mercoledì 17 febbraio 2010

Italiopoli

Il terzo tempo di Mani pulite nasceva morto. Nel primo, folle oceaniche plaudivano all’arresto dei politici ladri e corrotti, alcuni graziati e altri esiliati. Nel secondo, folle già più sparute plaudivano all’umiliazione degli industriali pure ladri e corrotti, immunizzati talora e suicidati talaltra. E ora il terzo: folle che plaudivano più stancamente e che cominciavano a chiedersi se i soldi, che scarseggiavano, fossero finiti tutti nei conti di Craxi; e finanzieri che arrestavano finanzieri perché si era addirittura scoperto, nel Paese dei 150 mila miliardi non denunciati ogni anno, che la base della corruzione era proprio il nero dell’evasione fiscale. Ed era finita. Perché la sedicente società civile, con le mani ancora doloranti per gli applausi, nel tardo 1994 cominciò anche a chiedersi se per caso quel grezzo dualismo da fase orale – onesti e ladri, vittime e carnefici, magistrati e politici, Eni e Montedison, Cagliari e Bernabè, Craxi e Di Pietro, poi Berlusconi-Di Pietro – non celasse una qualsiasi lotta tra fazioni, tra un potere e un altro potere, tra un magistrato che indagava il ministro dei Lavori Pubblici ma poi, chissà, magari un giorno ne avrebbe preso il posto.

Chiederanno molti anni dopo a Francesco Saverio Borrelli:

Quando vi siete resi conto che l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei vostri confronti stava cambiando?

«Direi più o meno in coincidenza con l’indagine sulla Guardia di finanza… finché si trattò di colpire l’alta politica e i suoi rappresentanti, i grandi personaggi dei partiti che cominciavano a stare sullo stomaco a tutti, non ci furono grandi reazioni contrarie. Anzi. Ma quando, con l’indagine sulla Guardia di finanza, si andò oltre, apparve chiaro che il problema della corruzione in Italia non riguardava solo la politica, ma larghe fasce della società, insomma che investiva gli alti livelli proprio in quanto partiva dal basso. A quel punto il cittadino medio ebbe la sensazione che questi moralisti della Procura di Milano volessero davvero passare lo straccio bagnato su tutta la facciata del paese, sulla coscienza civile di tutti gli italiani. Parlo del cittadino medio, che vive spesso di piccoli espedienti, amicizie, raccomandazioni, mancette per poter campare e rimediare all’inefficienza della pubblica amministrazione. A quel punto, ho l’impressione che la gente abbia cominciato a dire: adesso basta, avete fatto il vostro lavoro, ci avete liberato dalla piovra della vecchia classe politica che ci succhiava il sangue, ma adesso lasciateci campare in pace. Quando abbiamo toccato la Guardia di finanza, a parte le reazioni ovvie del mondo politico, anche una parte di imprenditori si è sentita toccata troppo da vicino da quest’ansia di pulizia che veniva dalla Procura… Ci si stufa delle guerre, figuriamoci di Tangentopoli».

Dirà Piercamillo Davigo:

«Le vicende che mi hanno più impressionato non sono state quelle delle grandi tangenti… Sono le piccole vicende a deprimermi. Mi sono capitati due o tre processi dove centinaia di persone hanno pagato somme di qualche milione per non fare il servizio militare. Parliamo di centinaia di persone, non di qualcuna. Questo vuol dire, in primo luogo, che io pago non solo per non fare il servizio militare, ma anche perché altri lo facciano al mio posto… È la stessa cosa, in grande, del non rispettare la fila. In secondo luogo, manca una percezione della gravità del comportamento tenuto. Eppure tutti i giovani venivano da buone famiglie che li finanziavano, perché a diciannove anni non si hanno dei milioni cash nel portafogli. Questo la dice molto lunga sulla diffusione di certi comportamenti e sulla valutazione che di essi viene data nel complesso della società»

Scriverà proprio Enzo Carra, l’ex portavoce democristiano che Davigo aveva fatto condannare, oggi parlamentsare

«Mani pulite fu in ultima analisi un piccolo squarcio nei nostri vizi pubblici e privati; poteva essere una grande occasione per metterli sotto accusa, questi vizi, insieme ai corrotti e ai corruttori. E’ stata una grande occasione mancata per cambiare le regole e i comportamenti nella nostra società… Con un’eccezionale prova dell’italianissima arte di arrangiarsi il cammino è ripreso come prima, o quasi… Invece di cambiare sistema si è cambiato discorso».

F.Facci

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Mani Pulite" fallì perchè, come spesso accade, specialmente nella Narrativa, buona parte di coloro che volevano fare piazza pulita, avevano - a loro volta - il "culo voncio" (come si dice da queste parti).
Specialmente gli italioti che, in maniera (a questo punto direi ovviamente) del tutto bolsa ed acritica, plaudirono come coglioni alle prodezze di Di Pietro & C.

Morale: "bisogna che cambi tutto perchè non cambi nulla".

Il "Gattopardo", ancora, docet...