lunedì 31 agosto 2009

Prostitute d'alto borgo

Ma come si fa a scrivere "prostituta d'alto borgo"? Mi fanno venire il paté d'animo. Certi giornalisti meriterebbero non dico il lignaggio, ma almeno di vivere allo stato ebraico.

Alla destra del padre

Alla sinistra del padre

Dal 25 agosto al 3 settembre

Il clima era quello surriscaldato, incerto ed esausto così ben descritto da Sartre nel celebre incipit de Il rinvio: «Le sedici e trenta a Berlino, le quindici e trenta a Londra. L’albergo si annoiava sulla sua collina, deserto e solenne, con un vecchio dentro. Ad Angoulême, a Marsiglia, a Gand, a Douvres, la gente pensava: “Che cosa farà? Sono le tre passate, perché non scende?”». Era la drôle de guerre, la «strana guerra» che aleggiava da tempo nell’aria di tutta Europa, ma che ancora stentava a esplodere. Due nuove uscite editoriali dello stesso autore - Richard Overy, saggista di grande pregio (ricordiamo il suo La strada della vittoria) - ripercorrono con metodi diversi la storia e le ragioni di quel periodo, più o meno breve a seconda del punto di vista dal quale lo si considera. Sull’orlo del precipizio. 1939. I dieci giorni che trascinarono il mondo in guerra è un agile libretto (pagg. 160, euro 14) con cui Feltrinelli inaugura la collana divulgativa «Storie». In esso viene ripercorso, con stile scorrevole e a tratti vertiginoso, il conto alla rovescia verso il dramma: dal 25 agosto 1939, quando Inghilterra e Polonia firmano un patto per tutelarsi reciprocamente da un attacco tedesco, fino al 3 settembre, quando Inghilterra e Francia dichiarano guerra alla Germania, che aveva già invaso la Polonia. Come scrisse H.G. Wells in un suo romanzo neanche troppo metaforico: «La tensione era arrivata al punto che il disastro sembrava quasi un sollievo e l’Europa era finalmente libera di andare in pezzi». Le origini della seconda guerra mondiale (Il Mulino, pagg. 208, euro 13) ha invece un andamento meno narrativo, più analitico: partendo dagli anni Venti e dalla crisi della Società delle Nazioni, Overy si interroga sulle correnti profonde - economiche, politiche, culturali - che hanno portato al conflitto.

Tintarelle e insolazioni

Le notizie non muoiono sulla carta, né nell'etere, né in Rete. Sopravvivono altrove. Dove, non si sa. Proviamo a immaginarlo.

LA NOTIZIA. Quello regalato nel 1969 dall'allora ambasciatore Usa al primo ministro olandese in occasione della visita degli astronauti dell'Apollo 11 non è un pezzo di roccia proveniente dalla Luna, ma solo legno pietrificato. Questa la «verità» accertata da Xandra van Gelder, responsabile delle indagini condotte sul reperto attualmente custodito presso il museo Rijksmuseum di Amsterdam.
Secondo le informazioni raccolte dai media, a regalare all'allora primo ministro Willem Drees quella che doveva essere roccia lunare furono proprio gli astronauti che per primi misero piede sulla Luna nel 1969, nel corso di un tour compiuto poco dopo il loro rientro sulla Terra.
Alla morte di Drees il reperto venne messo in mostra al museo di Amsterdam e assicurato per un valore di circa 500mila dollari. La Nasa, interpellata sulla «scoperta», non ha saputo dare delucidazioni. (fonte: Ansa, 28 agosto 2009).

FUORI DALLA NOTIZIA. La notizia relativa al falso frammento di roccia lunare donata nel 1969 all'allora primo ministro olandese, è l'ennesima conferma dell'esistenza della vita sul nostro satellite.
Lo afferma l'astrofisico «eretico» olandese Olaf Skrokky nel suo libro È tutto vero, tra pochi giorni nelle librerie italiane. «Se quello, come dice la signora Xandra van Gelder (la responsabile delle indagini condotte sul controverso reperto, ndr) è un pezzo di legno, vuol dire che sulla luna ci sono, o quantomeno c'erano in passato, degli alberi. Lo capirebbe anche un sasso».
Daniele Abbiati

Paura eh?

Come scrive l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski: “La questione comunista in Italia era potenzialmente il più grave problema politico che gli Stati Uniti avessero in Europa”.
L'Italia sospesa, Umberto Gentiloni Silveri

domenica 30 agosto 2009

Afghan democracy



Totalitarismi

Il soggetto ideale di un sistema totalitario non e' il nazista convinto o il convinto comunista, ma un individuo per cui la distinzione tra il fatto e la finzione (ossia, la realta' dell'esperienza) e la distinzione tra il vero e il falso (ossia, i criteri di giudizio) non esistono piu'.
Hannah Arendt, The origins of totalitarianism

Carezze dimenticate

Il Meeting.

Verità

“Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?”

Aldilà

"Ogni uomo seppellito è il cane del suo nulla".

56 anni

Età in cui «non suonano per me se non gli addii, se non i commiati, se non le separazioni, se non le rinunce, se non le condanne. Ho sognato che ripiegavo la mia carne come un mantello senza colore».
D'Annunzio

Artiglierie pesanti

Sofri senior diventa pesante e prosaico quando gli commissionano articoli di politica interna.

Elettori appenninici

L'elettore appenninico è il più esigente: bestemmiatore nelle osterie pur essendo sinceramente credente; ha i tratti rudi e duri del mezzadro ma è autenticamente generoso; collettivista in bocciofila e al circolo ma guai a chi gli tocca il pezzo di terra e l'attività di famiglia; bacchettone in piazza e libertino in domo sua. Mica facile accontentarlo.

giovedì 27 agosto 2009

Ramadan 2009


Libri stupefacenti

Gli uomini non desiderano tanto che la loro consapevolezza operi nel modo giusto, quanto piuttosto che a loro sembri che sia giusto quel che essi fanno, e perciò essi ricorrono a sostanze che alterano il giusto operare della consapevolezza. Lev Nikolaevic Tolstoj.

Sull’ultimo numero di Wired lo scrittore Gianluca Morozzi (dodici romanzi alle spalle) si è prestato a un insolito esperimento: si è «bombato» di Ritalin per una settimana e ha raccontato la sua esperienza in un reportage sotto forma di diario. Scopo dell’esperimento era rispondere alla domanda: si può diventare più intelligenti impasticcandosi? E magari anche più artisti? Il famigerato Ritalin è un farmaco stimolante simile all’amfetamina, che negli Stati Uniti viene massicciamente distribuito, tra polemiche di ogni genere, per curare nei bambini la «sindrome da deficit dell’attenzione». Naturalmente anche gli adulti ne hanno approfittato per migliorare le proprie prestazioni intellettuali.
L’effetto su Morozzi è stato il seguente: a metà pomeriggio del settimo giorno si è messo al computer e non si è più alzato, salvo per andare in bagno, per le successive quaranta ore. E ha scritto un romanzo. «Un intero romanzo - ci racconta. In due giorni! Centoventi cartelle! Ovviamente è la prima stesura, poi la rivedo senza Ritalin. Uscirà la prossima primavera. Ricordo che anche Kerouac ha scritto Sulla strada quasi in un’unica seduta, su un rotolo di carta, assumendo benzedrine. Il Ritalin mi ha dato una velocità e una facilità di scrittura incredibile, come se tutte le parole e tutte le idee coesistessero nella mia testa: si trattava solo di metterle sulla carta. Ma non ripeterò l’esperienza. Di solito ci metto tre mesi per abbozzare un romanzo, e non due giorni, e a me va bene così».

mercoledì 26 agosto 2009

Conte canta e conta

I poeti di Paolo Conte, in ordine di importanza: Pascoli -il primo, "per ritmo e cadenza"-, Campana, Seferis, Sbarbaro, Montale, Sereni.
Il romanzo migliore: Vedrò Singapore? di Piero Chiara, "la perfezione".
via La Stampa

Onda lunga su onda lunga

Adattarsi? No, arrancare.

