lunedì 19 ottobre 2009

Fissati col posto fisso

Che ha detto, Tremonti? "In strutture sociali come le nostre, il posto fisso credo sia la base su cui si possa organizzare il tuo progetto di vita, la tua famiglia". E ancora: "io non credo che la mobilità sia di per sè un valore". Invece, storicamente, lo è. La grande epopea dell'umanità, dalla rivoluzione industriale in poi, è proprio un lungo tentativo di divenire più mobile. Gli individui si sono vieppiù affrancati dalle loro condizioni di nascita: hanno voluto e conquistato, a fatica, l'opportunità di spostarsi. Da un posto all'altro. Da un'occupazione a un'altra. Da un ceto sociale a un altro.

L'idea che tutto questo possa o debba essere contestato è tre volte paradossale. Primo: perchè la flessibilità, dati alla mano, ha favorito una riduzione senza precedenti dei tassi di disoccupazione, parte della quale tradisce l'emersione del nero. Secondo: perchè la flessibilità non è solo rischio, ma anche e necessariamente opportunità. Terzo: perchè il paese ha faticato per adeguare il suo quadro normativo a un mondo che cambia, ha dovuto sconfiggere resistenze lobbistiche di ogni tipo, ed è irresponsabile oggi suggerire la marcia indietro, da parte di chi è a ragione considerato l'uomo forte del governo.

4 commenti:

Stefano ha detto...

Oggi il 45 per cento dei figli vive vicino ai genitori. L’Italia è stabile, lo ha dimostrato anche durante la recessione. Ma non è anche immobile? “Il posto fisso, il fatto che la gente non sia costretta a cambiare spesso lavoro nel corso della vita, ha i suoi vantaggi e i suoi benefici, come abbiamo visto. Ma a un economista non possono sfuggire i costi. Forse Tremonti non ragiona da economista, tuttavia è evidente l’altra faccia della medaglia. E’ la scarsa produttività, quindi un salario più basso e un reddito pro capite inferiore a quello di altri concorrenti”. In effetti, se guardiamo ai risultati nell’ultimo decennio, quel peculiare indice di ricchezza che si ottiene dividendo il pil per la popolazione (per quanto rozzo, ancora significativo) mostra che abbiamo fatto la marcia del gambero. “Una cosa deve essere chiara – insiste Alesina – cioè che non possiamo avere tutto insieme, la piena occupazione con posto stabile, il salario più alto, la crescita più rapida. Il risultato probabile, al contrario, è che aumenterà la frattura tra chi il posto ce l’ha e se lo tiene stretto e chi non lo avrà mai. Una società in cui chi ha un lavoro garantito (e per lo più sono uomini adulti) dovrà mantenere i figli per un numero elevato di anni. Una società a un tempo statica e divisa”.

Insomma, si riproduce su scala ancora maggiore la dicotomia tra garantiti e non garantiti. Ma le imprese offrono abbastanza posizioni stabili, per soddisfare la domanda? “L’abbiamo già visto dall’esperienza dei decenni passati che l’illusione del posto fisso ha creato maggiore disoccupazione. L’introduzione di nuovi contratti flessibili ha consentito di aumentare l’impiego. E’ comprensibile e condivisibile che chi ha il posto non lo voglia mollare, ma bisogna poi risolvere il problema di chi non ce l’ha. Naturalmente, si può far passare una legge che dice: nessuno può licenziare. Ma, ripeto, quali sono le conseguenze? Il risultato più probabile è che le imprese non assumeranno più”.

C’è poi una questione di fondo: il posto fisso, quindi la stabilità sociale, è davvero un valore positivo? O non lo è piuttosto la mobilità, non solo orizzontale, ma verticale, cioè la possibilità per chi ha talento e non ricchezza o potere, di salire fino ai gradini più alti?

Stefano ha detto...

Concordo.

http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=2542&Cat=1&I=../immagini/Foto%20R-T/tremonti10_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Il%20Corsivo&Codi_Cate_Arti=44

Stefano ha detto...

il problema non è il posto fisso: è il posto certo. La società è talmente cambiata, che un ritorno al toyotismo è impensabile, e forse non desiderabile dai milioni di Fantozzi nati al mondo del lavoro senza l'imprinting della identificazione a vita con la ditta. Una legge economica elementare dice che nessuna azienda, specie in tempi di crisi (e i nostri sono perenni tempi di crisi) assume se non può licenziare. Quella del posto fisso è una falsa soluzione a un mare di problemi. La vera via d'uscita è quella dei Paesi di democrazia scandinava: mobilità piena, sorretta da un ottimo sistema di welfare. In sintesi, dove fa freddo ci si può muovere anche venti, trenta volte nella propria carriera, ma non si resta mai a casa: funziona una rete di ammortizzatori sociali che garantiscono l'equivalente dello stipendio, obbligano ad attività di aggiornamento e riconversione professionale, e il periodo di vacanza è sempre piuttosto breve, perchè c'è subito un'altra azienda disposta ad assumere: alla fine, non c'è interruzione nella parabola previdenziale e il lavoratore si abitua a diventare versatile, a trasferire la propria competenza in contesti diversi, senza i traumi all'italiana che affliggono tanti bamboccioni qui. Dove il mercato del lavoro è spaccato in due: dodici milioni d'intoccabili a posto fisso, altrettanti di paria che un posto non l'avranno mai. Assecondare il posto fisso in luogo del posto certo, significa privilegiare solo i primi: ecco perchè i sindacati e la sinistra plaudono, a loro dei precari, degli sfruttati a vita non è mai importato e mai interesserà.
La modernità, con le sue contraddizioni, si affronta così: diventando moderni. Non con ricette arcaiche, improponibili su uno scenario mondiale che cambia di continuo, con l'entrata in scena di centinaia di centinaia di milioni di tecnici, operai e figure professionali inedite dall'Asia, che, tramite internet, potranno portare la loro concorrenza fin qui: già oggi, molti avvocati indiani lavorano con la rete in tutto il pianeta; per quanto l'Italia potrà continuare a rinchiudersi in se stessa, nei propri ritardi, nel proprio stagno fatto di incompetenze e di ritorni al passato?
Il mondo, piaccia o non piaccia, va avanti: opporgli soluzioni all'indietro, da gambero, è pura irresponsabilità. Comoda, perchè evita una ridefinizione complessiva delle strategie, della struttura sociale, del modo di pensare. Ma suicida. A sinistra qualcuno l'ha capito, come Pietro Ichino, senatore del PD, giuslavorista già sulla lista nera delle Brigate rosse. Non a caso. A destra fingono di non capire i Tremonti, i Berlusconi. Un elettorato maturo li punirebbe per quello, non per le escort.

Anonimo ha detto...

Quote:"O non lo è piuttosto la mobilità, non solo orizzontale, ma verticale, cioè la possibilità per chi ha talento e non ricchezza o potere, di salire fino ai gradini più alti?".

Penso che saremo polvere nella polvere quando il Sistema Premiante nel senso da te indicato diventerà una realtà (semmai lo diventerà) nel Mondo

Se poi parliamo solo dell'Italia, allora...Ahinoi!!!