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L'accontentarsi del non
Non è per ritornare sul discorso del Papa Sapiente, è che mi è piaciuta la lettura dei fatti di un professore stamattina in televisione. Dice: dobbiamo essere contenti e appagati perché oggi si è evitato lo scontro fisico, mentre ad un altro Papa si sparò, e sono esistite e in altri Paesi esistono le guerre di religione. Deduco: è già una manifestazione di civiltà non arrivare alle mani o alle armi. Questa visione della civiltà in negativo non fa crescere un popolo più di tanto, così come una visione in negativo della condizione esistenziale umana non fa crescere le coscienze. Accontentarsi grazie all'analisi del peggio è la miglior benzina per la stasi, non per l'analisi critica e il progresso. Certo che si può dire: gioiamo, signori, perché gli studenti e i professori dissidenti e tutti gli anticlericali del mondo avrebbero potuto lanciare un assaggio di atomica sul Vaticano, defenestrare Ratzinger domenica all'Angelus, incendiare San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore, cannibalizzare tutti i vescovi d'Italia, gambizzare i preti laziali, organizzare incontri di kickboxing tra studenti del secondo anno di filosofia e i monaci cistercensi umbri. Ragionamento negativo: non è successo tutto questo, quindi accontentatevi. Non ci sono ora le guerre di religione, non abbiamo sparato ancora una volta al papa: è già un segno di civiltà. Di solito preferisco assumere modelli positivi per migliorare. La soddisfazione di sé può far godere, lo dice anche il proverbio, ma di certo è una goduria non stimolante.
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