L'estate sta finendo

Antoine de Roquelaure

Cavaliere di Malta, libertino e audace blasfemo, avvezzo a intrufolarsi tra le devote durante la messa canticchiando oscenità sodomitiche, a lanciare bestemmie nella cattedrale di Saint Etienne e persino a consacrare fette di arancia a mo' di ostia, offrendo la comunione a un cane e alla vagina di una prostituta. Arrestato, rinchiuso nella Bastiglia, riuscirà ad evadere e a riprenderà le sue turpitudini, come l'elemosina al mendicante purchè bestemmiatore, destinata a divenatre una scena chiave del Don Giovanni di Molière.

Théophile de Viau

Nato in una famiglia ugonotta, ebbe vita movimentata. Studiò dapprima all'Académie de Saumur e all'università di Leida. Prese parte alle guerre di religione in Guienna dal 1615 al 1616. Dopo la guerra divenne un brillante poeta nella corte reale. Entrò in contatto con le idee epicuree del filosofo italiano Lucilio Vanini il quale metteva in dubbio l'immortalità dell'anima.
Nel 1622, una raccolta di poemi licenziosi "Le Parnasse satyrique"; de Viau fu denunciato e condannato a presentarsi a piedi scalzi di fronte a Notre Dame di Parigi per essere bruciato vivo (1623). Poiché si era reso irreperibile, la sentenza fu eseguita in effigie; alla fine il poeta fu catturato, mentre si apprestava a scappare verso l'Inghilterra, e rinchiuso nella prigione della Conciergerie a Parigi per quasi due anni. La vicenda diede luogo a varie discussioni fra gli studiosi e gli intellettuali: furono pubblicati 55 pamphlet, sia a favore che contro de Viau. La pena fu commutata in quella del bando perpetuo e de Viau trascorse i restanti mesi della sua vita a Chantilly sotto la protezione del Duca di Montmorency.

Giulio Cesare Vanini

Prima cattolico, poi anglicano, poi sensista e predarwiniano sui generis, libertino. Arrestato e processato per blasfemia, condannato al rogo nel 1619.

S'i fosse acqua - Atene


Piove Impero ladro

E' noto a chi, come me, ha studiato la storia del paesaggio italiano come, dopo la fondazione di Roma, il clima in Italia fosse molto piovoso. Plinio il Vecchio nel secolo I poteva scrivere "immo vero tota Italia nimborum creatrix est" (in verità tutta l'Italia è madre di acquazzoni e temporali). La caduta dell'Impero Romano corrispose invece ad un lungo periodo di siccità. Mentre il nostro Medioevo fu caratterizzato da un "ottimo climatico" con un deciso aumento delle temperature che, se provocò il dilagare delle paludi costiere con l'innalzamento del livello del mare, consentì di costruire i borghi e di coltivare i cereali anche in montagna. Questo periodo fu seguito, in pratica sino alla fine dell'Ottocento, da quella che i climatologi hanno chiamato "piccola glaciazione". E' veramente difficile far corrispondere a questi periodi delle variazioni nei comportamenti umani.
Bruno Filippo Lapadula

Io e noi

Questa nostalgia del Noi, elevata a dignità letteraria nel romanzo di Veltroni e indicata come motivo dell'insuccesso del suo governo nell'articolo di Prodi, non solo è inattuale, perché non corrisponde più alla società italiana di oggi. È anche pericolosa. Per due ragioni. La prima è che se una politica di progresso è giudicata impossibile in presenza di egoismo e individualismo così diffusi, non c'è niente da fare se non aspettare una palingenesi culturale e antropologica. E, a quel punto, effettivamente romanzi e articoli servono più della politica. La seconda ragione è che ogni volta che si esalta un Noi, si indica implicitamente anche un Voi. E quel Noi generico e aulico diventa allora un noi-noi, la nostra parte politica, quelli che la pensano come me, la nobile minoranza che condivide la mia stessa nostalgia. Mentre voi, gli altri, la maggioranza che state dall'altra parte, siete ciò che impedisce a noi, i migliori, di trionfare. Il che equivale - se mi si passa la battuta - alla più perfetta delle vocazioni minoritarie.

martedì 25 agosto 2009

Il pieno grazie

Abbiamo iniziato il '900 che eravamo meno di un miliardo. L'abbiamo finito che eravamo più di sei. Molto ha aiutato la penicillina. Per il resto, rivolgetevi al petrolio.
Nicolazzi

Meglio la merda

L'automobile ha sostituito un mezzo di trasporto molto più inquinante, il cavallo, che depositava grandi masse di letame ai bordi delle strade.
"It's getting better all the time"

Canne mozze

Poco sesso per chi si droga. In particolare chi fuma marijuana «in maniera intensiva» (cioè almeno una volta al giorno) rischia di avere seri problemi sessuali e in particolare di avere quattro volte più difficoltà a raggiungere l'orgasmo rispetto a chi non ne fa uso.È quanto riporta uno studio australiano pubblicato sul "Journal of Sexual Medicine". I ricercatori, guidati da Marian Pitts di La Trobe University di Melbourne, hanno analizzato 8.656 australiani, scoprendo che molti dei fumatori avevano problemi nei rapporti con il partner. In alcuni casi, invece, i medici hanno riscontrato il problema opposto, cioè un tasso di eiaculazione precoce tre volte superiore ai non fumatori. In tutti i casi, secondo lo studio, un impatto non equilibrato e naturale nell'approccio alla sessualità.

Fuochino

«Sono libri sottratti al rogo. Il fascino di questa mostra è far "vedere" le opere preziose di Giordano Bruno e Tommaso Campanella, pensando al destino di esilio e persecuzione che i due filosofi hanno avuto. Ai visitatori offriamo un percorso tra i libri scampati alle fiamme e ora finalmente riuniti insieme». Così Annette Popel Pozzo, responsabile Fondo Antico della Fondazione Biblioteca di Via Senato del senatore bibliofilo Marcello Dell'Utri, a Milano, presenta la mostra «Giordano Bruno e Tommaso Campanella, Opera Omnia» curata da Eugenio Canone e dalla stessa Popel Pozzo, che si apre oggi (fino al 2 ottobre) alla Fondazione Biblioteca di via Senato 12, a Milano. Un'immersione nel pensiero di straordinari "eretici", le cui opere sono scampate ai roghi dell'Inquisizione.

Sconcordato

Sarebbe un guaio che l’emanazione del regolamento che “mette fra parentesi” la sentenza del Tar facesse cadere nel vuoto l’iniziativa del Foglio di far uscire il dibattito sull’insegnamento della religione dall’ovvio e scontato, ognuno, laici e cattolici, a opporre agli altri i soliti argomenti. Anticlericali interessati al nuovo, cattolici dallo sguardo lungo e atei devoti non banali dovrebbero cogliere l’occasione di buttare all’aria schemi inadeguati alla realtà. Da vecchio radicale, mi viene da chiedere: da un punto di vista cattolico ha senso la battaglia a difesa di questo insegnamento della religione? Lo frequenta il 90 per cento degli studenti. Ma i risultati? Conoscete un altro paese in cui sia così diffusa tanta ignoranza in fatto di religione? Mi capita, in sede di esami di storia in università, di verificare che non pochi studenti non sanno che Cristo era un ebreo, o non hanno idea del rapporto fra Bibbia ebraica e cristianesimo… Questo dopo 13 – 13 – anni di insegnamento concordatario. Non sarà il caso di trarne qualche conclusione? La questione sta nei fondamenti. L’insegnamento concordatario della religione in una scuola per tutti è di per sé contraddittorio, anomalo, in quanto dichiaratamente di parte: per esserne insegnante bisogna condividere una fede, non basta conoscere la materia. Tanto è vero che occorre l’autorizzazione del vescovo. Di qui lo statuto anomalo, di un insegnamento in cui ovviamente non si può essere bocciati. Questo in una scuola in cui il criterio ultimo della valutazione sta nella promozione o no. C’è da meravigliarsi se gli studenti in gran parte vivono l’ora di religione come un’attività di serie C? E se gli insegnanti, impegnati a strappare un po’ di attenzione degli studenti, si riducono spesso a gestire un’ora di generica umanità? L’effetto è inevitabile: si radicano l’immagine e il riflesso di una marginalità del fatto religioso. Da un punto di vista religioso e cattolico, una catastrofe.Ma anche in un’ottica laica, preoccupata della capacità della scuola di fare cultura, se si tien conto di quanto il pensare, il sentire e l’immaginare cristiani stiano fra i pilastri della cultura occidentale. Grande questione, dunque, per i cattolici, ma anche per i laici, quella di costruire un’altra via per far conoscere sia la religiosità cattolica sia più ampiamente il fattore religioso. L’Elefantino propone che il Papa rinunci al privilegio concordatario in fatto di insegnamento, e lo stato al monopolio culturale della scuola pubblica. E che si affidi a un criterio e a un’etica di libertà – guardando al modello americano – la conquista di un rinnovato posto del cristianesimo e di una vera capacità educativa della scuola. La questione, così, diventa paradigma di problemi generali e di fondo. Superare, non solo a scuola, l’illiberale logica concordataria, tutelare i valori religiosi non con i privilegi e l’uso di parte dei poteri statali ma esaltando la libertà, conquistare un’attenzione vera della società secolarizzata per le domande di dignità umana che la sensibilità religiosa solleva, porre in termini di libertà-responsabilità la questione educativa. Su un terreno di interesse comune c’è lo spazio per confronti nuovi e fascinosi fra cattolici preoccupati della loro fede, persone appassionate all’educazione e laici rigorosi.
Lorenzo Strik Lievers

