Ora Berlusconi, dopo una settimana all’estero per l’assemblea generale dell’Onu e il G20, torna in Italia e si rimette al lavoro.
Ritira le citazioni civili ai giornali, smette di occuparsi della inesauribile letteratura sulla sua vita privata, lascia che la tv si faccia da sola e da sola si involtoli nel proprio nulla, rimette all’onore del mondo il meglio del suo carattere, sorridente, dialogante, autoironico, si dà una disciplina e un’agenda politica, e la propone al paese.
Magari dà anche una intervista a Repubblica.
Berlusconi ha un senso, come uomo di stato, perché il suo concetto di libertà politica ed economica riguarda direttamente la vita delle imprese e delle famiglie, la vita degli individui; niente di enfatico o di eccentrico, semplicemente gli si chiede di riprendere in mano le sue idee sulla crescita, esposte nel discorso di apertura della legislatura e in mille altre occasioni, e di rilanciarle nella forma di decisioni e atti di riforma che incidano sul fisco, sulla concorrenza e sulla competitività.
Altrimenti l’Italia si muoverà come un pachiderma nella fase imminente della ripresa.
Gli si chiede di varare una seria e profonda riforma della giustizia, nel senso dell’efficienza e del garantismo (e tra le due cose c’è una relazione stretta); di provvedere con lungimiranza al deficit energetico, realizzando il progetto del nucleare civile; di integrare le giuste misure di contrasto dell’immigrazione clandestina selvaggia con procedure di integrazione visibili e di tutela del diritto d’asilo in cooperazione con l’Onu, nel segno di una cultura dell’accoglienza che ha un significato profondo, una volta eliminate le maggiori paure sociali e svuotato il più pericoloso dei canali di traffico degli umani, la rotta marittima.
Gli si chiede di occuparsi della cultura, dell’istruzione, della salute, sempre nel segno di un metodo liberale e di contenuti attenti al significato profondo delle cose in un governo civile senza paraocchi confessionali e senza cedimenti alle logiche conformiste del secolarismo fanatizzato.
Gli si chiede di andare in Parlamento spesso, di dare il senso di una qualche considerazione istituzionale alla classe dirigente eletta, e di cambiare completamente registro con la stampa, che va considerata un’industria di libertà, per di più in crisi, e trattata senza disprezzo e senza subalternità, provocando i fatti (questo è poi il governo di un paese) ai quali presto o tardi la stampa dovrà fare eco, mantenenedo autonomia critica o spirito di pregiudizio (chissenefrega).
In televisione meglio andarci di rado, trattando il mezzo con efficace correttezza.
La campagna elettorale per le regionali va consegnata interamente nelle mani del partito unitario della maggioranza, trattando senza fretta né ansia i sempre risolvibili problemi che pone la Lega o che pone Fini, sapendo che si discute con alleati indipendenti, gente che fa politica, e non amici sempre sotto esame di fedeltà.
Poi abbiamo bisogno di essere divertiti, incuriositi, sollecitati dalle mille attenzioni che quel grande uomo di spettacolo è capace di prodigarci, come cittadini e come spettatori.
Non lo vogliamo con la compassata e dignitosa mestizia di un Forlani, il Cav., lo preferiamo autentico e qualche volta sbarazzino, magari irritante per gli snob ma salace e puntuale al rendez vous con l’ipnosi di massa.
Soprattutto, ci piacerebbe essere sorpresi, di tanto in tanto.
Non sempre nomine di fedelissimi, qualche volta aperture a competenze diverse, sia pure a sinistra o in ambienti lontani dai soliti circuiti, e uno spirito di governo proiettato sulla legislatura, senza chiusure di partito.
Continui tranquillo a promuovere anche le belle ragazze, non glie ne verrà alcun danno.
Il lodo Alfano? Andrà benone, il giudizio della Corte costituzionale.
Andasse male si provvederà, con tutta calma, ad impedire, con i modi più soavi, aggressioni giudiziarie politicamente orientate.
La maggioranza c’è, non bisogna vivere con la sindrome del 24 luglio permanente.
Auguri, e buon lavoro.
Giuliano Ferrara
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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