politica economica miope, timorosa delle riforme impopolari e tutta intenta al mantenimento dei soliti privilegi delle caste.
Nonostante l'ancora buona situazione del debito privato, l'occupazione che ha tenuto, le banche che hanno retto e il famoso risparmio delle famiglie (che però risparmiano sempre meno) l'abisso si avvicina. L'Italia, continua l'articolo, senza provvedimenti economici seri e lungimiranti sarà un pericolo per l'euro, come e più di Grecia e Irlanda. Saremo i terzi dei Paesi PIIGS?
Tutto noto, ok, come le seguenti considerazioni: in Germania la stampa parla della noiosa economia, in Italia di telefonate di vecchi, puttane, tetti, case, feste, messe cantate sulla virtù civile; se il governo dovrebbe (avrebbe dovuto, visto che ormai non c'è più la maggioranza) intraprendere scelte anche impopolari rapide ed efficaci, l'opposizione avrebbe potuto (potrebbe, ma non lo fa perchè non conviene a nessuno) denunciare la gravità della crisi, proponendo soluzioni almeno verosimili. Invece saliamo sui tetti, difendiamo caste, strumentalizziamo categorie, discutiamo di legalità, terzi poli, terzi mondi, guardiamo le cime dei monti (Montecitorio, Montecarlo, Montezemolo) e non ci accorgiamo del precipizio.

lunedì 22 novembre 2010

Cercasi cantante (Virginiana Miller)

Mini mini mini

Risorgimento poco epico

E se non ci fosse un’epica del Risorgimento?
Se davvero, malgrado l’innegabile grandezza di alcuni dei suoi protagonisti e i tanti episodi di eroismo, malgrado una partecipazione popolare che certo non fu massiccia ma senz’altro più importante di quanto comunemente non si dica, l’evento cruciale della nostra storia non fosse mai riuscito in centocinquanta anni a farsi mito? Se davvero non ci fossero mai state parole immediate, semplici, comprensibili da tutti e per questo dirompenti. Né eventi limpidi in grado di trasmettere intatte le ragioni profonde del comune sentire.
Dicono che è andata così perché siamo un popolo stanco, dominus del mondo per settecento anni, che è tornato ad essere grande a sprazzi, nella fioritura dei comuni, nell’orgogliosa solitudine delle sue città mondo. Dicono che è andata così perché nazione di risulta, arrivata ultima nel consesso quando gli stati nazione in Europa andavano verso l’agonia e quella feroce follia che avrebbe provocato centinaia di milioni di morti. Dicono che è colpa di una casa reale incolta e pavida. Di una dittatura che ha rinnegato la sua vera anima e stravolti i segni e i simboli della Roma antica. Della chiesa più potente che mai, dopo il Concordato. Dicono infine che è colpa di quelli che sono venuti dopo. Della resistenza che nella retorica del compimento ha accentuato le divisioni che c’erano, della destra che non sempre ha messo la patria su tutto, della sinistra che diffidava persino del nome e nella sua utopia della liberazione ha guardato all’est. Della scuola che da tempo non funziona e non trasmette né i valori né la cultura. Del trionfo inevitabile del dio denaro, della globalizzazione. Tutto vero, forse. Ma se fosse esistito un epos del Risorgimento, un limpido momento del mito, avrebbe resistito a tutto. Sarebbe arrivato a noi con forza solare. Non ci avrebbe obbligato ogni volta a frugare nel passato. L.Pace

domenica 21 novembre 2010

I concorsi esterni di Dell'Utri

La verità a volte è più complicata (ovvero più semplice).