lunedì 24 agosto 2009

Più sanità per tutti

Qui è spiegata bene la faccenda della sanità in USA.

domenica 23 agosto 2009

10 - 11 - 27 - 45 - 79 - 88

Bar Biffi, e sei protagonista.

sabato 22 agosto 2009

Meglio lungo

Per il divieto di braga corta nei centri storici. Un 22 agosto degli anni Cinquanta la fotografa americana Ruth Orkin insieme al pappagallismo immortalò l’eleganza italiana, nella famosa foto “American girl in Italy”. I quindici passanti fiorentini colti dall’obiettivo in piazza della Repubblica sono diversi per età e censo ma accomunati dai pantaloni lunghi. Molti hanno anche la giacca, qualcuno la cravatta. E faceva “un caldo boia”, rammenta Carlo Marchi, uno di quei passanti intervistato oggi dal Corriere. Bisogna imparare a vivere all’altezza della grande architettura, Arnolfo di Cambio, Giotto e Brunelleschi bisogna meritarseli. Per il passeggio dei bragacorta ci sono i centri commerciali.
Langone

venerdì 21 agosto 2009

Zero titulo

Si litigava sulla grazia a Sofri - qui, su questo Giornale - e volarono accuse al limite dell’insulto, roba pesante, un corsivo contro l’altro, mica finzione. Avevo cominciato io e il direttore Maurizio Belpietro ricambiò dandomi in sostanza dell’ignorante; io per contro accusai Mario Giordano, un giovane inviato, di puerilità e semplicismo. Il caso fece un chiasso trascurabile ma sentito, e i lettori comunque mi scotennarono; ricordo che un solo collega, Giampiero Mughini, da vero fuoriclasse, mi diede la sua solidarietà. Quel Mario Giordano, tempo dopo, me lo ritrovai come avversario in una partita di calcio: galoppavo sulla destra e mi fece un fallo da espulsione (a vita) che mi fece rotolare a terra per quattro volte; mi rialzai digrignando i denti e lui mi disse pure: «Non è fallo». Ne seguì una di quelle scene penose dove un esagitato (io) viene trattenuto a stento dai compagni mentre menziona uno a uno i santi del calendario. Quando poi quel Giordano divenne direttore del Giornale, tutti a dirmi: tu hai chiuso. Invece questa rubrica, che da anni scorrazzava impunita in questa prima pagina, non solo fu mantenuta, ma divenne ancora più libera, persino troppo, un caso praticamente unico nel panorama nazionale. E siccome si vive una volta sola, io, che a dire «grazie» mi viene un’emiparesi facciale, oggi gli dico: grazie. Non me ne hai mai censurata una e non mi censurerai neanche questa, l’ultima.
Facci

Non cucinare

Il libro: Catching fire. How cooking made us human (un po’ liberamente: «“Giocando col fuoco”. Come cucinare ci ha fatto diventare umani») e l’autore è Richard Wrangham, professore ad Harvard.
«Ho scoperto che in ogni società umana è la donna a cucinare per l’uomo. Il che fa della cucina un discrimine molto più del sesso. Una donna che cucina per un uomo che non è il suo compie un tradimento ben più grave dell’atto sessuale». I dongiovanni prendano nota. La preparazione del cibo produce una tale intimità che poi, dopo cena, passare al dunque è un gioco da ragazzi.
Per chi dongiovanni non è si tratta non di una questione erotica bensì di potere, scusate se è poco. Per riprendere il sopravvento in casa e nella società, insomma per rimettersi i pantaloni, bisogna che la donna venga indotta a rimanere il più tempo possibile tra i fornelli. Con le lusinghe, ovvio. Bisogna smettere di criticarla quando guarda «La prova del cuoco» in televisione. Bisogna regalarle magnifici grembiuli e un nuovo set di padelle scintillanti. Bisogna dirle che è bravissima anche se il risotto è scotto e la torta si sbriciola appena la guardi.
Soprattutto bisogna smettere di affiancarla o, peggio, di sostituirla nello spignattamento. Vi piace cucinare? Fatevi passare questa voglia assurda dedicandovi a passatempi più virili, che so, la pipa, la falegnameria o la caccia che ha garantito ai nostri progenitori una inscalfibile immagine macho. Infine Wrangham ci mette in guardia dal pericolo del cosiddetto «foodism», come nel mondo anglofono viene chiamata l’abitudine di mangiare cibi crudi tipo sushi, sashimi, carpaccio. Pare sia qualcosa di orribilmente animalesco, essendo solo l’abitudine a cucinare, dice il professore, a fare di noi degli umani. Dal nostro punto di vista, il punto di vista maschile, la questione è un’altra: se si mangiano cibi crudi nessuno cucina e se nessuno cucina la donna ha tutto il tempo di complottare insieme a Umberto Veronesi contro l’uomo. Bisogna quindi rilanciare la moda delle lunghe cotture: ne usciranno piatti di laboriosa digestione ma almeno avremo tenuto a lungo occupata la nostra dolce, temibile metà.

Langone

Arcobaleno di meno

Dove sono finiti i pacifisti?

Siamo donne o caporali?

Cromosomi pazzi.

mercoledì 19 agosto 2009

Jeans genovesi

Freddi d’inverno e caldi d’estate. Stretti all’inguine, tanto da compromettere la fertilità maschile. Sul versante femminile, addirittura «corazzati», se una sentenza della Corte di Cassazione italiana li equipara ad una «cintura di castità», considerandoli invalicabile ostacolo alla violenza carnale. Non si tratta di un’arma di distruzione di massa, ma dei blue jeans, uno fra i simboli - come la Coca Cola, le Marlboro e le telenovelas - dell’impero che ha vinto. Un potente strumento di omologazione e un colossale affare economico che, al momento, riguarda un miliardo e 800 milioni di capi d’abbigliamento l’anno... Di cui Remo Guerrini ha raccontato la storia - una vera epopea - nel volume Bleu de Gênes. Piccola storia universale del jeans (Mursia, pagg. 162, euro 12).
Al pari di tutte le vere tradizioni americane, i jeans affondano saldamente le loro radici in Europa. A partire dal nome. La parola «jeans» deriva da Genova, ed è una storpiatura anglosassone del francese Gênes. Già nel Cinquecento, ai tempi di Enrico VIII, il tessuto proveniente dalla città ligure, in Inghilterra è chiamato «jeans». Il «Denim», nel linguaggio comune è quasi un sinonimo, ma si tratta di un’altra cosa. Il termine ha infatti origine da Nîmes (con Genova e Ginevra, altro vertice del «triangolo della seta»). Qui, la famiglia André produce un tessuto, chiamato serge de Nîmes, contratto poi semplicemente in Denim. Le differenze tra le due stoffe - entrambe blu - stanno nell’«armatura», ovvero nel diverso intrecciarsi di trama e ordito, cioè filo orizzontale e filo verticale.Italia e Francia, quindi, si contendono la paternità dell’indumento più diffuso al mondo... Ma non sono le sole. Esempio da manuale del melting pot americano, i nostri calzoni hanno ascendenze ebree tedesche, inglesi, lituane, polacche, e sono diventati uno fra i simboli della globalizzazione.

