lunedì 15 febbraio 2010

La calunnia

I blogger del Settecento.
Nel suo ultimo libro (“The Devil in the Holy Water, or the Art of Slander from Louis XIV to Napoleon”, University of Pennsylvania Press, tradotto ora in francese da Gallimard), lo storico Darnton ricostruisce la storia di una colonia di francesi espatriati a Londra alla vigilia della rivoluzione che, grazie ai rapporti di informatori segreti di stanza a Parigi o alla corte di Versailles, passavano il tempo a produrre libelli per ricattare ministri, alti funzionari e cortigiani dopo averne spiattellato gusti e perversioni, debolezze di carattere e segreti indicibili.
I loro libelli, stampati in tipografie clandestine, andavano a ruba. Erano pura pornografia, ma circolavano di mano in mano, entrando di contrabbando nel regno di Francia, come gli “Anedoctes sur Mme la comtesse du Barry”, o l’“Histoire des amours de Louis XV”. Il genio del male era un tal Charles Théveneau de Morande, libellista per antonomasia, scribacchino per fame. Ma c’era anche un marchese di Pelleport, autore di apprezzatissimi scrittori trash come “Le Diable dans le bénitier” che dà il titolo al libro di Darnton e nel quale denunciava lo stato poliziesco dei re Borbone elogiando, in compenso, la libertà inglese. A Parigi, nel 1783, il ministro degli Esteri Vergennes, racconta Darnton che ha compulsato tutti gli archivi segreti, passava più tempo a occuparsi di libelli e libellisti che a trattare la pace con gli inglesi dopo l’indipendenza americana. E alcuni ministri calunniavano in proprio pur di fare fuori i loro nemici.

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