Non c'è niente che non sapessimo già, niente che per esempio non fosse già contenuto nella requisitoria di primo grado scritta e pronunciata dal pm Antonio Ingroia e accolta nella sua sostanza per la seconda volta, appunto in Appello: Marcello Dell'Utri si incaricò e fu incaricato di proteggere Silvio Berlusconi - lui consenziente - in anni in cui la criminalità e la mafia prendevano di mira soprattutto imprenditori come lui. Fatte le debite proporzioni, è come scoprire che un esercente pagava il pizzo per proteggere la sua attività - soprattutto la sua famiglia - e che un suo dipendente, palermitano e delegato a «risolvere problemi», fece a suo tempo tutto ciò che ritenne necessario per risolverli. Il punto è che pagare il pizzo non è reato, anche se certa giurisprudenza vorrebbe che lo fosse: ma andare a parlare con quelli che il pizzo lo pretendono, e che ti hanno già fatto saltare la saracinesca del negozio, in Italia - e solo in Italia - configura il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, anche detto «appoggio esterno» perché appunto presuppone una connivenza coi tuoi estorsori. Certo, i giudici palermitani vanno oltre e parlano addirittura di «sodalizio mafioso», ma in pratica in reato di Dell'Utri - non di Berlusconi: il quale, non fosse chiaro, del reato è letteralmente vittima - consistebbe semplicemente nell'aver riagganciato un vecchio amico in odore di mafia, Gaetano Cinà, affinché le sue conoscenze e parentele consentissero di arrivare ai grossi calibri mafiosi per apprendere, dai medesimi, le condizioni che consentissero la pax imprenditoriale e familiare di Berlusconi.
Il giudice estensore della sentenza d'Appello che ha condannato Dell'Utri a 7 anni, Salvatore Barresi, è tutto fuorché un invasato con la verità in tasca: ha scritto 612 pagine che appaiono certo irrigidite dalla necessità di fingere di averne una, di verità in tasca, ma la sua storia sta in piedi. E' molto schematica - troppo - ma un suo senso ce l'ha, anche se le sentenze non dovrebbero essere né schematiche né basarsi solo sul buon senso. La storia è quella di un imprenditore indubbiamente emergente (ma non così ricco, perché reinvestiva ed era eternamente indebitato) che in qualche maniera doveva rapportarsi con le legittime paure degli imprenditori italiani negli anni Settanta: il timore dei sequestri, e in misura minore, qualche anno dopo, la necessità di oliare qualche ingranaggio per fare affari soprattutto in Sicilia, tipo piazzare dei nuovi ripetitori televisivi o evitare che le saracinesche delle sua Standa saltassero in aria. Qui entra in gioco Marcello Dell'Utri, personaggio perfettamente scisso tra la sua seconda vita da «uomo del Nord» e la sua prima giovinezza da palermitano straclassico, ambiguo, sospeso in quella zona grigia che in Sicilia apparteneva a chiunque non fosse uno sbirro o non vivesse in convento. Dell'Utri allenava la Bagicalupo Calcio e tra i difensori c'era il figlio del semi-boss Gaetano Cinà, per dire, mentre un certo Vittorio Mangano vegliava sulla sicurezza della squadra: ogni confine era sfumato e nondimeno lo divenne il ruolo del «mediatore» dell'Utri, descritto schematicamente, appunto, come un berlusconiano premuroso che da una parte si faceva carico dei legittimi timori imprenditoriali di Berlusconi e dall'altra mestava con Gaetano Cinà e Vittorio Mangano, mafiosi di serie B che tuttavia ne conoscevano uno di serie A, Stefano Bontate. E qui si perpetuano, dicevamo, gli schematismi che il giudice estensore enuncia senza provarli per davvero.
Il paradigma della sentenza, fatto proprio da tutta la grande stampa, è più o meno questo: Berlusconi, tramite Dell'Utri, pagò un sacco di soldi alla mafia per almeno vent'anni, e, non bastasse, per meglio tutelarsi assunse anche Vittorio Mangano come fattore ad Arcore; una ciliegina sulla torta, quest’ultima, in un sodalizio che assicurasse a Berlusconi la pax mafiosa che ricercava. Ma chiunque conosca un minimo gli attori del caso, chiunque abbia studiato la storia e la personalità di Silvio Berlusconi - e magari abbia ascoltato qualche vecchia intercettazione telefonica - è pronto a rovesciare lo schema: di tutte queste «richieste di denaro sistematicamente subite negli anni», e di cotanta «intensa attività estorsiva» imperniata su «ingenti somme di denaro», in definitiva, non c'è traccia, così come gli affari di Berlusconi in Sicilia, all'epoca, non paiono così mastodontici da giustificare le preoccupazioni e gli esborsi descritti dai giudici.
L'unica cosa provata con precisione è quella che i giudici scambiano per ciliegina e che invece, forse, fu la torta: Vittorio Mangano. E' questa la «furbata» berlusconiana suggerita da Dell'Utri, e che i due, in un quadro molto più improvvisato e meno scientifico di quanto la sentenza prefiguri, pensarono forse che potesse bastare. L'assunzione di Mangano nel 1974 non era un «pagamento» alla mafia, ma doveva servire proprio a non pagarla in un quadro assolutamente improvvisato. Una soluzione autogestita ma chissà quanto sufficiente, considerando che Berlusconi negli anni Ottanta ritenne di dover spedire ugualmente i suoi figli all'estero: questo soprattutto dopo la morte di Stefano Bontade, nel 1981, che è sempre rimasto l'unico serio boss che Dell'Utri era in grado di sensibilizzare tramite Cinà e Mangano. Sparito lui, la politica di autotutela di Berlusconi proseguì probabilmente all'insegna del giorno per giorno: il che non impedì, per esempio, che Berlusconi davanti ai cancelli di Arcore si ritrovasse qualche bombetta di avvertimento. Una dinamica, questa, che mal si concilia con gli improbabili incontri che Berlusconi e Dell'Utri, stando ai magistrati, avrebbero avuto coi boss Bontate, Teresi e Di Carlo: roba che riposa sulla parola di pentiti che hanno rimembrato vagamente dei fatti di 36 anni fa. Morto Stefano Bontade, le scarne conoscenze para-mafiose di Dell'Utri - Cinà e Mangano - nulla avrebbero comunque potuto al cospetto di Totò Riina e dei suoi corleonesi. E' molto probabile che Dell'Utri non abbia neppure mai conosciuto Vito Ciancimino, l'ex sindaco di Palermo di provati legami mafiosi. E' anche per questo - per grande scorno del pm Antonio Ingroia e dei suoi addetti stampa - che i giudici non hanno dato il minimo credito alla tesi di una contiguità della mafia col Berlusconi politico: gli incontri di Dell'Utri con Vittorio Mangano nel novembre 1993, peraltro mai negati, non provano nulla se non una vecchia amicizia mai rinnegata; le testimonianze di Salvatore Spatuzza e di Massimo Ciancimino, poi, sono apparse non credibili e contraddittorie non solo ai giudici ma a qualsiasi persona dotata di un minimo di buona fede.
Come detto, la storia in sé regge: Berlusconi che si serve di Dell'Utri, Dell'Utri che si serve di Berlusconi e qualche mafioso perdente che si serve di entrambi: il tutto in un quadro di mafiosità di piccolo cabotaggio che perdura sinché arrivano i corleonesi cui interessa il mercato della droga e il far saltare mezzo Paese, mica i tralicci di Berlusconi. Da allora però la figura di Dell'Utri - non è chiaro se lui consenziente - è rimasta avvolta in un'aura di «intoccabilità» che ha contribuito ad attribuirgli ruoli fatali e conoscenze innominabili, questo sia in qualche ambiente para-mafioso che altrove.
Nello scenario anni Settanta e Ottanta che riguarda Dell'Utri, perciò, le espressioni «mediatore» e «specifico canale di collegamento» appaiono sopravvalutate: così come «garante di Cosa Nostra» per Vittorio Mangano appare forse eccessivo. Se davvero Dell'Utri fosse stato il «concorrente» mafioso descritto, e non solo un palermitano che sapeva come muoversi, allora avrebbe meritato direttamente l'accusa di associazionismo mafioso che il pm Antonio Ingroia, in primo grado, aveva dapprima pensato di imputargli. Ma lo scenario reale, e non quello drammatizzato dai giudici d'Appello, probabilmente non avrebbe neppure consentito di giustificare l'incredibile reato di «concorso esterno» che è stato affibbiato a Dell'Utri.
Insomma niente di nuovo: la notizia c'era già stata - quella della condanna in Appello, pur ridotta da 9 a 7 anni - e così pure l'altra notizia, quella più clamorosa, cioè che in Italia una «mediazione» del genere viene equivalsa a un appoggio alla mafia: al pari - giurisprudenza alla mano - di medici che abbiano curato mafiosi o di preti che li abbiano confessati. Fu Giovanni Falcone, il 17 luglio 1987, a firmare una delle prime sentenze che prefiguravano il concorso esterno in associazione mafiosa: ma, nei fatti, il giudice non si sognò mai di contestare questo reato da solo, senza un corollario di altre e individuate ipotesi di reato. Ecco perché, in un suo libro scritto con Marcelle Padovani, appunto a proposito del 416 bis, Falcone vide lungo: «Non sembra abbia apportato contributi decisivi nella lotta alla mafia. Anzi, vi è il pericolo che si privilegino discutibili strategie intese a valorizzare, ai fini di una condanna, elementi sufficienti solo per aprire un’inchiesta». Infatti. La definizione specifica del reato, dopo la strage di Capaci, è diventata indefinibile, creta nelle mani del magistrato: il 416 bis è stato imbracciato per cercar di sanzionare ogni presunto e opinabile collaborazionismo dell'amministrazione, dell'imprenditoria e delle professioni. E della politica, naturalmente. F.Facci

venerdì 19 novembre 2010

Que reste-t-il de nos amours?

Cantata oggi dal Cav. (la canta veramente tra l'altro) alla Mara.

Situazione a Palazzo

"Caro Cav. la giornata si fa amara / se va via anche la Mara // se rimane solo Bondi / è ormai chiaro che sprofondi // gioca ancora con La Russa / e la crisi non si smussa // ti presenti con Giovanardi / non pare un governo di gagliardi // ti sostieni con Capezzone / stai per prendere l'acquazzone // se t'attacchi a Frattini / ti restano solo da fare i bollettini // ti sostiene la Gelmini / ha fatto incazzare pure i ragazzini // ormai neanche il povero Letta / mette più una paroletta // qui urge una nipotina egiziana / o almeno una pischella coreana".

Vieni via con noi

Saviano intrappolato nel gioco buoni-cattivi dei macro-messaggi televisivi.

Poi un giorno ci spiegherai perché in pochi giorni hai gettato alle ortiche un lavoro di anni, caro Saviano. In questo Paese rimanere bipartisan è un'impresa colossale, il cretinismo bipolare reclama sempre nuove prede da spolpare e da scaraventare dall'altra parte della palizzata politica: e tu eri riuscito a sottrarti con sforzo evidente, avevi evitato di intrupparti in un certo gregge conformista e firmaiolo anche perché - ripetevi - la lotta alla mafia e alla camorra non è di destra né di sinistra.

