mercoledì 4 novembre 2009

Claude Lévi-Strauss

Claude Lévi-Strauss (Bruxelles, 28 novembre 1908–Parigi, 1 novembre 2009) è stato un antropologo, psicologo e filosofo francese. Nato a Bruxelles da genitori francesi di religione ebraica, si trasferisce presto con la famiglia a Parigi. Studia filosofia alla Sorbona e nel 1931 si laurea in filosofia. Le sue posizioni sono critiche nei confronti delle tendenze idealiste e spiritualistiche della filosofia francese fra le due guerre. Scopre presto nella sociologia e nell’etnologia la possibilità di un discorso più concreto sull’uomo. Nel 1935 gli viene proposto di andare ad insegnare sociologia a San Paolo in Brasile: sarà l’occasione per per entrare in contatto con le popolazioni indie del Brasile, oggetto delle sue ricerche sul campo. Da queste esperienze nasce Tristi tropici(1955), il suo libro più famoso. Tutti i suoi principali volumi sono tradotti. Oltre a Tristi tropici, il Saggiatore ha in catalogo, fra l’altro, Il crudo e il cotto, L’uomo nudo, Dal miele alle ceneri eLe origini delle buone maniere a tavola. Net pubblica Il pensiero selvaggio, Einaudi l’Elogio dell’antropologia; Rusconi,Primitivi e civilizzati; Nottetempo, Tropici più tristi, e Cristi di oscure speranze.

4 commenti:

Stefano ha detto...

Ha inventato il relativismo.

http://www.ilgiornale.it/cultura/anticristiano_ha_inventato_relativismo/04-11-2009/articolo-id=396247-page=0-comments=1

Stefano ha detto...

Il pensiero selvaggio e il rispetto di tutte le culture. Leggi relativismo.

http://www.ilgiornale.it/cultura/levi-strauss_luomo_che_scopri_pensiero_selvaggio/04-11-2009/articolo-id=396245-page=0-comments=1

Stefano ha detto...

Poiche' il Foglio ha sempre ragione, devo rinnegare i due commenti precedenti del Giornale.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/3753

Pilastri della costruzione del sociale:
"La proibizione dell’incesto, la ripartizione sessuale dei compiti e una forma riconosciuta di unione sessuale."

“Il mondo – scriveva Lévi-Strauss – è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui”.

Stefano ha detto...

Ce l'ho fatta a trovare l'articolo ottimo.

http://www.ilfoglio.it/zakor/291

Trentotto anni fa Claude Lévi-Strauss tenne una conferenza su “Razza e cultura” su richiesta dall’Unesco e nel quadro di un programma di lotta contro il razzismo. Vale la pena rileggere alcune delle frasi conclusive di quella conferenza: “Se l’umanità non vuol rassegnarsi a diventare la consumatrice sterile dei soli valori che ha saputo creare nel passato, capace di dare alla luce soltanto opere bastarde, e invenzioni grossolane e puerili, dovrà reimparare che ogni vera creazione implica una certa sordità all’appello degli altri valori, la quale può giungere fino al loro rifiuto se non anche alla loro negazione. Perché non si può, allo stesso tempo, fondersi nel godimento dell’altro, identificarsi con lui e mantenersi diverso. Se è pienamente riuscita, la comunicazione integrale con l’altro condanna, a più o meno breve scadenza, l’originalità della sua e della mia creazione. Le grandi epoche creatrici furono quelle in cui la comunicazione era divenuta sufficiente affinché dei partner lontani si stimolassero, senza essere tuttavia così frequente e rapida da ridurre gli ostacoli indispensabili tra gli individui come tra i gruppi, al punto che scambi troppo facili parificassero e confondessero le loro diversità. Certo il ritorno al passato è impossibile, ma la via in cui gli uomini si sono oggi incamminati accumula tensioni tali che gli odii razziali offrono una ben povera immagine del regime di intolleranza esacerbata che rischia di istaurarsi domani, senza che neppure gli debbano servire di pretesto le differenze etniche occorre capire che le cause sono molto più profonde di quelle semplicemente imputabili all’ignoranza e ai pregiudizi”. Sono parole preveggenti.
In poche righe Lévi-Strauss faceva a pezzi l’assunto dell’equivalenza morale contemporanea per cui, volendo mescolare le diversità sulla base del principio che esse sono tutte assolutamente alla pari – e che nessuna ha il diritto di affermare i propri principi fondamentali bensì soltanto quello di difenderne l’assoluta intangibilità – il relativismo multiculturale finisce per produrre il contrario del suo obiettivo umanitario: un regime di divisione permanente, di “comunitarismo” e di autentica “apartheid” etnica e culturale, che è il brodo di coltura delle ostilità più feroci.