Bocce bocciate

Salvatore Biasco nel suo “Per una sinistra pensante” se ne esce a un certo punto con l’espressione di una forte nostalgia per la sezione comunista e in particolare per una sua manifestazione: la festa dell’Unità. Quel sentimento di ricomposizione di una società, di superamento delle differenze di ceto e di cultura, per cui il metalmeccanico accanto all’impiegato delle poste e al professore universitario discuteva del mondo e preparava le salamelle, crea nell’economista un moto di rimpianto. Il ricordo di certe emozioni non mi è del tutto estraneo. Più sottile il richiamo di Pier Luigi Bersani. Il leader “democratico” non si lancia in un’apologia delle “vecchie sezioni” ma se ne esce con una frase che rappresenta un richiamo della foresta per il branco degli ex quadri del Pci. Per giustificare un sistema di organizzazione definito del Partito democratico, rimanda al fatto che persino una bocciofila per funzionare abbia bisogno di regole. Per chi è cresciuto nelle antiche organizzazioni togliattiane, il riferimento alla bocciofila (elemento essenziale nelle organizzazioni ricreative del movimento operaio, dai circoli cooperativi milanesi alle case del popolo toscane ed emiliane) è una specie di madeleine proustiana. Quando in qualche sezione si levava un contestatore del centralismo democratico, il “funzionario della federazione” non mancava di fargli presente come anche in una “bocciofila” una volta che si fosse deciso di costruire il campetto per le bocce in un certo posto, poi la decisione non potesse essere rimessa in discussione.
...la nostalgia di Biasco per quella ricomposizione della società che offrivano manifestazioni come le feste dell’Unità? Biasco cita spesso Barack Obama come un esempio: il neo presidente americano ha nel suo passato esperienze di organizzatore di iniziative sociali nei quartieri di Chicago, esperienze appunto in cui il lavoratore metalmeccanico nero si trovava fianco a fianco con la donna single che tirava su i propri figli e con il giovane laureato di Harvard. Ma la caratteristica di queste iniziative, senza dubbio appassionate, era civica (spesso con una forte componente religiosa, ma nell’Ottocento la borghesia e la classe operaia nascente italiana diedero vita anche a un umanitarismo laico) non politico-complessiva, non rivoluzionaria-militante (militare).

Calderoli sul Corriere


Sempre troppo corto


O chi ne fa le veci


Canalis sul Corriere


lunedì 17 agosto 2009

Il mito muto

...I miti sono a rischio continuo di smitizzazione, meglio non indagare troppo ed evitare le battaglie legali per l’eredità, se possibile: avevamo una specie di famiglia Kennedy italiana, con un capofamiglia morto nell’adorazione generale per l’allure, l’eleganza, l’uso di mondo, l’orologio sul polsino, le acute osservazioni politiche, l’elicottero per andare a sciare lontano dai burini, il simpatico vezzo di lanciarsi in mare nudo anche da anziano, la erre arrotata, l’ironia aristocratica, la gamba accavallata, l’azienda in difficoltà, le donne ai piedi, uno lontano anni luce dai soliti parvenu, dai nuovi imprenditori esagitati, uno davvero in grado di insegnare qualcosa, celebrato come star internazionale: fotografie in bianco e nero, lui che guarda lontano. Poi arriva una figlia arrabbiata, Margherita, e quei maleducati dell’Agenzia delle Entrate aprono un’inchiesta: Giovanni Agnelli potrebbe aver nascosto in Svizzera circa due miliardi di euro (non sono nemmeno in grado di contare quanti soldi siano, nella realtà, non lo voglio sapere) per evadere le tasse. Come un ignorantone qualunque.
Mammalena

Donne che si accettano

L'accento sulla e di accettano è grave o acuto, a scelta.
Sa perché le donne diventano passionali? Perché non si accettano. Se una donna ha troppe certezze, troppe risposte, è quasi automatico che non è passionale. Essere passionali, ad ogni modo, non significa essere irresponsabili. Al contrario degli uomini, noi donne non riteniamo il successo professionale un successo tout court, capace di giustificare ogni cosa. È solo una parte della nostra vita. Guardi la Magnani. Grande attrice, grande professionista. Poi aveva questa gelosia che distruggeva tutto.
Melissa P.

La vita è nulla

Le Grandi Depresse.

sabato 15 agosto 2009

Trova le parole

Lei: Che costruisci bel bambino?
Lui: La sede nazionale del PD.

Contro le forze del male

Politicamente ordinario

La versione di Barney.
Un "bestseller" "politicamente scorretto", citazioni di quotidiani nazionali online. Politicamente scorretto.Come fa a essere politicamente scorretto un romanzo che non fa altro che parlare della vita attraverso lo sguardo di un signore stanco e un poco acidulo? E' "trasgressivo" forse odiare? C'è forse qualcosa, all'interno della mente di Barney, che vada al di là dell'esperienza della vita che ogni giorno trascorriamo?Come si fa a non alzare un sopracciglio di fronte allo spettacolo desolante di questi giornalari, per i quali è scorretto tutto quello che non può essere detto all'interno di una chiesa? E' possibile che sia trasgressiva una donna che balla in discoteca, un ragazzo che beve un mojito, o un signore di una certa età che parla male dei colleghi?Pare che non ci venga più dato il diritto di provare disgusto, di non tollerare, di arrabbiarci. Con la più grande probabilità, nessuno degli scribacchini di quegli articoli ha letto il romanzo, e questa è un'attenuante; è però indicativo l'uso che si fa di questi termini, l'affermazione di un culto del buonismo, di un forzato buonismo, che tenta di convertirci tutti quanti in schizzinose comari di provincia, e consente alla stampa di venderci come scandaloso e scorretto quello che nella realtà non è.

Nichilismo / Nazismo

Drugo: "Ma no, sono dei nichilisti, capito?"
Donny: "Eh?"
Drugo: "Continuavano a ripetermi che non credono in niente".
Walter: "Nichilisti? Mi venga un colpo. Allora è meglio la dottrina nazional-socialista, Drugo. Se non altro, ha alla base l'ethos".
Il grande Lebowski

venerdì 14 agosto 2009

Aforisma benfatto

"L'aforisma è uno stimolo a pensare, oltre che un self-service di pensieri ben confezionati. A volerne fare un po' di storia, il termine è un grecismo - che significa "delimitare, separare, scegliere" - rimasto a lungo nell'ambito del linguaggio tecnico-scientifico. Solo nell'Ottocento avanzato l'aforisma divenne un vero e proprio genere letterario, specie dopo l'uscita di "II crepuscolo degli idoli" di Friedrich Nietzsche (1888). Da allora ne sono state tentate varie definizioni e delimitazioni, che però poco ci interessano: a partire dalla più brutale, quella di Gesualdo Bufalino per cui "Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole." Un aforisma benfatto, a mio parere, è quello capace di generare un effetto-sorpresa, tanto più nel caso di quelli scelti per questa raccolta, che vuole essere l'esaltazione del paradosso, forma estrema dell'aforisma."
Pensieri scorretti, Giordano Bruno Guerri

Canottiere verdi

Celestino Riva, terù màia saù, la moglie di Crispi.