L'obiettivo, in parte riuscitissimo, sembrava quello di innescare una rivolta nella coscienza civile: non quello di puntare il dito contro Paderno Dugnano e l'hinteland milanese; il tuo riferimento morale erano «I racconti di Kolyma», mica i consigli di Loris Mazzetti. Dev'esser stata dura vivere come un fuggiasco a soli 31 anni, senza una vita privata, senza intanto farsi blandire dalle sirene che secondo una tradizione tutta italiana dovevano regalarti alla sinistra e renderti nemico della destra, facce speculari di una stessa automatica idiozia. Sei stato uno dei pochi che hanno riconosciuto i successi del governo nella lotta alla camorra, sei giunto a giudicare Roberto Maroni come uno dei migliori ministri di sempre, hai detto che il Casertano in passato era rimasto praticamente ignorato dallo Stato, hai ammesso che il centrosinistra aveva responsabilità enormi nella collusione con le organizzazioni criminali: anche perché le due regioni con più comuni sciolti per mafia erano Campania e Calabria, e chi le aveva amministrate negli ultimi 12 anni? Anche per questo il centrosinistra campano ti aveva accusato di infangare la tua terra, che vita, Saviano: e tutto questo per che cosa?
Per spazzare via tutto e svenderlo alla più sgangherata delle grammatiche televisive: che non è roba tua, non ancora, e si è visto.

La tv non è leggere un libro a una platea più ampia: la tv è una somma di sentenze inappellabili senza approfondimento, senza distinguo e senza note a margine. Se in tv parli male di un uomo o un partito, di un solo partito, tu ce l'hai con quel partito, stop, e sei un nemico di quel partito, stop, e tutto il resto ti si rovescia addosso a cascata.
E non dire che non lo sapevi: l'avevamo già capito quando hai raccontato il linciaggio di Giovanni Falcone, sei stato attentissimo a dire e non dire, a omettere nomi e cognomi che hai evidentemente deciso di non inimicarti. Sei stato molto paraculo, Saviano: del resto il difficile era questo, era raccontare di un uomo che non piaceva a nessuno facendosi applaudire da tutti. Impossibile, da noi. Per piacere a una parte devi impiccarne un'altra, e a quanto pare in questi giorni hai fatto la tua scelta: lega e leghisti - devi aver pensato - sono sacrificabili. Col rischio, però, che tu possa sacrificare molto più di quanto abbia calcolato: perché forse non ti è chiaro, ma in questi giorni non sei dispiaciuto soltanto ai leghisti.

Sei dispiaciuto a tutti coloro che pensavano che non ti saresti intruppato nel politicamente corretto, a tutti coloro che sono rimasti sconcertati da certe tue uscite che non hai saputo frenare, ormai intrappolato nella figura - ora posso finalmente usarla, quest'espressione odiosa - del martire catodico. Forse hai perso la testa: la tv fa quest'effetto, capita. Paragonare le parole di Maroni a quelle del camorrista Sandokan è stata una stupidaggine siderale, Saviano, un riflesso da forcaiolismo becero e involuto, cose che ti aspetti da un De Magistris, da un demagogo da strapazzo.
E sarà un caso, ma anche tutto il resto, poi, è sembrato come inquinato dalle crescenti cazzatelle che cominciavano a sfuggirti: tipo che «le mafie scommettono sul federalismo», come ha detto a quelli de l'Espresso, una frase che non vuol dire niente, perché è come dire che le mafie scommettono sui soldi ovunque vadano: frase che però è sufficiente a sconfessare la politica di un'intera legislatura, di un'intera forza politica.


Che cosa stiamo scoprendo, Saviano? Che le mafie inseguono i soldi dove ci sono? Che corteggiano il potere ovunque sia? Il macro-messaggio televisivo, ora, è che il Nordest sta diventando come il Casertano, società civile compresa: credi che dal teleschermo sia passato qualcosa di diverso, magari di più approfondito di così? Il grosso del pubblico di prima serata non legge Gomorra, spesso non legge proprio: ma guarda il telegiornale, e il capo di Gomorra in compenso l'ha visto in manette. Questo mentre tu, su Repubblica, menzionavi e ringraziavi praticamente l'intera squadra mobile di Napoli fuorché Vittorio Pisani, l'uomo che teneva sotto braccio Antonio Iovine e lo trascinava in questura, lo stesso poliziotto che ritenne infondate le minacce della camorra contro di te: è questo il messaggio che è passato, sai? Sembra che non l'hai nominato apposta: che ti piglia, Saviano? Anche il tuo commento dopo l'arresto del boss «sorridente» è suonato inutilmente drammatico e improbabile: hai detto che voleva dire «in carcere ci vado a comandare, tutto questo era previsto, vi ho fatto un regalo perché tanto fuori restano i miei capitali». Ma certo, si è fatto beccare apposta: vivere a Casal di Principe o beccare l'ergastolo è la stessa cosa, anzi non vedeva l'ora.


Stai spaccando gli italiani anziché sensibilizzarli, Saviano, li stai confondendo anziché informarli, soprattutto li stai confermando nelle loro rinfrancanti divisioni tra buono e cattivo, destra e sinistra, amico e nemico, soprattutto fatti e parole. Ma ormai sei imprigionato nella parte. Qual è la prossima mossa, Saviano? Potrai finalmente lasciare Mondadori, ora? F.Facci

mercoledì 17 novembre 2010

Versi sporchi e disonesti

Quando il nascente sol l’aurora caccia,
le cime de’ monti paion d’oro,
E gli uccellj escon fuor da’ nidj loro
Perché la fame e ’l giorno gli minaccia,
Allhor vorrej haver nelle mie braccia
Il dolce ricco mio caro tesoro;
Perché ’l cazzo mi dà tanto martoro,
Ch’io non so s’io me ’l menj, o quel ch’io faccia.
Niccolo' Macchiavelli, 1563

martedì 16 novembre 2010

G meno 7

Per la prima volta è stato organizzato il summit del G meno 7, formato dai membri degli stati meno potenti al mondo. Si sono ritrovati per tre giorni al campeggio dell’idroscalo di Milano. Le delegazioni degli stati non si sono nemmeno salutate tra loro. Anzi, si sono offesi durante la cerimonia d’apertura. La cosa non è stata documentata perché non c’erano giornalisti e cineoperatori al seguito.
La delegazione meno numerosa era quella dei boscimani. Sono arrivati in due. Subito hanno litigato con i campesinos per chi doveva parcheggiare la roulotte in sosta vietata. Entrambe le delegazioni volevano prendere la multa dal comune di Peschiera Borromeo (Milano) per poi vantare crediti all’Onu. Il primo vertice a due è stato tra i beduini e il presidente della provincia di Saragozza. I beduini dicono che non c’è più acqua per i dromedari. Quello gli ha risposto: “Certo, è tutto regolare, altrimenti se ci fosse stata avreste usato i cavalli e non i dromedari”. Il delegato dei beduini si è offeso.
I masai invece non si sono lamentati, anzi hanno detto che prima c’era un caldo bestia verso le due di pomeriggio. Adesso nella savana si sta benino, in capanna e con il condizionatore a manetta (gentilmente offerto da Bob Dylan).
E infine la delegazione della Cordigliera delle Ande. Anche loro sono più contenti che il clima è cambiato. Intervento del delegato: “Le scimmie urlatrici sono diventate più educate; prima tiravano le banane dall’alto dei baobab ai turisti. Erano dispettose (come si evince dai cartoni animati degli anni Venti). Oggi è cambiato tutto, sempre a causa del global warming: sbadigliano tutto il giorno”.
Inutile ricordare che il vertice è fallito. Ci vediamo a Singapore nel 2018.

domenica 7 novembre 2010

Il Presidente o il Partito?

