giovedì 11 febbraio 2010

Pensiero osceno

C’è un pensiero proibito che non ha diritto di cittadinanza, di parola e di visibilità, in Italia e non solo. C’è un divieto che attraversa e congiunge giornali, media, politica e cultura. Ma di questo tabù non ce ne accorgiamo nemmeno. Non è un complotto, anche se nel suo seno serpeggiano campagne orchestrate con fini palesi. È piuttosto un automatico sintonizzarsi al programma dominante da parte di un gregge di funzionari intellettuali e politici. Qual è il pensiero proibito? Proverò a dirlo in breve, ma sarà difficile, vi avverto.

In primis, è proibito pensare l’identità, ovvero la coerenza di un volto, una storia e una dignità alla prova del tempo, seppure esposta alle intemperie della vita e ai mutamenti del mondo. L’identità è considerata in sé un male, una chiusura, un carcere, quando invece è una ricchezza se sa aprirsi alla vita e incontrare la differenza. All’identità e alle radici è negato l’accesso alla libertà e alla democrazia contemporanea; anzi l’identità e le radici vengono connotate di razzismo, e perciò negate e interdette. È proibito poi pensare la comunità se non in forma di umanità e filantropia universale, comunismo dolce, perché la comunità è considerata una gabbia popolata di fantasmi furiosi del passato. Si può essere individualisti o cosmopoliti, ma guai a esporre un pensiero che dia senso e valore ad una comunità di origine e di sorte, che passi attraverso legami reali, naturali ed elettivi. Dalla famiglia alla propria città, dalla terra alla nazione e alla civiltà. Anche le identità dei popoli sono considerate oscene.

È proibito poi pensare la tradizione fuori dai circuiti turistico-commerciali in cui serve per vendere un prodotto, o una location. La tradizione è liquidata e confusa con il vecchiume, quando invece è l’unica premessa/promessa di continuità perché comporta un legame con un passato e un futuro. È consentito connettersi in senso orizzontale tramite il web, la tv e la tecnica, ma è vietato connettersi in senso verticale tramite la cultura, alle origini e ai frutti. Puoi connetterti ai contemporanei, non al pensiero dell’eredità e della gravidanza, al pensiero paterno e filiale. L’uso stesso di parole del lessico famigliare è sconveniente. Al più puoi vivere la famiglia, ma è osceno pensarla.

Sul piano politico, è vietato pensare la rivoluzione conservatrice, ovvero un pensiero radicato e anche radicale, quando occorre, esposto alle fratture e ai mutamenti del nostro tempo. La rivoluzione fu sostituita dall’innovazione, che non implica la volontà dei soggetti ma la forza automatica dei cambiamenti, indotti dalla tecnica e dalle mode. E l’aggettivo conservatrice è squalificato, connota un’offesa, è vietato il suo uso positivo in politica e in società.

È poi proibito pensare l’invisibile, che evoca la vita ulteriore, la trascendenza, la memoria dei morti. Si possono vivere mondi virtuali, uscire dalla realtà tramite tecnica, fiction o fumo, polvere e pasticche, ma è osceno pensare qualcosa che evochi il sacro e superi l’orizzonte tecnico ed economico, materiale o fittizio. Non c’è spazio pubblico nemmeno per Dio; solo accesso privato, e remoto, fra le grate dell’interiorità. È proibito pensare il destino, ovvero un disegno intelligente di vita che ci accompagna dalla nascita, e anche prima, alla morte, e anche dopo. È osceno pensare che l’importante della vita non sia diventare più liberi o più uguali, ma avere un destino, cioè avere un senso, una direzione, un ordito, e di ogni cosa resti traccia. È proibito pensare il ritorno perché l’ideologia del progresso si è rifugiata nella tecnica e nel suo procedere automatico; non è possibile ripensare e riscoprire le origini. È vietato pensare che ci possa essere un altro modo di vivere oltre il presente e oltre quest’ultimo, venale occidente. È proibito avere un pensiero libero, fondato e divergente ed è grottesco pensare che questo divieto sia sorto con l’egemonia dei liberatori, sessantottardi e non solo.

Sinistra e destra morirono insieme dopo una lunga agonia. Ma agli orfani della sinistra fu riconosciuta la pensione, la riconvertibilità e il credito culturale; agli orfani della destra fu dato invece il vituperio e lo sfratto esecutivo dalla casa paterna, dichiarata inagibile. Salvo abiura e integrazione nel nichilismo. Ai primi si rimprovera il lutto e la nostalgia ma si riconoscono le opere, il pensiero e la presenza. Ai secondi si nega il pensiero e la sua consistenza, anzi la loro esistenza. Non è questione di destra o cultura di destra, sono classificazioni insensate ormai. Ma c’è chi vuole cancellare sotto quel nome decotto ogni traccia del pensiero osceno. E si premia chi abbandona quell’identità, se mai l’ha veramente avuta, sostenendo che non si è perso niente perché quell’identità non c’era e non valeva niente.
M.Veneziani

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