Diritti e Rovesci

Nell’articolo Liberisti senza libertà, apparso sul domenicale del “Sole 24 Ore”, Andrea Romano ha citato, condividendolo, il giudizio che Alessandro Campi e Angelo Mellone, ne La destra nuova (Marsilio, 2009), hanno dato del new conservatism europeo. In esso «il tradizionalismo dei valori è innervato di aperture alla grammatica dei diritti civili e alla volontà di lasciarsi alle spalle il culto sentimentale del passato e della tradizione, l’enfasi retorica in materia di patriottismo e religione, le rigidità ideologiche e i pregiudizi mentali in materia di immigrazione e di diritti civili».
In linea di massima, mi associo anch’io all’elogio anche se vi avverto qualcosa che mi riporta al vecchio stile della “ideologia italiana” , fatta di sottintesi, di “capisci bene a cosa mi riferisco”, di riflessi condizionati a eludere i problemi librandosi, al di sopra dei casi concreti, nei cieli astratti dei “princìpi”.
È uno stile che ha buon gioco solo contro fantocci polemici che non esistono o si ritrovano unicamente in frange marginali della politica e della società civile. Oggi, ad esempio, dove si trova più «l’enfasi retorica in materia di patriottismo» se persino in un circolo culturale di An, mi è capitato di sentire discorsi sulla “conquista regia” che sembravano dettati dalla libellistica antisabauda e antirisorgimentale?
E, per quanto riguarda i «pregiudizi mentali in materia di immigrazione e di diritti civili», in cosa consistono realmente? C’è, forse, qualcuno che abbia giustificato i teppisti romani che hanno massacrato di botte un povero extracomunitario? Tra l’universalismo dei cosmopoliti e il tribalismo estremista c’è un’ampia zona grigia che non consente giudizi tranchant e con cui bisogna fare i conti, almeno in democrazia.

...La “filosofia dei diritti” sta diventando un campo mal coltivato, pieno di equivoci e di pericoli. Forse non sarà male ricordare che ai “diritti di cittadinanza” degli individui corrispondono i “doveri” della collettività di farli osservare...

Lenin uccide ancora

Una enorme statua di Vladimir Lenin alta cinque metri è crollata al suolo in Bielorussia, uccidendo un uomo. Lo hanno riferito le autorità locali della città di Uvarovichi, spiegando che un giovane 21enne ubriaco si era arrampicato sul monumento e si era appeso ad un braccio della statua che ricorda il leader della rivoluzione bolscevica. Eretto nel 1939, il monumento di gesso è crollato in pezzi, uccidendo sul colpo il giovane.
via Libero

Ronda in gabbia

Potere della parola. Se parli di ronde e gabbie salariali si incazzano tutti. Piove governo fascista e nordista. Se invece dici che trattasi di volontari della sicurezza addestrati e contratti legati al merito e al territorio un po' si calmano.

Recanati

Ci sono stato l'altro ieri. E pensavo che la sfiga in amore, l'emarginazione degli amichetti, i passeri -solitari pure loro- che ti cagano in testa da una torre antica vicino casa e pure bruttarella, le viste del mare e del Conero e di chilometri e chilometri di campagne marchigiane l'infinito te lo può far vedere, pure da un cucuzzoletto. Il genio di Leopardi è finalmente ridimensionato.

Federica


Destra onnivora

Perché gli intellettuali di destra non si occupano della Destra? Così, sconsolato, si è interrogato l’intellettuale di destra Angelo Mellone. «Strano ma vero», proprio adesso che la Destra si è fatta «forza di governo, senso comune, cultura popolare maggioritaria» non ne parlano, non si entusiasmano, peggio la dileggiano...
L’autore di Di’ qualcosa di destra e il coautore di La destra nuova imputa agli antipatizzanti quella che, a ben vedere, è caso mai una pecca dei simpatizzanti.

1) Autoannullamento in politica
2) Assimilazione onnivora di altre culture

Dante anticostituzionale

Che il suggerimento di Bonaiuti, far diventare testo scolastico la lettura di Carmelo Bene della Divina Commedia, venga accolto con l’entusiasmo che merita da Mariastella Gelmini. “Dante è alla base” dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Sì, Dante è alla base. Dante è alla base della nostra battaglia contro la nuova, insulsa materia scolastica denominata “Cittadinanza e Costituzione”, che dovrebbe forgiare “cittadini affrancati da pregiudizi razziali o religiosi, strenui difensori della democrazia”. Dante ha ben più che pregiudizi, ha giudizi: Maometto è “seminator di scandalo e di scisma” e merita l’inferno, i pisani vanno affogati, i pistoiesi inceneriti. Altro che respingere i clandestini: Dante vuole espellere da Firenze anche gli abitanti di Galluzzo (distante cinque chilometri) e Trespiano (sette). Perché puzzano. Dante condanna, maledice, offende, discrimina, inveisce. Il Papa Celestino V (a cadavere ancora caldo) è un vigliacco, gli omosessuali sono “lerci”, le donne in abiti succinti “svergognate”: tutti all’inferno. Dante è il sommo poeta perché della Costituzione sommamente se ne frega.
Langone anticostituzionale

Donne forti (e sole)

Un inno alle Donne. Spero di leggere molte voci femminili di protesta. Sennò vorrà dire che ha ragione lui.
Uno spaventoso paese dei Balocchi in cui la donna, Puella Aeterna, potrà giocare divinamente con se stessa senza mai la noia di doversi misurare con l’Altro. E perfino riprodursi da sé – oddio, e se poi ti nasce un maschio? – Un nuovo fondamento archetipico per le fantasie, già attualissime, di tutte quelle ragazzine che in giro per l’occidente sognano di farsi il bambino da sole, o fingono un provvisorio sogno d’amore per poi espellere l’Altro non appena dà segni della sua alterità. Ed ecco tutte quelle famigline asfittiche e infelici, la mamma e il suo bambino, l’una carceriere dell’altro, senza nessun terzo a fare il lavoro di necessario incomodo nella simbiosi fatale. Oppure – libertà alternativa – nessun bambino, l’indipendenza totale, l’automutilazione di quell’Altro di cui l’umanità femminile, in questo sì migliore, ha sempre fatto il suo bizzarro baricentro, spostato fuori di sé. Ho letto Umberto Veronesi e ho pensato: ecco un uomo del secolo scorso, un medico che molto ha dato alle donne e altrettanto – a titolo risarcitorio? – sembra voler togliere loro. Che disegna un futuro terribile applicando con zelo logiche che appartengono al passato prossimo dell’emancipazione, già superate da un pensiero femminile che il professore, il quale pure dice di conoscere molto bene le donne, evidentemente non si è dato la pena di ascoltare. Non ha notizia del pensiero della differenza, della lotta delle donne contro l’omologazione al modello maschile unico. Non percepisce il loro desiderio. Altrimenti, da grande vecchio qual è, alle ragazze direbbe che l’unica sola e vera pari opportunità è quella di poter stare liberamente al mondo ciascuna e ciascuno secondo il sesso del quale si è nate e nati, perché il nostro corpo spirituale è tutto ciò che siamo. Direbbe alle ragazze di non condannarsi alla solitudine, perché non vi è alcuna ragione di infliggersi questo supplizio, di cercarsi uno sposo e di coltivare l’amore per la sua differenza, accettando il conflitto e ammirandolo come Altro, facendolo diventare l’uomo che sarà, autorizzandolo a essere il padre del figlio che insieme avranno fatto nascere, e insegnando al figlio che quello è suo padre.
Marina Terragni

Addio vecchia Europa

Non sempre la Chiesa è apparsa così malridotta come nell’Occidente europeo degli ultimi trenta anni. Dopo le tre rivoluzioni del Concilio, del 1968 e del 1989 sembra che essa non vada più a genio a nessuno: per i devoti non è devota e sacrale, per i liberali non è liberale, per gli impegnati non è sufficientemente sociale, per quelli delle comunità di base è ancora troppo funzionaria, per gli amanti della vita troppo moralistica, per gli esoterici ed i ricercatori di senso troppo sobria. In generale appare straordinariamente antiquata e contemporaneamente ritoccata in modo moderno, così che quasi nessuno vi si senta a casa. Rabbrividiscono tutti coloro che pensano ad essa, preti, laici, femministe, vecchi devoti e nuovi illuminati; ci si inizia quasi a scusare di essere ancora cattolici.
“Passi e passaggi nel cristianesimo. Piccola mistagogia verso il mondo della fede” di Elmar Salmann.