L'intervento più applaudito all'assemblea dei circoli del PD è stato questo del nuovo Serracchiano. Un bel commento (da sinistra, of course) è quello di Francesco Cundari.
Già, nell’intervento c'è una contraddizione tra la critica ai partiti personali e quella alle interviste “per distinguersi” dalla linea del partito.
E se è pericoloso un partito del Presidente (leggi del satrapo, del genio, del migliore), non meno pericolosa è l’idea del Partito-Dio, del Partito che ha sempre ragione.
Nel primo caso si giustifica la personalizzazione con il carisma, la popolarità e il consenso; nel secondo con le procedure democratiche interne. Vedo fantasmi di adorazioni pagane che hanno fatto qualche danno il secolo scorso.

sabato 6 novembre 2010

Cascar giuppe le scale

E questo il commento della vicina di casa, autentica lezione di sassoferratese:
Dice è morta Pina, è cascata giuppe le scale è morta, dice come devo fa. Digo cuae da fa, chiama là l'ospedale e sente quello che te dice... la crocerossa, que ne so. E poe ho visto che n'è rivado nessuno, digo se vede che nn'ha chiamada la crocerossa. Però io non me so levata da lì casa mia, so stata, nonne' che me so ffacciata a vede. Digo vo a vede che e' morta, capirai 'n po' so sola c'ho pure paura.

Uccidere il quattro di quadri

A volte mi succede che qualcuno mi voglia far giocare a carte. Io odio giocare a carte. Giocare a carte mi provoca un’ansia, un tremore che non capisco: sintomi di un malessere che non so da dove arrivi, malessere che è aggravato dalla consapevolezza dell’inutilità assoluta di quel che stai facendo, malessere che è aggravato dalla consapevolezza della totale abiezione del gioco delle carte, un gioco che non fa bene a nessuno, un gioco che porta solo odio per quei re, e quelle regine, e quei fanti assassini, per quei jolly, mostri notturni degni dei peggiori incubi, e per quelle carte da nulla, quei tre, quei cinque, quei sette di fiori.
Io lo giuro, se mi capita ancora in mano un quattro di quadri, io lo ammazzo.

giovedì 4 novembre 2010

mercoledì 3 novembre 2010

Ruby Ruby Ruby

Li miracoli de li quadrini

Chi ha quadrini è una cima de dottore,
senza manco sapé scrive né lègge:
pò sparà indove vò ròtti e scorregge,
e gnisuno da lui sente er rimore.
Pò avè in culo li giudici, la lègge,
l'occhio der monno, la vertù, e l'onore:
pò fà magaraddio, lo sgrassatore,
e 'r Governo sta zitto e lo protegge.
Pò ingravidà ogni donna a-la-sicura,
perché er Papa a l'udienza der giardino
je benedice poi panza e creatura.
Nun c'è soverchiaria, nun c'è ripicco
che nun passi coll'arma der zecchino.
Viva la faccia de quann'-uno-è-ricco.
G.G. Belli, 11 marzo 1834

lunedì 11 ottobre 2010

Berlusconi-Fini: soap opera in 4'

Rimbocchiamo le coperte, ehm le maniche

"Per farsi le pere?" Commenta Luca Sofri.
Non male lo spot, a parte il bambino biondo, a parte che sono tutti giovani e belli, a parte il nero per il politically correct che però fa molto marine hollywoodiano, a parte Ligabue, a parte lo sfondo da obitorio, a parte Bersani, che pare si rimbocchi le maniche per raccogliere l'orologio caduto nel cesso.

venerdì 1 ottobre 2010

giovedì 30 settembre 2010

342; 174

Che uomo, Berlusconi: 74 anni e non scontarli.

Nello stesso giorno compiono gli anni anche Pierluigi Bersani e Mafalda. Un po’ di spazio anche ai personaggi di fantasia.

“Non riconsegnerò il paese alla sinistra”. Non è educato restituire i regali.

“C’è ancora troppo odio”, ha detto Berlusconi correggendo le bozze del suo discorso.

Il premier: “L’Italia è vittima di un passato che non passa”. E di un dittatore con una ditta.

Per il 2013 Berlusconi annuncia la fine della Salerno-Reggio Calabria e la ristrutturazione della magistratura. O era il contrario?

Il premier ha criticato “l’uso politico della giustizia”. È stato quando dal pubblico hanno cominciato a chiedere i pezzi più famosi del suo repertorio.

Nel finale il premier ha anche accennato alla situazione interna al Pdl. Quando ha detto “io”.

“Avete governato sette degli ultimi dieci anni” ha detto Bersani elencando i meriti del Pd.

Di Pietro: “Berlusconi ha stuprato la democrazia”. Ma era così provocante.

venerdì 24 settembre 2010

Santa Lucia

Continua il teatrino delle tifoserie avverse, tra perizie (e fiumi) d'inchiostri.
All'italiano dategli la rissa, la riffa, le russe, al limite La Russa, ma non annoiatelo con cose serie.

Update: le russe sono una cosa seria.

Freakonomics, the movie

Hierarchy of internet needs

mercoledì 22 settembre 2010

venerdì 17 settembre 2010

Mezzogiorno di notte

Photo taken by astronaut Douglas H. Wheelock aboard the International Space Station on August 22nd, 2010. "The beauty of Italy, on a clear summer night, stretching out into the Mediterranean Sea. You can see many of the beautiful islands lit up and adorning the coastline including Capri, Sicily, and Malta. The city of Naples and Mt. Vesuvius stand out along the coast.

Avere la bussola

McDeath

Esagerati. Mi fanno venir voglia di un megacheeseburger a quattro strati.

mercoledì 15 settembre 2010

La Turchia. L'Occidente.

