lunedì 22 novembre 2010

Risorgimento poco epico

E se non ci fosse un’epica del Risorgimento?
Se davvero, malgrado l’innegabile grandezza di alcuni dei suoi protagonisti e i tanti episodi di eroismo, malgrado una partecipazione popolare che certo non fu massiccia ma senz’altro più importante di quanto comunemente non si dica, l’evento cruciale della nostra storia non fosse mai riuscito in centocinquanta anni a farsi mito? Se davvero non ci fossero mai state parole immediate, semplici, comprensibili da tutti e per questo dirompenti. Né eventi limpidi in grado di trasmettere intatte le ragioni profonde del comune sentire.
Dicono che è andata così perché siamo un popolo stanco, dominus del mondo per settecento anni, che è tornato ad essere grande a sprazzi, nella fioritura dei comuni, nell’orgogliosa solitudine delle sue città mondo. Dicono che è andata così perché nazione di risulta, arrivata ultima nel consesso quando gli stati nazione in Europa andavano verso l’agonia e quella feroce follia che avrebbe provocato centinaia di milioni di morti. Dicono che è colpa di una casa reale incolta e pavida. Di una dittatura che ha rinnegato la sua vera anima e stravolti i segni e i simboli della Roma antica. Della chiesa più potente che mai, dopo il Concordato. Dicono infine che è colpa di quelli che sono venuti dopo. Della resistenza che nella retorica del compimento ha accentuato le divisioni che c’erano, della destra che non sempre ha messo la patria su tutto, della sinistra che diffidava persino del nome e nella sua utopia della liberazione ha guardato all’est. Della scuola che da tempo non funziona e non trasmette né i valori né la cultura. Del trionfo inevitabile del dio denaro, della globalizzazione. Tutto vero, forse. Ma se fosse esistito un epos del Risorgimento, un limpido momento del mito, avrebbe resistito a tutto. Sarebbe arrivato a noi con forza solare. Non ci avrebbe obbligato ogni volta a frugare nel passato. L.Pace

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