Penuria d'anguria

Mi aggiro per la città cercando una rinfrescante fetta di cocomero e laddove fino agli anni Novanta c’erano pittoreschi baracchini oggi trovo parcheggi o bar smercianti Heineken. I fruttivendoli o sono in ferie o sono stranieri che l’anguria non sanno nemmeno pronunciarla, figuriamoci tagliarla. Nei supermercati si vendono fette rinsecchite, tagliate da quel dì, seppellite nella pellicola trasparente. Non mi resta che la birra. Se i sindaci invece di emettere grida antialcoliche riportassero i cocomerai nelle città, in giro ci sarebbero meno ubriachi. I ragazzi dovrebbero andarci più piano, è vero, ma il ragazzo che vive in una città senza più anguria (che è buona e fa bene e costa poco e mette allegria solo a vederla) che altro può fare, la sera, se non ubriacarsi?
Langone

L'ora di Corano

Il significato della religione e la sua storia, questioni importanti per conoscere il nostro mondo, le insegnerebbe il professore di filosofia: con un’ora in più a disposizione. Fine – bieca – della questione. Così Sofri il giovane e ateo e liberalchic.
Tra venti anni diremo che però un'ora a settimana di Islam è importante, vuoi perchè i bambini islamici sono la maggioranza vuoi per favorire l'integrazione dei cattolici nella società musulmana europea. E la faremo obbligatoria, quest'oretta.

Quorum raggiunto

In Inghilterra il 54% degli alunni delle scuole elementari ha una lingua madre diversa dall'inglese.

Airc-accia miseria

Dei 90 milioni raccolti nel 2008 dall'Airc soltanto la metà è stata usata per la ricerca contro il cancro. Quasi 23 milioni per fondi di investimento e obbligazioni. Quando si dice investire nella ricerca.

Modernismo fascista

Il fascismo è fenomeno profondamente diverso dal nazismo: il fascismo tentò di interpretare, in qualche modo e per qualche tempo, le spinte, il pullulare della modernità nascente, il nazismo si prodigò subito a distruggerla, per odio quasi razziale.
A. Malraux

giovedì 13 agosto 2009

I più al Sud

Al Sud sono più bravi a scuola. E poi sono anche più invalidi.

Agosto: mai così normale

Come mai tg e giornali non dicono che da oltre mezzo secolo non si vedeva un agosto così normale, senza troppo freddo, troppa pioggia, troppi incendi, troppa afa? Non è una normalità eccezionale?

iBoom

Telefoni che fanno scintille.

lunedì 10 agosto 2009

Un Romano in Cina

Attento, per l'Africa ci sta già pensando il Veltro.

domenica 9 agosto 2009

Perdonali

La Tangentopoli di Blu Notte (youtube o rai) ha infuso in me tanta pietà per le folle del crucifige.

Divino Giulio

L'ho visto oggi. Confermo la recensione. E aggiungo una bella colonna sonora, l'intervista di Scalfari mica male, alcune intuizioni nel montaggio. Per il resto siamo tra denuncia e panegirico, tra verità e invenzione, Blu Notte a Anno Zero, Report e La poliziotta della squadra del buoncostume. Diverte, se visto oniricamente.

sabato 8 agosto 2009

Menti aperte

Su Gianfry, fai il bravo. Non è che essere a-ideologico significhi sempre dire cose di sinistra. E' finito anche l'effetto sorpresa, non sei più figo.
http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/napolitano-2/napolitano-marcinelle/napolitano-marcinelle.html
http://www.corriere.it/politica/09_agosto_08/fini_pillola_ru486_9bb77132-8445-11de-bc84-00144f02aabc.shtml
http://stefanocicetti.blogspot.com/2009/05/ei-fu.html

Ronda su ronda

Oggi partono le ronde. Non esagerate con l'abbronzatura.

giovedì 6 agosto 2009

Nerds

“E capirai questo: ogni sceneggiatore, disegnatore, ma anche solo appassionato di fumetti, è stato un tempo un bambino meraviglioso. Un bambino nato con una voglia di vivere che non gli è mai stata nella pelle, con in testa universi che avrebbero fatto impallidire il nostro; senonché a un certo punto qualcosa è andato storto, e quel bambino meraviglioso, ferito e annoiato dalla vita, ha deciso che piuttosto che adattarsi e diventare come gli altri – in una parola: crescere – tutto sommato gli conveniva separare i due mondi: quello al di fuori, in cui investire il minimo delle energie vitali; e quello nella sua testa, vivo di concetti fulgidamente opposti quali Bene e Male, pullulante di donne dalle tette enormi ma al tempo stesso intelligenti, emozionanti e devote, in cui i nemici sono sempre concreti e agiscono secondo piani razionali, e le decisioni importanti, fatte le debite riflessioni, vengono prese d’impulso, con il coraggio di vincere o perdere; un mondo tendenzialmente ordinato, in cui le brutture siano sempre risolvibili o estirpabili, così che si possa tornar tutti a mangiare torta di mele, consapevoli di cosa è davvero importante; un mondo, soprattutto, che ci sia sempre speranza di salvare, o quantomeno di veder progredire giorno dopo giorno, anche per merito tuo.”

Modern dictionaries

http://www.netlingo.com/

Quella sua mitraglietta fina

La lista nera musicale del regime militare argentino tra il '78 e l''83.
«Canzoni il cui testo è considerato non adatto a essere diffuso dai servizi di radiodiffusione». Così il regime argentino del generale Jorge Rafael Videla, quello dei desaparecidos, aveva bollato una lista di 200 pezzi che era meglio non far sentire. Nella lista nera della dittatura finirono anche molti artisti italiani. A essere proibiti non furono i brani di protesta e impegno dei vari Guccini e De Gregori, ma quelli d'amore di Lucio Battisti, Claudio Baglioni, Raffaella Carrà, Gino Paoli e altri.
L'elenco è stato diffuso via internet dal Comfer, il Comitato federale della radiofonia argentina: sette pagine battute a macchina con i titoli censurati fra il 1978 e il 1983. Assieme a «Da Ya Think I'm Sexy?» di Rod Stewart, «Tie Your Mother Down» dei Queen, «Kiss, Kiss, Kiss» di John Lennon e Yoko Ono, «Another Brick in the Wall» dei Pink Floyd e «Cocaine» nella versione di Clapton, nell'elenco ci sono «Questo piccolo grande amore» di Baglioni, «Tanti auguri» della Carrà, «E penso a te» di Battisti, «Mia» di Nicola Di Bari, «La donna che amo» versione di Gino Paoli di una canzone di Joan Manuel Serrat, «Solo tu» dei Matia Bazar, «Un'età» scritta da Vandelli, Piccoli e Baldan Bembo per Mia Martini, «L'importante è finire» che in Italia creò qualche problema a Mina e «Si» di Toto Cutugno. [...]

il Corriere

C'eravamo tanto armati

6 agosto '45.

mercoledì 5 agosto 2009

C'eravamo tanto amati

Pittosto che inseguire un'improbabile felicità è meglio preparare qualche piacevole ricordo per il futuro. (Nicola Palumbo)
Se semo stufati di essere buoni e generosi! (Antonio)
Vincerà l'amicizia o l'amore? Sceglieremo di essere onesti o felici? (Gianni Perego)

Manuale d'amore 2

Salvi Albanese e la canzone di Elisa. Il resto, tutto, nel cesso.