Questo e' il miglior editoriale sulla Turchia odierna (Bettiza). Quest'altro e' un ottimo articolo sull'atteggiamento dell'Occidente di fronte all'islam-ismo (Panebianco).

martedì 7 settembre 2010

Il vertice del PdL

O visione, o morte

Fini era diventato interessante quando aveva reagito individualisticamente e con le idee all'isolamento politico cui lo avevano condannato l'astuzia seduttiva di Berlusconi e il suo disprezzo caratteriale per i suoi colonnelli. Un dissenso controllato, un'altra versione normalizzante della destra italiana: erano cose che valeva la pena di sperimentare nel dorato mondo del berlusconismo plebiscitario. Un discorso da leader di una piccola formazione che cerca spazio nella maggioranza o altrove segna un ritorno al passato. Poco charme.
Elefantino

lunedì 6 settembre 2010

Dandy

...Ma il dandy non aspira al denaro come a una cosa essenziale; gli basterebbe un credito illimitato; ed egli lascia questa passione volgare ai comuni mortali. Il dandismo non è neppure, come sembrano credere molti sconsiderati, un gusto sfrenato del vestire e dell'eleganza materiale. Per il dandy perfetto tali cose sono unicamente un simbolo della superiorità aristocratica del suo spirito. Così, ai suoi occhi, avidi soprattutto di distinzione, la perfezione del vestire consiste nella semplicità assoluta, che è poi il modo migliore di distinguersi. Che cos'è allora questa passione che, fattasi dottrina, ha raccolto adepti dominatori, questa istituzione non scritta che ha formato una casta così altera ? Essa è prima di tutto l'ardente bisogno di crearsi un'originalità, entro i limiti esteriori delle convenzioni sociali. E' una specie di culto di sé, che può sopravvivere alla ricerca della felicità da trovare nell'altro, a esempio, nella donna; e che può sopravvivere persino a tutto ciò cui si dà il nome di illusioni. E' il piacere di stupire e la soddisfazione orgogliosa di non essere mai stupiti. Un dandy può essere un uomo cinico, può essere un uomo che soffre, ma, anche in questo caso, egli sa sorridere come lo Spartano addentato dalla volpe. Così, per certi aspetti, il dandismo confina con lo spiritualismo e con lo stoicismo. Ma un dandy non può essere mai un uomo volgare. Se commettesse un delitto non ne sarebbe degradato, forse; ma se il delitto avesse origine da una causa ignobile, il disonore sarebbe irreparabile. Il lettore non si scandalizzi dinanzi a questa gravità nella frivolezza e ricordi che vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi. [...] Questi uomini possono farsi chiamare raffinati, favolosi, magnifici, leoni o dandy, ma tutti vengono da una stessa origine; partecipano del medesimo carattere di opposizione e di rivolta; sono rappresentanti di ciò che vi è di migliore nell'orgoglio umano, del bisogno, troppo raro negli uomini di oggi, di combattere e distruggere la volgarità. Di qui deriva, nei dandy, quell'orgoglioso atteggiamento di casta e di sfida, anche nella sua freddezza.
Ch. Baudelaire, Scritti sull'arte

domenica 5 settembre 2010

sabato 4 settembre 2010

Ministrachiara

È ancora una fan di Vasco Rossi?
«Sì. Alcune sue canzoni sono bellissime».
Per esempio?
« Albachiara».
Un inno all’autoerotismo femminile.
«Macché, macché, ma cosa dice?».
Nella strofa finale: «Qualche volta fai pen sieri strani / con una mano, una mano, ti sfiori, / tu sola dentro la stanza / e tutto il mondo fuori».
«Non l’avevo mai colta,non entriamo in questi dettagli, non mi rovini Albachiara».
Ammette che le piace anche Celentano. Se diceva che la canzone preferita di Adriano e' Una carezza in un pugno (inno alla masturbazione maschile) era fatta.

venerdì 3 settembre 2010

Totally unnecessary book


Così non necessario che c'è tutto quello che si dovrebbe sapere per vivere bene. Dissacrante, comico e malinconico, il manifesto del cinismo anticonformista e del politically incorrect. Live and love. Irony and serendipity.

Eroi bugiardi

Dai Sergio, sposta tutto in Polonia. In Italia non meritiamo niente.

lunedì 30 agosto 2010

Gheddafi a Roma

Dunque, riassumendo: un vecchio porcello ridicolmente pittato, cammuffato e truccato come un guitto da avaspettacolo, diventato milionario a spese dei propri connazionali attraverso oscure connections, incapace di tollerare anche la minima opposizione alla propria stizzosa prepotenza, dotato di televisioni e giornali sotto controllo governativo che cantano la sua gloria e azzannano i suoi avversarsi a comando, cinicamente capace di esibire per il pubblico una devozione religiosa che si guarda bene dal praticare in privato, arriva a Roma circondato da legioni di smandrappone per (e)scortarlo e intrattenerlo e per sparecchiare qualche altro milione dalle nostre tasche in cambio di qualche nocciolina regalata alle scimmiette italiane per far contenti i beduini dei suoi media che le spacciano per grandi affari. Nei prossimi giorni, questo grottesco, ma ricchissimo satrapo, da anni oggetto di ridicolo internazionale, incontrerà Muammar Gheddafi.

domenica 29 agosto 2010

Non addormentarti

Film fedelissimo all'originale, pure troppo. Il mostro col maglione a righe non e' il mitico Robert Englund, ma Nightmare e' sempre un piacere.

martedì 24 agosto 2010

Vi dico cosa (non) farei

Walterino dimostra con la lettera al corriere di non essere un politico. Prolisso, sognante e nebuloso sulle nuvole. Un Alice nel Paese dei bar delle meraviglie. Qualunquista riformista.
"Senza Berlusconi in Italia potremo finalmente avere un vero bipolarismo, schieramenti fondati sulla comunanza dei valori e dei progetti." Nel PD quanti vogliono il bipolarismo? Quali valori? Quale comunanza?
"L'unica strada che i veri democratici devono percorrere è quella di una repubblica forte e decidente." Se lo dice lui che ha abbandonato il progetto del PD per scrivere libri di sociologia spiccia, dimostrando la sua dote di leadership di carta, possiamo fidarci. La forza di non esserci, la decisione di abbandonare tutto. Che uomo triste.

sabato 21 agosto 2010

martedì 17 agosto 2010

sabato 14 agosto 2010

venerdì 13 agosto 2010

martedì 10 agosto 2010

Il povero Cavour

Ehi, oggi è il duecentesimo della nascita di Cavour. Nè esaltazione nè revisionismo del Risorgimento, solo silenzio. Brutta l'indifferenza.

giovedì 5 agosto 2010

Partiti e vizi capitali

Qui Langone faceva un'analisi politica delle elezioni europee basata sui vizi capitali. La ripetiamo per questa crisi estiva, a partiti scombinati: la Superbia (Fini) vuol logorare insieme all'Invidia (Casini) la Lussuria (Cav.), sempre a braccetto con l'Ira (Bossi); l'accidia (Bersani) non s'e' ancora organizzata, sempre piu' in balia di Avarizia (Di Pietro) e Gola (Vendola).

martedì 3 agosto 2010

Ruotate di 180° e capirete

Ho scoperta una tecnica infallibile per capire il caos politico di questi giorni e le reali intenzioni degli attori: basta negare in toto la dichiarazione ed avrete svelato cio' che i politici pensano intimamente, temono fortemente, desiderano ardentemente. Exempla:
- Berlusconi: "il Governo ha i numeri per governare" (leggi cazzo, pero', non credevo che i finiani arrivassero a superare i quattro amici al bar di Gino Paoli)
- Fini: "la casa di Montecarlo? Tutto regolare, ed io non sono titolare dell'appartamento" (leggi chiaro che ci sono state irregolarita', come fa una casa che vale 2 milioni ad esser stata pagata 300 mila euro? Purtroppo non ne ho usufruito di persona, ma parenti vicini)
- Bersani: "sì ad un governo di transizione, anche Tremonti meglio del voto" (leggi certo che voglio andare a votare ma e' un suicidio, perderemmo le elezioni con qualsiasi legge elettorale e non riusciremmo neanche a presentare un programma tanto siamo divisi. Meglio aspettare che il Cav. cada da cavallo da solo).
- Ancora Fini: "saremo leali al governo, sebbene critici e vigili" (leggi chi se ne frega di quello che fa il governo, voterei contro da subito ma devo prender tempo, se si va al voto adesso prendo al massimo il 5-6%, addio sogni di gloria, addio presidenza del Consiglio, e se faccio troppo casino addio presidenza della Repubblica)
- Casini: "si' ad un governo di unita' nazionale, noi fedeli al patto con gli elettori" (leggi chi se ne frega degli elettori, siamo campioni di trasformismi democristiani, ma mica sono scemo ad entrare nel governo adesso e sostenere il Cav. per altri dieci anni; meglio aspettare e farlo cuocere sul suo brodo, devo giocarmela bene per aspirare a Premier o a futuro presidente della Repubblica. Questo lo pensa anche Fini, vedremo chi ride ultimo).
- Vendola: "Italia pronta per premier gay" (leggi si', l'Italia e' pronta ad imbracciare i fucili per la rivoluzione contro un premier frocio come me, altro che la rivoluzione del proletariato. Eppure devo farmi un po' di pubblicita', no?)

