Un inno alle Donne. Spero di leggere molte voci femminili di protesta. Sennò vorrà dire che ha ragione lui.
Uno spaventoso paese dei Balocchi in cui la donna, Puella Aeterna, potrà giocare divinamente con se stessa senza mai la noia di doversi misurare con l’Altro. E perfino riprodursi da sé – oddio, e se poi ti nasce un maschio? – Un nuovo fondamento archetipico per le fantasie, già attualissime, di tutte quelle ragazzine che in giro per l’occidente sognano di farsi il bambino da sole, o fingono un provvisorio sogno d’amore per poi espellere l’Altro non appena dà segni della sua alterità. Ed ecco tutte quelle famigline asfittiche e infelici, la mamma e il suo bambino, l’una carceriere dell’altro, senza nessun terzo a fare il lavoro di necessario incomodo nella simbiosi fatale. Oppure – libertà alternativa – nessun bambino, l’indipendenza totale, l’automutilazione di quell’Altro di cui l’umanità femminile, in questo sì migliore, ha sempre fatto il suo bizzarro baricentro, spostato fuori di sé. Ho letto Umberto Veronesi e ho pensato: ecco un uomo del secolo scorso, un medico che molto ha dato alle donne e altrettanto – a titolo risarcitorio? – sembra voler togliere loro. Che disegna un futuro terribile applicando con zelo logiche che appartengono al passato prossimo dell’emancipazione, già superate da un pensiero femminile che il professore, il quale pure dice di conoscere molto bene le donne, evidentemente non si è dato la pena di ascoltare. Non ha notizia del pensiero della differenza, della lotta delle donne contro l’omologazione al modello maschile unico. Non percepisce il loro desiderio. Altrimenti, da grande vecchio qual è, alle ragazze direbbe che l’unica sola e vera pari opportunità è quella di poter stare liberamente al mondo ciascuna e ciascuno secondo il sesso del quale si è nate e nati, perché il nostro corpo spirituale è tutto ciò che siamo. Direbbe alle ragazze di non condannarsi alla solitudine, perché non vi è alcuna ragione di infliggersi questo supplizio, di cercarsi uno sposo e di coltivare l’amore per la sua differenza, accettando il conflitto e ammirandolo come Altro, facendolo diventare l’uomo che sarà, autorizzandolo a essere il padre del figlio che insieme avranno fatto nascere, e insegnando al figlio che quello è suo padre.
Marina Terragni
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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