Donne per Bersani

martedì 4 agosto 2009

Dentro di me / 2

Mica facile. Il tema e', prima ancora che teologico filosofico psicologico etico psichiatrico, lessicale. Etimologico, quasi ontologico, sebbene non necessariamente logico. Se sotto la pelle mia mortale dimora al di la' di ossa cuore fegato polmoni un quid immateriale che chiamiamo Coscienza, urge accordarsi sul significato. Senno' si fa confusione. E va bene cosi', per carita'. E' dal Caos che di solito nasce Ordine e Bellezza; dalle stasi della certezza raramente si generano dinamismi coerenti. Coscienza. La Coscienza e' Intelligenza? E' Scienza? Certo, anche. E' Sapienza, Esperienza, Conoscenza. E l'oggetto conosciuto, saputo, esperito, cosa e'? Noi? L'Universo? Il rapporto tra Noi e l'Universo? O il rapporto tra Noi e l'Universo definito istante per istante, in quanto continuamente variabile? E il soggetto che sa, conosce, esperisce, chi e'? L'Io? Un Altro fuori di me autocosciente ed onnisciente? Un Universo senza consapevolezza escatologica, ossia pura materia inerte ed inerme? Oppure la Coscienza stessa dentro di me ma distinta dall'Io, Autocoscienza altra da me sebbene in me? E la Coscienza non e' definibile ne' concepibile senza i suoi opposti; spesso chiamiamo Coscienza la manifestazione dei suoi contrari. Incoscienza, inconscio, in-esperienza, in-sipienza: sono le paure della Coscienza, le sue lacune, i suoi lati oscuri e inafferrabili, forse istintivi, forse autentici, forse la Coscienza stessa che tanto cerchiamo. Strana la Coscienza: e' guerra all'inconscio o sintesi dialettica di singole Incoscienze?

lunedì 3 agosto 2009

Dentro di me

Cosa c'è dentro di me? Rispondono i bloggers

La coscienza è la lente dell'universo su se stesso

Il post del cosmologo Amedeo Balbi

Abbiamo girato la domanda: 'Cosa c'è dentro di me?' ai bloggers più influenti. Sulla carta si stanno esercitando sul tema della coscienza i filosofi, i docenti e gli scrittori con pagine bianche a disposizione, su invito del direttore.

Ecco l'appello di Ferrara:

"Questa è l'estate di Susan Boyle e del suo paradigma. La domanda alla quale siamo invitati a rispondere, se solo lo si voglia e con molto disincanto, è semplice: che c'è dentro di me. La coscienza è la regina della nostra epoca. Regina abissale, ignota, dalla quale prendiamo tutto quello che ci serve per autorizzare la nostra libertà di decidere che cosa è bene e che cosa è male. Ma la coscienza è anche il ponte tra teologia e psicoanalisi, tra la creatura umana che si pensa divinamente pensata e l'Io che scava sotto di sé alla ricerca della particella naturale, animale, che agisce e reagisce in proprio, a caso o sotto la legge dell'evoluzione creatrice. Quando ci si domandi "che c'è dentro di me", il tema dell'estate come una volta la canzone dell'estate, si è già teologi e psicoanalisti, e si meritano 14000 battute (spazi inclusi) per esibire talenti profondi, come quelli dell'anima di un Agostino d'Ippona o di Susan Boyle, al cospetto del nostro riverito pubblico. Buon lavoro".

Sul sito osiamo di più: condensare la risposta nel post di un blog. Lo abbiamo chiesto a chi i post li fa quasi di mestiere. Oggi è la volta del cosmologo Amedeo Balbi, che ha un blog.

Può sembrare strano chiedere a un cosmologo di occuparsi di un tema come la coscienza. L'ambito naturale della cosmologia è ciò che è fuori di noi, non dentro. E però, almeno un paio di illustri cosmologi contemporanei, Roger Penrose e John Barrow, hanno riflettuto seriamente sul posto che occupa la nostra coscienza nell’universo.
Nessuno ancora sa spiegare completamente come, dopo miliardi di anni di evoluzione, dagli stessi ingredienti e dalle stesse leggi fisiche che tengono insieme una stella o un cristallo, possa essere emerso un grumo di materia che pensa, si auto-osserva, e si interroga sul suo posto nel cosmo; né se ciò sia avvenuto solo una volta, qui, su questo sasso umido che gira intorno al Sole, o se sia un fenomeno onnipresente, una conseguenza necessaria dell’evoluzione cosmica.
Noi siamo un pezzo di universo, ma la complessità delle relazioni che legano fra loro gli atomi di materia nella nostra scatola cranica è inimmaginabile, se paragonata a quella che troviamo in qualunque altra parte del cosmo.
Per cui, non trovo sintesi migliore per definire la coscienza che questa: è il modo che l’universo ha trovato per conoscere se stesso. (Mi piacerebbe tanto averla inventata io, questa definizione; ma ho solo parafrasato un altro astrofisico, Carl Sagan.)

domenica 2 agosto 2009

Io so che tu sai

Pericolosi gli intellettuali che fanno politica. Anche se dicono di non farla. 600 persone hanno detto "I like it" su facebook. Ma non sono convinto che tutti (compreso me) abbiano capito cio' che volesse dire PPP.

Corriere della Sera, 14 novembre 1974

Cos'è questo golpe? Io so

di Pier Paolo Pasolini

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe"
(e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato
, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali
(per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazziche hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale
, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale
.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti
. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo)solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere
americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori).Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.