Conta e riconta

Mercoledi' prossimo ci saranno i numeri alla Camera per sventare la sfiducia? Giorno Caliendo, piu' che caliente.

venerdì 30 luglio 2010

Dica 33

33 mi ricorda via Rasella. Chissà se i nuovi membri di Futuro e Libertà organizzeranno la rappresaglia delle fosse verdine: "10 berlusconiani per ogni finiano". A me il futuro non piace, la libertà pochissimo. E pensare che Azione Nazionale mi faceva quasi tenerezza. Meglio ridere: la storia si ripete sempre, ma in forma di farsa. Forse ritorna AN (la sua parodia liberalchic), ritorna il maanchismo e che cosa è la destra, ritornano le promesse del '94 (rivoluzione liberale, giù le tasse, più pelo per tutti) e gli spauracchi di sempre, gli schmittiani nemici oggettivi (toghe rosse, sinistre irresponsabili, comunisti) in una gattopardiana e impotente immobilità. Cheppalle, sognavo De Gaulle, non autogol.

giovedì 29 luglio 2010

Fantasmi di cose passate

Cose che si sanno, però fa sempre una certa impressione pensarci. Impossibile cogliere l'attimo, percepiamo solo il passato.

Ormai è tardi

martedì 27 luglio 2010

Un Bocchino al mattino

Nel Pdl è scoppiata una Granata
come Lupi, i berluscones azzannano i finiani
ma un Bocchino al mattino e comincia il Bongiorno
mentre gli altri stanno lì, con le facce un po' Verdini
a osservare i colleghi che fan gioco, tipo battaglia navale
"P3:colpito e affondato!",esclamano a gran (porta)voce
"Ma è un imbroglio o è un Briguglio?"
Non ci si racCapezzone più
"No, non è un imbroglio, sono solo giochi,
giochi eccelsi,giochi Fini".

lunedì 19 luglio 2010

I care. We can. They win.

Articolo eccezionale di Claudio Cerasa. Lungo, ma molto tragicomico.

Caldo, eh?

Per esempio, pare che una cosa da non fare, se si vuole arrivare vivi a ottobre, sia andare a fare la spesa al mercato rionale tra le 13 e le 14, perché da inoppugnabili statistiche risulta siano le ore più calde, e quindi trascinare sacchetti contenenti cocomeri da mezzo quintale non è consigliabile. Un’altra cosa da evitare, soprattutto se uno ha più di settant’anni, è dimenticarsi di bere, perché è accertato che la disidratazione conduce alla tomba. Oppure - e questo vale anche per i ventenni, specie per quelli di origine normanna parchi di melanina - addormentarsi sotto il sole della Gallura senza un’adeguata protezione anti-UV fa quasi sicuramente male.

Quanti anni sono che sentiamo lo stesso disco? Da quante estati vengono ripetuti questi servizi sempre uguali che, se non sono inutili, nel migliore dei casi sono “sprassolati e un poco scemi”? Io li ricordo fin dagli anni ’60, con un giovane Luciano Onder che importunava l’esperto del momento: bevete molto, non uscite nelle ore più calde ecc. Ai tempi della mia maturità pensavo che fosse quello l’Eterno Ritorno di cui parlava Nietzsche.

domenica 18 luglio 2010

sabato 17 luglio 2010

Racconto: 25 luglio

Quel Luglio si presentò particolarmente torrido e afoso. Una cappa grigia gravava sui cieli della penisola rendendo l'aria pesante e irrespirabile. Nella penombra del suo studio, Berlusconi, immerso fra fogli, appunti e carte processuali, tentava di risolvere i nodi politici, sociali ed economici del paese aggravatisi con la crisi economica mondiale. Ma le sue preoccupazioni erano rivolte in particolar modo alla "fronda" interna, che in quei giorni si era fatta particolarmente sentire con dichiarazioni e messaggi sibillini che promettevano poco di buono.
Rilesse con attenzione il lancio di agenzia portatogli dalla segretaria. Si riferiva a "Fare Futuro", l'organo ufficioso dell' opposizione interna, che parlava apertamente di:
" un necessario e inderogabile bisogno di discontinuità nella guida del Paese".
Un messaggio chiaro.
Inoltre il giorno seguente ci sarebbe stato il Gran Consiglio del PdL. Il massimo organo politico del Partito. Una riunione che molti dei suoi fedelissimi gli avevano sconsigliato di convocare. Temevano qualche trappola della "fronda".
Bondi lo supplicò per giorni, ma non ci fu niente da fare. Il Capo lo licenziò con un sorriso e una battuta :
" ghe pensi mi! Stai tranquillo..."
Il "Capo" voleva questo incontro. Era intenzionato a scoprire e leggere le carte degli oppositori interni e quindi agire di conseguenza.

Il Gran Consiglio del PdL si riunì alle 18 a Palazzo Grazioli. In discussione l'Ordine del Giorno Granata-Bocchino.
L'atmosfera era tesa. I pesanti tendaggi che impedivano agli infuocati raggi di sole di penetrare nel salone del Gran Consiglio, resero l'atmosfera, illuminata dai fari alogeni, livida e tetra.
Bocchino iniziò la lettura dell'OdG, con una premessa fumosa, come nel suo stile. Nessuno capì alcunchè. Fu invece molto chiaro quando disse che l'alleanza era ad un bivio: o Berlusconi si dimetteva e rimetteva il mandato nelle mani di Napolitano, o si sarebbe aperta una crisi al buio. Accusò inoltre Berlusconi di aver portato il paese allo sfascio morale, politico ed economico.
Ci furono le repliche dei membri del PdL e quella appassionata di Bondi che, rosso in faccia si scagliò contro quelli che definì "traditori prezzolati"
Dopo una lunghissima ed estenuante discussione, nella notte del 25 Luglio l'O.d.G
Bocchino-Granata fu messo ai voti e, grazie ad alcune assenze e astensioni inaspettate, fu approvato.
" E' crisi del governo" ! disse Berlusconi guardando in modo torvo Bocchino, Granata e Urso.
"Devi rassegnare le dimmissioni nelle mani del Presidente"! sibilò Bocchino con un sorriso sarcastico..
Bondi rosso in faccia si rivolse al lìder:
-"Silvio, facciamoli arrestare tutti dalla scorta"!
Berlusconi scosse il capo.
"No! Se questa è la decisione del Gran Consiglio del PdL, non mi opporrò. Andremo alle elezioni e li annienteremo, Sandro. Napolitano scioglierà le Camere..."
"Non scioglierà niente, Silvio, questo è un golpe"!
"Lo vedremo..."
Fuori, nel cortile del Palazzo del Gran Consiglio le macchine blindate della scorta presidenziale accesero i motori. Destinazione: il Quirinale.
Il Presidente Napolitano lo accolse freddamente.
"Ho saputo della votazione...La situazione del Paese è alle strette. La crisi economica è grave. Il popolo si lamenta"!
"Sono qui a rassegnare le mie dimissioni, Presidente..."
"Bene. Avete seguito la via della ragionevolezza"!
"Ora me torno ad Arcore, in attesa che lei, Presidente, sciolga le Camere..."
"Sciogliere le Camere? Prima dovremo verificare che non ci siano altre maggioranze..." rispose Napolitano con un sorrisetto che non piacque a Berlusconi.

