Che significa "da qualche parte".
Siamo sempre da qualche parte. Solo che la mente e il cuore ci arrivano prima. Sono dannatamente più rapidi dei nostri piedi.
martedì 22 settembre 2009
Mi facci il piacere
Alle volte "basta un congiuntivo di più e sei bollato come finocchio".
2 commenti:
Anonimo
ha detto...
Secondo me la Lingua Italiana (grammatica + sintassi, verba + scripta) è, ormai da almeno una trentina d'anni (forse un filo di meno, ma non molto meno) soggetta ad un imbastardimento pauroso. Ci si meraviglia per gli strafalcioni linguistici proferiti da uomini pubblici (che dovrebbero avere un pizzico di "Kultura", ma che si limitano a simularla) e si filosofeggia sull'uso del congiuntivo, del passato remoto e del trapassato (dimenticando le crepe sempre più profonde che caratterizzano la sintassi nonchè le orribili storture applicate, in forma generalizzata e globale, alla consecutio temporum) ma, a mio modo di vedere, la questione è un'altra. Come si fa a pensare e sperare di avere una Lingua che sia parlata e scritta correttamente, quando il Popolo che dovrebbe parlarla (e scriverla) non esiste più (se non altro in quanto "complesso di individui uniti, oltre che dal fatto di vivere su un medesimo territorio, anche da una sostanziale comunanza di Valori e Tradizioni)?...
"Populus est non omnis hominum coetus quoque modo congregatus, sed coetus multitudinis juris consensu et utilitatis communione sociatus" (Cicerone)
La lingua evolve dappertutto, per stare al passo coi tempi; i tempi sono bastardi, nel senso etimologico di bastardo, quanto meno. Bastardi e veloci. Con tutto ciò che il meticciatoe la fretta comportano. Grazie per la definizione puntuale di popolo.
2 commenti:
Secondo me la Lingua Italiana (grammatica + sintassi, verba + scripta) è, ormai da almeno una trentina d'anni (forse un filo di meno, ma non molto meno) soggetta ad un imbastardimento pauroso. Ci si meraviglia per gli strafalcioni linguistici proferiti da uomini pubblici (che dovrebbero avere un pizzico di "Kultura", ma che si limitano a simularla) e si filosofeggia sull'uso del congiuntivo, del passato remoto e del trapassato (dimenticando le crepe sempre più profonde che caratterizzano la sintassi nonchè le orribili storture applicate, in forma generalizzata e globale, alla consecutio temporum) ma, a mio modo di vedere, la questione è un'altra.
Come si fa a pensare e sperare di avere una Lingua che sia parlata e scritta correttamente, quando il Popolo che dovrebbe parlarla (e scriverla) non esiste più (se non altro in quanto "complesso di individui uniti, oltre che dal fatto di vivere su un medesimo territorio, anche da una sostanziale comunanza di Valori e Tradizioni)?...
"Populus est non omnis hominum coetus quoque modo congregatus, sed coetus multitudinis juris consensu et utilitatis communione sociatus" (Cicerone)
La lingua evolve dappertutto, per stare al passo coi tempi; i tempi sono bastardi, nel senso etimologico di bastardo, quanto meno. Bastardi e veloci. Con tutto ciò che il meticciatoe la fretta comportano. Grazie per la definizione puntuale di popolo.
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