A proposito della conoscenza inconscia.
Quando nasce un bambino, un angelo gli tocca la fronte, e il piccolo dimentica la conoscenza della verità che aveva al momento della nascita; se non la dimenticasse, la sua esistenza successiva diverrebbe insopportabile.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
2 commenti:
La ragione per la quale l'uomo, prima di nascere, deve passare nove mesi nel ventre della madre è che lì l'arcangelo Gabriele gli insegna tutta la Torà, quella scritta e quella orale. Per nove mesi, con una candela accesa sulla testa, l'uomo impara tutta la Legge e, solo quando è pronto, può uscire alla luce del mondo. Un istante prima della nascita l'angelo gli spegne con un soffio la fiammella e il bambino dimentica tutto: tutta la sua vita dovrà essere dedicata allo studio della Torà, a cercare di ricordarsi quello che aveva già imparato. Gli viene spenta la fiammella che portava sulla testa nel ventre della madre e questa viene sostituita dalla luce del mondo esterno. Nei meandri oscuri del ventre materno aveva una luce interna, questa si spegne e al suo posto viene la luce del sole, abbaglia invece di illuminare. Per questo, continua la leggenda ebraica, il neonato piange al momento della nascita, poiché ha dimenticato tutto e dovrà dedicare tutta la sua vita a cercare di ricollegarsi faticosamente al sapere perduto.
Il neonato piange poiché non sa più.
1)La luce della Verita', cosi' come la luce di Dio, non puo' essere guardata tutta insieme e tutta in una volta, perche' accecherebbe. Servono gli occhiali della Ricerca, del Dubbio e dell'Umilta'.
2) La Verita' potrebbe non coincidere con la Felicita': doverla raggiungere potrebbe essere necessario e fatale, benche' ci rendesse miserabili in Questa vita.
3) Soprattutto, la ricerca della Verita' in questa vita non e' un atroce esercizio didattico.
Primo perche' la Perfezione e' (vedi Fichte) nella sostanza e nella forma la Continua Ricerca della Perfezione. La Perfezione risiede gia', e forse solamente, nella Ricerca stessa.
Secondo perche' (vedi Pascal) la Coscienza della propria Miseria e' gia' segno di nobile Grandezza.
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