"E poi, andare ad Arcore non è prudente... Mi dicono che la voce della crisi politica sia arrivata fra la gente. Le strade si stanno riempiendo di manifestanti. I vostri oppositori esultano. A Milano i giudici della Procura hanno improvvisato un comizio a Piazzale Loreto ci sono migliaia di persone eccitate... No, credetemi, non è prudente nè che attraversiate Roma nè che vi rechiate ad Arcore..."
"E cosa dovrei fare, allora"?
"Mettervi in sicurezza. Lasciar decantare la situazione e poi tornare tranquillo a casa vostra. Abbiamo pensato a tutto noi..."
Napolitano chiamò il suo segretario. Confabulò con lui. L'uomo uscì e subito dopo entrarono due ufficiali dei carabinieri.
" Uscirete dal Quirinale dentro un'ambulanza..." disse Napolitano.
"Ambulanza?! "
"Nessuno ferma le ambulanze. Lo facciamo per la vostra incolumità..."
Poi si avvicinò ad una finestra e mostrò all'ex-premier i primi drappelli di manifestanti con bandiere rosse e viola che stavano avvicinandosi, celebrando la Costituzione e la caduta del governo.
"Guardate quei cartelli, ci sono scritte che inneggiano alla vostra morte...Se foste fuori vi lincerebbero. Andate tranquillo con questi due ufficiali..."
Berlusconi, teso in volto, porse la mano al Presidente, ma Napolitano gli girò le spalle, allontanandosi.
I due carabinieri accompagnarono l'ex-capo del Governo sul mezzo parcheggiato nel cortile. Per prudenza gli bendarono il volto.
"Dove mi portate" ? Non ci furono risposte.

Nelle piazze, folle eccitate dai proclami incendiari dei giudici manifestarono, attaccando i giornali vicini al governo e le sedi del PdL. Molti politici di centro-destra furono aggrediti e arrestati.
Un comizio improvvisato fu tenuto in Piazza del Popolo con Di Pietro, Grillo, Santoro, Travaglio, Vauro, Ruotolo e Sabina Guzzanti. Poi un corteo si mosse e assaltò Palazzo Grazioli. Le telecamere di Anno Zero, messe già in pre-allarme da giorni, ripresero la scena e poi penetrarono del palazzo del "Despota" filmando gli arredi preziosi e i bagni che, a detta di Ruotolo, avevano rubinetti d'oro tempestati di pietre preziose. Furono assaltati anche gli studi televisivi di Mediaset.
La De Filippi e Costanzo, schieratisi con la folla, arringarono i manifestanti e li invitarono ad incendiare e distruggere tutti i simboli dell'odiato "ex-regime berlusconiano".
Anche a Milano si susseguirono assalti e aggressioni. I giudici spiccarono mandati di cattura a raffica contro esponenti politici del PdL.
Emilio Fede, a queste notizie, tentò il suicidio gettandosi dal pianterreno, ma si procurò solo leggere escoriazioni. Fu arrestato e tradotto a San Vittore.
La sera del 25, in un'atmosfera surreale e di attesa, ci fu un intervento di Napolitano a reti unificate. Il Presidente si appellò alle virtù civiche degli italiani e invitò tutti alla calma. Disse che, vista la gravissima situazione d'emergenza e sentito il parere delle forze politiche anti-berlusconiane, aveva incaricato il Presidente della Camera Finoglio di costituire un nuovo governo di unità e salvezza nazionale.
Trascorsero altri giorni di torbidi e violenze.
A Nord dopo un primo momento di incertezza e smarrimento, la Lega, che aveva assunto un atteggiamento fintamente attendista e possibilista nei confronti di Finoglio, si preparò alla riscossa. Bossi con una mossa fulminea e approfittando del caos che regnava, fece occupare le televisioni e le Procure dalle sue camicie verdi e l' 8 Agosto proclamò la secessione del Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli VG, dall'Italia.
Molti reparti delle forze dell'ordine e dell'esercitò aderirono alla repubblica secessionista.
Furono istituite formazioni para-militari in cui affluirono migliaia di volontari leghisti e fedelissimi di Berlusconi: nacquero le Ronde Padane, le Brigate Azzurre e le Brigate Verdi, le forze dell'ordine confluirono nella Guardia Nazionale Repubblicana del Nord.
Nei giorni successivi iniziarono numerosi rastrellamenti da parte delle Brigate Verdi e Azzurre, comandate rispettivamente da Borghezio e Bondi. Migliaia di elementi dei centri sociali, grillini, finoglini, piddini, furono arrestati e presero la strada del sud, dove furono adibiti al lavoro coatto e alla costruzione di fortificazioni sulla linea del Po. Altri riuscirono a raggiungere le montagne dove avrebbero dato vita alla resistenza.
La perdita delle regioni produttive del Nord, fu un colpo gravissimo per il governo Finoglio e per l'economia del paese.
Napolitano e il nuovo premier iniziarono una propaganda serrata contro la Repubblica secessionista accusandola di egoismo, razzismo e xenofobia. Non solo: il Primo Ministro chiese soccorso agli USA, GB e Francia e l'intervento della Nato. La questione italiana diventò una questione di primaria importanza per gli equilibri internazionali.
Obama assicurò, come del resto fecero Cameron, Sarkozy, Zapatero, ogni aiuto possibile per ristabilire l'ordine e l'unità del paese. Più freddi si dimostrarono i governi tedesco e quello russo.
A Roma, durante una manifestazione patriottica, fu lanciato da Ciampi e Scalfaro, l'appello a creare una grande armata, ma visto lo scarso entusiasmo guerresco che seguì all'appello, furono aperte le porte agli extra-comunitari che, con la promessa della cittadinanza, di un lavoro e di una casa, accorsero in massa nei centri di arruolamento. Nacque così, sotto il tricolore, il più grande esercito multirazziale mai visto.

