sabato 23 luglio 2011

Oriana la liberale

Xenofoba, razzista, intollerante, violenta, ignorante, sgangherata, semplicistica. Mentre vendeva tre milioni di copie, la Trilogia di Oriana Fallaci (La Rabbia e l’Orgoglio, La Forza della Ragione, Oriana Fallaci intervista se stessa. L’Apocalisse) fu accolta con questi giudizi da colleghi (a esempio, Tiziano Terzani, fan di Pol Pot), storici (Franco Cardini, cattolico innamorato di Maometto) e scrittori (Valerio Evangelisti, ammiratore dell’assassino Cesare Battisti). Dalle parole si passò ai fatti giudiziari: in nome del politicamente corretto alcuni processi-farsa furono istruiti contro la Fallaci a Parigi, in Svizzera, a Bergamo. Gli attuali custodi della libertà d’espressione, all’epoca non trovarono nulla da obiettare.
Sono trascorsi dieci anni da La Rabbia e l’Orgoglio, cinque dalla morte dell’autrice. Oggi tutti riconoscono la grandezza della Fallaci, anche chi ha passato il tempo a denigrarla, a patto di rimuovere gli ultimi libri ritenuti ancora «impresentabili». La vulgata è questa: fu una grande donna moderna e illuminata fino a quando prese ad attaccare il mondo arabo. Quella – ci ha spiegato Monica Guerritore in un recente spettacolo teatrale – non era più la «vera» Fallaci. Era piuttosto una vecchia malata, colma di rancore e vittima della solitudine. È uno dei due artifizi con i quali mortificare l’originalità di Oriana Fallaci, rendendola inoffensiva. L’altro, meno grave e incoraggiato dalla scrittrice stessa, è definirla «anarchica». Titolo in Italia conferito sempre a sproposito a chi non rientra nei consueti schemi politici. Lei ci scherzava, quando minacciava di chiamare i suoi amici anarchici per far saltare in aria eventuali minareti irrispettosi del paesaggio toscano. L’anarchia però è cosa seria e ha connotazioni precise sia a sinistra sia a destra.
Piuttosto Oriana Fallaci si muove, con la massima consapevolezza, all’interno del pensiero liberale. Sempre. Anche quando carica a testa bassa il Corano e i suoi seguaci. Ma quale razzismo... L’anarchia poi non c’entra un fico secco, come testimonia la sua ammirazione per una certa idea di Stato e per una certa classe politica: più volte, nella Trilogia e nel romanzo Un cappello pieno di ciliege, emerge la passione per il Risorgimento e la destra storica. C’è poi la Fallaci ex staffetta partigiana delle formazioni di Giustizia e libertà. Antifascista ed egualitaria, pronta però a scrivere che troppa uguaglianza conduce al collettivismo e uccide la libertà. Lontana quindi dalle idee socialiste che hanno avuto successo tra gli azionisti e i loro epigoni. Infine c’è l’«atea cristiana», il cui tragitto spirituale si svolge per intero all’ombra di Benedetto Croce e del suo Perché non possiamo non dirci cristiani.
La lotta contro l’islam non è una battaglia contro l’immigrato. È una guerra alla teocrazia introdotta subdolamente nei Paesi democratici. Le comunità arabe rifiutano l’integrazione, facendo leva sul multiculturalismo frettoloso di un Occidente incapace di apprezzare (e dunque difendere) la libertà conquistata a caro prezzo. Il risultato? Alcuni quartieri delle nostre città obbediscono alla sharia. «Al novantacinque per cento – si legge in La Forza della Ragione – i musulmani rifiutano la libertà e la democrazia non solo perché non sanno di che cosa si tratta ma perché, se glielo spieghi, non capiscono. Sono concetti troppo opposti a quelli su cui si basa il totalitarismo teocratico. Troppo estranei al tessuto ideologico dell’Islam. In quel tessuto ideologico è Dio che comanda, non gli uomini.
Un Dio che non lascia posto alla scelta, al raziocinio, al ragionamento». Un musulmano deve obbedire alla sharia anche quando prescrive norme inconciliabili con la nostra Costituzione. È il caso della poligamia. O del trattamento da riservare a mogli e figlie. Il Corano ordina la sottomissione e l’obbedienza al marito. Le nostre leggi però stabiliscono l’uguaglianza dei sessi, difendono la libertà della donna, vietano atti discriminatori nei suoi confronti.
Possiamo derogare alle nostre regole? Ovviamente no. Per spiegare al lettore quale sia la posta in palio, la Fallaci nella Forza della Ragione usa le parole del grande economista liberale Friedrich von Hayek a proposito della Russia bolscevica e della Germania nazista. «Qui non si abbandonano soltanto i principii di Adam Smith e di Hume, di Locke e di Milton. Qui si abbandonano le caratteristiche più salde della civiltà sviluppatasi dai greci e dai romani e dal Cristianesimo, ossia della civiltà occidentale. Qui non si rinuncia soltanto al liberalismo del 1700 e del 1800, ossia al liberalismo che ha completato quella civiltà. Qui si rinuncia all’individualismo che grazie a Erasmo da Rotterdam, a Montaigne, a Cicerone, a Tacito, a Pericle, a Tucidide, quella civiltà ha ereditato... Chiunque neghi l’individualismo nega la civiltà occidentale».
Quando si tratta di capire i motivi per cui l’Europa assiste muta alla possibile disintegrazione dei suoi valori fondanti, la Fallaci ricorre al padre del liberalismo prediletto, citato sulla pagina e in privato: Alexis de Tocqueville, l’autore di La democrazia in America (e di lettere feroci contro il Corano). In fondo il nostro male è barattare libertà per collettivismo, spogliandoci così di ogni responsabilità. Ecco il passo, ancora dalla Forza della Ragione: «Forse Tocqueville \ si riferiva a noi italiani quando diceva che il matrimonio su cui si basa la democrazia, il matrimonio dell’Uguaglianza e della Libertà, non è un matrimonio riuscito. Che non è riuscito perché gli uomini amano la libertà assai meno dell’uguaglianza, e la amano assai meno perché sfociando nel collettivismo l’uguaglianza toglie agli individui il peso delle responsabilità. Perché non esige i sacrifici che esige la libertà, non richiede il coraggio che richiede la libertà, non ha bisogno della libertà». Anche il declino delle classi dirigenti ha una spiegazione «tocquevilleana»: in democrazia i voti «si contano ma non si pesano. Sicché la quantità finisce col valere sulla qualità». Al governo talvolta vanno i peggiori: quelli che cercano il compromesso e, temporeggiando, lasciano morire il paziente ammalato.
Croce, Hayek, Tocqueville. Libertà, individualismo, tirannia della maggioranza. Altro che xenofoba. Altro che vecchia rancorosa. Altro che anarchica. Per descrivere Oriana Fallaci, e capire quanto fosse isolata, basta una parola: liberale.
A.Gnocchi