Yes we camp

Per farla breve: ho deciso di trascorrere un mese in Abruzzo. Nessun intento moraleggiante del genere mentre l’Italia è in vacanza stiamo in mezzo ai terremotati. Piuttosto il contrario, una fuga dalle città svuotate e dalle spiagge affollate, e giorni lenti tra i paesi del sisma, nelle tendopoli, tra le sagre paesane e le notti che sembrano tutte notti di San Lorenzo. Niente chiacchiere da ombrellone, niente elenco dei negozi di città chiusi, niente calcio mercato, niente vacanze dei vip, solo il racconto declinato mille volte delle 3 e trentadue, e storie di vite rimescolate e futuri in discussione, e la vita nelle tende: non c ‘è posto più lontano dall’Italia di agosto dell’Abruzzo, in queste settimane, neanche l’Afghanistan delle elezioni, e questo, per chi ama le storie, è una bella storia. La prima cosa che ho imparato, in questi giorni, è che ogni tendopoli è una comunità a sé. Apparentemente si assomigliano tutte, e hanno regole restrittive, che rendono difficile l’ingresso ai giornalisti e alle telecamere. Poi, a ben guardare le tendopoli tutte uguali dei primi giorni sono andate acquisendo un’anima propria, ognuna una comunità a sé stante. Non lo so se si siano andate modellando sull’anima dei paesi che hanno raccolto, o siano il frutto di comunità ricombinate di gente senza casa, volontari e istituzioni diverse, ma ho capito che ognuna fa storia a sé. Quella in cui vivo, in cui hanno ospitato il mio camper e la mia tenda, è una tendopoli non molto grande, ai piedi delle montagne e del paese di Villa Sant’Angelo e delle sue frazioni, a una ventina di chilometri dal capoluogo. E’ un campo gestito dalla Protezione Civile dell’Emilia Romagna, e i volontari, che siano quelli del 118 oppure gli alpini, parlano tutte le sfumature della via Emilia. Tutto è molto ordinato, efficiente, pulito: le docce e i bagni, la cui pulizia è affidata a turno a un gruppo di tende, sono immacolati. La gente è affabile e ospitale, anche se ogni famiglia mantiene una sua riservatezza, che ha come monumento una pianta messa all’estero di ogni tenda: chi ha scelto un oleandro, chi un semplice geranio. Davanti a una tenda c’è parcheggiata una carrozzella da invalido. Un'altra ha poggiata accanto una mountain bike. Accanto a una tenda che sfioro per andare al bagno, la mattina, c’è sempre seduto un giovanotto silenzioso che fuma con accanimento. Nella tenda dietro alla mia c’è un cagnolino che abbaia quando passi, come se fosse casa sua. All’esterno della tendopoli, in un campo dall’altra parte della strada c’è una specie di canile. Ho chiesto quale fosse stato il criterio nello scegliere, e mi hanno risposto che è stata lasciata libera scelta. Chi aveva un cane abituato al giardino di casa ha scelto il canile, chi aveva un cane da salotto se l’è portato in tenda. I quattro del canile, in più, sono cani da tartufo, trattati da re. Poi ci sono i randagi, che qui venivano chiamati, prima, cani di quartiere, perché ogni borgo li sfamava. Per un po’ se ne sono occupate unità zoofile, che hanno anche dato da mangiare ai gatti rimasti soli nel centro storico. Dall’altra parte della strada, nel parcheggio, c’è il camper di una coppia scozzese. Avevano comprato casa a Villa Sant’Angelo lo scorso mese di ottobre. Doveva essere per ora una casa di vacanze. Il marito è un vigile del fuoco in pensione, ma alla moglie manca ancora qualche anno di insegnamento. Il loro sogno era di venirci a vivere, poi. L’avevano scelta dopo aver conosciuto e girovagato la Toscana e l’Umbria, e scoperto infine l’Abruzzo. “Troppi inglesi, lassù – mi hanno detto con fierezza da kilt – e poi qui la gente è semplice, generosa, si sta bene”. Avevano appena iniziato ad arredare la loro casa, di cui conservano poche fotografie. Sono tornati qui a giugno, quando lei ha finito le scuole a Glasgow. Non riescono ancora ad orientarsi nei meandri della ricostruzione, e non sanno se gli spetti o meno qualcosa. “Ma ci sentivamo parte di questa comunità, e non vogliamo lasciarla ora”. Erano stati invitati nella tendopoli, ma hanno preferito un angolo ombroso del parcheggio di fronte. Di giorno il sole è impietoso, e la ghiaia bianca riverbera una luce che rende gli occhi fessure. La notte è fredda e umida, e i momenti migliori, così, sono il primo mattino e il tramonto, cioè i momenti in cui si tengono un’alzabandiera e un’ammainabandiera che non irriterebbero neanche un no global, con qualche alpino che saluta il vessillo, le donne che raccolgono il bucato dai fili tra le tende, gli odori della colazione o della cena che escono dal grande tendone della mensa,e l’aria ingenua e quieta di uno strano villaggio che inizia e chiude le sue giornate. Il nuovo villaggio incomincia a rivelare le sue forme, qualche centinaio di metri più in là. Lo sta costruendo, in un cantiere alacre da dieci ore di lavoro al giorno, la provincia autonoma di Trento. La ricostruzione, quella è un’altra storia. I vigili del fuoco, in paese, stanno mettendo stampelle e imbracature agli edifici pericolanti, e qualche strada è già stata sgomberata dalle macerie. Ma ci vorranno anni, e un lavoro da chirurgo. Dovessi scommettere sul futuro, lo farei solo perché qui c’è un sindaco, Pierluigi Biondi, bravo, giovane, molto determinato. Sono andato l’altro giorno nel paese di Castelnuovo, che campeggiava come dimenticato sulla prima pagina de la Repubblica. Lì le macerie erano intatte, e l’area per le case provvisorie non aveva ancora l’aspetto di un cantiere neppure iniziale. Ma era piuttosto evidente che le responsabilità, più che l’oblio degli organi centrali, stava nell’indecisione del sindaco, sopraffatto dall’emergenza, e combattuto tra gradi diversi di danni nelle tante frazioni del capoluogo. Così, l’unica cosa autentica del reportage dal terremoto dimenticato del buon Jenner Meletti era la figura dell’ottantenne che se ne era tornato a casa, abbandonando la tendopoli. Ci ho parlato, con il vecchio Sabbatino, e la cosa più bella della sua caparbietà era il fatto che gli dispiaceva di far notizia, e di creare problemi, da buon vecchio poliziotto che vuol morire in casa sua, in punta di piedi. Ma, erettolo a simbolo, s’erano scordati di citarne la professione.
Toni Capuozzo

Sull'Iran

Articoli di Farian Sabahi.

sabato 1 agosto 2009

La radio, Pasolini, le api

Che cosa devo escogitare per farmi ascoltare? Uccidermi? Uccidere? Darmi all’apicoltura? Mario Perniola ha scritto un libro dal titolo poco invitante, “Miracoli e traumi della comunicazione”, che però promette di aiutarmi a compiere una scelta. Uccidermi? Uccidere? Darmi all’apicoltura? Il capitolo cruciale è “La fine dell’autorevolezza dell’autore”. Perniola non fa cominciare la crisi del ruolo degli scrittori con la rete bensì con la radio che durante il Maggio francese “influenza profondamente la percezione dell’evoluzione degli eventi: il movimento stesso è condizionato dall’eco conferitogli dai media. E’ come se la radiocronaca della rivolta in presa diretta prendesse il posto di quest’ultima, la quale assume così un ruolo subordinato e parassitario rispetto all’eco che suscita”.

Negli anni Sessanta si passa così dalla società dell’azione, in cui si legge e poi si agisce, alla società della comunicazione, in cui si guarda e poi si viene agiti. Un mondo nuovo, affamato di comunicatori e non di letterati. Il primo ad accorgersene è stato Michel Foucault che nella conferenza del ’69 intitolata “Che cos’è un autore?” profetizza un ambiente dove i discorsi circolano in forma sostanzialmente anonima: insomma Internet. Il primo a trarne le conseguenze è stato Yukio Mishima che nel ’70, per incidere nella mente dei giapponesi la propria opera, attua un suicidio rituale e pubblico.

Perniola non cita Pasolini, peccato, forse ignora gli affascinanti libri in cui Giuseppe Zigaina descrive il massacro di Ostia (’75) come un omicidio-suicidio a lungo premeditato dalla cosiddetta vittima per eternarsi artisticamente. Quindi anche Mishima, anche Pasolini, si fecero all’incirca le stesse mie domande: Che fare per farsi ascoltare? Uccidersi? Uccidere? Oppure, scartando di lato, darsi all’apicoltura? Scelsero l’uccidersi, sia perché non cristiani (il primo) o non abbastanza (il secondo), sia perché più o meno omosessuali e pertanto egocentrici, e poi perché negli anni Settanta non era così evidente l’importanza dell’apicoltura. Oggi che le api rischiano di estinguersi, e non in metafora come le lucciole pasoliniane, risulta chiaro che i mieli raccolti da Andrea Paternoster lassù in Trentino tramandano più cultura dell’intero catalogo Minimum Fax. Il miele sulle labbra di Platone e della sposa del Cantico dei Cantici, il miele ascetico di Giovanni Battista, il miele erotico di Enzo Carella (i cultori del Lucio Battisti periodo Panella avranno capito il riferimento), il miele che scorre insieme al latte nei fiumi della Terra Promessa. “I libri da soli non bastano a cambiare la vita di chicchessia” scrive Perniola, “se non sono accompagnati da un atto esemplare di forte impatto mediatico”.

Oggi un Montale, vita appartata spesa a bulinare versi, non sarebbe riconosciuto manco campasse centovent’anni. Avendoci i soldi, o una straordinaria capacità di fare debiti, bisognerebbe piuttosto imitare D’Annunzio che fu contemporaneamente grande autore e grande comunicatore. Bisognerebbe però anche avere la sua fortuna: il Vate visse in epoca un filo meno nichilista della presente e non fu costretto a schiacciare il pedale fino all’omicidio o al suicidio, nemmeno tentato (la caduta dalla finestra del Vittoriale, mi ha spiegato Giordano Bruno Guerri davanti a un piatto di tortelli immasticabili, fu dovuta semplicemente ad allucinazioni da cocaina). Nichilista e sorda, “l’età della comunicazione in cui tutti scrivono, ma nessuno legge, tutti parlano, ma nessuno ascolta”. Io l’ho sperimentato mille volte. [...] Che cosa devo inventare per farmi ascoltare davvero? Uccidermi non voglio. Uccidere non posso, sebbene il desiderio sia grande. E le api pungono.

C.Langone

Socialismo virtuale

Povero Marx. Meglio di quello reale dovrebbe essere, comunque.

Il socialismo verrà dal web? Davanti al pc connessi a milioni di altri ovunque nel mondo. Per comunicare, condividere, consolare, cooperare, battersi e solidarizzare. Senza padroni e senza gerarchie. E' questa la nuova utopia marxista?

Newyorker.

Like a candle in the wind