Nel 2000 il rubricante e Paolo Savona avviarono un programma congiunto di ricerca per trovare nuove formule di equilibrio tra esigenze nazionali e standard sovranazionali sia sul piano globale sia al riguardo del modello europeo (Sovranità & ricchezza, 2001, Sovranità e fiducia, 2005). Il punto: la realtà politica ed economica è fatta da stati nazionali e nel momento in cui cedono sovranità o al mercato globale o a una regola europea è assolutamente necessario riequilibrare il sistema ritornando alle nazioni cedenti una qualche forma rielaborata, ma sostanziale, di sovranità stessa. Se non si fa così il sistema, sia esso globale o europeo, cumula squilibri che poi lo faranno saltare, tra cui nazionalismi e protezionismi. In particolare, la “Teoria del bilanciamento delle sovranità” serve anche a fornire un’ingegneria di tutela nazionale che eviti il ricorso al protezionismo e allo stesso tempo permetta integrazioni sovranazionali. Tale teoria non ha finora raggiunto visibilità oltre i perimetri universitari perché, essendo molto tecnica, non dà soddisfazione emotiva a chi vuole trattare i temi di architettura globale o europea in modi ideologici e spettacolari. Ma ora che l’integrazione europea è vistosamente bloccata dai problemi che la teoria detta pensa di poter risolvere è opportuno segnalarla.
Nella Comunità europea, fino ai primi anni Novanta, vigeva il principio di bilanciamento pragmatico delle cessioni di sovranità. Il metodo “funzionalista”, infatti, permetteva a ogni stato di cedere un pezzo di sovranità quando ne era chiaro il vantaggio nazionale, rimandando il resto al futuro. Dopo Maastricht (1993) l’Unione europea adottò il metodo “gerarchico”, cioè il trasferimento di sovranità economica a un agente europeo senza sufficienti meccanismi di bilanciamento. Ciò creò una situazione dove lo standard europeo non fu armonizzato con le realtà nazionali. Tale sbilanciamento generò divergenze e queste ora impediscono, e impediranno, all’Unione di creare sia un solido mercato integrato sia una solida governance eurosintetica. Tale difetto è genetico e impone la modifica sostanziale del modello. L’Europa è e resterà fatta da stati nazionali, è dilettantesco pensare di fonderli in un superstato, quindi si tratta di concepire, per integrarli, un tipo di cessione di sovranità a un agente europeo capace di tornare alla nazione la sovranità stessa, ma rielaborata in modo che sia eurocompatibile. Si chiama “modello delle sovranità convergenti”. Se ripensiamo l’Europa partendo dallo stato nazionale e non dalla sua negazione riusciremo a costruirla. Sarà più un’alleanza che un’unione, ma così funzionerà.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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