Berlusconi ,nel frattempo, trascorsa una settimana dal golpe finogliano, dalla Maddalena, dove era stato portato in un primo momento, fu trasferito a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Qui sotto la scorta di una ventina di carabinieri, visse isolato da mondo, senza avere notizie su quanto stava accadendo all'esterno.
A Roma la caduta del governo del Centro-Destra provocò l'insorgere di potenti forze laiciste e anti-clericali. Ogni giorno migliaia di gay, atei e radicali manifestarono davanti a San Pietro. La Chiesa e il Papa erano sotto assedio.
Nei giorni che seguirono le manifestazioni anti-cattoliche aumentarono in modo preoccupante. Il 14 Agosto il Papa fu arrestato con l'accusa di essere il mandante delle violenze pedofile, e con lui tutti i cardinali.
L'arresto scosse l'opinione pubblica cattolica e fu considerata un atto sacrilego.
Il ministro per gli Affari Religiosi del Governo Finoglio, Emma Bonino, disse, papale papale, che Benedetto XVI° sarebbe stato processato ed estradato negli USA per associazione a delinquere di stampo pedofilo.
Il soglio di San Pietro fu testimone in quei giorni di manifestazioni blasfeme organizzate dalla
potente lobby gay, che aveva piazzato nel governo romano due ministri: Luxuria
(Ministero della Famiglia), e la trans Natalie
(Ministero alle relazioni con le Regioni).
Le settimane che trascorsero furono dedicate al rafforzamento delle rispettive posizioni.
Tremonti, capo dell'economia e degli esteri della neonata Repubblica del Nord riusci ad allacciare importanti relazioni e alleanze strategiche con alcuni paesi europei.
Volò a Mosca dove, in un incontro segreto firmò un 'intesa segreta, passata alla storia come il "Patto Tremonti-Putin". In esso si contemplava un intervento militare russo in appoggio alla Repubblica del Nord ove si fossero determinate particolari condizioni di pericolo per gli interessi russi.
Negli stessi giorni, entrò nel Patto segreto anche la Germania, interessata a che il Nord Italia facesse parte di un'area economica integrata di cui avrebbero fatto parte Baviera, Austria, Ungheria, Cekia, Slovacchia ed altri paesi della zona mitteleuropea.
Putin, oltre alla promessa dell'appoggio politico-militare, fornì a Tremonti una notizia clamorosa: i servizi segreti di Mosca avevano localizzato il luogo di prigionia di Berlusconi.
Bossi e Tremonti, in concerto con il ministro della Guerra Borghezio decisero di intervenire: occorreva liberare Berlusconi. Bossi in persona si premurò di seguire personalmente il piano ideato dal ministro della Guerra.
Esso prevedeva l'intervento fulmineo di una compagnia di paracadutisti: i "Diavoli Verdi" , a Campo Imperatore. L'unita di elìte avrebbe liberato Berlusconi e poi,
a bordo di un elicottero, lo avrebbe portato oltre la linea del Po, dove, a Linate, ad attenderlo ci sarebbero stati Bossi, Tremonti e i ministri del governo provvisorio del Nord.
Il piano fu preparato nei minimi particolari e scattò il 10 Settembre. Una sessantina di parà atterrò a Campo Imperatore cogliendo di sorpresa i carabinieri di guardia. Berlusconi liberato si imbarcò in un grosso elicottero che, alzatosi in volo, virò verso Nord.
Atterrato a Linate, fu accolto da Bossi e dal figlio Piersilvio. Il 12 Settembre, nella sua residenza ad Arcore, il Capo formò il nuovo governo. Bossi, Tremonti ebbero i ministeri della Guerra, Esteri ed Economia. Gli altri ministeri furono affidati in parti eguali a "verdi" ed "azzurri". Il 13, dagli studi televisivi di Segrate si rivolse agli italiani, incitandoli alla riscossa e promettendo la giusta punizione dei traditori e dei golpisti.
Anche Finoglio a Sud lanciò un proclama dai forti accenti. Asserì che a Nord il Male Assoluto si era impadronito di quelle terre e che occorreva bloccare sul nascere l' "infezione verde-azzurra", prima che "il suo veleno" si propagasse nel resto dell'Europa.
Creò un nuovo governo che riscosse il plauso delle forze progressiste e dei governi amici: da Zapatero a Cameron, da Sarkozy-Bruni a Obama, da Mandela a Mugabe.

Primo ministro: Finoglio
Ministro degli Interni: Di Pietro
Ministro degli Esteri: Ronchi
Ministro della Famiglia: Luxuria
Ministro della Giustizia: Travaglio
Ministro delle Comunicazioni: Maurizio Costanzo
Ministro del Lavoro: Lapo Elkan
Ministro per l'immigrazione e integrazione: Azouz Marzouk
Ministro dell'Economia e Finanze: Visco
Ministro delle Poste: Maria de Filippi
Ministro della Salute: Rosy Bindi
Ministro dell'Ambiente : Pecoraro Scanio
Ministro degli Affari Religiosi : Emma Bonino
Ministro della Guerra : interim Finoglio

Verso la fine di Agosto l'Armata Verde-Azzurra scatenò l'offensiva, dilagando nella pianura emiliana. In pochi giorni le difese approntate dal governo di Roma furono annientate: le tanto strombazzate "legioni africane", vanto e gloria della "integrazione" finogliana, si liquefecero come neve al sole. Anche la brigata d'elité "Balotelli" non resse l'urto e si dissolse. Le formazioni politiche di sinistra che avrebbe dovuto rallentare la marcia furono spazzate via. Una radicale e brutale pulizia politica ed etnica fu intrapresa nelle terre liberate.
Terribile fu la mattanza nel cosiddetto famigerato "Triangolo Verde" emiliano.
Il 28 Agosto Bologna accolse fra due ali di folla in festa le truppe berlusconian-bossiane..
Pochi giorni dopo, le formazioni del Generale Borghezio, oltrepassati i passi appenninici, dilagarono in Toscana e nelle Marche. Solo la città di Livorno, difesa da black bloc, extracomunitari e comunisti tentò una disperata difesa. Ma fu conquistata in poche ore: rasa al suolo, il suo nome cancellato e sulle sue rovine, sparso il sale.
L' 8 Settembre le avanguardie dell'esercito del Nord arrivarono alle porte di Roma.
Nottetempo, Finoglio, il presidente Napolitano e tutto loro seguito fuggirono dalla città, e attraverso l'autostrada Roma-L'Aquila, a bordo di una infinita colonna di auto blù, giunsero sull'Adriatico. Qui furono raccolti da una nave militare che li condusse al sicuro a Brindisi, dove furono furono accolti dal Governatore Vendola a chiappe aperte.

La difesa della capitale, abbandonata dal governo e dal Presidente, fu affidata alla Brigata "Luxuria" formata da gay, lesbiche e trans. Formazione ammirata soprattutto per l'eleganza delle sue divise mimetiche dai toni rosa fuxia e rosa salmone.
In realtà, dopo le prime fucilate, i difensori si calarono le braghe e si arresero.
Altre formazioni costituite dai "ragazzi" dei Centri Sociali , radicali, annozerini e farefuturologhi furono piazzati negli snodi strategici della città, con il compito di controllarne gli accessi.
Il generale Borghezio, vista la situazione, ordinò di attaccare Porta Pia, tenuta dai radicali della Brigata Pannella. La resistenza fu breve e inutile. Purtroppo per loro, si trovarono di fronte una unità di cattolici lefevriani papalini con il dente particolarmente avvelenato nei loro confronti.
La sera, nella Città Eterna, fu celebrato in San Pietro dal Papa, liberato dalla prigionia, un solenne Te Deum di ringraziamento.
(Continua nei commenti; via A.Krancic)